Bene… in questo periodo scrivo a manetta..!!
Diciamo che mi sono lasciata prendere la mano da un idea che potrebbe non piacere, mi basta dire che a me piace moltissimo! Spero gusterete questo pezzo come un bel sorbetto al limone ghiacciato, commentate e criticate… non abbiate pietà! Buona lettura! Vendetta sotto la neve
Harry camminava nella neve, aveva i muscoli intorpiditi dal freddo e gli occhi appannati dai fiocchi leggeri che cadevano dal cielo; camminava verso un edificio che si stagliava in lontananza, un poco pendente, con parecchie tegole e mattoni mancanti: la Tana. Avrebbe potuto materializzarsi proprio davanti alla porta di casa, le numerose protezioni erano state rimosse dopo la caduta di Lord Voldemort, ma aveva bisogno di pensare, di pensare a ciò che era appena successo. Era il giorno di Natale e, rispettando la promessa fatta a se stesso, si era recato nel cimitero Godric’s Hallow per salutare i suoi genitori, per poter passare un Natale con la sua vera famiglia e per potersi commuovere, ancora una volta, di fronte al suo amore per loro.
Si era preparato ad ogni attacco, ad ogni possibile imboscata da parte di quei maghi sconosciuti che popolavano i suoi sogni con mantelli scuri e risate malvagie, aveva calcolato ogni più piccolo movimento in ogni attimo del suo viaggio, aveva controllato tutte le vie della città pronto a scorgere di nuovo il volto del ragazzo che, ormai era sicuro, appartenesse a Bryan Hyde; ma niente, niente si era frapposto tra lui e i suoi genitori, niente e nessuno aveva interrotto la magia creatasi in quella piccola città. Solo quella sensazione, la sensazione costante di essere osservato lo aveva turbato, gli era sembrato di essere perennemente seguito da ombre: strisciavano nei vicoli, lo pedinavano instancabili fino a quando… Che strana impressione aveva avuto! Ancora scosso, si fermò, gli occhi fissi su uno gnomo dal il naso bitorzoluto rosso dal freddo, quasi completamente nascosto sotto un arbusto, e riprovò a pensare con lucidità a quell’assurda percezione provata solo pochi minuti prima: gli era sembrato, incredibilmente, di essere stato letto, come se gli avessero guardato dentro… una sensazione simile, troppo simile, alla Legilimanzia. No, non era possibile, non poteva essere stato vittima di un Legilimens senza accorgersene! Poteva un incantesimo rompere le sue difese così silenziosamente? Poteva raccogliere informazioni su di lui senza sconvolgerlo come un normale incantesimo Legilimens? E soprattutto, quali informazione avrebbe potuto trarre? Harry pensò intensamente: era impossibile! Durante tutta la mattinata aveva pensato al natale, a Lily e James e all’imminente visita da Bill e Fleur del pomeriggio, nella sua mente c’erano solo loro, tutto il tempo; a chi potevano interessare informazioni del genere..?
«Harry! Grazie al cielo, eccoti!» la voce di Molly Weasley lo riscosse dai suoi pensieri: era giunto in prossimità della Tana e la Signora Weasley gli stava correndo in contro trafelata.
«Harry caro, sei congelato, entra, ti va una scodella di zuppa prima di uscire?» Indossava un bel vestito da strega blu scuro con i risvolti dorati che, suppose Harry, era un altro regalo di George.
«Signora Weasley io…» cominciò il ragazzo con il cervello che lavorava a mille cercando una qualche possibile scusa per la sua assenza. Era quasi ora di uscire… aveva perso troppo tempo!
«Non preoccuparti caro, Hermione mi ha raccontato tutto!» lo interruppe lei con un sorriso comprensivo «Mi ha detto della tua visita a Teddy e Andromeda di questa mattina, so quanto vuoi bene a quel bambino, ma proprio non riuscivi a trattenerti dal vederlo fino ad oggi pomeriggio? Ho mandato un gufo a Dromeda per invitarli da Bill e lei ha accettato. Non te l’ha detto?» disse tranquilla entrando in casa; un profumo di zuppa di cipolle lo raggiunse dalla porta aperta della cucina.
«Ehm no… vede… io…»
«Immagino l’attenzione che hai riservato a Dromeda!» lo rimproverò «Mi ha raccontato che oggi non ti sei staccato un attimo dal piccolo Teddy! Ma come darti torto? Sei il suo padrino.» sospirò infine «Forza, a tavola: la zuppa è pronta, avevo intenzione di portarne un po’ a Bill, sai non mi fido granchè delle capacità culinarie di… oh bhè, credo che la porterò» Si affrettò a concludere imbarazzata.
Harry era sicuro di essersi perso qualcosa, confuso oltrepassò la porta e si guardò intorno: la stanza era addobbata di rosso e oro e un grande albero di Natale giaceva in un angolo vicino al camino, in cima all’albero una meravigliosa stella scintillava alla leggera luce del poco sole che entrava dalle finestre. Spostò gli occhi dalla stella e si accorse che, seduta a tavola, c’era proprio la persona che voleva vedere: Hermione. La ragazza leggeva tranquilla un volume e, quando Harry la raggiunse non alzò nemmeno lo sguardo; sulle labbra però aveva uno di quei sorrisetti hermioneschi che sapeva fare solo lei.
«Sei andato?» gli disse.
«Certo non da Dromeda e Teddy!» rispose lui esasperato da quell’aria che sembrava dire “io so che tu non sai ciò che io so” «Come hai fatto?»
«Non so di cosa parli!»
«Sai benissimo di cosa parlo! Come hai fatto a convincere la signora Weasley della mia visita a Teddy?» domandò lui infervorandosi; detestava quando la sua migliore amica si faceva pregare.
«Oh e va bene!» esclamò voltandosi finalmente a guardarlo, un luccichio eccitato negli occhi «Quando non ti ho visto tornare ho capito subito dov’eri andato e, sapendo benissimo che avresti fatto tardi, ho raccontato del tuo desiderio di andare a trovare Teddy alla madre di Ron e ho mandato un gufo ad Andromeda dove le spiegavo tutto l’accaduto. Ovviamente lei ha capito la situazione e ti ha coperto ma… ma forse… » aggiunse improvvisamente mortificata «Forse tu non volevi lo dicessi! Oh Harry che stupida sono stata a raccontarle tutto! E’ una cosa tua, personale non dovevo sbandierarla ai quattro venti, mi dispiace, mi dispiace davvero, io… non ho pensato potesse darti fastidio…»
«Hermione cosa stai dicendo?» si intromise lui «Sei stata fantastica, non so come avrei fatto senza di te. Ti devo un favore, un altro nella lunga lista, grazie».
La ragazza sorrise ma non fece in tempo a rispondere: i fratelli Weasley entrarono rumorosamente con scope e divise da Quidditch, gocciolando accuratamente su tutto il pavimento.
«Era fallo George! Era un fallo bello e buono!» stava gridando Ron contro il fratello.
«Ron, se quello era fallo tu sei una fatina di zucchero… bè, in effetti… ora che guardo meglio…» gli rispose lui fingendosi preoccupato e scrutandolo da vicino tra le risate generali.
«Bu!» esclamò una voce all’orecchio di Harry, che quasi si strozzò con la zuppa: Ginny si era infilata nel posto accanto a lui e lo guardavo intensamente con quei suoi occhi marroni indagatori.
«Ti ho spaventato?» gli chiese.
«Come potresti spaventarmi?» ribattè lui. Ginny ridacchiò vivace ma non si fece incantare:
«Dove sei stato?» domandò ancora, continuando a fissarlo.
«E’ una storia lunga» lei alzò le sopracciglia «Ma te la racconterò, promesso».
Questo non sarebbe bastato a calmarla per molto ma, fortunatamente, la Signora Weasley non diede modo di replicare alla figlia.
«Ginny vai a cambiarti è quasi ora di uscire… e togliti subito quella divisa per l’amor del cielo! Stai imbrattando tutto il tappeto!» aggiunse poi agitando la bacchetta verso le macchie d’acqua piovana.
In un attimo i tre fratelli Weasley schizzarono su per le scale come tre snasi di fronte ad una miniera d’oro.
Hermione guardò l’amico alzando gli occhi al cielo.
«Hai ancora tutti i regali sul letto, penserei tu voglia aprirli prima di raggiungere Villa Conchiglia» gli disse. Harry annuì e si diresse anche lui verso i piani superiori della casa, entrando in camera si accorse della montagna di pacchetti regalo sul suo letto e, senza badare a Ron che si cambiava impacciato, sedette vicino a Snitch e cominciò a scartare.
***
Qualche ora dopo, passata veloce a giocare a spara schiocco, Harry, Hermione e l’intera famiglia Weasley attendevano, stipati nell’ingresso, gli ordini della signora Weasley, pronti per uscire.
«Molto bene, ci siamo tutti?» disse lei raddrizzandosi il cappello da strega che portava in testa.
«Sì Molly, è la quarta volta che ce lo chiedi» rispose il Arthur Weasley pacato «Siamo tutti pronti»
«Sicuri? Avete dimenticato nulla?» chiese ancora.
«Siamo sicuri mamma! Andiamo o no? Non vorremmo arrivare a Capodanno!» ridacchiò George.
«Hai ragione, andiamo, ci smaterializziamo fuori dal cancello destinazione Villa Conchiglia… sarà ma ho come la sensazione di aver dimenticato qualcosa, un brutto presentimento…» aggiunse preoccupata.
«Calmati Molly… è Natale!» esclamò il marito allegro. Uscirono tutti e sette nell’aria gelata, l’atmosfera leggera dei giorni di festa, sorridendo, felici perché insieme, perché quel giorno tutte le preoccupazioni erano annullate dalla magia del natale; fecero per raggiungere lo steccato quando uno secco crac ruppe il silenzio, il crac di una materializzazione. Si voltarono tutti, contemporaneamente, l’attenzione attirata dal suono alle loro spalle; quando le sette paia di occhi raggiunsero la fonte di quel rumore l’aria sembrò congelarsi ulteriormente, persino la neve parve fermarsi a mezz’aria : cinque figure nere incappucciate venivano verso di loro, le bacchette nella mano destra in una lenta processione verso le loro vittime, il passo sicuro, gli occhi luccicanti e assassini. Harry agì quasi senza pensare: estrasse la bacchetta e la fece balenare davanti a sé, lo seguirono a ruota i suoi compagni, compatti puntarono le stecche contro le ombre che avanzavano inesorabili.
«Signor Potter» esclamò uno di questi, la voce che fremeva dell’eccitazione «A quanto sembra, le sue informazioni erano corrette».
«Quali informazioni?» mormorò lui automaticamente.
«Quali informazioni? Sa signor Potter, la ricordavo più intelligente, pensavo avesse intuito lo scambio di pensieri avvenuto… questa mattina» abbassò lentamente il cappuccio: anche a distanza di parecchi metri Harry riconobbe il volto pallido, lungo e contorto dell’ex Mangiamorte, Antonin Dolohov. In un lampo di comprensione il ragazzo capì il terribile errore commesso solo poche ore prima: non si era sbagliato, qualcuno aveva infranto le sue difese mentali, quella mattina, qualcuno che ora lo aveva in pugno e stava per sferrare un attacco mortale. La visita da Bill e Fleur, particolare di scarsa rilevanza per chiunque, tranne che per chi si preparava a tendere un imboscata ai suoi danni; lo avevano messo con le spalle al muro.
«Harry che sta dicendo?» il sussurro di Ginny era appena percettibile alle sue orecchie «Harry cos’è successo?» sentiva il terrore tra le sue parole, la paura inutilmente nascosta. Non sapeva come rispondere, non sapeva neanche se voleva rispondere. Aveva la bocca inaridita, i muscoli della mandibola bloccati, la vergogna e il senso di colpa si insinuavano in lui come delle vipere: era un Auror, un Auror che non riusciva neanche a tenere a bada i suoi pensieri, un Auror che aveva sottovalutato il possibile pericolo e non era in grado neppure di proteggere le persone care; la frustrazione per l’ingenuità dimostrata bloccò in gola la risposta alle domande della sua amata.
«Come dici rossa?» domandò uno dei cinque, il più grosso, con una voce che Harry avrebbe riconosciuto fra mille, un ringhio, un latrato: «Il tuo amico non ti ha detto della sua visitina a Godric’s Hollow? Non ti ha detto che è andato a frignare sulla tomba dei suoi genitori? Che sgarbato, non credo che una persona così meriti di vivere, non credi?» rise malvagio Frenrir Greyback, il lupo mannaro. Tutti i fantasmi del passato, che Harry credeva spariti per sempre, stavano tornando a fargli visita proprio il giorno di natale.
«Allora, cosa volete? Non mi sembra una vista di cortesia!» urlò Ron, la rabbia per la perdita del fratello bruciava ancora nella voce del giovane Weasley. La gratitudine nei suoi confronti sciolse Harry dal gelo in cui si era calato: non aveva chiesto spiegazioni, con quella frase aveva dimostrato di essere pronto a combattere senza esitazioni o riserve, senza voler sapere gli errori commessi dal prescelto.
Una risata vibrò crudele tra i neri Mangiamorte.
«Che cosa vogliamo?» domandò il terzo uomo da sinistra; tirando a sua volta indietro il cappuccio mostrò un viso dai bei lineamenti e gli occhi di ghiaccio, Harry lo ricordava, era sicuro di averlo già visto ma non riusciva a collegarlo ad un nome. «Rodolpuhs Lestrange» si presentò «E sono sicuro, che voi sappiate benissimo cosa desideriamo: vogliamo vendetta, ripagare le morti da voi causate con altre morti. I torti subiti sono stati tanti, alcuni incolmabili, abbiamo tanto di cui vendicarci» A quelle parole il suo sguardo corse veloce tra i Weasley per soffermarsi su Molly, gli occhi scintillanti di malvagità, la bacchetta che si alzava.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso, una furia incontrollata s’impossessò di Harry e un urlo di rabbia eruppe dalla sua bocca come un’ondata d’imprecazioni.
«Certo non staremo qui a farci colpire!» gridò «
Sectumpsempra!» l’incantesimo scaturì improvviso dalla sua bacchetta ma i nemici erano pronti, scansarono la maledizione in tempo per partire al contrattacco. Mentre i Weasley, Hermione e Harry si preparavano, compatti, in posizione di difesa, le cinque figure iniziarono a muoversi: uniti come da un filo invisibile, spostavano la bacchetta in contemporanea, con movimenti sinuosi lanciavano incantesimi di ogni genere e colore. I maghi oscuri colpivano da ogni direzione e, dopo qualche scarso tentativo di protezione, Harry fu costretto a lanciarsi di lato nella neve sfiorando per poco una maledizione color giallo vivo lanciata da Dolohov. Il ragazzo fece appena in tempo ad alzarsi per vedere gli altri Weasley dividersi a loro volta, presi alla sprovvista, e schivare nuovamente un altro incantesimo del Mangiamorte: Dolohov lo teneva sotto tiro e sembrava deciso a colpire lui e lui soltanto. La bacchetta dell’uomo sprizzo un’altra luce colorata ma questa volta Harry era pronto: con una raffica di incantesimi non verbali bloccò a mezz’aria quello di Dolohov dando vita ad una specie di fuoco d’artificio multicolore che si dissolse in fumo con la ventata d’aria nera creata dal Mangiamorte che combatteva contro Hermione e Ginny. Approfittando del vantaggio dato dalla nebbia, Harry corse a rifugiarsi dietro uno dei tanti cespugli del giardino, pronto a prendere meglio la mira, deciso a non commettere errori. Lì, appostato al sicuro, si azzardò a togliere gli occhi dal suo bersaglio, per rivolgerli al caos che regnava intorno a lui: urla di incantesimi popolavano la Tana, scoppi di fuochi intorno a due o più figure in combattimento scioglievano la neve. Harry provò ad osservare meglio: Hermione e Ginny combattevano contro Greyback, George e Ron contro un mago ancora incappucciato, Molly contro Rodolphus e Arthur contro quello che riconobbe come Augustus Rookwood. Tutti sembravano cavarsela egregiamente, Ginny stava addirittura mettendo in ginocchio il lupo Mannaro, solo la signora Weasley sembrava in difficoltà contro la furia astuta e precisa del marito di Bellatrix Lestrange. Harry scattò in piedi, pronto ad aiutarla dimenticate del suo nemico che lo stava ancora aspettando: un dolore, un lampo di fuoco rosso e si ritrovò a terra, una parte del viso sanguinante a contatto col suolo ghiacciato. Riaprì un poco gli occhi per riprendere gli occhiali caduti, si rialzò con un balzo non curante dello squarcio che aveva sulla guancia. Scagliò due maledizioni di un argento brillante: la prima doveva distrarre il suo nemico, l’altra tramortirlo per dare la possibilità al ragazzo di lanciare l’incantesimo che concludeva la partita. Fortunatamente, preso alla sprovvista da una ripresa così fulminea, Dolohov si lasciò confondere dalle intenzioni di Harry, che, raccolta tutta la forza che aveva in corpo, alzò la bacchetta correndo verso il suo avversario, riducendo le distanze: un solo incantesimo gli premeva con forza nella mente…
«Cru..» Il ragazzo si interruppe bruscamente; con un solo abile movimento del polso, Dolohov aveva creato un grande cerchio bianco intorno a sé e, misteriosamente, era sparito. Harry si fermò sul posto, la bacchetta ancora alzata, il respiro affannoso, shoccato da ciò che era appena successo prese a voltarsi veloce in cerca del Mangiamorte: non solo non lo trovò, ma si accorse anche che un innaturale silenzio regnava in quello che poco prima sembrava l’inferno. Hermione, Ron, Ginny, George e i signori Weasley gli si stavano avvicinando lenti e stupiti quanto lui, qualche graffio in viso, i capelli bagnati dalla neve e i vestiti sporchi, tutti illesi. George fu il primo a parlare:
«Abbiamo vinto?» chiese sorridendo.
«A quanto sembra» mormorò Artuhr Weasley.
«Sono… spariti» aggiunse Ginny dubbiosa.
«Io…» sussurrò Ron preoccupato «Mi sembra strano possa finire così...».
CRAC!
L’intera famiglia Weasley più Harry e Hermione si voltò con foga: i cinque Mangiamorte erano alle loro spalle come lupi famelici.
«Questo è per Bella» mormorò Rodolphus «
Avada kedavra! »
L’incantesimo scaturì dalla punta della sua bacchetta illuminando la neve, i volti dei presenti, l’aria di un verde spettrale. Un rumore sinistro ed un tonfo. Il colpo era andato a segno.
Ehi ehi ehi..!! Non saltiamo a conclusioni affrettate... potrebbe sempre aver colpito un albero..!!