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 Capitolo 30 - La verità sui Doni

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LadyProffa

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MessaggioTitolo: Capitolo 30 - La verità sui Doni   Capitolo 30 - La verità sui Doni EmptyVen Giu 25 2021, 16:37

La stanza era silenziosa, l’unico suono udibile era il respiro di Ron che dormiva profondamente nel suo letto. Sembrava sereno, eppure il suo volto scavato non permetteva a Harry di dimenticare ciò che aveva dovuto passare l’amico, e di cui lui non sapeva ancora nulla. Bill, seduto al suo capezzale, leggeva un libro dall’aria consunta, che a Harry sembrava di avere già visto.
Distolse lo sguardo da entrambi e si rivolse a Ginny e Hermione. Nessuna delle due si era staccata un attimo dal letto di Ron da quando l’aveva riportato a casa, ma ora aveva un urgente bisogno di parlare con loro.
«Ragazze, potete seguirmi? Devo dirvi delle cose e in fretta».
Si allontanarono tutti e tre (Hermione un po' riluttante) cercando di non fare troppo rumore, e si diressero verso la camera di Ginny. Harry si voltò un attimo verso Bill, ma lui sembrava talmente preso dalla lettura da non prestare attenzione a quello che stava succedendo.
La camera era anche troppo allegra per l’umore di Harry: la coperta a fiori dai colori sgargianti era illuminata dai raggi del sole che entravano dalla finestra aperta. Dopo aver gettato un Muffliato oltre la soglia per sicurezza, si accomodarono, come al solito, tra il letto e la finestra e Harry iniziò a raccontare nei dettagli ciò a cui già aveva accennato nel biglietto. Aggiunse più particolari che potè sul luogo dove avevano tenuto prigioniero Ron, e soprattutto su come l’avevano liberato. Prima che Hermione potesse aprire bocca per commentare, aggiunse anche i suoi sospetti su Uglick e i suoi dubbi sul professore. Infine, disse loro del Patronus di Aberforth.
«Quindi adesso io vado e vi faccio sapere, d’accordo?» concluse, alzandosi e cercando di raggiungere la porta.
«Harry, non puoi pensare di andare da Aberforth adesso» lo ammonì severa Ginny, trattenendolo per il braccio e costringendolo a sedersi nuovamente. «Ci hai appena detto che Ron non è in sé e non sappiamo come potrebbe reagire quando si sveglierà. Mamma avrà bisogno anche di te!».
«Ci sono i tuoi …» tentò di rispondere lui, ma Hermione lo interruppe.
«Harry, Kinglsley è di sotto e sta discutendo da ore con il signor Weasley. Vorrà parlare anche con te e… Harry» aggiunse con tono deciso, «penso davvero che dovrebbe sapere tutto quello che ci hai appena raccontato»
«Non ho mai detto di non volergli dire nulla, Hermione!» protestò lui, ma il tentativo era stato piuttosto debole ed entrambe le ragazze parevano essersene accorte.
«Ecco, forse non proprio tutto tutto...»
Ginny lo fulminò con una delle sue occhiate e Harry decise di lasciar perdere. Che senso aveva, in fondo, continuare a tenere le cose per sé? Se bisognava affrontare la Setta, era bene farlo con tutti gli strumenti a loro disposizione.
Spostò la conversazione su un piano più pratico:
«D’accordo, ma Aberforth?» chiese a tutte e due. «Qualunque cosa abbia da dirmi mi era sembrata piuttosto urgente».
«Chiediamogli di venire qui» propose Hermione. «Penso capirà, data, insomma… la situazione».
«D’accordo» accettò Harry con riluttanza. Ginny si alzò, uscì dalla stanza, e rientrò subito dopo seguita da un bagliore bluastro.
«Ho mandato un Patronus ad Aberforth, dicendogli che siamo qui ad aspettarlo. Non possiamo fare molto altro, non credi?».
Harry annuì.  
«E poi» aggiunse Hermione, «Anche noi abbiamo delle novità: dobbiamo dirti del Diario di Ignotus: forse abbiamo trovato un modo per leggerlo ...» ma si interruppe, sentendo le voci animate di Kingsley e dei signori Weasley provenire dal piano di sotto.
Harry aprì la porta per controllare che nessuno si fosse avvicinato alla soglia. «Tutto a posto, sono sempre di sotto» disse, tornando a sedersi. Dopodiché Hermione si mise a rovistare nella sua borsa, dalla quale trasse il Diario.  Lo porse a Harry che la guardò interrogativo.
«Ecco» iniziò Ginny. «In realtà non è neanche tutto merito nostro. Luna ci ha dato una grossa mano».
Lui aggrottò leggermente le sopracciglia, ma non disse niente. Hermione, dal canto suo, sembrava piuttosto divertita.
«Un paio di giorni fa eravamo in biblioteca» continuò, «a cercare un modo per aprire il Diario. Luna era lì con Neville, stavano finendo un compito per la Sprite e devono averci sentite parlare».
«Ci ha chiesto cosa stessimo facendo» intervenne Hermione. «Ovviamente non le abbiamo detto tutto» si affrettò a specificare alzando le mani ai lati del volto.
«Però le abbiamo spiegato che stavamo cercando di leggere qualcosa che apparteneva ai Peverell, e che sarebbe servito per aiutare te».
Si fermò un attimo, e Harry si accorse che stava studiando la sua reazione.
«Luna conosce molto bene i Doni, perché il padre gliene ha parlato mille volte, e ha detto una cosa del tipo “Ignotus era un tipo furbo, faceva tutto sotto il Mantello dell'Invisibilità per non farsi acciuffare dalla Morte, e sicuramente scriveva il suo Diario quando ne era avvolto, per proteggersi poi anche dai Nargilli, a quei tempi ce n’erano tanti”. Lasciando stare i Nargilli, io penso che forse Luna possa avere ragione, anche se ovviamente non lo faceva “per non farsi acciuffare dalla Morte”. Ignotus era sicuramente un grande mago e avrà fatto un qualche incantesimo al Diario, in modo che si faccia leggere soltanto da un suo diretto discendente. E cosa meglio del Mantello può sbloccarlo? Tramandato di padre in figlio? E poi… anche per entrare nel Maniero hai avuto bisogno di indossarlo. Quindi… ecco… tentar non nuoce, no?».
«Sai, non mi sembra affatto un’idea stupida. Ora che mi ci fai pensare, quando l'ho trovato ero sotto il Mantello, e lo tenevo addosso mentre lo sfogliavo. Vidi che era scritto in caratteri strani, ma non avevo tempo di leggerlo così l'ho messo in tasca e sono andato via» commentò Harry.  Luna era stramba, ma era stata risolutiva in più di un’occasione e anche stavolta aveva detto la cosa giusta.
Si alzò e andò a prendere il Mantello, che teneva dentro lo zaino. Lo indossò come aveva fatto centinaia di volte e tornò a sedersi sul letto. Fece scivolare il Diario sotto il Mantello e attese.
Il lucchetto invisibile che probabilmente teneva le pagine incollate, senza permettere loro di leggerle, sembrò sparire, perché un attimo dopo il Diario si aprì da solo, sprigionando una leggera luce dorata.
Cominciò a sfogliare le prime pagine, ma erano scritte in una lingua sconosciuta. Poi sentì la testa, dov’era appoggiato il Mantello, pizzicare leggermente, e l’inchiostro cominciò a sciogliersi e a vorticare ininterrottamente nella pagina, formando qua e là qualche lettera fino a comporre intere parole che si posizionarono al loro posto, dando forma al testo, che però, per lui, aveva ancora qualcosa di strano. Non riusciva a comprendere bene cosa ci fosse scritto.
«Ragazze, si è aperto! » disse con voce tremula «anche se non capisco cosa ci sia scritto».
Notando che le ragazze non si avvicinavano le invitò.
«No, Harry. E se si bloccasse?» ipotizzò Ginny.
«Non succederà. Fidatevi di me».
Le ragazze tirarono un profondo respiro e si immersero sotto il mantello al fianco di Harry. Con immenso sollievo di tutti e tre, il Diario rimase aperto e Disincantato.
«Hermione, tu riesci a decifrarlo?».
L’amica lo osservò e Harry potè notare sul suo volto il familiare sorriso compiaciuto.
«Io ci riesco. Ci sarebbe bisogno di un piccolo incantesimo per tradurre questi segni antichi. pensi che potrei tentare …?».
«Non abbiamo nulla da perdere. Io dico di procedere » le rispose.
L’amica gli fece un cenno di assenso, picchiettò la pagina con la Bacchetta e improvvisamente il testo diventò leggibile. Senza perdere altro tempo, si schiarì la gola e cominciò.


Addì 5 del mese di Febbraio

Ho sempre ritenuto fosse qualcosa assai inutile porre i propri ricordi su pergamena. Perché trascrivere le vicende che si sono susseguite nella propria vita, se la nostra sola mente è abbastanza forte da mantenere tutto dentro di sé? Eppure mi sono ricreduto e ho deciso di mettere nero su bianco le mie giornate, cosicché magari in futuro potrò rileggere queste pagine e far riemergere le immagini di ciò che è stato.
Quest’idea mi è stata data da una persona molto speciale durante i festeggiamenti per il mio ventunesimo compleanno e, per omaggiarla e per compiere un gesto a lei gradito, ho deciso di seguire il suo suggerimento espresso col cuore ed imprimere su questa pergamena la mia anima e i miei ricordi”.


Hermione continuò a leggere, ma le pagine seguenti descrivevano semplicemente alcuni episodi della vita di Ignotus, come la conoscenza di alcune personalità molto particolari e un duello con Antioch, che si era concluso con la vittoria di Ignotus, con grande rabbia del fratello. Una pagina di diario raccontava, alla data del 27 Marzo, una splendida giornata trascorsa con i fratelli per festeggiare il compleanno di Cadmus. Erano stati a caccia col falcone insieme al loro padre, e poi c'era stato un banchetto a cui aveva partecipato anche una donna di nome Virginia.
«Chi era questa Virginia?» chiese Hermione «non l’aveva mai nominata prima».
Le pagine seguenti raccontavano della morte di Edmund Peverell, il vecchio padre dei tre fratelli. Il dolore che Ignotus provava sembrava impresso come l’inchiostro in quelle pagine. Harry cominciò a pensare ai suoi genitori. La lettura successiva lo incuriosì: a quanto pareva Ignotus era segretamente innamorato della bella Virginia, una cara amica di famiglia, che però gli aveva preferito un altro uomo. Hermione continuò a leggere.


Addì 25 del mese di Maggio

Un matrimonio. E quindi è questo ciò che ora si appresta a manifestarsi nella nostra famiglia...
Un matrimonio, delle nozze, un connubio... Cos'altro di più nobile e meraviglioso può esistere? Nient'altro potrebbe portare tanta felicità e gioia quanto l'unione di due anime che si amano profondamente e sinceramente. E come potrei non essere felice nel sapere che le due fortunate creature sono il mio adorato fratello e la mia amata Virginia?
Io voglio solo il meglio per entrambi, solo ciò che li condurrà alla pace e alla completezza.
Ma non posso negare l'esistenza di un'ombra, una macchia oscura che dentro di me agisce sottraendo al mio spirito parte della gioia che dovrei provare. Quasi mi sento in colpa nell'ammettere che forse non desidero con tutto me stesso questa unione...
Virginia, oh Virginia... Se solo avessi scelto me, ti avrei reso felice, ti avrei protetta e avvolta con tutto il mio amore, come un manto caldo in una serata invernale, senza sottrarti la libertà di vivere... Se solo avessi scelto me, mi avresti reso l'uomo più fortunato, raggiante e beato di questo universo...
Ma così non è stato. Hai scelto mio fratello, Cadmus, ed io so quanto egli ora è radioso alla luce della tua scelta. Mai e poi mai potrei distruggere la vostra acquistata felicità.
Poche ore fa il mio buon fratello è giunto a portarmi la notizia della sua proposta. Ieri sera i due giovani hanno sancito a parole l'unione che si apprestano a celebrare con comune e nobile rito. Davanti allo sguardo luminoso di Cadmus ho celato i sentimenti contrastanti che si sono fin da subito riversati in me. Gli ho mostrato la mia esultanza per l'avvenimento, gli ho fatto le mie congratulazioni. L'ho abbracciato mentre i suoi occhi si inumidivano per l'estrema e dovuta contentezza.
Era da tanto che non lo vedevo così sereno... Si merita un futuro di fortuna e benedetta spensieratezza.
Auguro loro tutta la fortuna del mondo. Per quanto mi riguarda vivrò nel silenzio della delusione, potrò cavarmela seppur solo ormai...”

Hermione lesse ancora un po’ e poi dichiarò di aver bisogno di una pausa. Disse che sarebbe andata in cucina a preparare un tè caldo, ma dal lieve rossore che le aveva colorato il viso Harry pensò che stesse per andare a vedere come se la cavava Ron. Non gli sembrò strano. Scoprire la storia d’amore non corrisposto del suo antenato l’aveva fatto vagheggiare sulle sue vicissitudini – sue e di Ginny - e su cosa sarebbe successo se lei avesse scelto qualcun altro.
Avevano scoperto che non solo Ignotus era innamorato di Virginia, ma anche Antioch, che appena aveva saputo dell’unione tra Cadmus e Virginia, aveva attaccato il fratello con vari sortilegi che fortunatamente Ignotus era riuscito a bloccare.
Era senz’altro una storia appassionante. Peccato che nel momento di grande urgenza e apprensione in cui si trovavano, per quanto fosse ormai curioso di scoprire com’era finita la storia d’amore non corrisposta del suo antenato, sperava che il diario celasse qualcosa di più utile delle indicazioni su come uscire da un triangolo amoroso.
Hermione tornò con tre tazze di tè caldo, riprese il suo posto e ricominciò a leggere.

Un brano del diario descriveva con dovizia di particolari la festa di fidanzamento di Virginia e Cadmus, fino ad arrivare all’augurio di una vita insieme lunga e serena della sua amata con il fratello. Poi si soffermarono su un passo in particolare:

Addì 7 del mese di Luglio

Sono ancora totalmente sconvolto da ciò che nella corrente giornata è accaduto.
Mentre ripercorro i ricordi e li pongo tra le mie memorie scritte, la luce che penetra dalle alte finestre mi induce a pensare che l'ora sia assai tarda. Ormai è notte inoltrata. Eppure l'oscurità non riesce ad assopire i miei timori, a dissipare le mie paure. Il tormento continua a disturbare il mio sonno ed io ora non posso far altro che sfogare i cupi pensieri nel silenzio impenetrabile che avvolge la nostra dimora.
Oggi è il compleanno della dolce Virginia. Appena ieri, ella ci domandò di poter festeggiare in allegria tale giornata tutti assieme con una semplice gita in campagna. Decidemmo allora di muoverci la mattina verso la grande e rigogliosa distesa d'erba che si apre qui accanto alla nostra villa, come un ampio polmone verde celato da una schiera di alberi che vi si affacciano tutti intorno. Appena dopo l'alba ci siamo dunque avviati nel luogo stabilito. Virginia era ancora più bella del solito, con il suo abito bianco e leggero i cui lembi si divertivano a giocare con i soffi improvvisi e delicati della brezza mattutina. Con noi abbiamo portato cesti colmi di cibo, per la prima colazione e per il pranzo. Abbiamo trascorso magnifiche ore, tra risate, chiacchiere, giochi e scherzosi duelli tra i miei fratelli. Eravamo solo noi quattro e sono stati attimi splendidi. Oh Virginia, com'è potuto accadere ciò che ora riporto alla mente con estremo e travolgente dolore? Tutto procedeva così serenamente, tutto era così perfetto... Finché non è successo qualcosa di veramente inaspettato. Improvvisamente, quando ormai mezzodì era trascorso, Virginia ha cominciato a tossire con forza. Pensammo fosse colpa del polline o forse solo un colpo di vento troppo freddo. Le ho offerto il mio fazzoletto e fu proprio quand'ella lo portò alla bocca che il terrore si dipanò tra di noi. La candida superficie della stoffa morbida fu prepotentemente inghiottita da una grossa macchia che cresceva correndo velocemente tra le fibre del tessuto. Era una macchia rossa. Virginia stava perdendo sangue dalla bocca. Oh povera, dolce Virginia... Lo spavento ancora mi ferma il cuore e poi gli ridona un numero di battiti eccessivo al dovuto. Il piccolo incidente si è subito concluso. L'abbiamo ricondotta a casa sebbene la giovane fanciulla affermasse di stare meravigliosamente bene. Antioch e Cadmus si sono fatti facilmente persuadere dai suoi sorrisi e dai suoi occhi sinceri, ma io so bene che un episodio come questo non è frutto di una casualità del fato. Ho sentito parlare in passato di vicende simili a quella che oggi si è verificata spezzando la tranquillità dei nostri pacati e felici festeggiamenti. I racconti che mi vennero fatti non comportano una fine lieta e questo mi provoca un'inquietudine davvero opprimente... Si è trattato solo di un banale fatto, un episodio singolo, isolato... Ma io temo che non sarà il primo... Nei miei pensieri non domina il pessimismo, ma solo un po' di crudo realismo. In quel che resta di questa notte non potrò prendere sonno: resterò ad osservare il cielo chiedendomi cos'altro accadrà...”


«Ma...» balbettò Hermione «ma... non è possibile!» sembrava sull’orlo del pianto. Le pagine successive erano state strappate. i ragazzi si guardarono attoniti. Harry era curioso di sapere se Virginia si sarebbe salvata, se Ignotus avrebbe finalmente avuto il coraggio di vuotare il sacco con il fratello; ma forse sapeva già come sarebbe finita quella storia: Cadmus era il secondo fratello, quello che possedeva la Pietra della Resurrezione, quello che aveva richiamato in vita la sua amata , “la ragazza che aveva sperato di sposare prima della di lei morte prematura...” così recitava la Storia dei Tre Fratelli, che ricordava ancora bene. Quindi quella ragazza era Virginia, ma forse Beda il Bardo si era sbagliato, Ignotus avrebbe sicuramente trovato un modo per salvarla.
Mentre il ragazzo si rigirava il diario tra le mani, da una piccola taschina nascosta nella copertina apparve un lembo di pergamena; fece per tirarla fuori. «Attento!» esclamò Hermione «è fragilissima! Non puoi estrarla così!» e con un gesto delicatissimo della bacchetta la estrasse delicatamente, poi l’avvolse in una specie di nuvola dorata e la pergamena rimase lì sospesa in aria sopra le mani del ragazzo.
Era molto rovinata, ma ancora leggibile e per un attimo gli si fermò il cuore.

Testamento di Virginia Astris

“Io, Virginia Astris, secondogenita di Olivier e Eléonore, sorella minore di Marcus, ripongo su questa pergamena, immergendo le mie volontà in un calamaio e tracciandone i contorni con l'inchiostro, le disposizioni che desidero vengano rispettate quando il mio corpo ormai sarà freddo e la mia anima vivrà calda e libera al di là di questo difficile ma meraviglioso mondo, beata di pace eterna. Sono solo tre i beni materiali dei quali posso dirmi proprietaria e qua esporrò come ho deciso di spartirli tra coloro per i quali il mio animo nutre un più forte sentimento.
Lascio la mia bacchetta, simbolo del mio potere magico, della mia appartenenza a questo mondo pregno di incantesimi e sortilegi, ad Antioch Peverell, una fonte di allegria anche nei momenti più cupi. Mi auguro che egli custodirà con senno l'emblema delle mie arti magiche facendone buon uso qualora troverà il modo di sfruttare tale oggetto.

Lascio il mio anello, simbolo del passato, della morte e del ricordo di una persona a me cara, la mia dolce madre, alla quale codesto manufatto apparteneva, al mio amato Cadmus Peverell in segno del mio sentimento per lui. Mi auguro che egli lo terrà con sé sempre e lo indosserà pensando a me, come io feci nel rimembrare la madre che mai conobbi.

Lascio infine il mio mantello, labile ricordo della mia figura paterna dalla quale mi fu donato, come simbolo di protezione e di conforto nel dolore che seguirà la mia morte ad Ignotus Peverell, un amico, un confidente, un fratello. Mi auguro che egli lo utilizzerà e ne trarrà giovamento così come io feci, riuscendo a sentirsi meno solo e pensando, quando lo indosserà, di aver me medesima vicino a nasconderlo e salvarlo dalle avversità della vita.

E con queste poche ma sincere parole chiudo il mio scritto tanto sofferto ed estratto con difficoltà dalla punta della piuma che stringo nella mia tremante mano.
Spero che il mio ricordo sia in futuro accompagnato da un sorriso di gioia e non da una lacrima amara di dolore e tristezza.
Con estremo e profondo affetto,    
Virginia Astris.


E adesso, finalmente, cominciava a capire a pieno la Storia dei Tre Fratelli. I Doni erano l’eredità di  Virginia, la loro dolce amata, ormai morente. Ma c’era qualcosa che non riusciva ancora a capire: in che momento della loro storia questi tre oggetti, apparentemente banali, avevano acquisito il loro immenso potere?
Un energico colpo alla porta interruppe i pensieri di Harry. I ragazzi fecero appena in tempo a mettere via il Mantello e a nascondere il diario che sulla soglia si affacciò il Ministro;  l’uomo fece cenno a Harry di seguirlo con aria molto più da capo che da amico.
Il ragazzo si alzò e seguì il mago scendendo le scale fino al salotto, dove li aspettava il signor Weasley, seduto sulla vecchia e consunta poltrona di chintz di fronte al caminetto spento. La casa recava i segni dell’imminente primavera. Qualche vasetto di marmellata sul davanzale conteneva dei fiorellini lilla e bianchi, e la signora Weasley sembrava aver lavato tutte le tende e le lenzuola della casa, che svolazzavano in giardino, stese sui fili che si potevano intravedere dalla finestra. Forse si era data alle grandi pulizie per non pensare al figlio scomparso e, nonostante lo schiacciante senso di colpa che lo attanagliava, fu contento di essere riuscito a ritrovarlo.
Il Ministro si piazzò in piedi dando le spalle al caminetto, e Harry si sedette su una semplice sedia di legno con i braccioli. «Harry, dobbiamo parlare. Ci occorre sapere cosa è successo con la massima precisione» disse. «Molly e Arthur mi hanno detto che ieri sei piombato qui all’improvviso con Ron e Azucena; ho provato a parlare con lei ma non mi sembra si fidi di me. E poi non voglio turbarla, visto che sta curando Ron con buoni risultati».
Harry mise al corrente Kingsley degli eventi rocamboleschi che avevano portato alla liberazione di Ron. Della Setta, di Hyde e Draco. Gli disse tutto quello che sapeva, e parlò loro anche della strana ricomparsa del professor Uglick, di come questi li avessi trascinati repentinamente nel luogo dove si rifugiava la Setta.
«Non ho avuto tempo di contattarti, è successo tutto così in fretta, e poi c’è stata la faccenda di Snitch ...» disse Harry cercando di giustificarsi.
«Snitch?» chiese Arthur.  «La Puffola che hai affidato ieri a Molly? Cosa c’entra adesso?».
Harry spiegò anche della faccenda della Puffola, e di come, con le sue visioni, lo avesse aiutato in molti degli eventi accaduti fino a quel momento, e che quindi aveva avuto il sospetto che Hawaii fosse una spia di Willis.
«Questa cosa della Puffola va approfondita. La porterò al San Mungo» disse Kingsley deciso. «Ma Uglick… non capisco perchè non si sia rivolto a noi. Con un minimo di rinforzi potevamo arrestarli tutti e mettere fine a questa deplorevole faccenda» disse a denti stretti. «C’è altro che devo sapere?»
Harry avrebbe voluto omettere la parte della Bacchetta, perché raccontare dell’incantesimo avrebbe significato svelare che era colpa sua, ancora una volta, se il mondo magico era in pericolo, perché lui aveva deciso di non distruggerla e non l’aveva rimessa a posto; sapeva che Kingsley non era uno stupido, però, e quindi vuotò il sacco anche su tutta la faccenda dell’incantesimo.
«Stai dicendo che questa storia dei Doni non è ancora conclusa?» chiese il signor Weasley cercando di schiarirsi le idee.
«A quanto pare no» confermò Harry e poi aggiunse, «e non è tutto. Pensavo che la Pietra della Resurrezione fosse andata persa nella Foresta Proibita quando mi sono consegnato a Voldemort…». Si fermò un attimo. Il ricordo della sua passeggiata a sangue freddo nella Foresta era ancora vivido e a tratti si chiedeva ancora se sarebbe riuscito a compiere la sua missione senza l’aiuto della Pietra, senza la presenza dei suoi genitori e dei suoi amici. Continuò:  «…non so come abbiano fatto ma l’hanno trovata…». Poi, improvvisamente, come se avesse avuto una rivelazione, capì e strinse i braccioli della sedia fino a farsi sbiancare le nocche. Kingsley mise mano alla Bacchetta, guardandosi intorno, pensando che stesse per accadere qualcosa, ma Harry esclamò: «Ecco cosa cercavano!». Arthur ed il Ministro lo guardarono allibiti. Harry si rese conto dello sconcerto che aveva creato e, sebbene fosse agitato, si impose di esporre con calma quello che aveva intuito.
«Ricordate il primo attacco alla scuola? Quello di settembre durante la prima apparizione di Minami?». I due uomini annuirono. «Bene. Mentre eravamo sul tetto della scuola, in mezzo a tutto quel finimondo, abbiamo visto un grande bagliore, e mi è sembrato di vedere due sagome nel parco, separate dagli altri. Forse stavano cercando di entrare nella Foresta Proibita senza essere intercettati». Harry tacque qualche secondo, poi riprese: «Ci eravamo chiesti molte volte a cosa era servito quell’attacco. E se la loro presenza in Presidenza fosse stato un diversivo?».
Dopo qualche istante di silenzio, per assimilare quanto Harry aveva detto, intervenne nuovamente Kingsley.
«Supponendo che siano riusciti a recuperare la Pietra, il Mantello e la Bacchetta sono al sicuro?» chiese fissandolo negli occhi il Ministro.
«Il Mantello è al sicuro. La Bacchetta non lo so. Purtroppo temo che il professor Uglick abbia scoperto dove si trova, leggendomi nella mente prima di fuggire precipitosamente, poche ore fa… Stavo andando a recuperarla  ma Ginny ed Hermione mi hanno convinto ad aspettarti» disse Harry.
«Per la barba di Merlino, Harry!» esclamò Kingsley preoccupato. Ovunque sia, occorre andare a prenderla. Adesso!» si infiammò.
«Non vi preoccupate, sta arrivando…» si difese Harry cercando di rassicurare più se stesso che i due uomini.
«In che senso sta arrivando?» chiesero quasi all’unisono i due maghi perplessi.
«Aberforth e Ariana la stanno portando qui. Non dovrebbero metterci molto» disse Harry pensieroso non accorgendosi dello sguardo perso dei due uomini.
«Ariana? Ariana Silente? » chiese Kingsley interrogativo.
«Si, lei !» disse Harry con un leggero sorriso.
«Ma…» iniziò il signor Weasley con un’espressione di chi stava parlando con un matto. Proprio in quel momento però furono interrotti da un gran trambusto provenire dall’ingresso della Tana.
I tre si scambiarono un’occhiata preoccupata, prima che il signor Weasley si decidesse ad andare alla porta, con l’aria di chi non si aspettava nulla di buono. Una volta guardato fuori, però, il suo volto si sciolse dalla preoccupazione e esclamò: «Andromeda!»
La strega si fece avanti con fare concitato. I suoi occhi, che solitamente emanavano dolcezza, erano spalancati, dandole un’aria che la faceva somigliare molto alla sorella, Bellatrix. Qualcosa non andava. Harry scorse Teddy che si agitava piangendo tra le braccia della nonna. Molly accorse per toglierle il bambino dalle braccia, e lei subito si gettò sopra Harry.
«Harry! Non so che sia successo a casa mia. Ero uscita con Teddy e stavo rientrando quando ho visto la porta sfondata. Sapevo che Aberforth doveva venire qui così ho pensato di raggiungerlo per chiedervi aiuto. Ma lui dov’è? Che sta succedendo?»
Harry si ritrovò con la gola secca, l’ansia si impossessò immediatamente di lui. Era già troppo tardi? Harry si era talmente concentrato nella lettura del diario di Ignotus, e poi nel resoconto con Kingsley, che aveva perso la cognizione del tempo. Erano passate forse due ore e di Aberforth e Ariana nessuna notizia.
«Dobbiamo andare da lui subito!» esclamò rivolto a Kingsley, stringendo la bacchetta.
Il Ministro annuì mesto e posò una mano sulla spalla del signor Weasley. «Saremo presto di ritorno, Arthur» . Il tempo di assicurare ad Andromeda che sarebbe andato tutto bene: uscirono nel giardino, corsero oltre i confini della Tana e si smaterializzarono.
Comparvero a pochi metri dal vialetto di ingresso di casa di Andromeda, e iniziarono a correre. Giunti al cancello si resero subito conto del pericolo: la porta di ingresso era stata scardinata e si trovava per terra semi fracassata. Sembrava che ci fosse stata una colluttazione, Harry fece per precipitarsi all’interno ma Kingsley lo bloccò per un braccio.
«Aspetta» disse parlando a bassa voce. Harry lo fissò e vide che stava mormorando qualche incantesimo. «Non ci sono barriere e incantesimi di protezione magici» disse preoccupato.
«Homenum revelio» lo imitò Harry e captò una presenza umana all’interno della casa.
«Entriamo a controllare, sembra che se ne siano andati. Fai attenzione, potrebbero aver lasciato delle trappole» disse Kingsley concentrato. Prima di avviarsi, Harry lo vide fare un lieve movimento con la bacchetta ma non se ne curò. Era molto preoccupato per la sorte di  Aberforth.
Quando entrarono in casa Harry sudava freddo. Il salotto era sottosopra ma dell’uomo nessuna traccia. Kingsley fece segno ad Harry che lui sarebbe andato in cucina e gli fece capire di controllare le altre stanze. Harry salì le scale con il cuore che gli batteva all’impazzata e con la bacchetta pronta. Entrò nella prima stanza che trovò sulla sua destra: era una camera con il letto e i mobili fatti a pezzi, ma non c’era nessuno. Varcò la seconda porta: un bagno vuoto. Provò con la terza porta e tra i mobili sfasciati intravide una forma umana. Si gettò  in quella direzione senza pensarci due volte e venne colpito da una luce rossa che gli fece perdere la presa sulla bacchetta. Riconobbe il viso di Aberforth, nonostante il sangue che lo rigava, così si precipitò verso di lui chiamandolo per nome. Il vecchio gli fece una smorfia e indicò la sua tasca. Vi diresse la bacchetta e improvvisamente il quadro di Ariana comparve sopra di lui. Harry lo prese e lo appoggiò al muro proprio mentre il vecchio perdeva conoscenza.
Ad Harry montò una rabbia esplosiva. «La pagheranno, la pagheranno cara!» farfugliò livido. «ABERFORTH! RISPONDI!» lo strattonò, cercando di svegliarlo dal suo stato di incoscienza, ma inutilmente.
Kingsley entrò nella stanza e, chinandosi al suo fianco, gli mise una mano sulla spalla. «E’ ancora vivo, ma è messo male. Non ho mai visto nulla di simile» disse il Ministro. Harry a quelle parole osservò con più attenzione il viso dell’uomo disteso incosciente sul pavimento. Sembrava percorso da strane ragnatele: il sangue nelle vene sembrava essere diventato nero.
Kingsley appoggiò la bacchetta sulla fronte di Aberforth e a Harry parve che il viso si rilassasse un poco.
«Gli ho fatto un Incanto che lo ha portato in uno stato dormiente, senza sogni. Spero aiuti a rallentare il diffondersi di questo incantesimo oscuro».  
Proprio in quel momento una serie di CRACK! riempirono il silenzio.
Diversi maghi dovevano essersi materializzati nei pressi della casa. Harry raccolse da terra la sua bacchetta pronto a sfogare tutta la sua rabbia e frustrazione contro qualsiasi nemico si fosse presentato, Kingsley si avvicinò alla finestra e scostò leggermente la tenda decorata con fiori di pesco per guardare fuori.
«Era ora!» esclamò Kingsley con tono molto arrabbiato. Harry, guardando da dietro la spalla di Kingsley, riconobbe un paio di Auror di quelli che aveva conosciuto all’addestramento. «Fate salire subito i guaritori!» urlò il Ministro dopo aver aperto la finestra.
Tre guaritori si precipitarono verso Aberforth scostando malamente Harry, che non reagì, mentre alcuni Auror si affacciarono alla porta. Quando videro il ministro abbassarono subito le bacchette; l’uomo si avvicinò minaccioso ad uno di loro e lo prese per il bavero. Harry non lo aveva mai visto perdere il controllo a quel modo.  Dove diavolo eravate finiti Donald?» gli latrò in faccia livido di rabbia, «il vostro ritardo poteva costarci la vita» disse il Ministro mollando la presa.
«Non… non è stato semplice mettere insieme una squadra… siamo dislocati in diverse zone… poi i guaritori del San Mungo…» cercò di giustificarsi il mago ma si zittì dopo un'occhiataccia del Ministro.
«Disponetevi in perimetro intorno alla casa e lanciate tutti gli incantesimi di protezione che vi vengono in mente» ordinò Kingsley che aveva ripreso il controllo.
«Ma cosa è successo?» chiese il mago ancora scosso dalla ramanzina del suo capo.
«La setta. ha attaccato di nuovo.» disse il Ministro al mago che, senza obiettare, uscì dalla stanza. Harry sentì che impartiva ordini ai suoi compagni. Harry e Kingsley si misero in disparte così che i guaritori potessero muoversi liberamente intorno ad Aberforth. Passarono diversi minuti e videro fare diversi tentativi con pozioni e Incanti. Quando i due si guardarono scuotendo la testa Harry capì che non c’era più niente da fare e calde lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance.
I guaritori si volsero verso di loro e dissero quello che entrambi avevano già intuito.
«Non possiamo fare più nulla qui per lui» dissero a malincuore, «non conosciamo la magia che lo ha colpito e visto quanto è estesa, probabilmente anche con la cura giusta non sappiamo se riusciremo a salvarlo. L’unica speranza è portarlo subito al San Mungo» disse uno dei due.
Kingsley annuì abbassando poi lo sguardo e coprendosi gli occhi con una mano. Harry tremava dalla rabbia: un’altra vita spezzata per quella maledetta bacchetta.
«Kingsley, aspetta… puoi farlo tornare cosciente per pochi minuti? Vorrei parlargli» supplicò Harry.
Kingsley lo guardò intensamente, poi estrasse la bacchetta e la puntò sul cuore del vecchio.
«Uscite per favore» intimò Kingsley ai due Guaritori. Questi obbedirono e uscirono facendo un cenno del capo. «Se volete tentare di salvarlo, fate in fretta, Ministro» disse uno dei due, fermandosi sulla soglia della porta.
Harry si avvicinò al capezzale di Aberforth aspettando che riprendesse conoscenza. Non passò molto prima che l’uomo aprisse gli occhi.
«Potter, aiutami a mettermi seduto» disse Aberforth con un filo di voce. Harry cercò di sollevarlo più delicatamente possibile.
«Andromeda e Teddy?» chiese.
«Sono al sicuro, alla Tana» disse Harry deciso.
«Non sarei dovuto venire qui… Anche se Andromeda…» disse lui fermandosi affaticato.
«Perché sei venuto, allora? » si intromise il Ministro.
«Dovevo farlo. Lei doveva sapere…» proseguì il vecchio mago. «Ma se è al sicuro,  dobbiamo occuparci di quell’altra faccenda. Non mi sento molto in forma, sai? ».
Harry ebbe un sussulto.
«Sto morendo, vero, Ministro?» chiese Aberforth. Kingsley annuì, senza abbassare lo sguardo. Harry non riuscì a nascondere uno spasmo di rabbia. «Perdonami Aberforth. Tu l’avevi detto che non volevi avere niente a che fare con i Doni, dopo tutto quello che avevi già passato. Non avrei mai dovuto coinvolgerti. E adesso...»
«Era il mio destino, Potter. Poco male, almeno raggiungerò la mia amata sorella e potrò fare i conti con Albus» disse d’un fiato il mago. «Ma tu… distruggi il quadro».
Harry lo guardò interrogativo. Aberforth invece, era sereno, quasi sornione, anche se ormai sembrava gli restasse pochissimo fiato in corpo. Le ragnatele nere avevano coperto tutto il suo volto e parte del torace visibile sotto la veste.  «Se vado io da lei, non serve più che lei resti legata a questa vita. Ministro, sono pronto per andare. Addio Potter. Fai come ti ho detto».
Harry gli strinse la mano tra le sue. Era freddo come ghiaccio. I guaritori entrarono rapidi, chiamati da Kingsley, sollevarono il vecchio con un incantesimo e si smaterializzarono.
Solo in quel momento Harry si accasciò con la schiena contro il muro, accanto al famigerato quadro, e iniziò a raccontare al Ministro di come avesse nascosto la bacchetta e il perché l’avesse fatto proprio nel quadro di Ariana. Era il posto più impensabile visto che lei stessa era stata una vittima di quella bacchetta infernale. Harry guardò Kingsley che sembrava colpito da quell’idea.
E infine gli disse del Patronus di Aberforth che lo avvisava che sarebbe andato a casa di Andromeda con il quadro e di come lui a sua volta gli avesse chiesto di raggiungerlo alla Tana.
«Ma cosa “doveva sapere” Andromeda?» chiese il Ministro.  
«Non lo so. Questo proprio non riesco a capirlo.» rispose con amarezza Harry. Sapeva solo che probabilmente la setta era riuscita a seguire Aberforth fino a lì.
«Sono fiero di te, Harry» disse Kingsley cercando di tirargli su il morale. «Il nascondiglio era perfetto. Peccato che quel verme di Uglick ti abbia letto la mente con qualche trabocchetto. Probabilmente è stato lui a riconoscere il quadro e dove era ubicato. Probabilmente è stato lui a rivelarlo alla Setta. Ma non riesco a capire perché lo ha fatto dopo avervi aiutato a liberare Ron e a scappare. E ancora meno capisco perchè Aberforth sia venuto qui con tutti i posti in cui poteva andare» proseguì lui pensoso.
«Dai, ti riporto alla Tana» disse Kingsley, «qui non c’è più niente da fare».
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Capitolo 30 - La verità sui Doni
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