Bè ecco la parte modificata del vecchio Ricordi Oscuri... L'inizio almeno... Ho tolto completamente la parte del ritratto che sarebbe da rimpiazzare xk non convinceva in molti ed ora lascia un po' perplesso anche me...Quindi l'ho saltata ed ho ripreso dal ricordo anche se quello è rimasto quasi invariato...
Ribuona lettura XD
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Si Materializzarono con un sonoro CRACK in un vicolo dove era già stato diverse volte: le villette che costeggiavano la stretta stradina erano innevate e dalle finestre si intravedevano ancora le luci delle decorazioni natalizie che, attraverso i loro bagliori colorati, illuminavano ad intermittenza il selciato coperto di neve. Dall’imboccatura, una cinquantina di metri più avanti, era possibile scorgere le luci di diversi lampioni che illuminavano l’obelisco situato nella piazza principale.
«Bè per chi non c’è mai stato, Benvenuti a Godric’s Hollow!» disse Hyde cerimonioso, mollando teatralmente la presa dalle loro braccia.
«Smettila di fare lo sbruffone e concentriamoci su quel che dobbiamo fare. Non ho dormito quattro ore stanotte solo per ascoltare il tuo stupido show!» ribatté Draco superando il compagno e dirigendosi verso l’imboccatura del vicolo.
Nonostante avessero passato un po’ di giorni insieme a Villa Malfoy facendo ricerche sulla Setta, Draco e Bryan non avevano mai smesso di dimostrare il loro odio l’uno per l’altro, punzecchiandosi a vicenda tutto il tempo. Ma nonostante la compagnia non fosse delle migliori, Harry era contento di trovarsi nuovamente nel suo paese natale. Quanto tempo era passato dalla sua ultima visita il giorno del suo compleanno!
Seguendo Hyde, i tre si diressero in silenzio verso il centro del villaggio passando al margine della piazza. La neve ghiacciata sui lastricati in pietra era compatta, dura e scivolosa ed era possibile notare le numerose serie d’impronte, lasciate dagli abitanti durante la giornata precedente, che il nevischio leggero, che continuava a cadere, non era ancora riuscito a coprire. Prima di voltare l’angolo per imboccare un’altra strada secondaria, Harry spostò lo sguardo verso il centro della piazza per cogliere l’espressione pacifica e felice sul volto delle statue dei suoi genitori che erano magicamente comparse al posto del monumento ai caduti. Riuscì a notare in lontananza la chiesetta gotica ed il cancello del piccolo cimitero: soltanto poco più di un anno prima aveva attraversato quella via mano nella mano con Hermione temendo, ed allo stesso tempo desiderando ardentemente, di riuscire a trovare le lapidi in marmo bianco recanti il nome di Lily e James Potter.
Non aveva il tempo per visitare il piccolo cimitero ma si ripromise di ritornarci il prima possibile, magari dopo aver ritrovato Ron.
Continuarono a camminare in silenzio per una decina di minuti sino a raggiungere le ultime case del villaggio.
«Ma dove stiamo andando?» chiese Draco evidentemente indignato «Non potevi portarci direttamente sul posto invece che farci fare la visita guidata di questo stupido paesino?»
«Non è possibile Materializzarsi direttamente nel castello...» rispose secco Hyde «... ho già tentato quest’estate».
Allora era davvero lui, quel ragazzo che vagava per Godric’s Hollow il giorno del mio compleanno... si disse Harry tra sé e sé.
«Ma cosa pensate di trovare esattamente in questo castello? Ok va bene sappiamo che la Setta è collegata al mio antenato ed ai Peverell di conseguenza; ma a cosa può davvero servirci visitare un vecchio maniero, abbandonato sicuramente da secoli? Sarà rimasto poco e niente…» protestò Draco.
Forse per il fatto che questa Setta sembra aver come scopo quello di recuperare la Bacchetta di Sambuco? Più informazioni abbiamo e meglio è! pensò. Ma tenne queste riflessioni per se rispondendo: «Un libro, un qualcosa che descriva come mai i Peverell e la Setta siano legati. Appunto perché il maniero è appartenuto ad Ignotus Peverell è probabile che al suo interno vi sia qualche scritto che citi anche questi maghi». Non voleva ancora rivelare il ruolo dei Doni in questa storia. Meglio non correre rischi. Era fondamentale che la Bacchetta restasse al sicuro dietro al quadro, lontano dalle mani di quegli individui.
«Non faccio fatica a credere che gli americani possano credere per filo e per segno alle favole, ma anche tu Potter! Ti credevo più maturo!» disse l’ex Serpeverde ironico.
«Quante volte te lo devo dire? I Peverell non sono solo una favola. Ho visto la tomba di Ignotus Peverell qui al cimitero del paese lo scorso inverno. Che poi abbiano ricevuto i Doni dalla Morte in persona o no, non si può mettere in dubbio che fossero dei maghi molto potenti se sono finiti addirittura tra le leggende. Penso solo che saperne qualcosa in più possa darci un vantaggio contro la Setta» rispose Harry calmo.
«Quest’estate, infatti, ho passato qui diverse settimane alla ricerca della casa dove fosse vissuto Ignotus Peverell» aggiunse Bryan, poi spostando lo sguardo su Harry disse con un sorriso compiaciuto continuò «Non sono certo venuto a Godric's Hollow per osservare stupidi ragazzini che si Smaterializzano con noncuranza davanti ai passanti, maghi o Babbani che siano...»
«Falla finita Hyde! Ci manchi solo tu» gli intimò Harry scatenando nel compagno un ghigno divertito.
Intanto guidati dall’americano si erano inoltrati in una viuzza di campagna: la neve non era stata spalata ed era difficile continuare a seguire il sentiero nascosto sotto quella coltre bianca.
Dopo aver camminato con difficoltà per cinque minuti, proprio nel punto in cui la stradina sembrava voltare dalla parte opposta inoltrandosi tra gli alberi di una foresta innevata, comparve alla loro destra un imponente sagoma, quasi invisibile nell’aria colma di neve. Sembrava appartenere ad una serie di edifici di tre, quattro piani affiancati ad una struttura che poteva assomigliare ad una torre circolare, non molto più alta del resto della costruzione.
I tre si avviarono con passo spedito verso il cancello. Harry non desiderava altro che trovarsi al chiuso per scongelarsi le dita che stavano raggiungendo una colorazione bluastra ed anche Draco e Bryan sembravano contenti all’idea di poter entrare in un luogo asciutto. Arrivati in prossimità del maniero si avvicinarono al cancello d’ingresso il quale si aprì da solo come per accoglierli: Ignotus Peverell doveva essere, un tempo, un tipo cordiale. Una "I" e una "P" grandi e imponenti risaltavano dagli intrecci in ferro battuto che rincorrendosi l'un l'altro formavano le due maestose inferriate: erano indubbiamente giunti nel posto giusto.
Continuarono a camminare per il vialetto sino a raggiungere il portone d’ingresso situato alla base della torre. Riparandosi gli occhi dalla neve con la mano, riuscì ad osservare la facciata del castello che gli si parava davanti: vi erano delle grandi finestre ad ogiva al primo piano, poste subito sotto un grande balcone in pietra decorato, ed altrettante posizionate in corrispondenza al livello superiore; inoltre una serie di piccole feritoie spuntavano da sotto la merlatura all’apparenza pericolante. La vegetazione sembrava quasi essersi impossessata della struttura: dei rampicanti percorrevano tutta la facciata laterale intrecciandosi sino alla sommità della costruzione evidenziandone il degrado. Inoltre riusciva a scorgere poco oltre la torre un altro edificio che, col tetto a falde in parte crollato, poteva sembrare una cappella di famiglia.
Non sapeva perché ma il maniero nel suo insieme gli ricordava molto Hogwarts, anche se in versione piccola e malridotta.
«Apri Hyde, mi sto congelando!» si lamentò Malfoy.
«Se il nostro caro amico Potter non ci apre la porta siamo bloccati fuori! Altrimenti non avrei aspettato tanti mesi e sarei entrato da solo da un pezzo!»
«Perché Potter?» chiese Draco confuso.
Harry si avvicinò al pesante portone e afferrò uno dei due battenti a forma di testa di leone, lo sbatté più volte sul legno massiccio della porta e questa si aprì lentamente con un cigolio sinistro.
«Può essere aperta solo dal propietario o da un membro della sua famiglia…» commentò Hyde roteando gli occhi.
Anche Harry ci aveva pensato, solo che non si aspettava che l’americano ne fosse al corrente. Quanto sapeva davvero Bryan Hyde sui Doni e sui Peverell?
«Dal proprietario? Non vorrai dirmi che questa casa è tua, Potter?»
«Non ne ho la minima idea. Ma direi che forse è meglio parlarne all’interno. Si gela fuori!»
I tre ragazzi ammantati entrarono nel castello e si chiusero il portone alle loro spalle.
La sala che si presentò loro era molto più grande di quella che potevano immaginare dall’esterno: l’interno del palazzo doveva essere stato ingrandito con la magia; l’edificio apparentemente abbandonato dall’esterno, era invece lussuoso e accogliente all’interno.
Si trovavano in un grande e cupo atrio di forma circolare con i pavimenti in marmo bianco e nero: lungo le pareti scorrevano leggere due rampe di scale che, partendo una da un lato ed una dall’altro, si rincorrevano all’infinito conducendo ciascuna a piani diversi perdendosi nell’ombra. Vi era inoltre sulla parete di fronte a loro una grande porta in vetro e metallo che metteva in comunicazione con un altro ambiente nascosto dall’oscurità.
«Homenum Revelio» disse sottovoce Draco, senza alcun esito. Erano soli.
Harry, allora, con un gesto della bacchetta accese le candele dell’enorme lampadario che pendeva sopra le loro teste e la stanza si mostrò nel suo massimo splendore: le lezioni di Vitious sugli incantesimi non verbali stavano dando i loro frutti… La luce illuminò tanto l’ambiente che ora era possibile scorgere anche una piccola rientranza nella parete da cui si dipartiva un’altra scala in pietra per scendere poi verso quelli che dovevano essere i sotterranei.
«Se la passava bene Ignotus!» disse con un ghigno Bryan rivolgendosi ad Harry.
Quest’ultimo evitò di rispondere alla provocazione mordendosi la lingua.
«Cosa facciamo adesso? Controlliamo prima il piano terra?» disse invece rimangiandosi le offese che gli venivano nei confronti dell’americano.
«Andiamo» risolse Draco, non volendo riconoscere a Hyde il ruolo di comando nella missione nonostante la sapesse più lunga sia di lui che di Harry.
Sorpassata la porta in vetro si trovarono in un grande soggiorno.
Hyde sfoderò la bacchetta dalla tasca e con un gesto, nel grande camino posto di fronte a loro, cominciò a scoppiettare un bel fuoco che illuminava debolmente la stanza. La flebile luce mostrò loro però una situazione inaspettata: i libri, prima disposti sicuramente nelle librerie lungo le pareti, erano stati gettati a terra, i quadri erano staccati dai muri, il grande tavolo da pranzo, collocato dall’altra parte della stanza, era spoglio e i soprammobili, che probabilmente vi si trovavano sopra, erano ora distrutti e sparsi sul pavimento insieme alla tovaglia. I tre ragazzi guardavano la sala attoniti: qualcuno li aveva preceduti ed aveva setacciato il palazzo da cima a fondo.
«Conviene dividerci. Così potremmo perlustrare meglio ogni angolo. Sembra evidente che sono riusciti ad entrare in qualche modo».
«Ok. Allora io salgo al primo piano» disse Harry serio.
«Io vado nei sotterranei e tu Draco rimani qui. Se hanno messo sottosopra questa stanza ci sarà sicuramente un motivo. Avvisate se trovate qualcosa di interessante». Harry e Hyde si mossero verso la porta dalla quale erano entrati per poi dividersi nuovamente di fronte alla rampa di scale senza una parola. Saliti i gradini in marmo, Harry si fermò davanti alla porta del primo piano che era possibile scorgere dall’ingresso. Entrò e si ritrovò in un corridoio abbastanza lungo e buio con porte appena percepibili su entrambi i lati.
«Lumos!»
Con la luce proveniente dalla punta della bacchetta era possibile ora notare maggiori dettagli: diversi quadri erano appesi alle pareti tra una porta e l’altra ed i nomi delle figure rappresentate erano scritti su delle targhette poste sotto le cornici. «Demetrius Peverell, Margaret Peverell, Augustus Wemberd, Anton Luis Wemberd...» diceva sottovoce Harry leggendo i nomi dei propri antenati che dormicchiavano nelle loro cornici o lo osservavano mentre passava, disturbati dalla luce. Scorrendo con lo sguardo tutta quella serie di quadri antichi e polverosi notò una stranezza. Proprio al termine del corridoio, come chiudi fila di quella serie di volti sconosciuti e tutti imparentati tra loro, vide che era posta un'elaborata cornice, con ghirigori e abbellimenti color ottone, grossa e massiccia. Ciò che lo stupì non fu però la cornice in sè, ma piuttosto ciò che essa conteneva: assolutamente niente.
Harry pensò che fosse molto probabilmente uno scherzo della luce, perciò si avvicinò, certo di trovarvi impresso un qualche volto rugoso. Ma quando fu proprio davanti al quadro potè constatare che non si era ingannato. Una tela completamente nera era appesa esattamente di fronte a lui e non sembrava voler dare alcun segno di una qualsiasi presenza al suo interno.
Il suo sguardo scivolò sulla targhetta che si trovava al di sotto del dipinto. Lucida, come tutte le altre, portava impresso, a bei caratteri allungati, il nome della persona raffigurata nel quadro o che probabilmente vi sarebbe dovuta essere raffigurata.
Harry James Potter
Com'era possibile che il suo nome fosse sotto quella cornice?
.....
Doveva avvertire gli altri. Quello che cercavano era lì che li aspettava.
Appena sceso al piano terra si diresse velocemente nel soggiorno con impressi ancora in mente gli occhi scuri del padre che lo guardavano fieri e commossi.
«Cosa hai trovato Draco?»
«A parte tutta questa confusione? Non ho trovato niente di importante se non quel Pensatoio sopra al mobile là nell’angolo...»
«Non è strano che sia l’unica cosa rimasta intera? O l’avranno lasciato di proposito quelli della setta?»
«È quello che sospettavo» rispose Draco laconico.
«Bé…» rispose Harry «… vediamo se c'è qualcosa al suo interno».
Harry voltò lo sguardo verso il mobile che gli aveva indicato Malfoy e vide un oggetto diverso rispetto a quello appartenuto a Silente: sembrava un piatto in argento che rimaneva sospeso in aria sopra una consolle con dentro un sottile strato di una sostanza liquida e scura. Ricordi.
In quel momento entrò Hyde di corsa nella stanza ed Harry distolse gli occhi dall'oggetto magico per parlare con l’americano.
«Che c’è?» chiese quest’ultimo coperto di ragnatele e con un po’ di fiatone. Sicuramente aveva fatto le scale velocemente. «Ho sentito chiamare, ma quei sotterranei sono un vero labirinto. Ci sono solo topi, polvere e ragnatele ovunque!»
«Draco ha trovato un Pensatoio» spiegò Harry che al momento era ben poco interessato ai sotterranei della residenza «Ci stavamo chiedendo perchè fosse l’unico oggetto rimasto intatto. Al piano di sopra, poi, ho saputo con certezza che la Setta è stata qui».
«Cosa?» chiese Hyde sorpreso « E come hanno fatto loro ad entrare?»
«Ci penseremo dopo, ora guardiamo cosa c’è dentro».
Le tre figure si avvicinarono in silenzio al mobile e osservarono per un lungo attimo la superficie increspata del Pensatoio.
«È nero» disse Malfoy con una nota di disgusto nella voce, poi con un po’ di riluttanza avvicinò il volto al Pensatoio e ne fu risucchiato istantaneamente dentro. Poi si avvicinò Harry e, chino in avanti, trasse un profondo respiro prima di precipitare nel ricordo. Quando atterrò si ritrovò accanto a Draco in un lungo corridoio appena illuminato dalla luce di una bacchetta. Altri tre maghi incappucciati si trovavano vicino a loro.
«Dove ci troviamo?» chiese Harry.
«Non ne ho la minima idea…» rispose l’americano appena apparso dietro di loro cogliendo al volo la sua domanda «Però c’è da chiedersi più che altro il perché abbiano deciso di lasciare un ricordo e non un semplice messaggio...»
Nessuno degli altri due compagni rispose. Le tre figure ammantate cominciarono a muoversi lungo il corridoio ed i ragazzi si misero a seguirli. Era possibile scorgere le volte basse e umide che, coperte da un sottile strato di brina e di muschio, luccicavano alla flebile luce della bacchetta del primo mago. Le pietre dei muri, irregolari ed instabili, sembravano pronte a cadere ad ogni minimo tocco e, incapaci di reggere il peso di quelle che le sovrastavano, a ridursi in polvere facendo crollare l’intera struttura. I tre maghi oscuri continuarono a camminare svoltando diverse volte per quel labirinto buio e freddo. Sfilavano, alla loro destra, una serie di porte con delle piccole finestrelle chiuse da sbarre.
«Oh cavolo!» disse Harry rompendo il silenzio assordante e rimanendo impietrito sul posto «Questa dev’essere una prigione…»
«Azkaban…» continuò Malfoy con un sussurro, pronunciando il nome che era balenato a tutti e tre nella mente «Siamo ad Azkaban...»
Gli sguardi di Harry e dell’americano confluirono inevitabilmente sul volto di Draco, che li ignorò e rimanendo completamente impassibile. Nonostante non vi fosse traccia dei Dissennatori sembrava che la loro passata presenza fosse rimasta incrostata, insieme al panico e agl’incubi dei carcerati, alle pareti porose della struttura.
Ad un cenno del mago le ombre che lo seguivano si arrestarono. Spense la bacchetta e le tenebre li circondarono all’istante. Harry capì cosa li aveva fatti bloccare: si sentiva rimbombare nell’oscurità un suono sordo e cadenzato che si faceva sempre più forte. Il passo di un Auror.
Le tre figure attesero immobili qualche secondo che la luce della bacchetta della guardia si avvicinasse; poi il primo pronunciò sottovoce «Infernus Obscurus».
Dall’oscurità che li circondava iniziarono a muoversi dei sinuosi tentacoli di fumo che, come dei serpenti, strisciavano sulle pareti e sulla volta, rapidi e letali, in direzione del mago che si avvicinava ignaro. Di scatto, come lance, trafissero il petto dell’Auror, il quale cadde in ginocchio senza emettere neanche un suono per poi essere colpito da un raggio di luce verde che, fulmineo, saettò per il corridoio.
I tre maghi oscuri ripresero a camminare scavalcando il cadavere dell’Auror. I tre ragazzi non poterono fare altro che seguirli evitando lo sguardo perso nel vuoto dell’uomo che giaceva a terra esanime.
Come potevano essere tanto crudeli da voler mostrare loro proprio quel ricordo? Draco ne sarebbe stato distrutto. Guardò nuovamente la faccia del ragazzo: non trapelava alcuna emozione, sembrava che ogni suo sentimento fosse nascosto con forza dietro una spessa corazza.
Le tre figure si arrestarono davanti ad una porta. Quello che doveva essere il capo della spedizione fece un gesto con la bacchetta, poi parlò per la prima volta.
«Restate qui». La sua voce era calma e fredda come il ghiaccio. Quindi il mago oscuro superò la porta come se fosse fatta di fumo, mentre i compagni rimasero fuori a fare la guardia. Draco fu il primo a seguirlo a passo svelto, mentre Harry e Bryan entrarono subito dopo di lui.
Piombarono in una cella circolare e piccola, col soffitto così alto da renderla ancora più claustrofobica. Le pareti erano state coperte di segni e scritte lasciati dalle unghie e dal sangue di coloro che avevano occupato quella prigione nei secoli passati, a partire dalla sua creazione. Tramite una grande grata, posta dal lato opposto alla porta d’ingresso, era possibile vedere il terrazzo in pietra che dava sull'oceano, dal quale, probabilmente, un tempo i Dissennatori si cibavano delle paure e degli oscuri ricordi degli occupanti.
Alla loro sinistra su un pagliericcio, si trovava seduto un uomo dai capelli biondi, col capo chino in avanti, che fissava la tremolante luce di una candela posta di fronte a lui: Lucius Malfoy. Il padre di Draco.
Harry capì che era proprio come sospettava e, intuendo cosa stava per accadere, si sentì stranamente vicino a Draco. Il mago incappucciato fece un passo in avanti con fare elegante e l’occupante della cella, accortosi della sua presenza, indietreggiò improvvisamente tentando di avvicinarsi il più possibile al muro.
«Lucius, è così che si accoglie un vecchio amico?» gli si rivolse il mago con voce divertita.
Tirò indietro lentamente il cappuccio mostrando il volto: era giovane e alto. I capelli biondi erano raccolti in una coda di cavallo e il viso era coperto da una barba abbastanza corta e curata, dello stesso colore dei capelli. Per quanto avesse un bell’aspetto, il sorriso cattivo e gli occhi penetranti grigi come il ghiaccio, gli conferivano un’aria misteriosa ed enigmatica.
«Despero?» rispose Malfoy con un filo di voce. «Perché sei qui?»
«Non si può fare una semplice visita ad un amico?» rispose quello con un ghigno.
Malfoy lo guardò con un aria interrogativa, tra il curioso e lo spaventato.
Il mago continuò «Sono qui come membro della Setta. Hai qualcosa che ci serve».
A queste parole Lucius sgranò gli occhi visibilmente terrorizzato.
«Immagino tu sappia di cosa io stia parlando…»
«Non ho niente con me te lo giuro!»
«Non sai mentire Lucius, non l’hai mai saputo fare. Legilimens!»
Malfoy cadde in ginocchio e Draco si mosse istintivamente verso di lui come per aiutarlo: il ricordo era ormai solo una lontana ombra di ciò che era accaduto, di un passato superato e irreversibile, loro non potevano più fare niente.
«Che sciocco, non ha senso che tu menta. Sai bene che i miei metodi per ricavare informazioni non si limitano alle semplici conversazioni amichevoli».
«Ti prego, lasciami in pace» disse Malfoy sconvolto, in tono di supplica.
«Sai bene che mi serve… Al-Nasl sta per brillare».
Lucius iniziò a spostarsi verso la grata del terrazzo. Le catene alle caviglie e ai polsi gli impedivano i movimenti. «Ti prego… No…» Si appoggiò alle sbarre, come se una maggiore distanza dal giovane mago potesse proteggerlo.
Draco assisteva attonito alla scena. I suoi occhi erano lucidi e muoveva lentamente la testa come per scacciare dalla propria testa quella visione.
Despero sorrise. Agitò la bacchetta e la grata si dissolse, facendo cadere Malfoy all’indietro sul terrazzo di pietra. Continuò ad indietreggiare strisciando mentre il mago veniva avanti.
«Lucius, perché tentare di scappare? È sufficiente che tu mia dia quel ciondolo».
«So a cosa serve, non vi lascerò distruggere la mia famiglia».
«Povero ingenuo. Crucio» Draco emise un gemito vedendo il padre contorcersi per dolore.
In quel momento il cielo notturno e coperto si colorò di rosso: la stella stava illuminando la terra da dietro la coltre di nubi. Da sotto la camicia di Lucius iniziò a intravedersi una luce che aumentava sempre più. Despero spalancò gli occhi eccitato. Con un gesto della bacchetta fece cessare l’incantesimo che torturava l’ex-mangiamorte. Si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui. Gli afferrò il mento con la mano e lo sollevò in modo che quegli occhi terrorizzati incontrassero i suoi. Sorrise nuovamente e con l’altra mano strappò dal collo di Malfoy il laccio di cuoio al quale era legato il ciondolo che sfavillava e lo mise in tasca senza distogliere lo sguardo. «Addio Lucius. Levicorpus».
La figura inerme cominciò a sollevarsi e a dirigersi verso il bordo del terrazzo: si bloccò solamente quando si trovò sospesa nel vuoto. Harry poteva sentire il forte rumore continuo e monotono delle onde dell’oceano che si infrangevano con impeto sugli scogli sottostanti .
«Ti prego, lascia in pace la mia famiglia».
«Amico mio, devo essermi dimenticato di rivelarti un piccolo particolare. Ci serve tuo figlio. Draco, giusto?»
«No lasciatelo… Per pietà!» riuscì a dire con voce strozzata dal dolore. A questo punto i suoi occhi si riempirono di lacrime.
«Certo, lo lasceremo. Noi non dovremo fare proprio niente, sarà lui stesso a venire da noi. Per vendicare la morte di questa povera, vile e meschina creatura che ha avuto come padre».
Lucius spalancò gli occhi. Despero fece solo un gesto con la bacchetta e le corde invisibili che tenevano l’ex-mangiamorte attaccato alla vita si dissolsero facendolo cadere nel vuoto. L’urlo ed i singhiozzi di Draco si mescolavano al grido del padre che precipitava scomparendo nella nebbia che circondava la base della prigione.
Il ricordo cominciò a svanire per poi diventare completamente buio e scaraventarli fuori dal Pensatoio. Quando Harry riaprì gli occhi si trovavano nuovamente nel soggiorno del castello di Ignotus Peverell: Draco era inginocchiato a terra tremante con le mani che gli coprivano il volto pallido rigato dalle lacrime; sul viso di Hyde, invece, regnava un’espressione confusa e scioccata che aveva preso il posto del suo solito ghigno di superiorità. Harry non sapeva assolutamente cosa fare o dire: gli sembrava di essere tornato indietro di due anni quando aveva trovato Malfoy piangere nel bagno del secondo piano.