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Numero di messaggi : 542 Età : 26 Località : A intrattenere pottherheads fuori di testa Punti : 4985 Data d'iscrizione : 16.03.12
| Titolo: Capitolo 25: alternativa al ritratto Lun Nov 25 2013, 19:58 | |
| Premetto che ho scritto da cani perchè non ho mai abbastanza tempo per fare un lavoro meticoloso e accurato, ma è pur sempre qualcosa che può servire per muovere le placide acque del forum! Ho unito il testo di Dan con il testo di Tex , apportando qualche piccola modifica. La parte blu è nuova, proposta da me (modificabile quanto volete), la parte nera è frutto di copia-incolla + piccoli ritocchi (quindi potete saltarla, a meno che non vogliate vedere come verrebbe una fusione tra i due testi sopra linkati).
Era ormai gennaio quando i tre ragazzi si Materializzarono con un sonoro CRACK in un vicolo buio: le villette che costeggiavano la stretta stradina erano innevate e dall’imboccatura, una cinquantina di metri più avanti, era possibile scorgere le luci di diversi lampioni che illuminavano l’obelisco situato nella piazza principale.
«Bè per chi non c’è mai stato, Benvenuti a Godric’s Hollow!» disse Hyde cerimonioso, mollando teatralmente la presa dalle loro braccia.
«Smettila di fare lo sbruffone e concentriamoci su quel che dobbiamo fare. Non ho dormito quattro ore stanotte solo per ascoltare il tuo stupido show!» ribatté Draco superando il compagno e dirigendosi verso l’imboccatura del vicolo.
Nonostante avessero passato un po’ di giorni insieme a Villa Malfoy facendo ricerche sulla Setta, Draco e Bryan non avevano mai smesso di dimostrare il loro odio l’uno per l’altro, punzecchiandosi a vicenda tutto il tempo. Ma nonostante la compagnia non fosse delle migliori, Harry era contento di trovarsi nuovamente nel suo paese natale.
Seguendo Hyde, i tre si diressero in silenzio verso il centro del villaggio passando al margine della piazza. La neve ghiacciata sui lastricati in pietra era compatta, dura e scivolosa ed era possibile notare le numerose serie d’impronte che il nevischio leggero, che continuava a cadere, non era ancora riuscito a coprire.
Harry spostò lo sguardo verso il centro della piazza per cogliere l’espressione pacifica e felice sul volto delle statue dei suoi genitori che erano magicamente comparse al posto del monumento ai caduti. Riuscì a notare in lontananza la chiesetta gotica ed il cancello del piccolo cimitero: soltanto poco più di un anno prima aveva attraversato quella via mano nella mano con Hermione temendo, ed allo stesso tempo desiderando ardentemente, di riuscire a trovare le lapidi in marmo bianco recanti il nome di Lily e James Potter.
Continuarono a camminare in silenzio per una decina di minuti sino a raggiungere le ultime case del villaggio. «Ma dove stiamo andando?» chiese Draco evidentemente indignato «Non potevi portarci direttamente sul posto invece che farci fare la visita guidata di questo stupido paesino?»
«Non è possibile Materializzarsi direttamente nel castello...» rispose secco Hyde «... ho già tentato quest’estate». Allora era davvero lui, quel ragazzo che vagava per Godric’s Hollow il giorno del mio compleanno... si disse Harry tra sé e sé.
«Ma cosa pensate di trovare esattamente in questo castello? Ok va bene sappiamo che la Setta è collegata al mio antenato ed ai Peverell; ma a cosa può davvero servirci visitare un vecchio maniero? Sarà rimasto poco e niente…» protestò Draco.
Forse per il fatto che questa Setta sembra aver come scopo quello di recuperare la Bacchetta di Sambuco? Più informazioni abbiamo e meglio è! pensò. Ma rispose: «Un qualcosa che descriva come mai i Peverell e la Setta siano legati. E’ probabile che al suo interno vi sia qualche scritto che citi anche questi maghi».
«Non faccio fatica a credere che gli americani possano credere per filo e per segno alle favole, ma anche tu Potter! Ti credevo più maturo!» disse l’ex Serpeverde ironico.
«Quante volte te lo devo dire? I Peverell non sono solo una favola. Ho visto la tomba di Ignotus qui al cimitero del paese lo scorso inverno. Che poi abbiano ricevuto i Doni dalla Morte in persona o no, non si può mettere in dubbio che fossero dei maghi molto potenti se sono finiti addirittura tra le leggende.» rispose Harry.
«Quest’estate ho passato qui diverse settimane alla ricerca della casa dove fosse vissuto Ignotus Peverell» aggiunse Bryan, poi spostando lo sguardo su Harry disse con un sorriso compiaciuto continuò «Non sono certo venuto a Godric's Hollow per osservare stupidi ragazzini che si Smaterializzano con noncuranza davanti ai passanti, maghi o Babbani che siano...» «Falla finita Hyde! Ci manchi solo tu» gli intimò Harry scatenando nel compagno un ghigno divertito.
Intanto guidati dall’americano si erano inoltrati in una viuzza di campagna: la neve non era stata spalata ed era difficile continuare a seguire il sentiero nascosto sotto quella coltre bianca. Dopo aver camminato con difficoltà per cinque minuti, comparve alla loro destra un’imponente sagoma, quasi invisibile nell’aria colma di neve.
Sembrava appartenere ad una serie di edifici di tre, quattro piani affiancati ad una struttura che poteva assomigliare ad una torre circolare, non molto più alta del resto della costruzione.
Arrivati in prossimità del maniero si avvicinarono al cancello d’ingresso: Draco si avvicinò al cancello per provare ad aprirlo, ma appena lo toccò fu sbalzato all’indietro da un incantesimo protettivo simile a quello di cui sono caduti vittima i gemelli Weasley al quarto anno, quando provarono ad ingannare la Linea dell’Età del Calice di Fuoco.
Una "I" e una "P" grandi e imponenti risaltavano dagli intrecci in ferro battuto che rincorrendosi l'un l'altro formavano le due maestose inferriate. Una frase composta da lettere scarlatte era incisa in una lastra di rame: «SOLO L’EREDE DEL DONO ENTRAR POTRA’ PERCHE’ CON ESSO LA MORTE NON LO VEDRA’»
Harry capì subito quello che avrebbe dovuto fare, ma non poteva far sapere loro che ra in possesso del tanto ambito Mantello dell’Invisibilità. Ma non si fece tante domande quando, voltandosi, vide che Draco e Bryan stavano cercando qualche meccanismo per aprire l’inferriata.
Harry decise di sfruttare l’occasione: estrasse il Mantello dell’Invisibilità dall’interno della sua giacca e lo indossò senza farsi vedere. Guardando in direzione del cancello per poco non gli sfuggì un grido di sorpresa: attraverso il Mantello il cancello era scomparso. Senza far rumore lo attraversò. Quando fu all’interno se lo tolse e lo mise di nuovo al sicuro prima che i due lo vedessero.
«Sono riuscito ad entrare! Venite!» chiamò Harry. I due ragazzi arrivarono sbalorditi, fissando Harry dall’altra parte del cancello. «Come hai fatto?!» chiese Bryan, sbalordito. «Ho abbassato la maniglia e si è aperto, tutto qui» s’inventò. Allora aprì il cancello dall’interno, facendo entrare i due ragazzi. «Probabilmente con te ha funzionato perché sei un erede» sbuffò Hyde, avvicinandosi alla porta d’ingresso. «Apri Hyde, mi sto congelando!» si lamentò Malfoy. «Se il nostro caro amico Potter non ci apre la porta siamo bloccati fuori» rispose l’americano.
Harry si avvicinò al pesante portone e afferrò uno dei due battenti a forma di testa di leone, lo sbatté più volte sul legno massiccio della porta e questa si aprì lentamente con un cigolio sinistro. I tre ragazzi ammantati entrarono nel castello e si chiusero il portone alle loro spalle.
La sala che si presentò loro era molto più grande di quella che potevano immaginare dall’esterno: l’interno del palazzo doveva essere stato ingrandito con la magia; l’edificio apparentemente abbandonato dall’esterno, era invece lussuoso e accogliente all’interno.
Si trovavano in un grande e cupo atrio di forma circolare con i pavimenti in marmo bianco e nero: lungo le pareti scorrevano leggere due rampe di scale che, partendo una da un lato ed una dall’altro, si rincorrevano all’infinito conducendo ciascuna a piani diversi perdendosi nell’ombra. Vi era inoltre sulla parete di fronte a loro una grande porta in vetro e metallo che metteva in comunicazione con un altro ambiente nascosto dall’oscurità. Era inoltre possibile scorgere anche una piccola rientranza nella parete da cui si dipartiva un’altra scala in pietra per scendere poi verso quelli che dovevano essere i sotterranei.
«Homenum Revelio» pronunciò sottovoce Draco, senza alcun esito. Erano soli. «Se la passava bene Ignotus!» commentò Bryan con un ghigno, rivolgendosi a Harry. «Cosa facciamo adesso? Controlliamo prima il piano terra?» disse invece rimangiandosi le offese che gli venivano nei confronti dell’americano.
Hyde proseguì verso la porta di vetro ed entrò nella stanza successiva, seguito da Harry e Draco. Sfoderò la bacchetta dalla tasca e con un gesto, nel grande camino posto di fronte a loro, cominciò a scoppiettare un bel fuoco che illuminava debolmente la stanza.
La flebile luce mostrò loro però una situazione inaspettata: i libri erano stati gettati a terra, i quadri erano staccati dai muri, il grande tavolo da pranzo, collocato dall’altra parte della stanza, era spoglio e i soprammobili, che probabilmente vi si trovavano sopra, erano ora distrutti e sparsi sul pavimento insieme alla tovaglia.
I tre ragazzi guardavano la sala attoniti: qualcuno li aveva preceduti ed aveva setacciato il palazzo da cima a fondo.
«Conviene dividerci. Così potremmo perlustrare meglio ogni angolo. Sembra evidente che sono riusciti ad entrare in qualche modo». «Ok. Allora io salgo al primo piano» disse Harry serio. «Io vado nei sotterranei e tu Draco rimani qui. Se hanno messo sottosopra questa stanza ci sarà sicuramente un motivo. Avvisate se trovate qualcosa di interessante».
Harry e Hyde si mossero verso la porta dalla quale erano entrati per poi dividersi nuovamente di fronte alla rampa di scale senza una parola. Saliti i gradini in marmo, Harry si fermò davanti alla porta del primo piano che era possibile scorgere dall’ingresso. Entrò e si ritrovò in un corridoio abbastanza lungo e buio con porte appena percepibili su entrambi i lati.
«Lumos!» Con la luce proveniente dalla punta della bacchetta era possibile ora notare maggiori dettagli: diversi quadri erano appesi alle pareti tra una porta e l’altra ed i nomi delle figure rappresentate erano scritti su delle targhette poste sotto le cornici.
«Demetrius Peverell, Margaret Peverell, Augustus Wemberd, Anton Luis Wemberd...» diceva sottovoce Harry leggendo i nomi dei propri antenati che dormicchiavano nelle loro cornici o lo osservavano mentre passava, disturbati dalla luce.
Scorrendo con lo sguardo tutta quella serie di quadri antichi e polverosi notò una stranezza. Proprio al termine del corridoio, come chiudi fila di quella serie di volti sconosciuti e tutti imparentati tra loro, vide che era posta un'elaborata cornice, con ghirigori e abbellimenti color ottone, grossa e massiccia. Ciò che lo stupì non fu però la cornice in sè, ma piuttosto ciò che essa conteneva: assolutamente niente.
Harry pensò che fosse molto probabilmente uno scherzo della luce, perciò si avvicinò, certo di trovarvi impresso un qualche volto rugoso. Ma quando fu proprio davanti al quadro potè constatare che non si era ingannato.
Una tela completamente nera era appesa esattamente di fronte a lui e non sembrava voler dare alcun segno di una qualsiasi presenza al suo interno. Il suo sguardo scivolò sulla targhetta che si trovava al di sotto del dipinto. Lucida, come tutte le altre, portava impresso, a bei caratteri allungati, il nome della persona raffigurata nel quadro o che probabilmente vi sarebbe dovuta essere raffigurata.
Harry James Potter Com'era possibile che il suo nome fosse sotto quella cornice? Le persone raffigurate nei quadri erano immobili. Possibile che fossero di origine babbana?
«Riesci a sentirmi?» disse Harry, rivolgendosi ad un uomo barbuto che era ritratto nella tela più vicina: la targhetta citava “Anton Luis Wemberd”. L’anziano signore non disse nulla. Forse erano quadri babbani… però la cosa era piuttosto strana: in un maniero di una casata così potente non potevano esserci dei dipinti che non sapessero parlare.
Poi gli venne un’idea. Prese di scatto il suo borsello ed estrasse i Retroglass. Ricordò che, per vedere nel passato, doveva mantenerli ad una certa distanza dal viso.
Li allontanò dagli occhi con cautela, cercando di scorgere qualche cambiamento; nulla finchè… Aspetta! C’è qualcuno nel corridoio! Harry mantenne gli occhiali in quella posizione e si concentrò su quello che vedeva attraverso: tre maghi stavano parlando con uno dei quadri appesi alla parete.
Harry li riconobbe: erano gli stessi con cui aveva combattuto qualche giorno prima. Avrebbe tanto voluto sentire quello di cui stavano discutendo, ma i retroglass gli permetteveno solamente di vedere gli eventi passati… non poteva udire voci e suoni.
Harry avvicinò gli occhiali magici al suo naso per velocizzare il tempo, per poi rallentarlo quando vide arrivare, nelle immagini sfocate che si susseguivano in un turbine di colori, un altro mago che, con un’espressione buia e un’alzata di spalle, scosse la testa in segno di negazione.
Gli uomini che un attimo prima stavano parlando con i quadri, si avviarono verso una cornice molto grande ed elaborata. Con un lampo di luce proveniente da una bacchetta la staccarono dalla parete ed uscirono dal corridoio, portandola con loro.
Harry spostò gli occhiali di qualche millimetro: un attimo dopo, il mago corpulento che Harry aveva incontrato sia a Hogwarts, sia a Little Winteroak, entrò nel corridoio, ma non era solo… «Ron!» esclamò Harry.
Il giovane ragazzo dai capelli rossi veniva tirato per un braccio dall’omaccione mentre questo scagliava un incantesimo verso i quadri, i quali divennero immobili.
Ron si guardava attorno, spaesato: probabilmente era la prima volta che lo portavano in quel luogo. Aveva un’espressione triste, angosciata; però, con grande sollievo di Harry, sembrava godere di una buona salute.
Il mago osservò attentamente tutti i quadri del corridoio, con il ragazzo dai capelli rossi alle calcagna. Harry notò che Ron si era fermato a guardare una cornice con un’espressione sbalordita. Il mago della Setta se ne accorse, perciò tornò verso l’entrata del corridoio, portandosi dietro Ron.
Harry, dopo aver constatato che non sarebbe successo niente’altro, si tolse i Retroglass e corse verso la cornice alla quale il suo amico aveva prestato grande attenzione.
Il ritratto raffigurava un uomo piuttosto giovane, con un paio di occhiali rotondi e i capelli neri. Non fece fatica a capire che quel mago era suo padre, il quale fissava con aria preoccupata un punto impreciso dietro a Harry.
Il ragazzo si soffermò a guardare il padre, desideroso più che mai della sua presenza. Lo sguardo di James Potter era piuttosto inquietante: Harry aveva capito grazie ai Retroglass che i quadri non si animavano a causa di un incantesimo, ma perché mai James aveva quell’aria così imbambolata e angosciata?
Harry si girò e guardò con attenzione nella direzione in cui il padre stava fissando disperatamente. Non vide nulla di strano, se non un piccolo triangolo inciso sul muro.
All’improvviso capì cosa doveva fare: si mise sulle spalle il Mantello dell’Invisibilità e vide che nel muro si era formato un piccolo sportello di legno: Harry afferrò la maniglia di rame e lo aprì, celando il contenuto del cunicolo: un piccolo libretto tutto sgualcito e odorante di muffa. Lo estrasse e si mise a sfogliarlo: rune grandi, piccole e di diversi colori riempivano le pagine del taccuino. Si tolse il Mantello e mise in tasca il libro; lo sportello era svanito nuovamente.- parte successiva testo Dan con Pensatoio e visita ad Azkaban:
Doveva avvertire gli altri. Quello che cercavano era lì che li aspettava. Appena sceso al piano terra si diresse velocemente nel soggiorno con impressa ancora in mente lo sguardo spaesato e preoccupato di Ron. «Cosa hai trovato Draco?» «A parte tutta questa confusione? Non ho trovato niente di importante se non quel Pensatoio sopra al mobile là nell’angolo...» «Non è strano che sia l’unica cosa rimasta intera? O l’avranno lasciato di proposito quelli della setta?» «È quello che sospettavo» rispose Draco laconico. «Bé…» rispose Harry «…vediamo se c'è qualcosa al suo interno». Harry voltò lo sguardo verso il mobile che gli aveva indicato Malfoy e vide un oggetto diverso rispetto a quello appartenuto a Silente: sembrava un piatto in argento che rimaneva sospeso in aria sopra una consolle con dentro un sottile strato di una sostanza liquida e scura. Ricordi. In quel momento entrò Hyde di corsa nella stanza ed Harry distolse gli occhi dall'oggetto magico per parlare con l’americano. «Che c’è?» chiese quest’ultimo coperto di ragnatele e con un po’ di fiatone. Sicuramente aveva fatto le scale velocemente. «Ho sentito chiamare, ma quei sotterranei sono un vero labirinto. Ci sono solo topi, polvere e ragnatele ovunque!» «Draco ha trovato un Pensatoio» spiegò Harry che al momento era ben poco interessato ai sotterranei della residenza «Ci stavamo chiedendo perchè fosse l’unico oggetto rimasto intatto. Al piano di sopra, poi, ho saputo con certezza che la Setta è stata qui». «Cosa?» chiese Hyde sorpreso « E come hanno fatto loro ad entrare?» «Ci penseremo dopo, ora guardiamo cosa c’è dentro». Le tre figure si avvicinarono in silenzio al mobile e osservarono per un lungo attimo la superficie increspata del Pensatoio. «È nero» disse Malfoy con una nota di disgusto nella voce, poi con un po’ di riluttanza avvicinò il volto al Pensatoio e ne fu risucchiato istantaneamente dentro. Poi si avvicinò Harry e, chino in avanti, trasse un profondo respiro prima di precipitare nel ricordo. Quando atterrò si ritrovò accanto a Draco in un lungo corridoio appena illuminato dalla luce di una bacchetta. Altri tre maghi incappucciati si trovavano vicino a loro. «Dove ci troviamo?» chiese Harry. «Non ne ho la minima idea…» rispose l’americano appena apparso dietro di loro cogliendo al volo la sua domanda «Però c’è da chiedersi più che altro il perché abbiano deciso di lasciare un ricordo e non un semplice messaggio...» Nessuno degli altri due compagni rispose. Le tre figure ammantate cominciarono a muoversi lungo il corridoio ed i ragazzi si misero a seguirli. Era possibile scorgere le volte basse e umide che, coperte da un sottile strato di brina e di muschio, luccicavano alla flebile luce della bacchetta del primo mago. Le pietre dei muri, irregolari ed instabili, sembravano pronte a cadere ad ogni minimo tocco e, incapaci di reggere il peso di quelle che le sovrastavano, a ridursi in polvere facendo crollare l’intera struttura. I tre maghi oscuri continuarono a camminare svoltando diverse volte per quel labirinto buio e freddo. Sfilavano, alla loro destra, una serie di porte con delle piccole finestrelle chiuse da sbarre. «Oh cavolo!» disse Harry rompendo il silenzio assordante e rimanendo impietrito sul posto «Questa dev’essere una prigione…» «Azkaban…» continuò Malfoy con un sussurro, pronunciando il nome che era balenato a tutti e tre nella mente «Siamo ad Azkaban...» Gli sguardi di Harry e dell’americano confluirono inevitabilmente sul volto di Draco, che li ignorò e rimanendo completamente impassibile. Nonostante non vi fosse traccia dei Dissennatori sembrava che la loro passata presenza fosse rimasta incrostata, insieme al panico e agl’incubi dei carcerati, alle pareti porose della struttura. Ad un cenno del mago le ombre che lo seguivano si arrestarono. Spense la bacchetta e le tenebre li circondarono all’istante. Harry capì cosa li aveva fatti bloccare: si sentiva rimbombare nell’oscurità un suono sordo e cadenzato che si faceva sempre più forte. Il passo di un Auror. Le tre figure attesero immobili qualche secondo che la luce della bacchetta della guardia si avvicinasse; poi il primo pronunciò sottovoce «Infernus Obscurus». Dall’oscurità che li circondava iniziarono a muoversi dei sinuosi tentacoli di fumo che, come dei serpenti, strisciavano sulle pareti e sulla volta, rapidi e letali, in direzione del mago che si avvicinava ignaro. Di scatto, come lance, trafissero il petto dell’Auror, il quale cadde in ginocchio senza emettere neanche un suono per poi essere colpito da un raggio di luce verde che, fulmineo, saettò per il corridoio. I tre maghi oscuri ripresero a camminare scavalcando il cadavere dell’Auror. I tre ragazzi non poterono fare altro che seguirli evitando lo sguardo perso nel vuoto dell’uomo che giaceva a terra esanime. Come potevano essere tanto crudeli da voler mostrare loro proprio quel ricordo? Draco ne sarebbe stato distrutto. Guardò nuovamente la faccia del ragazzo: non trapelava alcuna emozione, sembrava che ogni suo sentimento fosse nascosto con forza dietro una spessa corazza. Le tre figure si arrestarono davanti ad una porta. Quello che doveva essere il capo della spedizione fece un gesto con la bacchetta, poi parlò per la prima volta. «Restate qui». La sua voce era calma e fredda come il ghiaccio. Quindi il mago oscuro superò la porta come se fosse fatta di fumo, mentre i compagni rimasero fuori a fare la guardia. Draco fu il primo a seguirlo a passo svelto, mentre Harry e Bryan entrarono subito dopo di lui. Piombarono in una cella circolare e piccola, col soffitto così alto da renderla ancora più claustrofobica. Le pareti erano state coperte di segni e scritte lasciati dalle unghie e dal sangue di coloro che avevano occupato quella prigione nei secoli passati, a partire dalla sua creazione. Tramite una grande grata, posta dal lato opposto alla porta d’ingresso, era possibile vedere il terrazzo in pietra che dava sull'oceano, dal quale, probabilmente, un tempo i Dissennatori si cibavano delle paure e degli oscuri ricordi degli occupanti. Alla loro sinistra su un pagliericcio, si trovava seduto un uomo dai capelli biondi, col capo chino in avanti, che fissava la tremolante luce di una candela posta di fronte a lui: Lucius Malfoy. Il padre di Draco. Harry capì che era proprio come sospettava e, intuendo cosa stava per accadere, si sentì stranamente vicino a Draco. Il mago incappucciato fece un passo in avanti con fare elegante e l’occupante della cella, accortosi della sua presenza, indietreggiò improvvisamente tentando di avvicinarsi il più possibile al muro. «Lucius, è così che si accoglie un vecchio amico?» gli si rivolse il mago con voce divertita. Tirò indietro lentamente il cappuccio mostrando il volto: era giovane e alto. I capelli biondi erano raccolti in una coda di cavallo e il viso era coperto da una barba abbastanza corta e curata, dello stesso colore dei capelli. Per quanto avesse un bell’aspetto, il sorriso cattivo e gli occhi penetranti grigi come il ghiaccio, gli conferivano un’aria misteriosa ed enigmatica. «Despero?» rispose Malfoy con un filo di voce. «Perché sei qui?» «Non si può fare una semplice visita ad un amico?» rispose quello con un ghigno. Malfoy lo guardò con un aria interrogativa, tra il curioso e lo spaventato. Il mago continuò «Sono qui come membro della Setta. Hai qualcosa che ci serve». A queste parole Lucius sgranò gli occhi visibilmente terrorizzato. «Immagino tu sappia di cosa io stia parlando…» «Non ho niente con me te lo giuro!» «Non sai mentire Lucius, non l’hai mai saputo fare. Legilimens!» Malfoy cadde in ginocchio e Draco si mosse istintivamente verso di lui come per aiutarlo: il ricordo era ormai solo una lontana ombra di ciò che era accaduto, di un passato superato e irreversibile, loro non potevano più fare niente. «Che sciocco, non ha senso che tu menta. Sai bene che i miei metodi per ricavare informazioni non si limitano alle semplici conversazioni amichevoli». «Ti prego, lasciami in pace» disse Malfoy sconvolto, in tono di supplica. «Sai bene che mi serve… Al-Nasl sta per brillare». Lucius iniziò a spostarsi verso la grata del terrazzo. Le catene alle caviglie e ai polsi gli impedivano i movimenti. «Ti prego… No…» Si appoggiò alle sbarre, come se una maggiore distanza dal giovane mago potesse proteggerlo. Draco assisteva attonito alla scena. I suoi occhi erano lucidi e muoveva lentamente la testa come per scacciare dalla propria testa quella visione. Despero sorrise. Agitò la bacchetta e la grata si dissolse, facendo cadere Malfoy all’indietro sul terrazzo di pietra. Continuò ad indietreggiare strisciando mentre il mago veniva avanti. «Lucius, perché tentare di scappare? È sufficiente che tu mia dia quel ciondolo». «So a cosa serve, non vi lascerò distruggere la mia famiglia». «Povero ingenuo. Crucio» Draco emise un gemito vedendo il padre contorcersi per dolore. In quel momento il cielo notturno e coperto si colorò di rosso: la stella stava illuminando la terra da dietro la coltre di nubi. Da sotto la camicia di Lucius iniziò a intravedersi una luce che aumentava sempre più. Despero spalancò gli occhi eccitato. Con un gesto della bacchetta fece cessare l’incantesimo che torturava l’ex-mangiamorte. Si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui. Gli afferrò il mento con la mano e lo sollevò in modo che quegli occhi terrorizzati incontrassero i suoi. Sorrise nuovamente e con l’altra mano strappò dal collo di Malfoy il laccio di cuoio al quale era legato il ciondolo che sfavillava e lo mise in tasca senza distogliere lo sguardo. «Addio Lucius. Levicorpus». La figura inerme cominciò a sollevarsi e a dirigersi verso il bordo del terrazzo: si bloccò solamente quando si trovò sospesa nel vuoto. Harry poteva sentire il forte rumore continuo e monotono delle onde dell’oceano che si infrangevano con impeto sugli scogli sottostanti . «Ti prego, lascia in pace la mia famiglia». «Amico mio, devo essermi dimenticato di rivelarti un piccolo particolare. Ci serve tuo figlio. Draco, giusto?» «No lasciatelo… Per pietà!» riuscì a dire con voce strozzata dal dolore. A questo punto i suoi occhi si riempirono di lacrime. «Certo, lo lasceremo. Noi non dovremo fare proprio niente, sarà lui stesso a venire da noi. Per vendicare la morte di questa povera, vile e meschina creatura che ha avuto come padre». Lucius spalancò gli occhi. Despero fece solo un gesto con la bacchetta e le corde invisibili che tenevano l’ex-mangiamorte attaccato alla vita si dissolsero facendolo cadere nel vuoto. L’urlo ed i singhiozzi di Draco si mescolavano al grido del padre che precipitava scomparendo nella nebbia che circondava la base della prigione. Il ricordo cominciò a svanire per poi diventare completamente buio e scaraventarli fuori dal Pensatoio. Quando Harry riaprì gli occhi si trovavano nuovamente nel soggiorno del castello di Ignotus Peverell: Draco era inginocchiato a terra tremante con le mani che gli coprivano il volto pallido rigato dalle lacrime; sul viso di Hyde, invece, regnava un’espressione confusa e scioccata che aveva preso il posto del suo solito ghigno di superiorità. Harry non sapeva assolutamente cosa fare o dire: gli sembrava di essere tornato indietro di due anni quando aveva trovato Malfoy piangere nel bagno del secondo piano.
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