Bene, come già detto da Lady qui, abbiamo deciso che i nuovi testi, o collegamenti, scritti appositamente per la bozza saranno postati anche sul forum, proprio per dare la possibilità a tutti di leggerli e, eventualmente, commentarli!
Quindi, posto qui proprio un pezzo di Lady, scritto perché - LadyTonks ha scritto:
- Ho immaginato un collegamento tra la fine del capitolo 18 e l'estrazione del ricordo, perchè secondo me, e anche parlando con Ludo, sembrava che non ci fosse continuità tra quello e questo. risolve MOMENTANEAMENTE il problema Willis, e ci procura il pensatoio per poter analizzare il ricordo.è un pò lungo, ma è un collegamento
Il sabato successivo Harry si svegliò talmente presto che dalle pesanti tende del dormitorio non filtrava nemmeno un filo di luce. L’agitazione per l’imminente esercitazione con Willis non gli aveva permesso di dormire, e dato che nessuno di loro quattro era riuscito a trovare una soluzione almeno temporanea al grave problema di cui si era reso conto durante il duello, pensò che tanto valeva alzarsi ed esercitarsi ancora un pò negli incantesimi di protezione.
Scese nella Sala Comune cercando di fare meno rumore possibile, credendo di non trovarvi nessuno, ma si sbagliava. Un elfo domestico dal naso a grugno e le orecchie da pipistrello era fermo davanti al buco del ritratto.
«Kreacher, buongiorno! Cosa ci fai qui?» esclamò, andandogli incontro.
«La Preside desidera vederla, Padrone, così mi ha mandato ad avvisarla che la sta aspettando nel suo ufficio, subito. E ha detto di portare delle cioccorane» concluse secco.
«Cioc... ah, si... certo. Grazie Kreacher. Ehm... tu stai bene?» gli chiese gentilmente.
«Molto bene, grazie, padrone. Buona giornata» rispose l’elfo, e si smaterializzò senza nemmeno dargli il tempo di rispondere.
Harry si assicurò la bacchetta nella veste, prese il mantello, uscì e si diresse direttamente verso i gargoyles di pietra a guardia dello studio della preside. Mentre le scale cominciavano a ruotare, si domandò se non avrebbe dovuto duellare con il professore davanti alla McGranitt, nel qual caso, era molto probabile che non sarebbe successo nulla di irreparabile.
Giunto alla porta bussò, e una voce familiare, di uomo, lo invitò ad entrare.
«Harry! Vieni, entra pure. Sei mattiniero, bravo».
Il professor Silente gli sorrideva dal suo ritratto, mentre tutti gli altri presidi dormivano rumorosamente appoggiati alle rispettive cornici. La McGranitt non era nella stanza. Si fece avanti.
«Professore ...»
«Forse è la mancanza di sonno, ma leggo sul tuo volto una certa preoccupazione. Sbaglio?»
Harry era sbalordito. Quando era vivo, Silente lo aveva capito come nessun altro era riuscito a fare, ma parlare con un ritratto era tutta un’altra faccenda. Come poteva comprendere i sentimenti umani, se era morto?
Ma nonostante le sue perplessità, un inaspettato, quasi inspiegabile, sollievo pervase il suo corpo e si fece strada fino alla sua mente, fino a quel momento offuscata dalla paura. Si rese conto della fortuna che gli stava capitando. Poteva approfittare della situazione e chiedere a Silente cosa fare, adesso che la direzione che aveva preso era tanto diversa da quella che avevano deciso insieme, solo pochi mesi prima, in quell’esatto punto della stanza. Non era certo che funzionasse, ma valeva la pena tentare; solo che le parole non gli uscivano dalle labbra.
«Sono sicuro che la tua mente in questo momento è troppo costipata, per poter parlare, forse avresti bisogno di un aiuto ...».
Un raggio azzurrino fece capolino dalle alte vetrate dell’ufficio, riflettendosi sugli scaffali di legno lucido ricolmi di libri e oggetti di vario genere. Doveva sbrigarsi, la Preside sarebbe potuta rientrare da un momento all’altro.
«Non sbaglia professore, ho un mucchio di pensieri, e un grave problema da risolvere, e nessuno di noi sa come ...».
La frase gli rimase in gola; Silente con un lievissimo cenno della mano, gli aveva suggerito di tacere.
«Buongiorno, Potter. Immagino che sia stato il professor Silente a darti il permesso di accomodarti, non è vero?».
«Mi scusi, professoressa» rispose, con leggero imbarazzo. «Non pensavo che potesse darle fastidio».
«Sciocchezze. Questo posto è mio, quanto di tutti i Presidi che hanno abitato queste mura. Hai fatto benissimo ad entrare, soprattutto considerando che ho notato un fastidioso spiffero salire dalle scale. Hai mai pensato di tappare quel buco sul soffitto, Albus?» chiese lei, togliendosi una grossa sciarpa di tweed con una smorfia accaldata. Silente ridacchiò.
«Potevi farlo tu stessa, Minerva, lo sai. Ma penso che in fondo tu sia affezionata a questa stanza così com’è, con tutti i suoi difetti e il suo contenuto. E, a tal proposito, penso che il signor Potter abbia da chiederti in prestito uno degli oggetti che mi appartenevano. Giusto, ragazzo mio?».
Harry, che pensava che non avrebbe mai più provato la familiare sensazione di essere radiografato dagli occhi azzurri del suo vecchio preside, non fu capace di rispondere.
«Certo, Albus. Se è necessario, darò ad Harry tutto ciò che gli serve».
«Prendi il pensatoio, allora, Minerva. Se non vuole usarlo qui, potresti rimpicciolirlo, e lui può provvedere a riportarlo alle dimensioni normali. Sai che non è facile estrarre i pensieri di troppo dalla mente, potrebbe avere bisogno di un’ambiente a lui più familiare».
La gratitudine per l’intelligenza pronta dell’uomo si unì allo sgomento di qualche secondo prima.
La preside lo guardò con aria interrogativa; poi si diresse verso l’armadio nel quale era custodito il bacile di pietra, vergato di rune, l’aprì e ne estrasse il pensatoio. Con un tocco di bacchetta lo ridusse e lo prese in mano, avvicinandosi ad Harry e squadrandolo per bene, forse nel tentativo di capire a cosa gli potesse servire.
«E’ un oggetto raro e delicato, Harry, credo che tu lo sappia. Ti basterà la mattinata per fare quello che ci devi fare?» chiese lei, apprensiva, tenendo ancora in mano l’oggetto.
«Credo... credo di no, professoressa. Sa bene che il professor Willis mi sta aspettando per l’ esercitazione di stamattina, e non so quanto abbia intenzione di farla durare».
«Non c’è problema, Harry, perchè - e questo è il motivo per il quale ti ho convocato qui stamattina - si dà il caso che il professor Willis non sia presente, stamattina. Come ricorderai, il Segretario del Ministro americano, Logan Derringer, è piombato all’improvviso qui a scuola solo qualche giorno fa, pregandolo di rientrare per motivi urgenti. Le vostre esercitazioni personali, e soprattutto le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure sono sospese finchè non tornerà, ameno che io non trovi un supplente, e non vedo come io possa riuscire a trovare un sostituto decente in così poco tempo» sembrò dire più a se stessa, che ad Harry.
«Per cui ritengo che tu ti possa dedicare alle tue cose oggi» concluse, porgendogli il pensatoio e lasciandolo in piedi mentre si andava a sistemare dietro alla scrivania.
«Hai qualcosa da chiedermi?» disse infine, vedendo che Harry non si muoveva dalla sua posizione.
Il ragazzo guardò la preside, poi il ritratto del professor Silente, e decise di non sfidare la sorte, che era stata così benevola fino a quel momento, chiedendole se conosceva altri particolari sulla partenza del professore.
«Non mi serve nulla, professoressa, la ringrazio. Professore, grazie anche a lei».
«Di nulla, ragazzo mio, di nulla, e salutami i tuoi amici» rispose il ritratto, sventolando la mano.
Appena giunto nel corridoio, pensò che, non essendo ancora ora di colazione, c’era qualche speranza di trovare Hermione e Ginny in Sala Comune, mentre Ron era sicuramente ancora a letto. Invece, li trovò tutti e tre seduti vicino al fuoco, intenti a parlottare, anche se la Sala Comune era deserta.
«Harry, cosa ci fai qui? Non dovresti essere nel parco ad esercitarti?» chiese Ginny, quando lo vide entrare, andandogli incontro.
Raccontò cosa era successo nello studio della preside, e vide il sorriso di Hermione espandersi per la gioia.
«Harry, se non è fortuna questa! Dai, cerchiamo un posto tranquillo, e facciamo quello che sappiamo, non è il caso di aspettare ancora. Voi andate avanti» disse poi a Ron e Ginny. «Harry ha bisogno di calma, vi raggiungiamo a colazione».
Giunsero in un’aula vuota ed Hermione estrasse la bacchetta.