Intanto scusate se non mi sono fatto vedere ieri, perché il mio computer non entrava per un problema col DNS
, comunque ho fatto copia e incolla del testo del capitolo 23 e ho messo gli errori già corretti in grassetto; inoltre ho modificato una frase (se a voi va bene...) quando Harry e il Ministro si separano.
Ecco il testo corretto (almeno secondo me...):
"Harry non riusciva a dormire: stava rileggendo un messaggio scritto su una pergamena, arrivata dopo cena con un barbagianni alquanto spennacchiato, indeciso sul da farsi. Era ormai quasi illeggibile, così lo infilò nella tasca dei jeans che erano vicino al letto e provò a trovare una posizione più comoda per dormire.
Niente; si rigirò più volte fra le coperte cercando di distrarsi, ma né il ricordo delle giornate felici trascorse a Hogwarts,
né quello del corpo di Ginny che brillava alla luce di Minami, lo aiutavano a dimenticare che era sdraiato sul letto accanto a quello di Ron.
Continuava a pensare a lui, si chiedeva dove fosse in quel momento, cercando di immaginarsi come stesse, temendo che fosse morto. Buttò via le coperte e si mise seduto a scrutare nel buio della stanza.
Avrebbe preferito dormire da un’altra parte ma la Tana era, come sempre, al completo, e quello continuava ad essere il suo posto. Non avrebbe mai preteso che uno dei Weasley o Hermione dormissero lì, ma era giusto che subisse tutto lui?
[...]
Si coprì il volto con le mani, mentre sentiva le prime lacrime che cadevano calde sulle guance.
Doveva piangere, doveva farlo, si era trattenuto per tutto quel tempo, cercando di restare sempre impassibile.
Dopo parecchi minuti asciugò le lacrime con le maniche del pigiama e si mise gli occhiali, deciso a non indugiare oltre. Sfogarsi gli aveva fatto bene.
Trovò a tentoni una candela poggiata sul comodino e l’accese, per potersi vestire più comodamente.
Tutto ciò che poteva servirgli per la partenza era stato preparato già da tempo: si mise a tracolla la borsetta di perline di Hermione, provvidenzialmente trasfigurata in un borsello nero molto meno appariscente, agganciò il Mokessino di Hagrid alla cintura e ripose la bacchetta in tasca.
Uscì nell’anticamera e sperò che la luce fioca non filtrasse da sotto le porte e non svegliasse gli altri.
Scese le scale e arrivò nel salotto. Provò ad aprire un po’ le tende: il cielo non aveva nemmeno cominciato a schiarire all’orizzonte.
Si spostò in cucina dove prese posto al tavolo. Poggiò la candela, estrasse dalla tasca il messaggio di Hyde e lo rilesse ancora una volta.
Aspetto un tuo segnale per partire. Non metterci troppo a scambiare convenevoli con la famiglia... il tuo amico ci aspetta.
Se preferisci fammi sapere dove e quando ci dobbiamo incontrare, ma io ti tengo d’occhio comunque.
Bryan
Harry, anche se irritato dal tono che l’americano usava nel messaggio, non poté far a meno d’ammirare la schiettezza del suo modo di comunicare. Non capiva però come potesse tenerlo d’occhio e soprattutto non si spiegava tutta questa fretta da parte sua, anzi, doveva essere il contrario. Invece era rimasto ancora un giorno bloccato in casa senza poter fare nulla, costretto a subire le occhiate preoccupate della signora Weasley, che non aveva più detto una parola dopo la loro
discussione, e a far finta che gli interessasse di che colore fosse il suo ennesimo maglione di lana.
Ma adesso, finalmente, poteva andare via: non gli rimaneva che incontrarsi con Hyde; doveva solo rispondergli per dargli un appuntamento.
La cucina era vuota, silenziosa, quasi spettrale; tornò a fissare fuori dalla finestra, anche se in realtà era in grado di scorgere solo il proprio riflesso sul vetro.
Improvvisamente l’immagine di Ron che veniva portato via si fece strada nella sua mente, così assunse un’espressione determinata.
Sapeva cosa doveva fare, e sapeva di doverlo fare da solo.
«Expecto Patronum» sussurrò. Il cervo argenteo galoppò fuori dalla sua bacchetta e si fermò davanti a lui, in attesa. Harry si avvicinò all’orecchio dell’animale: «Devi andare da Bryan Hyde» disse «e dirgli di venire
alla Tana”, immediatamente!»
Il cervo scrollò la testa, poi prese a brillare di luce più vivida e Harry si tirò indietro, mentre l’animale s’impennava sulle zampe posteriori, balzava agile verso la finestra e spariva.
Doveva solo aspettare, sperando che la risposta arrivasse prima che si alzasse Molly. Una luce argentea lo distrasse dai suoi pensieri abbagliandolo per qualche istante.
Quando riuscì finalmente a mettere a fuoco, notò una lince vicino alla porta.
Harry guardò perplesso il Patronus e questi gli restituì lo sguardo, poi la lince aprì la bocca e con una voce profonda e conosciuta disse: «Ti sto aspettando fuori, Harry».
S’alzò dalla sedia e, non troppo stupito per quello che aveva appena visto, si mise il mantello da viaggio dirigendosi verso la porta. Con un colpo di bacchetta aprì la serratura e uscì nell’aria gelida del mattino.
Kingsley Shacklebolt stava appoggiato alla staccionata indossando una spessa pelliccia. Lo raggiunse con passo lento, senza fretta.
Kingsley lo squadrò da capo a piedi e, quando si fermò di fronte a lui, scosse la testa.
«Buongiorno Harry. Sei stato veloce a uscire, per caso ti aspettavi la mia visita?» cominciò.
«A dir la verità, non proprio... Come mai così presto, Ministro?» domandò il ragazzo, battendo i denti.
«Ho saputo la decisione che hai preso in merito agli studi» rispose Kingsley, battendo i guanti tra loro per scaldarsi. «Vorrei convincerti a riflettere meglio sulla tua scelta. Torna a scuola, Harry».
«E come potrei farlo? Ho già lasciato Hogwarts».
«Non fare lo sciocco, Harry, questo è il mio compito» disse Kingsley avvicinandosi al ragazzo.
«Sono maggiorenne, giusto? Quindi posso prendere le mie decisioni come e quando voglio... so che lasciare gli studi vuol dire che non diventerò più un Auror, ma non me ne importa un accidente e lei non può evitarlo» disse Harry fissandolo caparbiamente.
«Questo è vero, la decisione per quanto riguarda i tuoi studi e il tuo futuro è
tua e solamente tua» ribatté Kingsley, cercando di mantenere la conversazione su un tono pacato. «Se tu fossi un mago qualunque lo sarebbe anche per la tua vita, ma...»
«Lo sono!» esclamò Harry, frustrato. «
Perché non dovrei esserlo?
Perché ho sconfitto Voldemort? Per una stupida profezia che si è già compiuta?
«Pensi davvero che potrai mai esserlo?» ringhiò l’ex Auror. Harry lo guardò stupito: mai l’aveva visto perdere la calma così.
[...]
«Io non voglio essere un’icona che viene adorata dalla comunità magica...» riprese Harry nervosamente.
«Caramell forse l’ha pensato, a suo tempo, ma Scrimgeour, come me, avrebbe capito l’importanza che ricopri tra i maghi, anche dopo la caduta di Voldemort. Non puoi morire per...».
«Per non mettere in imbarazzo il Ministero?» lo interruppe Harry col sangue che gli pulsava nelle tempie. Questa storia doveva finire una volta per tutte, non ne poteva più di essere considerato un simbolo.
«NO, DANNAZIONE!» tuonò il Ministro battendo i pugni sulla staccionata, facendo cadere la neve in bilico sulle assi. Harry fece un balzo indietro e
inconsciamente la mano gli corse verso la tasca della bacchetta.
«E’ davvero quello che pensi? Davvero credi che l’unico motivo per cui tento di tenerti al sicuro, rischiando la vita di molti uomini, è per non mettere in imbarazzo il mio governo e così mantenere i consensi?» latrò Kingsley, afferrando la staccionata come se volesse romperla.
La rabbia ribolliva in lui in una maniera allarmante. Harry non tolse la mano dalla bacchetta.
[...]
«E chi mi ha scelto? Io non voglio... non so nemmeno io che farò nella mia vita; come possono averlo deciso altri per me?» urlò Harry, capendo dove volesse arrivare l’uomo.
«Forse sono proprio quelle persone che non vogliono ad essere le più capaci!» sbottò Kingsley, mollando finalmente la staccionata e lasciando cadere le braccia. «Io non ho mai voluto fare il Ministro ...»
«E lo stai facendo egregiamente...» intervenne Harry. «... non potrei mai essere migliore di te».
«Di certo non senza un’ istruzione adeguata!» disse il Ministro, abbassando finalmente la voce ad un volume normale.
«Non mi interessa... Ron... »
«Ron è stato rapito, ma credi davvero di poterlo salvare da solo?» chiese Kingsley, incupendosi all’improvviso. «Puoi partire all’avventura. Puoi cercare, puoi trovare, puoi avere fortuna, ma non è sicuro... non siamo sicuri che tu sia destinato al successo!»
«Chi non prova ...»
«Con il rischio di morire? Di portare alla morte i tuoi amici?»
«Io partirei anche da solo, se solo ci riuscissi ».
«Testardo d’un ragazzo! Contro Voldemort, anche se non ne eravamo completamente consapevoli, eri destinato a vincere, a porre fine al suo potere, al suo stato di terrore in questa parte del mondo. Silente lo sapeva e ci ha sempre rassicurati, anche se noi non avevamo altro che la sua parola. Ora è diverso! Questi sono maghi oscuri di cui non conosciamo nulla e nessuna profezia riguarda te o il fatto che possono essere sconfitti ...»
«Ce la farò... ce la devo fare!»
«Ce la possiamo fare! Tutti uniti, insieme!» esclamò Kingsley.
«La burocrazia, il Ministero... sono delle entità lente e macchinose! Il tempo è l’unica cosa che mi manca in questo momento!» sbottò Harry, rabbrividendo ad una nuova folata d’aria gelida.
Il Ministro rimase a guardarlo per un attimo, come combattuto da qualcosa, poi distolse lo sguardo posandolo
(prima) sulla distesa di neve alle sue spalle e poi sulla Tana. Infine sembrò raccogliere un po’ di coraggio e sospirò.
«Tu hai potere Harry. Un grande potere!»
«Pensavo fossimo d’accordo che non sono più il Prescelto ...»
«Non quel genere di potere» l’interruppe l’uomo. «Sei portato per la guida. La comunità magica ti vede per quello che sei. Nessuno ti sta chiedendo di diventare Ministro della Magia, ma sappi che il Ministro, qui davanti a te, sta parlando in tutta onestà e franchezza: il Ministero stesso ha paura e stima di te!»
«Paura?» chiese Harry, non credendo alle proprie orecchie.
«Credi che la mia parola valga più della tua? Credi veramente che se Harry Potter facesse sapere alla Comunità Magica che il Ministero sta attuando una politica sbagliata ...»
«...Ma per favore...»
«Dubito che la tua più grande aspirazione sia rilasciare interviste per mettere in imbarazzo il Ministero» sorrise Kingsley
(,) e Harry lo imitò. «Tuttavia non puoi fare a meno di ammettere che questo è potere! Vuoi andare a caccia di quegli Stregoni? L’intero Ufficio Auror e il Dipartimento Catastrofi Magiche ti seguirebbero anche senza ricevere un ordine ufficiale e
molti lo farebbero lo stesso, anche avendo ricevuto un ordine negativo!»
«Questo potrebbe tornarmi utile!».
Kingsley sorrise. La tensione si allentò e tornarono i due di sempre. Il Ministro continuò a fissare il paesaggio attorno per qualche tempo, poi lo guardò, quasi malinconico.
«Torna a scuola, Harry, ti prego!»
Il giovane sospirò.
«Ci sarà sempre tempo per la scuola, Ministro».
(A questo punto Kingsley capì che nulla di quello che avrebbe detto sarebbe servito a distogliere Harry dal suo proposito, quindi sospirando si congedò amaramente da lui: )«Ok, Harry. Fai quello che credi giusto. Non aspettarti, però, che noi due abbiamo finito; ho modi per seguirti che neanche immagini e mi dispiace usarli proprio con te».
si congedò lui amaramente.«Correrò questo rischio»
ribatté il ragazzo.
Un sonoro CRAC interruppe la loro conversazione. Bryan Hyde apparve a pochi metri dal punto in cui si trovavano, e cominciò a camminare spavaldo
finché non notò il Ministro. Harry maledisse il suo tempismo e guardò di sottecchi Kingsley, il quale aveva assunto un’espressione curiosa. Sembrava un padre che scopre il figlio a ficcare le dita nel vasetto
della marmellata per l’ennesima volta.
[...]
Kingsley sospirò.
«Se questo è quello che vuoi, anche io non ho altro da aggiungere» concluse, stringendogli la mano senza calore. Harry ricambiò la stretta, cercando di rimanere impassibile, poi lo guardò voltarsi e uscire dal cancello.
Per un attimo riuscì a scorgere l’orlo della pelliccia che danzava nella nebbia del primo mattino, poi lo vide smaterializzarsi. Rabbrividì e si strinse nelle spalle. Ormai la decisione era presa e non c’era modo di tornare indietro.
«Ben fatto, Potter. Certo che ti danno proprio tutti retta, qui, eh?»
«Anche tu non scherzi, in quanto a imbrogli.
Così volevi
solo farmi gli auguri di Natale?» lo canzonò.
«Si, come no!» rispose con una punta di disprezzo. Harry non riusciva proprio a capire
perché aveva accettato il suo aiuto. Per disperazione, certo. E
perché Ron valeva più dell’orgoglio.
«Potter, sveglia!» lo riscosse il compagno. «Dobbiamo partire, abbiamo già perso fin troppo tempo. Se hai tutto con te, aggrappati al mio braccio e andiamo, prima che si sveglino tutti».
«Dov’è che ...».
«Lo vedrai» rispose con veemenza Hyde, prima che potesse finire la frase.
Harry gli prese il braccio. Sentì la consueta sensazione di oppressione e nausea e si vide trascinare per paesaggi sconosciuti, fino ad atterrare confuso e spaesato in mezzo alla neve.
I suoi occhi ci misero qualche secondo a rendersi conto del luogo dove si trovavano. La candida coltre ricopriva ogni angolo, ogni muro, ogni albero
(,) e rendeva quel posto neutro e inanimato nella
fioca luce dell’aurora. Potevano essere ovunque. Man mano che i suoi occhi si abituavano a quella bianca oscurità , riusciva a scorgere sempre più dettagli: un lampione al margine di uno spiazzo vuoto; un grosso cumulo di neve non esattamente informe di fronte ad un’abitazione; una figura scura al limite del suo sguardo che con salti felini si spostava da un tetto ad un ammasso di barili
(,) per poi attraversare in corsa la piazza con una fila di piccole impronte ordinate; una serie di alberi ghiacciati alla sua sinistra che scintillavano ed emanavano piccoli riflessi di luce al muoversi dei loro rami per il vento...
Si trovavano in un piccolo paese, probabilmente nella piazza principale. Un’insegna cigolante al limitare della strada richiamò la sua attenzione. “Benvenuti a Little Winteroak”. Gli scappò un sorriso. Il nome del villaggio gli ricordava vagamente il paese di Babbo Natale.
«Perché siamo qui?» la sua voce sembrò riempire completamente il silenzio ovattato che li
circondava.
«Shh!» Hyde gli fece cenno di tacere. «Non qua... Ti spiego quando siamo al sicuro»
aggiunse con un debole sussurro. Poi l’americano ripulì il cappellino da baseball dalla neve e se lo rimise in testa coprendo i corti capelli biondi.
Faceva ancora molto freddo nonostante stesse per fare giorno. Si incamminarono per una
stradina a destra della piazza, la stessa nella quale era scomparso il gatto. Qui le abitazioni e le botteghe erano più fitte: passarono accanto alle vetrine chiuse di una macelleria, una panetteria ed un calzolaio. Cosa mai ci facevano in un paese babbano?
Dopo qualche minuto in silenzio sbucarono in una piazzetta: la grigia sagoma di una chiesa gotica faceva da margine al quadrato bianco che le si trovava davanti, una serie di panchine innevate erano disposte qua e là al centro, mentre il lato che avevano di fronte era occupato da un basso muretto che sembrava proteggere un giardino sommerso dalla neve. L’unica debole fonte di luce era il rosone della chiesa dove probabilmente continuavano imperterrite a bruciare le candele lasciate il giorno precedente.
Hyde gli fece cenno di raggiungerlo sulla sinistra. Si trovava di fronte ad una piccola bottega, chiusa come tutte le altre a Little Winteroak, data l’ora. Ma qualcosa di quel posto lo colpì immediatamente: non fu tanto il disordine all’interno con le pile di libri visibili dalle vetrine, o le locandine sgargianti dei locali babbani che si accumulavano attaccate alla porta. Era qualcosa di più magico, come se quel posto lo chiamasse. Gli bastò un’occhiata all’insegna per vederla animarsi: una fontana di scintille fuoriusciva dalle pagine in pergamena di un grosso tomo illuminando debolmente la scritta che la sovrastava. «Pagine Magiche» lesse Harry con un sussurro.
Rimase sbalordito: era il nome del negozio di cui gli aveva parlato Molly, quello dove doveva andare con George! Come mai Hyde lo conosceva? A sentire i Weasley sembrava che fosse un posto sperduto e poco conosciuto.
Intanto Hyde stava guardando all’interno. «Sembra abbandonato, proviamo a girarci intorno» disse dirigendosi verso il retro della costruzione. Harry lo seguì ancora dubbioso.
Tirava un vento freddo e teso e dovettero coprirsi bene con il cappuccio del mantello per
evitare che i fiocchi di neve, che avevano cominciato a cadere copiosi, entrassero loro negli occhi.
La porta sul retro era quella dell’abitazione e sembrava anch’essa non utilizzata da tempo:
sullo scalino c’erano diversi centimetri di neve ghiacciata.
Provarono comunque a bussare. Poi spinsero l’uscio, ma era chiuso. «Alohomora» disse
piano Harry ed entrarono.
Erano al riparo dal vento, ma all’interno dell’abitazione faceva comunque molto freddo. Il
camino era pulito come se non venisse usato più da tempo, almeno dall’estate precedente.
Si guardarono intorno e videro che tutto era coperto di polvere, la stanza era piccola e spoglia con alcuni piatti ancora nell’acquaio, come se chi ci stava fosse andato via urgentemente.
«Chi abita qui?» chiese Harry affrontando Hyde faccia a faccia «Cos’è questo posto? Come fai a conoscerlo?»
Hyde eluse lo sguardo e si voltò verso una porta che portava verso l’altra stanza: la libreria.
Harry lo afferrò per un braccio e lo fece voltare. «Se vuoi che collaboriamo dovrai darmi
qualche spiegazione!»
L’americano lo fissò negli occhi e disse: «Non è il momento, dobbiamo trovare una persona».
Continuava a guardare ovunque come alla ricerca di qualche indizio.
«Se mi dici cosa stai cercando, potrei darti una mano.» riprese Harry, ma Hyde continuava a ignorarlo. «Cosa ne sai tu di Azucena?» chiese, allora, con tono perentorio. L’americano si bloccò e lo guardò in faccia «Non so come tu possa conoscere questo nome, ma per le
spiegazioni ci sarà tempo.» rispose riprendendo a muovere i libri polverosi impilati per terra. Si alzò e uscì all’aperto, tornando verso la vetrina. Harry lo seguì. Aveva appena pronunciato l’incantesimo per aprire la porta quando ...
… ci fu uno schianto improvviso. I due fecero giusto in tempo a voltarsi prima di veder finire un’ombra oltre il muro del giardino dall’altro lato della piazza. Poi quattro figure incappucciate fecero il loro ingresso dalla via dietro la chiesa, ridacchiando. Quando si accorsero di loro si bloccarono di scatto. Harry riuscì giusto a percepire un “… Potter…” prima che Hyde iniziasse a lanciare incantesimi. Lampi di luce volavano da una parte all’altra illuminando a giorno la piazza innevata. Come avevano scoperto dove si trovavano? Nemmeno lui sapeva dove si trovasse il paesino. Fece giusto in tempo a scansarsi prima che un incantesimo diretto a lui disintegrasse il bracciolo di una panchina a pochi centimetri dal suo gomito. Poi vide un lampo di luce verde passare sopra la testa di Hyde.
«No!» La sua voce si confondeva con quella di uno dei maghi che gli si paravano di fronte,
l’aveva già sentita, fredda e stridente a pochi giorni di distanza.
«Ricordate il piano!» Che piano? Servivano vivi … Volevano la Bacchetta…
Colpì uno dei maghi sui gradini della chiesa e lo vide accasciarsi a terra svenuto, mentre
Bryan gli passava davanti, cercando di arrivare sull’altro lato della piazza. Due maghi gli
venivano incontro indirizzandolo verso il portone in legno in cima alla scalinata. Li aveva già intravisti durante lo scontro sul Lago. Lanciò un incantesimo sul più alto ma questi riuscì a scansarlo. Nel mentre due maghi duellavano con Hyde vicino al negozio. Come era possibile?
Nell’istante in cui si girava per controllare il mago a terra, un incantesimo lo colpì alla gamba facendolo cadere. L’asiatico che aveva combattuto con la McGranitt si mise a ridere.
«Problemi di stabilità?» Poi cadde anche lui a terra colpito da un incantesimo.
A quel punto riuscì a riconoscere l’altro mago con cui lottava Bryan. I capelli biondi lo
rendevano inconfondibile nonostante il mantello. Malfoy lanciò uno Schiantesimo che mancò l’americano e colpì invece il mago dalla voce fredda. Malfoy dalla parte dei maghi Oscuri...
Doveva assolutamente aiutare Hyde: approfittò della posizione per dare un calcio al mago di fronte a sé e poi una volta a terra lo scaraventò dall’altra parte della piazza. Tentò di rialzarsi nonostante il dolore alla gamba ma quando riaprì gli occhi si ritrovò di fronte Draco con la bacchetta puntata contro di lui. Si guardò intorno alla ricerca di Bryan(,) ma sia lui che l’altro mago non erano più nella piazza. Era solo.
«Che intenzioni hai Draco?»
«Secondo te?» disse il ragazzo con il suo solito ghigno divertito «Stupeficium».
[...]"
Spero di aver fatto un buon lavoro...