Oltre... diciannove anni dopo

«Hhhhhhiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!» lo strillo avrebbe potuto spaccare i vetri di tutto il treno. La ragazza si tuffo verso Scorpius a lei più vicino e gli si avvinghiò addosso. Il serpente soffiò verso di lei ondeggiando e allungandosi verso di loro.
«No, no!» gridò Scorpius, tentando di togliersi la ragazza di dosso. «Non su di me che dopo diventa gelosa! Al, aiutami, maledizione!»
Il ragazzo s’alzò raggiungendo la ragazza e riuscì a staccarla dall’altro con fatica.
«Mandalo via!» squittì Rose, nascondendo la faccia sulla spalla di Albus.
L’amico guardò Scorpius mentre si faceva arrotolare le spalle dal serpente sussurradogli sibili e suoni soffocati mentre gli accarezzava la testa.
«Scusate» disse infine, sedendosi al suo posto e mandando il serpente ad acciambellarsi vicino al baule. «Mi ero scordato di lei!»
«D-di lei?» balbettò Albus, sedendosi su sedile senza staccare gli occhi di dosso dal serpente.
«Sì, è una lei. Si chiama Idra!» fece il ragazzo passandole lentamente il dito lungo il corpo. Il serpente chiuse gli occhi sornione mostrando la lingua biforcuta. «È un regalo di mio nonno»
«Non si possono portare serpenti a Hogwarts!» strillò Rose, senza la minima intenzione di staccare le braccia dal collo di Albus.
«Nemmeno le scope» concordò lui, facendo le spallucce.
Albus arrossì. Improvvisamente il suo baule sembrò essere più sformato del solito, quasi a voler denunciare il segreto che celava.
«Hai una scopa?» chiese Albus, tentando di spostare l’attenzione dal serpente a qualcosa di più invitante.
«Non qui» rispose vagamente Scorpius.
Rimasero in silenzio per qualche tempo. Il treno sfrecciava nella campagna, tra pascoli pieni di mucche e pecore e tra campi coltivati, sbuffando il suo bianco vapore nell’aria cristallina. Ogni tanto qualche studente passava davanti alla porta del loro scompartimento chiamando a gran voce gli amici. In un caso sentirono un forte scoppio e un leggero odore di zolfo. Evidentemente qualche studente tentava di esercitarsi in qualche particolare trucco per divertire i compagni. Al e Rose erano stati cresciuti dalle avventure di zio George che, ogni qualvolta capitava una riunione di famiglia da nonno Arthur e nonna Molly, non perdeva l’occasione di tramandare “il meglio” alle nuove generazioni. Le grida della nonna e della mamma facevano uscir tutti con il mal di testa.
Il fiato lento e regolare di Rose sul suo collo cominciò ad essere fastidioso. La guardò alzando le sopracciglia; lei annuì e si staccò, badando bene a non avvicinarsi al serpente.
Uno sferragliare li avvertì che il carrello dei dolciumi si stava avvicinando, o almeno era quello che gli avevano raccontato.
Una donna di mezz’età aprì la porta dello scompartimento.
«Desiderate qualcosa?»
«Una scatola di Cioccorane, grazie!» ordinò Albus, porgendole sei falci.
Scorpius scosse la testa. «Due pacchetti di Bolle Bollenti per me e...» guardò Rose. «... per te?»
«I miei nonni non approvano molto i dolci» disse osservando nervosamente il baule del ragazzo. Albus si accorse che non c’era più traccia di Idra: evidentemente doveva essersi rifiugiata sentendo avvicinarsi qualcuno.
«Anche mio nonno non approva i porta-bacchetta che non siano bastoni da passeggio, ma è una sua fissazione» alzò gli occhi al cielo il ragazzo. «Una scatola di Zuccotti di Zucca per la mia amica» ordinò, lasciando cadere nella mano della signora un galeone.
Lei si ritrasse e riapparve poco dopo con i dolci richiesti. «Buona proseguimento del viaggio!»
«Grazie» fecero all’unisono. La porta si richiuse.
Scorpius lanciò la scatola dei Zuccotti a Rose che se la prese sulla fronte.
«Oh, scusa. Ma dimmi una cosa Al: perché butti via ancora soldi per le Cioccorane?»
«Perché...» esitò. «Perché mi manca...»
«Agrippa?»
«Sì!»
«Introvabile!» sbottò Scorpius. «Sono anni che la cercano, pare che non le facciano più e le poche realizzate sono conservate sotto chiave»
«Non si sa mai...» disse cautamente Albus scartando la prima Cioccorana. Afferrò l’animale di cioccolato incantanto e stacco la testa con un morso, poi prese la figurina dall’involucro. Suo padre un po’ più giovane lo guardava sorridendo; era vestito con la divisa scarlatta dell’Ufficio Auror. «M’è andata male la prima» sospirò.
«Ah... ce ne sono a migliaia che girano di quelle» rise il ragazzo prendendo una manciata di Bolle Bollenti e ficcandonle in bocca. Subito dal naso e dalle orecchie cominciò ad uscire vapore. «Ahhh!» sospirò di gusto.
«Che schifo! Come fai a mangiare quella roba?» si meravigliò Rose.
«Sono fantastiche, vero Al?»
«Sì sì» fece lui distratto, mentre staccava un’altra figurina dalla confezione. «Però sono robe da bimbetti secondo me e … oh no, di nuovo Morgana!»
«Soldi buttati!» ripetè Scorpius, lasciando cadere qualche Bolla all’interno del baule. Un sibilo soddisfatto chiarì il gradimento del rettile per quei dolci gelatinosi.
Passarono qualche minuto in silenzio, mangiando i dolci e scambiandosi di tanto in tanto delle occhiate curiose. Ad Al era simpatico il giovane ma non poteva dimenticare ciò che i suoi genitori solevano dire riguardo ai Malfoy.
«Facciamo una partita a Spara-schiocco?» propose il ragazzo, poichè il silenzio pareva non aver fine. Scorpius lanciò un occhiata a Rose.
«Sai giocare?» chiese, quasi timidamente.
Rose lo guardò stupita. Scosse la testa. «Non mi piace e non ho mai voluto imparare»
Scorpius guardò fuori dalla finestra, pensieroso.
«Ma potete tranquillamente giocare voi» precisò la ragazza. «Io posso leggere qualcosa. Potrei incominciare a studiare gli incantesimi del primo anno, sono molto curiosa di sapere se...»
«E’ un idea niente male!» esclamò Scorpius, sorridendo. «Potremmo farlo tutti insieme. Che ne dici, Al?»
Il ragazzo guardò l’amica a disagio. «Beh, ecco. Non so se sono pronto già per studiare e poi...»
«Potremmo provarli su oggetti qui dentro!» lo interruppe Scorpius, guardandosi intorno come per cercare un buon bersaglio.
«... beh, non possiamo fare incantesimi prima di aver raggiunto la scuola» concluse Albus a denti stretti.
Il giovane Malfoy lo guardò sgranando gli occhi. «E questo chi lo dice?»
«La legge Magica!» rispose Al, sostenendo il suo sguardo. «e... mio padre»
«Uno importante?» chiese seccamente Scorpius, distogliendo lo sguardo.

«Un Auror» disse il ragazzo, lanciando un occhiata all’amica. Rose socchiuse gli occhi tentando di capire se voleva o no rivelare il suo cognome. Il momento parve protrarsi all’infinito, ma poi Scorpius con un alzata di spalle liquidò la questione e tornò a dedicarsi al suo serpente che gli aveva cinto le spalle con le sue spire. La ragazza si fece più vicina ad Albus. Lui d’altro canto tirò fuori la Gazzetta del Profeta e lesse la pagina sportiva, come era solito fare, tentando di dimenticare il serpente.
Passarono un bel po’ di tempo in silenzio poi Scorpius acconsentì a giocare a Sparaschiocco anche senza Rose, la quale tirò fuori un libro dal baule e si mise a leggere, anche se il suo sguardo saettava di continuo per controllare i movimenti del serpente.
Il cielo incominciò a scurirsi e le luci del treno si accesero. Le montagne e le foreste si stagliavano contro un cielo violaceo. Sembrò che il treno rallentasse.
Rose s’alzò improvvisamente.
«Dovreste cambiarvi, penso che non manchi più molto» disse, con voce tremante, aprendo la porta dello scompartimento e uscendo in corridoio, richiudendola dietro di sè.
Albus e Scorpius si tolsero la giacca, si sbottonarono la camicia e si infilarono la lunga tunica nera e lucida.
Una voce risuonò per tutto il treno: «Tra cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente».
Albus s’accorse di avere lo stomaco chiuso per l'emozione.
Una volta cambiati sistemarono i bauli sulla retina ed uscirono nel corridoio per unirsi all’amica.
Dopo aver rallentato, infine il treno si fermò. La gente procedette a spintoni verso lo sportello e poi scese sul marciapiedi stretto e buio. Albus rabbrividì all’aria gelida della sera, si sentì spintonare forte e venne quasi gettato a terra se non fosse stato per un ragazzo più grande che lo prese per il mantello, evitandogli la caduta.
«Attento, piccolo» rise, rimettendolo in equilibrio.
«Grazie» balbettò il ragazzo e si voltò indietro.
«Occhio ai Thestral, fratellino» ghignò James, superandolo e raggiungendo il gruppo di amici che lo stavano aspettando lungo la strada che portava alle carrozze. Albus di controvoglia incominciò a seguirlo, ma venne trattenuto da qualcuno.
«Guarda che noi dobbiamo aspettare!» disse Scorpius, tenendolo per il mantello.
«Ce l’avete tutti con il mio mantello?» brontolò il ragazzo divincolandosi dalla stretta. «Cosa dobbiamo aspettare?»
Proprio in quel momento un fascio di luce illuminò la piccola folla degli studenti del primo anno. Una donna di mezz’età dallo sguardo severo si fece avanti a passo deciso; portava con sè una lanterna un po’ troppo grande, a parere del ragazzo.
«Coraggio, seguitemi... C'è qualcun altro del primo anno? E ora attenti a dove mettete i piedi»
Scivolando e incespicando, seguirono la donna giù per il sentiero ripido e stretto. Albus stava proprio chiedendosi come mai suo padre o sua madre non gli avessere mai raccontato nulla di come sarebbero giunti a Hogwarts.
«Tu lo sapevi?» chiese a Scorpius, che gli camminava al fianco.
«Sapevo che ci venivano a prendere, ma non... non sapevo come, se è questo quello che intendi» rispose il giovane Malfoy.
Possibile che nessuno ne avesse mai parlato?
Su entrambi i lati il sentiero era fiancheggiato da grossi pini neri che rendevano l’avanzata ancora più faticosa, nascondendo la poca luce rimasta. Nessuno osava fiatare. Ogni tanto si sentiva qualche ragazzo tirar su col naso o imprecare per aver perso l’equilibrio.
Per due volte Rose scivolò in avanti finendo addosso a Scorpius che la sostenne in entrambe le occasioni.
«Fra un attimo potrete ammirare la vostra Scuola per la prima volta: Hogwarts!» annunciò la donna parlando da sopra la spalla, «ecco, dopo questa curva!»
Tutti trattennero il respiro.
Lo stretto sentiero si era spalancato all'improvviso sul bordo di un grande lago nero. Appollaiato in cima ad un promontorio sullo sfondo, con le finestre illuminate che brillavano contro il cielo pieno di stelle, si stagliava un grande castello con molte torri e torrette.
«Non più di quattro per battello» ordinò l’accompagnatrice, indicando una flotta di piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Scorpius e Albus furono seguiti a bordo da Rose e un’altra ragazzina che tremava per l’emozione.
«Tutti a bordo?» chiese la donna, squadrandoli come per costringere a confessare d’aver abbandonato qualcuno dei compagni lungo il sentiero. Non ricevendo risposte salì su di un imbarcazione molto spaziosa tutta per lei. «Bene... SI PARTE!»
E le barchette si staccarono dalla riva, scivolando sul lago liscio come vetro. Tutti tacevano, lo sguardo fisso sul grande castello che li sovrastava. Torreggiava su di loro, man mano che si avvicinavano alla rupe su cui era arroccato.
«Giù la testa!» esclamò improvvisamente la donna quando le prime barche raggiunsero la scogliera; i ragazzi obbedirono e i battelli li trasportarono attraverso una cortina d'edera che nascondeva una grande apertura sul davanti della scogliera stessa. Poi attraversarono un lungo tunnel buio, che sembrava portare dritto sotto il castello, e infine raggiunsero una sorta di porto sotterraneo dove si arrampicarono tra scogli e sassi.
«Non dimenticate niente mi raccomando!» disse l’accompagnatrice che stava controllando le barche via via che i ragazzi scendevano.
Poi si arrampicarono lungo un passaggio nella roccia, preceduti dall’enorme lampada della donna, e finalmente emersero sull'erba morbida e umida, proprio all'ombra del castello. Salirono la scalinata di pietra e si affollarono davanti all'immenso portone di quercia.
«Ci siamo tutti? Bene, son felice d’avervi portato a destinazione..» incominciò la donna, voltandosi verso di loro.
«Dalla faccia proprio non si direbbe» sussurrò Rose all’orecchio dell’amico.
«... mi dispiace solo che non potrò insegnarvi prima del terzo anno!» concluse, estraendo una pipa dalla tasta e portandosela alla bocca. «Intanto vi auguro un sereno Smistamento»
La donna si voltò e, alzato il pugno, bussò tre volte.