Premessa: ho attinto (
) a pienissime mani da altri testi.
Ma l'impalcatura (
) è tutta robaccia del mio mezzo neurone (che, attualmente, sta fumando per il troppo sforzo).
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Un raggio di sole lo colpì agli occhi, non appena si risvegliò. Fece un po' di fatica a capire dove si trovasse. La luce entrava dall'immensa finestra alla sua destra, e si rifletteva sul bianco delle pareti illuminando tutto lo stanzone dove era disteso su un materasso.
Quindi pensò,
non sono più al negozio. Bene. Ma “dove” sono?I ricordi di quanto successo arrivavano pian piano. Si passò una mano sugli occhi. Quindi si bloccò, guardandola come se fosse un oggetto sconosciuto.
Ma com'è possibile? Quel mago mi aveva spezzato l'avambraccio! Ed ora riesco a muoverla come nulla?Con una sensazione tra lo smarrito e lo spaventato, cercò di mettersi seduto, desistendo soltanto quando si accorse che l'altra mano era sommersa in una massa informe rossa. Erano capelli.
GinnyIstintivamente, le accarezzò la testa, passando le dita tra la folta chioma. Era bello poterlo fare dopo così tanto tempo, dopo tutte le incomprensioni che c'erano state.
S'interruppe quando la testa della ragazza si mosse. Ginny alzò il capo, si stropicciò gli occhi, e si girò a guardare Harry.
Ci fu un secondo, dove Ginny cercava di mettere a fuoco quanto vedeva. Poi, le si gettò addosso, abbracciandolo rabbiosamente, e scoppiando a piangere.
Lui la lasciò sfogare, circondandola con le braccia, per un po' di tempo.
Sulla porta apparve qualcuno, vestito di bianco, con un sorriso decisamente soddisfatto stampato in volto.
«Bene, bene, bene. Sig. Potter, finalmente si è risvegliato! Bene, era ora. Sono tre giorni che la sua ragazza non si stacca dal suo capezzale, minacciando chiunque cerchi di allontanarla. Vediamo come stanno andando le cose, d'accordo?»
Ginny si staccò da Harry di malavoglia, lasciando spazio al nuovo venuto.
Harry guardò il personaggio, ed il viso non gli sembrava sconosciuto.
«Mi scusi, ma noi ci conosciamo? E, dove sono?»
«Beh, lei è al San Mungo, ovviamente. Dove credeva di essere? Quando l'hanno portata qua, era conciato veramente male. Niente di irreparabile, certo. Ci ha obbligato a dar fondo alle scorte di Ossofast e di Muscoloil. Scommetto che non dev'essere stata una passeggiata di salute. Ma ora, - muova il collo avanti … eee … indietro … cooosì … bravissimo - dovremo valutare un altro aspetto: quello mentale. Sa, dopo uno stress fisico e psicologico, come quello che lei ha subito, bisogna essere certi che non ci siano strascichi, per evitare delle conseguenze spiacevoli. In particolare per chi, come lei, è un auror.»
Harry faceva fatica a assimilare tutte le informazioni che stava ricevendo. Un po' perchè era ancora scombussolato da quello strano risveglio; un po' perchè distratto da Ginny.
«Mi scusi, mi sono perso. Ha detto che sono qui da tre giorni?»
«Eh, si. Tre giorni – vuole cortesemente muovere le dita del piede? Grazie - durante i quali siamo stati bersagliati di gufi e patroni da parte del ministero e di Hogwarts, per avere notizie circa il suo stato di salute. Anzi, non escludo – pieghi le ginocchia ed i gomiti … perfetto! Tutto a posto – che non arrivino delle visite per lei, non appena li informerò del suo risveglio.»
«Per favore, guaritore Smetwyck, può aspettare qualche minuto, prima di informare il ministero?»
Era stata Ginny a parlare, guardando severa il guaritore. Questi la guardò interrogativo, poi rispose:
«Signorina Weasley, capisce benissimo che ci sono cose urgenti in ballo. Diciamo che ha il tempo che mi serve per raggiungere il mio ufficio in fondo al corridoio. Le auguro una buona giornata. Signor Potter, ci vederemo più tardi con un collega per la parte psicologica.»
Non appena fu uscito, Ginny guardò dritto negli occhi Harry. Era decisamente preoccupata e sconvolta, nonostante cercasse di mascherarlo dietro un atteggiamento furente.
«Maledizione, Harry! Ma che cavolo pensavi di fare? Kingsley ti aveva avvertito di non aggirarti da solo in cerca di guai! E tu vai da solo in quel maledetto negozio, solo come un cane, e senza avvertire nessuno!»
«Ginny, io ho avvertito di dov'ero.»
«Ma non dovevi esserci da solo! Non dovevi!»
Ginny si girò di scatto, nel vano tentativo di nascondere le lacrime che ricominciarono a rigarle il viso.
Harry si alzò, appoggiandosi immediatamente al letto a causa di un piccolo capogiro, e le arrivò dietro, mettendole delicatamente le mani sulle spalle.
«Scusami. Cercherò di essere più prudente. Ma non ti posso promettere che, in futuro, no ...»
Non riuscì a finire la frase, perchè Ginny lo baciò rabbiosamente.
«Ehm, ehm»
Non si erano accorti che il Ministro era entrato in camera.
«Finalmente, Harry. Eravamo alquanto preoccupati.»
Harry guardò il ministro, e una leggera irritazione cominciò ad agitargli l'intestino.
«Ciao, Kingsley.» Ginny guardò sconcertata il ragazzo: non l'aveva mai sentito rivolgersi in quella maniera all'amico, verso il quale aveva sempre avuto una particolare deferenza da quando aveva raccolto l'incarico al ministero.
«Spero che mi spiegherai il perchè ci avete messo un secolo prima di raggiungermi!»
Il ministro era in evidente imbarazzo, ma sostenne lo sguardo dell'amico senza abbassare il suo.
«E' evidente che ti darò una spiegazione, Harry. Voglio sperare, comunque, che tu non pensi che ti abbiamo lasciato da solo volontariamente. Però dobbiamo aspettare l'arrivo di altre persone. Perchè ci sono parecchi aspetti che meritano di essere approfonditi, prima di prendere decisioni cruciali per lo scontro che si sta profilando.»
Il tono del Ministro era calmo, controllato. Ma carico di un'amarezza che non derivava soltanto dalla sottile insinuazione dell'amico.
La porta si aprì di nuovo, spezzando la cappa pesante che era scesa nella stanza. E se l'apparizione di Minerva McGranitt non fu una sorpresa, quando vide apparire la figura antica di Uglick fece un ben altro effetto.
Prima che i convenevoli prendessero piede, Kingsley ruppe il silenzio.
«Bene, direi che ci siamo tutti. Ginny, per cortesia ...»
«No!» esclamò Harry, tra lo stupore degli astanti.
«Signori, Ginny rimarrà qui dentro. Rispondo io per lei. Troppe volte, nel recente e lontano passato, l'ho esclusa da informazioni che le sarebbero servite per meglio accettare i rischi che dovevo correre. E dopo quello che è successo a casa di Cinereus, non voglio più che ci siano segreti fra me e lei.»
Mentre diceva tutto ciò, teneva per mano la ragazza, guardandola dritto negli occhi, ricevendone in cambio gratitudine ed affetto.
«Harry, non è il caso di fare i romantici ...»
«Professor Uglick, sappia soltanto questo: quanto ci diremo in questa camera, lo riporterò pari pari alla mia ragazza, qualora decideste di allontanarla. Non c'è altro da dire: ci sono soltanto tre persone delle quali mi fido ciecamente, e solo una di queste a cui non nasconderei più niente per niente al mondo. E questa persona era già nella stanza prima che tutti voi entraste!»
«Va bene, Harry. Va bene.» intervenne la preside. «Sono sicura che ci sono cose più importanti da discutere, signori, piuttosto che questionare su misure di sicurezza quando sappiamo tutti perfettamente che, qua dentro, non ci sono nemici di sorta. Vogliamo proseguire, per favore?»
«Daccordo, Minerva. Allora, Harry. Ora siamo sicuri della presenza di una spia al ministero. Quasi certamente è qualcuno che si è infiltrato nell'MBI americano. Non l'abbiamo ancora scovata, ma non manca molto. Anche perchè gli americani sono alquanto imbarazzati, e furenti, per essersi fatti uccellare così facilmente, dopo tutte le lezioni di sicurezza che ci hanno affibiato.»
«E da cosa l'avete intuito?» chiese Harry.
«Beh, è molto semplice: non appena il tuo patronus mi ha riferito di dov'eri, prima che potessi mandare un paio di auror siamo stati attaccati da una decina di maghi oscuri nel bel mezzo della sala riunioni del ministero. Ne abbiamo avuto del bello e del brutto per venirne a capo – questi maledetti conoscono una varietà di fatture impressionante! Si sono volatizzati soltanto quando Jattarius è apparso.»
Harry ed il Ministro si girarono verso il vecchio, il quale fece levitare una sedia attraverso la stanza, per poi farla appoggiare di fianco a se, sedendocisi sopra.
«Già. Strano, vero?» disse Uglick.
«Beh, professore, direi di si. Specie se ci aggiungo che mi è sembrato che lei conoscesse il mago biondo che mi stava torturando – sempre che non me lo sia immaginato!»
«Sarebbe bello, vero, ragazzo? Purtroppo, non è così.»
La voce del professore si era fatta cupa e triste, mentre abbassava il capo.
«Da quando questi attacchi sono incominciati, ho avuto lo strano presentimento di conoscerne gli artefici. Beh, direi che alcuni miei vecchi “amici” di gioventù, non hanno abbandonato i loro antichi presupposti. E quando Cinereus è sparito dalla circolazione – si, lo stavo controllando da secoli – ho incominciato a cercare quante più prove potessi trovare.»
«Prove di cosa, Jattarius? E perchè non ci hai detto niente, in proposito?» chiese Kingsley.
«Dirti cosa, ministro? Avanzare idee quando ancora non c'era niente in ballo, per farmi sbeffeggiare per l'ennesima volta, essere di nuovo trattato come un visionario rincitrullito, come tante volte è capitato in passato?» Uglick mantenne uno sguardo di fuoco fisso negli occhi del ministro mentre gli rispondeva rabbioso.
«Ci fosse stato Albus … Ma lasciamo stare. Sedetevi, perchè sarà una cosa lunga, e dura da digerire.»
Uglick attese che tutti si accomodassero, quindi incominciò.
«Molti anni fa facevo parte di un gruppo di maghi molto dotati. Tra questi ne spiccavano due: uno, ovviamente, era Silente. L'altro il suo grandissimo amico, Grindelwald. Eravamo attratti da questi due personaggi, dalle loro idee, dalla loro determinazione. Ci eravamo dati anche dei soprannomi. Il mio era Obscurio. Avevamo tanti obiettivi su come riordinare il mondo. Ma, poi, accadde qualcosa che non era preventivato. Grindelwald e Silente si separarono – non ho mai saputo la storia intera, né l'uno né l'altro me l'hanno mai voluta dire. E, quasi nello stesso periodo, mia sorella prese la decisione di abbandonare gli studi di magia, dov'era alquanto dotata, per dedicarsi alla cura della gente usando esclusivamente le arti magiche popolari. Questi avvenimenti mi distrussero, e mi ritrovai in uno stato di prostrazione dal quale ci impiegai parecchio tempo a riprendermi.»
Uglick s'interruppe, evocò una caraffa d'acqua e dei bicchieri, si servì e poi la fece girare tra gli altri.
«Poi, Albus e Grindelwald si scontrarono. Albus sconfisse il suo grande amico, e lo rinchiuse in una torre. Tutti gli altri scapparono. Qualcuno si nascose tra i babbani, come Cinereus. Altri andarono in altri paesi.
Ed io rimasi solo. Senza amici, senza più famiglia, senza scopo. Passarono parecchi anni, nei quali girovagai senza meta alcuna. Finchè un giorno incontrai un ragazzo giovane, ma dotato come nessuno altro avevo mai incontrato. Si chiamava Tom Riddle.»
Il nome di Voldemort calò come un macigno sul silenzio della stanza.
«Già. Non so come fece, ma mi convinse ad insegnargli quanto sapevo. Accettai. Vidi in quel ragazzo un potenziale enorme. Ed avevo ragione. Ma soltanto nel tempo capii quanto fosse distruttivo quel potenziale. Purtroppo, Silente venne a sapere troppo tardi di quanto avevo fatto. E quando egli arrivò a darmi una mano, il danno era fatto.
Voldemort aveva già intuito quanto fosse potente mia sorella. Piombò su di lei come un falco, e da quello che riuscii a scoprire, la torturò in maniera crudele. Quando arrivammo, era ormai troppo tardi. La casa era distrutta. Ed al suo interno trovammo i corpi di mio cognato, di mio nipote e di sua moglie. Ma nulla di mia sorella. Era come scomparsa, svanita, inghiottita dal nulla. Albus mi portò con se, e mi aiutò come nessuno fece mai, sempre pronto ad incoraggiarmi, ed a spiegarmi quale fosse la strada corretta. O, quanto meno, quella meno sbagliata. Mi insegnò a capire molte cose. Ma, soprattutto, non mi derise mai quando gli esponevo qualche intuizione.
E, nell'ultimo periodo, usò la mia conoscenza per lavorare dietro le quinte, per cercare gli horcrux, e per anticipare le mosse della banda di Voldemort.»
«Scusi, professore. Ma fu il professor Silente a trovare i luoghi!» Fra lo stupore di tutti, fu Ginny ad intervenire con una certa animosità.
«Signorina Weasley, Albus trovò soltanto quello a casa Gaunt. Ma fui io ad intuire che la grotta potesse nascondere qualcosa, ed a comunicarglielo. Inoltre, dopo averci rimuginato sopra parecchio, fui io a riferirgli l'intuizione che fosse Harry l'ultimo horcrux di Riddle. Fu l'unica volta in cui Albus non fece mistero di dubitare delle mie parole. Ma si ricredette. Capì che non soltanto era probabile, ma che era stato anche possibile – seppur attraverso un'altra via da quella da me intuita. Albus era veramente il mago più grande dopo Merlino.»
Un paio di lacrime scorsero sul viso rugoso del vecchio, mentre tutti gli altri ricordavano il preside con dolorose ed intense sensazioni.
«Ma questo ha poco a che fare con il nostro problema. Circa 25 anni fa, alcune conoscenze dei miei viaggi mi informarono di strani avvenimenti che erano capitati negli Stati Uniti. In accordo con Albus, mi trasferii in America, per indagare su questi fatti, e per vedere se avevano a che fare con l'inizio dell'ascesa di Voldemort.
Scoprii che c'erano stati dei contatti tra una certa Katherine e Voldemort. Ma quello che Voldemort non sapeva, era che Katherine non era il capo che lui credeva. C'era un'altra persona dietro di lei, molto più potente e con una conoscenza vastissima della magia. Una conoscenza pari a quella di Albus e di Voldemort stesso.
Questa persona era a capo di una setta, che, secondo voci men che sussurrate, si autodefiniva “La setta del Fuoco Sacro”. Ossia, i nostri attuali nemici.»
Bevve un altro bicchiere d'acqua, mentre gli altri pendevano dalle sue labbra, in religioso silenzio, quasi avessero paura di perdere tutte le informazioni che necessitavano se si fossero azzardati ad infrangerlo.
«Ho cercato di trovare maggiori informazioni, lavorando nell'oscurità e nel sottobosco infimo di maghi e streghe decaduti. Ma non riuscii a trovare quasi nulla. Fino a quest'anno. Essendo loro usciti allo scoperto, anche alcune informazioni sono saltate fuori.»
Il ministro si fece coraggio, ed interruppe il mago.
«Per esempio, perchè non si unirono a Voldemort, Jattarius?»
«Esattamente. Il capo di questa setta disprezzava Riddle per la sua ignoranza. Attenzione, non ignoranza nel senso di mancanza di conoscenza, ma ignoranza nel senso che Voldemort non si curava di alcuni tipi di magia, ritenendoli inutili. Ossia il motivo per cui il nostro amico Harry è riuscito a sconfiggerlo. No, questi aveva un altro piano. Un piano con il quale riportare in auge le antiche idee del “Bene Comune e Superiore”, sia che Voldemort vincesse, sia che venisse sconfitto. Poco dopo la prima sparizione di Riddle, erano riusciti a trovare degli eredi di un'antichissima famiglia inglese in America. Una famiglia che sembrava legata ad un'antichissima leggenda riguardante un animale magico, il Quintaped. Fu Katherine ad accuparsi della faccenda, ma fallì miseramente. Sterminò quasi tutta la famiglia, come da ordini. Ma quando stava per prendere l'ultimo membro, un neonato, intervenne la squadra auror dell'MBI, che glielo sottrassero e lo nascosero talmente bene che non se ne seppe più nulla.»
Harry spalancò gli occhi nel sentire l'ultima parte del racconto. Com'era possibile che, al mondo, ci fosse un povero disgraziato che aveva subito la sua stessa sorte? Schockato, si girò verso Ginny, altrettanto sconvolta, avendo fatto anche lei gli stessi collegamenti.
«Ma non è finita qui. Quest'anno sembra esser il punto di congiunzione di molte storie. Il ragazzo americano, da quello che ho scoperto, è attualmente qui, in Inghilterra. Questo è l'anno del ritorno di Minami. Inoltre, il nostro amico Harry è il legittimo possessore della Bacchetta di Sambuco. Un incrocio alquanto bizzarro, mi viene da dire. Se non fosse per il fatto che la Setta necessita sia dell'americano che della Bacchetta per portare a termine il loro obiettivo. Ed ecco il perchè di questi ripetuti attacchi.»
Un silenzio denso e pesante si allungò per qualche istante. Poi Harry guardò il professore, e gli chiese:
«Scusi, ma allora chi è l'uomo che mi ha aggredito nella libreria?»
Il vecchio alzò lo sguardo sul ragazzo, ed attese qualche momento, come se stesse riordinando le idee.
«Poco prima della caduta di Voldemort, ero tornato negli Stati Uniti. E con un vero e proprio colpo di fortuna scoprii il mago a capo della setta. Era il mio vecchio “amico” Nocturnus. Ne parlai con Albus, ma anch'egli, come me, non credeva che Nocturnus avesse abilità tali da poter essere il vero capo della setta. Tornai di nuovo in America, dove venni raggiunto dalla notizia della morte di Albus. E, quasi contemporaneamente, mi scontrai con un mago biondo, atletico e decisamente sadico. Riuscii a uscirne incolume, e soltanto grazie alla mia enorme esperienza. Ma, durante lo scontro, riuscii anche a leggergli nella mente il luogo dove si nascondeva Nocturnus. Lo raggiunsi e lo trovai praticamente morente. Non appena mi vide, una risata cattiva gli fuoriuscì gorgogliando dalla gola. Fu lui a dirmi che il vero capo della setta era ancora in vita, e più battagliero che mai. Che era una persona che mai, lui , si sarebbe aspettato che possedesse un potere simile. E che non mi avrebbe mai detto chi fosse. Eppoi, mi guardò e mi chiese: “Allora, Obscurio, mi hanno riferito che hai conosciuto Xandor! Come l'hai trovato? Terrificante, non è vero? Beh, devi sapere una cosa: ho fatto un ottimo lavoro su quel ragazzo. L'ho portato con me diversi anni fa, perchè non volevo che uno smidollato come te potesse rovinarlo. Già! Perchè Xandor è il figlio di tuo nipote!”. Le gambe incominciarono a tremarmi. Guardai Nocturnus con odio. Ma, prima che potessi estorcergli qualcos'altro, tossì diverse volte, quindi un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca, lasciandolo senza vita. Perciò, Harry, si. Quel biondo che hai incontrato, e che ti ha seviziato è il mio bisnipote.»
«Scusa, Jattarius» intervenne la McGranitt. «Xandor – è così che si chiama? - è il tuo bisnipote, ma come fai a conoscerlo così bene?»
«Beh, Minerva. L'”amorevole” nipotino sembra che stia cercando di farmi pagare la morte di tutta la sua famiglia. Sembra quasi che mi ritenga colpevole di non averli protetti a dovere. E forse ha ragione. Ma c'è una cosa che mi lascia perplesso: un paio di volte ha avuto l'occasione di farmi fuori. Eppure, ha esitato, come se stesse eseguendo degli ordini.»
«Quindi, neanche lui è il capo della Setta, giusto?», intervenne il ministro.
«Oh, no. Di questo ne sono sicuro: Xandor non è il capo. Ma lui lo conosce personalmente. E ne è il fidato alleato, una sorta di braccio destro, l'uomo di fiducia nelle missioni più importanti e difficili.»
«Quindi, professore, se prendiamo lui, riusciremo a capire chi è il vero capo?»
«Quasi sicuramente, signorina Weasley.»
E, dopo qualche istante d'attesa, concluse:
«Eppure, credo di aver intuito chi ci sia a capo della setta. Ma non è possibile che sia così. Sarebbe troppo orribile!»
«E chi sarebbe, professore? Le assicuro che non le rideremo in faccia!» esclamò Harry con un certo fervore nella voce.
Uglick sorrise amaramente, e guardò il ragazzo con un moto di gratitudine.
«Ti credo, ragazzo. Albus aveva una vera predilizione per te. Ma non rivelerò questa intuizione finchè non avrò scartato tutte le opzioni possibili. No, Kingsley» disse, bloccando l'intervento del ministro; «E' un'intuizione a cui non credo io per primo. Come posso sperare che ci creda qualcun altro. Ed ora non abbiamo tempo né mezzi da sprecare alla ricerca di un qualcosa di indecifrabile. Me ne occuperò da solo, come sempre. E se avrò ragione, che Merlino mi aiuti a fare quello che sarà necessario!»
Detto ciò, si alzò di scatto e con un'agilità che tradiva i suoi anni, uscì dalla porta lasciando gli altri tanti interrogativi, che portavano tutti a pensieri nefasti.
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Ve saludi