IL SEGRETO DELLA MAGIA

Correva e correva.
Non sapeva da quanto: ormai aveva perso il senso del tempo. Potevano essere minuti, ore o giorni ma la foresta circostante non accennava minimamente a sparire.
Vi era un silenzio sinistro e cupo, innaturale. L’unico suono che riusciva a percepire era quello della sua respirazione irregolare.
Oltre alla vegetazione rigogliosa, che si estendeva in ogni direzione, non aveva incontrato forme di vita di altra natura. Nulla lasciava trasparire se era giorno o notte. Tutto era sempre circondato da un pallido chiarore che permetteva di distinguere le forme sinuose degli alberi e del sottobosco ma non abbastanza perchè Harry potesse evitare del tutto i rami: tagli e graffiature ormai ricoprivano quasi completamente le parti del corpo non protette dai vestiti.
Era confuso: non sapeva dove si trovava, non si spiegava come ci fosse arrivato e soprattutto non conosceva il motivo. Continuava a vagare correndo con la speranza di veder scemare quel bosco immenso e giungere così al limitare della foresta o se era fortunato ad un villaggio dove avrebbe potuto calmare il brontolio allo stomaco e scoprire in che maledetta e remota regione si era cacciato.
Si ricordò una frase che aveva detto alcuni anni prima all’amico Ron: «Non sono io che cerco guai, ma sono loro che vengono da me!». Sorrise nel ricordare gli amici: Ron, Hermione ma soprattutto Ginny, la sua bellissima ragazza. Per la prima volta, non erano lì con lui ad aiutarlo. Era solo. Vulnerabile come un babbano: non sapeva come ne perchè, ma si era ritrovato senza bacchetta magica. Gli incantesimi di appello che aveva provato erano stati vani.
Decise di fermarsi a riflettere; cosa che non aveva ancora fatto per la smania di uscire da quella pessima situazione.
Inaspettatamente la cosa si rivelò più ostica del normale: una forza invisibile contrastava la sua volontà di fermarsi. Harry si concentrò al massimo sull’obbiettivo e nel giro di qualche minuto riuscì a prevalere sull’avversario.
«Notevole... veramente notevole Harry Potter!»
Ad Harry per poco non venne un colpo. Una voce di donna, dolce e vellutata, aveva parlato. E non solo: conosceva il suo nome e sapeva esattamente dove si trovava. Non poteva immaginare chi fosse; non aveva capito da dove proveniva; non era in grado di dire che intenzioni avesse, ma almeno non era completamente solo.
Iniziò a percorrerre in cerchio il perimentro circostante cercando traccia della donna, ma non ottenne risultato. Provò ad ampliare la zona di ricerca ma niente. Si fermò di nuovo, questa volta senza incontrare resistenze. Non sapeva che fare.
Dove sei? pensò Harry deluso dal fatto di non aver trovato nulla.

«Sono qui» rispose con lo stesso tono vellutato di voce.
Questa volta riuscì a localizzare la fonte di provenienza di questa: proveniva non dalla foresta circostante ma dall’alto, dal cielo. Però la cosa che più lo sorprese era il fatto che gli aveva letto nel pensiero e nemmeno si era accorto dell’intrusione mentale.
Deve essere certamente una maga fuori dal comune pensò Harry.
Ora la sua curiosità prevaleva sul timore: doveva correre il rischio per saperne di più e questo non gli importava perchè non voleva vagare per sempre in quel bosco infinito.
Si guardò intorno, scelse l’albero che aveva più rami e iniziò ad arrampicarsi. Per lui non era un’esperienza nuova dato che da piccolo scappava da Duddley e le piante del parco erano uno dei suoi rifugi più sicuri. Era la prima volta nella sua turbolente vita che provava gratitudine verso il cugino. Ma su quelli su cui stava salendo era diverso: non era in grado di individuarne la cima.
Ramo dopo ramo, metro dopo metro gli sembrava di essere sempre nello stesso punto. L’unica cosa che dimostrava la sua scalata era l’aumento della distanza da terra.
Ormai iniziava ad essere stanco e rischiava di scivolare ad ogni passo ma non voleva ne poteva fermarsi: il suo futuro immediato dipendeva da quella donna. E da lei era deciso ad andare.
Quando la forza, le energie e anche la speranza gli stavano venendo meno, vide che il sottobosco sottostante era sparito e che dall’alto filtrava un aura luminosa maggiore rispetto a prima.
Finalmente! Sono quasi arrivato! Rinvigorito da quella vista percorse gli ultimi metri che lo separavano dalla cima con velocità anormale per un semplice uomo.
Lo spettacolo che si trovò davanti, Harry, non se lo sarebbe mai scordato.
Non era nè giorno nè notte. Vi era una brillante e candida nebbiolina a ricoprire l’intera immensa foresta. A contatto con gli alberi, e si accorse anche con lui, formava un aurea, suggestiva, surreale, ultraterrena.
Non seppe mai per quanto tempo rimase lì imbambolato a contemplare il panorama che si presentava ai suoi occhi, pieno di stupore e con la bocca aperta.
Harry, appena si riprese, scrutò le cime degli alberi circostanti e con delusa consapevolezza vide che non vi era nessuna traccia di esseri umani all’infuori di lui.
Poi la nebbiolina iniziò a compattarsi e apparve una figura femminile. Tutta vestita di bianco, con i capelli d’orati e gli occhi azzurro ghiaccio. I lineamenti erano dolci ma decisi. Non c’era alcun dubbio: era bellissima.
Finalmente l’avrebbe conosciuta. Era ansioso di sapere chi fosse e cosa volesse da lui. La sua curiosità doveva essere così evidente che la figura angelica gli sorrise e si apprestò a parlare.
«Ti aspettavo Harry Potter. Io sono colei che tu sei, sono il tutto e il niente». Harry rimase perplesso da quelle parole: più che chiarire i suoi dubbi e rispondere alle già tante domande gliene stava facendo sorgere di nuove.
«Sono colei che gli uomini chiamano Magia. Ho donato a pochi di poter usufruire di questa forza, e posso decidere soltanto io come e quando privarvene. Per questo tu sei qui. Gli uomini avranno anche scoperto la verità fin sull’ultimo albero e fin sulla nube più alta, ma non la verità su di me. Hanno capito il mare e io sono ancora un’enigma. Sanno cosa sono le stelle e non comprendono cosa sono io per loro. Sin dall’inizio del mondo gli uomini hanno cercato di dominarmi: re e sapienti, preti e legislatori, tutte le chiese e tutte le filosofie. Ma io sono stata paziente. Ho aspettato che capissero, ma mi hanno ignorato e deluso. Per questo sto manifestando la mia potenza tramite Minami, come ultimo monito. Ora basta. Ho deciso di dare un ultima possibilità al vostro mondo. E tu, tu sarai il mio inviato. Uno spirito puro e pieno d’amore che deve sconfiggere il male. Incominciando da una setta che vive ormai da troppo tempo e che ha la presunzione di potersi impossessare di me, un insulto. Dovrà essere distrutta o il mondo che conosci sarà sconvolto dalla stessa mano che l’ha creato. Ricordati di queste parole: sei stato scelto perchè tra tutti sei il più puro. Detieni una forza che non sai di avere dato che non ne hai usufruito per salire fin qui. E’ la forza dell’innocenza: ti sei mai chiesto da piccoli si manifestano poteri senza l’uso della bacchetta? Per questo motivo. Da grandi gli uomini divengono avidi di tutto. Farebbero di tutto per ottenere qualcosa che desiderano. Tu invece puoi ancora farlo adesso se ti concentrassi al massimo. Nessun altro possiede ancora questa capacità: sarà la cosa che potrà aiutarti nella missione e in momenti di difficoltà. Ora che sai, puoi andare ragazzo».
Harry aveva molte cose da chiederle, ma non gli lasciò il tempo di esporre nessuna domanda. Si dissolse in un forte turbinio. La cosa lo colse di sorpresa e perse l’equilibrio. Cadde verso il basso, ma la foresta non c’era più. Solo del buio lo circondava. Chiuse gli occhi aspettando l’impatto fatale, ma questo non venne.
Quando si decise a riaprire gli occhi si accorse di essere nel suo letto a baldacchino, nel dormitorio di Grifondoro. Allungò la mano sugli occhiali appoggiati sul comodino e li indossò. I suoi compagni stavano ancora dormendo. Poi gli cadde lo sguardo su Snitch: era agitatissimo. Fece per alzarsi a sedere spingendosi con le braccia per vedere cosa avesse la sua puffola, ma un doloroso bruciore lo pervase: i tagli e i graffi c’erano ancora!
Non era stato un sogno nè era realtà: era Magia!