Harry si chiuse la porta dietro le spalle, ancora tremante di rabbia. Sentì l'incastro del chiavistello sbattere contro il legno vecchio. Imprecò, a voce abbastanza alta perchè lo udissero oltre la soglia.
Non aveva senso, non aveva
nessun senso. Kingsley non capiva. Non era cambiato assolutamente nulla dall'ultima volta in cui si erano parlati, la vigilia di Natale.
Perchè tutti si preoccupavano per lui? Voldemort era stato sconfitto, non c'era più niente che lo minacciasse direttamente. Perchè doveva rimanere rinchiuso dentro la scuola? Perchè non poteva partire?
Si voltò di scatto e assestò un calcio al centro della porta. Il legno emise un gemito sinistro.
Tese l'orecchio aspettandosi qualcosa, ma dall'interno dell'ufficio che era stato di Uglick non provenne alcun suono.
<Ti odio, Kingsley Shackebolt!>
L'urlo di Harry rimbombò lungo il corridoio. Una delle armature vicino alle scale voltò la testa verso di lui. Il rumore di ferraglia lo fece sobbalzare.
<Odio questo posto! Odio tutti voi!>
La sensazione di rabbia impotente si stava trasformando rapidamente in pianto. Sentiva il cuore battergli sempre più forte e il respiro farsi più affannoso.
La porta rimaneva chiusa. Evidentemente, Kingsley non aveva nessuna intenzione di cambiare idea.
Harry si voltò di scatto e prese a correre. Correva alla cieca, con gli occhi pieni di lacrime. Superò un gruppetto del primo anno, rischiò di inciampare in parecchi gradini e finì addosso al professor Lumacorno.
<Ma cosa
diavolo... ragazzo mio fai attenzione a...>
Harry non capì a cosa avrebbe dovuto fare attenzione, biascicò delle scuse e ricominciò a correre.
Pochi minuti dopo gridava "Crostata di more!" alla Signora Grassa ed entrava, affannato e sfinito, nella Sala Comune di Grifondoro.
Hermione balzò in piedi appena lo vide varcare il buco del ritratto.
<Allora?>
Harry aveva ancora gli occhi lucidi. Scosse la testa e si avvicinò all'amica.
<Kingsley non ha cambiato idea> disse, cercando di sembrare calmo <Lui e la McGranitt non vogliono che parta>
Hermione lo fissò a lungo.
Harry sbattè il pugno chiuso contro il bracciolo della poltrona.
<Pensano di avere a che fare con un ragazzino!> gridò.
<
Rimani qui, stai fermo lì, questo ti fa male, questo ti fa bene... Ne ho passate più io in diciotto anni di vita che tutti i loro Auror messi insieme! Non capiscono, nessuno ha mai capito cosa provo, nessuno si è mai
sforzato di capirlo!>
Hermione gli strinse le braccia con le mani.
<Calmati, Harry!>
Lui si divincolò, liberandosi dalla stretta.
<
Il ragazzo che è sopravvissuto, l'eroe che ha sconfitto il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi... Eccolo qua! Rinchiuso dentro una scuola come un bambino!>
Si accasciò su una delle poltrone davanti al camino e nascose il viso tra le mani. Singhiozzava per la rabbia, senza riuscire a fermarsi.
Sentì i passi di Hermione e la sua mano che gli accarezzava i capelli.
Inspiegabilmente, gli tornò alla mente la visione che il medaglione di Serpeverde aveva evocato per tentare Ron, prima di essere distrutto dalla spada di Godric Grifondoro.
Chissà se lo sa...Scostò le mani e sobbalzò nel vedere gli occhi dell'amica così vicini ai suoi.
<Hermione io... Scusa. Ho perso il controllo.>
Hermione sorrise, comprensiva.
<Non ce la faccio più, non ci riesco. Ron è disperso chissà dove, Kingsley mi tratta come un bambino, Ginny perde fiducia in me ogni giorno che passa...>.
Harry guardò l'amica negli occhi e scosse la testa.
<Non posso più rimanere qui>.
Hermione si alzò in piedi e si diresse verso il camino acceso. Il fuoco scoppiettava allegro. Harry sorrise al ricordo del viso di Sirius in mezzo alle fiamme. Scosse la testa. Neanche il suo padrino l'aveva mai capito.
Le parole di Hermione sembrarono arrivare da molto lontano.
<Harry, io credo che Kingsley abbia ragione>
Il tono era calmo e sicuro, come se stesse declamando un discorso preparato con cura. Harry spalancò gli occhi, incredulo, e si alzò di scatto.
<Pensavo che almeno tu stessi dalla mia parte!>
Hermione lo guardò fisso negli occhi.
<Io sono dalla tua parte, Harry>
<Non credo proprio!> ribattè lui, sarcastico. Sapeva di ferirla, e il suo animo esacerbato provava una gioia selvaggia nello scaricare la sua frustrazione su qualcun altro.
<Siete tutti uguali, tutti pronti a dirmi cosa devo o non devo fare... anche Ginny, anche i Weasley, anche TU! Sarebbe stato meglio se fossi morto insieme a mia madre e mio padre!> Harry aveva ripreso a tremare. Gridava e batteva i pugni sul velluto della poltrona senza curarsi di niente e di nessuno. <Io vi odio tutti!>
<ADESSO BASTA!>
L'urlo di Hermione fece tremare i vetri. Harry si irrigidì, il braccio destro ancora a mezz'aria con il pugno contratto, come se qualcuno l'avesse Pietrificato.
Fissò l'amica e si rese conto che aveva il viso rigato di lacrime.
<Harry, ti prego, ascoltami. Dopo sarai libero di gridare quanto vorrai e anche di mandarmi al diavolo ma, ti prego, adesso ascoltami>.
Il tono era quasi supplice, così diverso da quello deciso e, a volte, imperioso a cui era abituato.
Stiamo cambiando si disse
Tutto questo ci sta cambiando.
Harry sprofondò di nuovo nella poltrona. Hermione si fece più vicina e si sedette a terra a gambe incrociate, di fronte a lui.
<Harry, io credo che Kingsley abbia ragione. Non ha senso partire all'avventura senza una meta, senza niente e nessuno a guidarci>
<Abbiamo il proclama!> ribattè Harry
<Il proclama non significa nulla! Almeno, non significa nulla
per il momento...>
<Dove vuoi arrivare Hermione?>
La ragazza trasse un respiro profondo.
<Harry, non possiamo partire e andarcene a zonzo per il Mondo sperando di ritrovare Ron. Non abbiamo una traccia, non abbiamo nessuna indicazione>
<Non mi risulta che quando siamo partiti alla ricerca degli Horcrux avessimo avuto molto di più...> replicò Harry
<Sapevamo cosa andavamo a cercare!>
<Anche adesso lo sappiamo: andiamo a cercare Ron!>
<Non è la stessa cosa!>
<Si che lo è!>
<No, Harry, non lo è. Abbiamo a che fare con qualcosa di più oscuro e minaccioso di tutto ciò contro cui abbiamo combattuto finora. Più pericoloso di Voldemort e dei suoi Mangiamorte. Kingsley ha ragione: non possiamo gettarci a capofitto in questa missione. Non subito.>
Harry scattò in piedi.
<E cosa dovremmo fare, Hermione? Volevano la Bacchetta e non gliel'ho consegnata, stiamo aspettando per caso di ritrovare Ron un pezzettino dopo l'altro?>
<Harry,
per favore non ricominciare>.
Si sedette di nuovo, amareggiato. Perchè nessuno si rendeva conto che qualcosa si era spezzato dentro di lui, nel momento in cui aveva visto quel mago trascinare via Ron? Lui
doveva partire, aveva il dovere di andare a cercarlo. Ron l'avrebbe fatto per lui, Ron l'aveva già fatto per lui. Avevano rischiato la vita insieme, cercando di sconfiggere Lord Voldemort.
<Hermione, io non ce la faccio. Non ce la faccio ad aspettare>.
Harry si stupì sentendosi parlare. Il tono di voce era incredibilmente tornato alla normalità.
<Tu resta qui, se vuoi. Io non ce la faccio>.
Si alzò in piedi e si diresse verso la scala del dormitorio. Mentre saliva i gradini si voltò a guardarla, seduta a terra davanti alla poltrona vuota. Teneva il viso tra le mani. Mentre spingeva la maniglia, Harry la sentì singhiozzare.
Indice 
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Complimenti! 
) e troppi pensieri in corsivo... 
poi continuando a leggere ho capito che in realtà questo avviene esattamente dopo quello che vorrei scrivere io (e che tutti voi vi ostinate a mettere per sottinteso): il litigio Harry-Ministro/Ordine costituito 
(la mia influenza già ti condiziona..)
Forse è una delle cose migliori che ho scritto qui dentro (insieme al colloquio con il vecchio Blake