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 Capitolo 10 - Il Primo Tentativo

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Potterhiders

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MessaggioTitolo: Capitolo 10 - Il Primo Tentativo   Capitolo 10 - Il Primo Tentativo EmptyDom Nov 21 2010, 10:44

[Il Senso Di Questo]

Quando l’espresso si fermò alla stazione di Hogsmeade il sole era ormai calato. Mai arrivo fu più silenzioso: l’incidente avvenuto durante il viaggio teneva impegnati i pensieri di ognuno. Harry, con sua grande gioia, riuscì a scendere dal treno in tutta tranquillità senza che nessuno badasse troppo a lui. In lontananza vide i ragazzi americani che si stringevano intorno ad Hudson Willis che, spuntando i nomi da una pergamena, provvedeva personalmente a farli salire sulle carrozze.
Dall’altro lato Hagrid invece stava radunato, come tradizione, i numerosi bambini del primo anno che, nel classico silenzio di chi si trova per la prima volta al cospetto del mezzo gigante, lo ascoltavano ammaliati.
Non appena li vide da lontano, velocemente corse loro in contro.
«Harry! Ron! Ginny! Luna! Neville!» esclamò stritolandoli ad uno ad uno tra le braccia possenti. «Sono felice che state bene! Quando ho saputo... Oh, avrei voluto esserci ad aiutarvi... ».
«Non preoccuparti, dopo tutto stiamo tutti bene!» lo rassicurò Ginny.
«Certo ... certo. Ma sono felice di vedervi!», poi, cercando di avere un atteggiamento più formale, continuò, «Harry, la Mc Granitt vuole vederti nel suo studio prima dello smistamento. La prima carrozza è riservata a voi».
Harry si chiese come mai la preside volesse vederlo, non poteva sapere di quello che avevano scoperto e Lumacorno, a quest’ora, doveva averle già raccontato il resto.
Guardò Hagrid chiedendo spiegazioni.
«Non ci so niente io! Mi ha solo detto di avvertirti. Ah... dimenticavo», aggiunse con un filo di voce, «il Dragocorno Spiumato è il mio preferito».
Ron lo guardò con la stessa espressione che riservava a Luna dopo una delle sue uscite strampalate, ma Harry non parve stupito.
«Ok, grazie di tutto».
Prima di salire sulla loro carrozza, Harry notò come molti studenti, che pure erano arrivati prima di loro, se ne stavano impalati a pochi passi delle carrozze senza nessuna intenzione di salire.
Harry impiegò alcuni istanti a capire cosa stesse accadendo: moltissimi ragazzi fissavano con orrore per la prima volta gli scheletrici cavalli alati che trainavano le carrozze. Fino a due anni prima solo lui e Luna erano in grado di vedere i Thestral, ora, al contrario, erano pochissimi gli studenti le cui vite non erano state sfiorate dalla morte e che quindi non capivano cosa bloccasse i compagni. Ginny si strinse forte
a lui, anche lei e Ron stavano fissando con sgomento per la prima volta i lugubri Thestral. Salirono sulla carrozza e giunsero in silenzio al castello.
Alla debole luce della luna, il castello di Hogwarts sembrava lo stesso di sempre. Dopo quello che aveva detto il signor Weasley, si sarebbe aspettato di vedere un nuovo dormitorio, invece non ce n’era traccia. Harry fu lieto di notare che tutto era stato ricostruito fedelmente, senza alcuna modifica. Le torri che aveva visto crollare erano nuovamente al loro posto e nulla, se non i dolorosi ricordi, poteva testimoniare il contrario.
Il Thestral si fermò proprio davanti all’ingresso ripartendo velocemente appena furono scesi.
Davanti al portone una lanterna venne loro incontro dondolando nervosamente.
«Cosa ci fate già qui? Le altre carrozze devono ancora partire» sentirono improvvisamente pronunciare dall’inconfondibile voce di Gazza.
Solo avvicinandosi riuscirono a vederlo nitidamente. Con una mano teneva la lanterna e con l’altra l’inseparabile Mrs Purr, scrutandoli con il solito sguardo torvo.«Ah, siete voi...» disse. «Entrate, presto! Non state qui a perdere tempo. Tu Potter, muoviti la preside ti aspetta».
«Agli ordini!» fece Harry divertito.
Nonostante i suoi modi rozzi e scortesi, Gazza era un pezzo di Hogwarts ed Harry fu felice di rivedere persino lui.
Avevano lasciato la scuola mezza distrutta, con pietre e travi cadute in ogni dove, alcune delle quali tristemente macchiate dal sangue di tanti innocenti. Sembrava una rovina irreparabile, una ferita insanabile per l’antico edificio. Invece ora ogni pietra era tornata al suo posto. Ogni singola lastra di marmo nuovamente integra. Tutto risplendeva magnificamente alla luce delle candele che, a centinaia, erano disposte ovunque.
Avevano fatto un lavoro impressionante. Se davvero gli americani erano stati determinanti nella ristrutturazione, forse valeva la pena di sopportare Bryan Hyde per qualche mese!
«Io vado, ci vediamo tra poco per lo smistamento» disse Harry agli amici ancora impegnati a guardarsi intorno a bocca aperta.
Percorse velocemente la scalinata di marmo che portava all’ufficio del preside. Corse lungo il corridoio arrivando al gargoyle di pietra.
«Parola d’ordine» disse quest’ultimo.
«Dragocorno Spiumato» rispose prontamente. Il gargoyle si scostò di lato rivelando la scala a chiocciola che Harry aveva percorso tante volte. Salì qualche gradino fermandosi quando udì la voce della Mc Granitt. Non era sola, stava parlando con qualcuno.
« ...te l’avevo detto: secoli di tradizioni non potevano essere ignorate. Hogwarts ha quattro fondatori, quattro fondatori per quattro case... ».
Il tono della preside sembrava soddisfatto. Harry rimase ad origliare nel tentativo di capire di cosa stessero parlando.
«Minerva... mi rendo conto che per te è andato tutto per il meglio, ma per me la situazione rimane delicata».
Era la voce di Kingsley. Era con lui che la preside stava parlando. Probabilmente era per questo che la Mc Granitt lo aveva chiamato. Bene, pensò, così parlerò con entrambi contemporaneamente.
«Lo so che dopo sei tu che devi vedertela con Waynegan ma sarebbe stato veramente inaccettabile avere una quinta casa!».
Quindi gli americani avrebbero voluto costituire una Casa tutta per loro! Ma per qualche motivo le cose non dovevano essere andate come se le aspettavano.
La voce della preside si alzò di tono: «Certo che i brutti vizi sono difficili da perdere, vero Potter? Sempre ad origliare...».
Harry trasalì. L’imbarazzo gli nacque nella pancia e pian piano salì fino al viso, doveva avere il tipico colorito di Ron.
Fece pochi passi fissando il pavimento senza avere il coraggio di alzare lo sguardo. Si rese conto all’improvviso che non stava entrando nell’ufficio di Silente, ma in quello di Minerva McGranitt. Quante cose avrebbe trovato cambiate? Quante cose gli avrebbero riportato alla mente le sue chiacchierate con il vecchio preside? Sospirò. Non poteva certo rimanere lì sulla porta all’infinito. Si fece avanti a testa bassa, scompigliandosi i capelli sulla nuca e accennando un sorriso imbarazzato. «Beh ecco... non era mia intenzione, solo non volevo interrompere... » cercò malamente di giustificarsi.
«Non preoccuparti, non era niente che non potessi sentire Potter, altrimenti ti avrei fatto uscire immediatamente» lo rassicurò la Mc Granitt.
Alzò piano lo sguardo, con fatica e trepidazione. La McGranitt gli sorrideva da dietro la scrivania che, con sua grande gioia, era sempre al solito posto, coperta di carte polverose, pergamene ingiallite e penne spiumate. Notò invece l’assenza, comprensibile, del trespolo di Fanny. Quanto si era spaventato la prima volta che la aveva vista morire? Ricordava lo sguardo furbo di Silente che, al momento della morte dell’animale, gli aveva sorriso soddisfatto.
Un debole ronzio attirò lo sguardo di Harry. Polveroso, spiegazzato e pieno di toppe il Cappello Parlante sonnecchiava tranquillo sulla sua mensola, perso in chissà quali sogni.
Notò invece con un po’ di tristezza che sia il pensatoio sia la spada di Godric Grifondoro avevano abbandonato la loro solita collocazione. La spada adesso risplendeva debolmente dall’interno di una vecchia teca di mogano, adagiata su un elegante cuscino di velluto rosso. La teca occupava proprio il posto dove un tempo Harry si specchiava nel pensatoio con il Preside per conoscere il passato di Voldemort. «Minerva ha ritenuto più saggio mettere via il pensatoio per tirarlo fuori solo al momento opportuno, e sinceramente non posso darle torto. È una donna molto ordinata e precisa, non ha voluto rischiare che qualcuno, urtandolo, lo rompesse!». Harry sussultò. Non si sarebbe mai abituato al suono di quella voce. Voltandosi vide Silente sorridergli dal suo ritratto. Solo che quello non era il vero Silente, era solo la sua rappresentazione. Però era bello ascoltare nuovamente la sua voce, era bello ingannarsi ancora.
«Oh, tu mi lusinghi Albus...» disse la Mc Granitt, sorridendo al ritratto. «Siediti Harry» continuò facendo apparire una poltroncina di fronte alla scrivania, accanto a quella dove era seduto Kingsley.
«Buonasera signor Ministro» disse Harry dopo essersi seduto.
«Per favore Harry, lo sai che per te sono solo Kingsley» rispose bonario.
«Ti stai chiedendo di cosa stavamo parlando?» Chiese la preside. «Vedi gli americani volevano partecipare alla Coppa delle Case e alla Coppa di Quiddich». Certo! Se avessero avuto una loro Casa, avrebbero anche avuto una loro squadra di Quiddich, dopotutto non gli sarebbe dispiaciuto: era sicuramente un buon modo per affrontarli apertamente, senza violare nessuna regola. Non ci sarebbe stato niente di meglio che battere quegli sbruffoni su un campo da gioco, anche se Ron non sarebbe stato contento. Un brivido percorse la schiena di Harry al solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere all’amico dopo il primo punto degli americani! «Il signor Weasley aveva detto che doveva esserci un nuovo dormitorio, ma non l’ho visto arrivando... » chiese Harry.
«Oh, sì. Hanno provato a costruirlo ma Hogwarts non era d’accordo!».
«Avevo capito che non era possibile fare nulla per impedirlo...».
«Hai ragione, noi non potevamo fare niente. Ma il castello sì!».
«Cosa?».
«Gli americani hanno costruito il loro dormitorio per - se non ho perso il conto - sette volte, ma ogni volta che terminavano la costruzione, l’edificio crollava su sé stesso. Alla fine si sono arresi! Probabilmente c’è qualche vincolo magico che impedisce modifiche così invasive, è stata una sorpresa anche per me. Lì dove con la diplomazia non sono riuscita a far niente, ci hanno pensato gli antichi sortilegi che impregnano le mura del castello a risolvere il problema».
I misteri della scuola non finivano mai di stupirlo.
«Ma allora dove dormiranno gli americani?». Kingsley si inserì nella discussione. «Su Harry, non vorrai sapere tutto adesso... resisti qualche minuto, a cena verranno spiegate tutte le novità! Ti dico solo che hanno rivisto molte delle loro aspettative. «Ma adesso veniamo al perché sei qui: ti abbiamo fatto chiamare per sentire la tua impressione sull’incidente all’espresso. Io e Minerva ci stavamo domandando...».
«Temo che non sia un incidente purtroppo...» lo interruppe Harry, per qualche momento, la curiosità per il destino degli americani lo aveva distratto dai butti eventi del pomeriggio. Iniziò a raccontare quello che era accaduto, quello che avevano scoperto grazie ai Retroglass e dei due uomini avvolti nel mantello.
Il dettagli di Harry sorpresero gli altri due maghi.
«Ma perché questo attacco?» disse Kingsley visibilmente preoccupato massaggiandosi le tempie. «Penso che l’attacco sia dovuto alla mia presenza su quel treno... » accenò Harry, «E se è così la mia sola presenza a Hogwarts potrebbe attirarli qui... ». Si bloccò. La preside lo guardò come per incitarlo a proseguire. « ...forse è meglio che io vada via... non me la sento di rimanere e far rischiare tutta la scuola». Ci aveva già pensato, ma dirlo ad alta voce lo rendeva vero. Se i maghi oscuri agivano per impossessarsi della Bacchetta come poteva permettersi di mettere in pericolo l’intera Hogwarts?
«Ma non ha senso... l’unico motivo per cui potrebbero essere interessati a te è se tu avessi ancora la Bacchetta di Sambuco, ma come mi hai detto l’altra volta nel mio studio è già in un posto sicuro... ».
«Ehm... certo, certo è vero» mentì Harry. «E comunque non dirlo neanche per scherzo Potter!» intervenne la preside con voce ferma. «Non ricordi cosa diceva Silente... ». «Non c’è posto più sicuro di Hogwarts» recitò il vecchio Preside improvvisamente dal ritratto lisciandosi la barba.
«Ma Kinkgsley ha detto che ci sono falle nelle barriere degli incantesimi messi per proteggere la scuola!» esclamò Harry quasi disperato.
«Tracce Harry, tracce, deboli tentativi ma nulla di concreto. Oltretutto tutte le difese sono state rinforzate» minimizzò il Ministro.
«Resta il fatto che sarebbero attirati qui!» insistette Harry.
«Pensaci bene, perché credi abbiano fatto un così maldestro attacco al treno? Dopotutto Willis è riuscito a risolvere tutto praticamente con le sue sole forze».
Harry rimase in silenzio ad ascoltare.
«Ti dirò come la vedo io. Forse credono che tu abbia ancora la Bacchetta. O, forse, con l’attacco al treno non volevano colpire te... Ma sono sicuro che fossero consci del fatto che una volta ad Hogwarts avrebbero potuto fare ben poco, qualsiasi fosse il loro piano. Così hanno tentato una mossa azzardata nell’ultimo momento possibile: durante il viaggio in treno».
Avevano ragione, Hogwarts era il posto più sicuro. Ma loro non consideravano il fatto che, in quel preciso momento, la Bacchetta di Sambuco era in quello stesso studio nella tasca dei suoi pantaloni.
«Rimane il fatto che io, insieme a tutti gli altri studenti, abbiamo rischiato grosso».
«Su questo hai perfettamente ragione» intervenne la Mc Granitt. «E per questo dovrò scusarmi con tutte le famiglie ed assicurare che da oggi in poi controlleremo affinché non ci siano altri incidenti».
«Sto pensando che non sia il caso di divulgare quello che ci hai detto, penso sia meglio che si continui a credere che si sia trattato di un incidente. In questo momento il mondo magico ha bisogno di stabilità e tranquillità, molte famiglie cominciano ora a riprendersi dal dolore per le perdite dei propri cari... ».
«Sono d’accordo» disse Harry che pure odiava le bugie di questo genere. «Io e gli altri non faremo parola di quello che abbiamo visto».
«Bene, penso che abbiamo fatto un po’ di chiarezza, adesso è meglio che scendiamo ormai saranno tutti arrivati. Devo dare inizio allo smistamento» concluse la Mc Granitt. Si alzarono, Harry strinse la mano al Ministro promettendo di tenerlo informato e rivolse un saluto al ritratto di Silente che gli strizzava l’occhio dal dipinto. Fu in quel momento che nella sua testa qualcosa gli fece notare un particolare sbagliato, nella stanza mancava qualcosa di importante, qualcosa che non c’era mai stato, ma che ora doveva esserci per forza. «PITON!». La McGranitt alzò perplessa lo sguardo su Harry che continuava a guardarsi intorno agitato.
«Potter... tutto bene?».
«Non è possibile... Professoressa io... io non vedo il ritratto... il ritratto di Piton... ». Era stupito dalle sue stesse parole. Quello che stava dicendo era ridicolo! Adesso la McGranitt gli avrebbe indicato un punto preciso sulla parete dove Piton di certo lo stava fissando con il solito cipiglio severo.
La Preside si tolse gli occhiali, iniziando a pulirne le lenti con un fazzolettino.
«Mi dispiace Potter, ma il suo ritratto non è presente...».
«Cosa vuol dire?». Si rimise lenta gli occhiali, fissandolo dispiaciuta.
«Ordini del Ministero» disse lanciando un occhiata a Kingsley.
Era assurdo... perché mai il Ministero avrebbe interferito in una cosa del genere? Il suo silenzio e lo sguardo interrogativo spronarono il Ministro ad intervenire.
«Molti credono ancora che Piton fosse una spia di Voldemort».
«Ma è ridicolo! Si tratta di un assurdo malinteso! Piton era dalla parte dell’Ordine! Lo è sempre stato!».
E lui se n’era accorto troppo tardi.
«Certo Harry, ma al momento ci sono ancora indagini, posizioni da chiarire...».
«Ma tu sei Kingsley Shacklebolt, il Ministro della Magia, com’è possibile che tu non possa fare niente?».
«Harry, le cose non sono semplici come sembrano. Proprio tu dovresti capire come sia facile per tutti dubitare di Piton... ».
Harry sospirò, fissando uno spazio vuoto nella parete. Non se lo sarebbe mai perdonato. Aveva odiato Piton, lo aveva odiato nel profondo. Forse quanto Voldemort stesso.
E dopo lo scontro finale, ripensando agli anni passati, gli erano venuti in mente tutti i gesti, tutte le azioni che aveva mal interpretato. Le rispostacce, le accuse. Per Harry era sempre lui il colpevole. Quante volte aveva cercato di convincere Silente della vera natura del professore di Pozioni? E quante volte Silente irremovibile si era dimostrato totalmente fiducioso nei suoi confronti?
Non aveva mai potuto affrontare un vero discorso con lui. O almeno, un discorso sincero.
Aveva scoperto la sua vera natura solo alla sua morte, osservando i suoi ricordi; solo allora si era reso conto degli errori che aveva compiuto.
I ricordi gli affiorarono alla mente invadenti e inattesi sovrapponendosi prepotentemente.
Piton che lo fissa concentrato al primo anno, poco prima dello smistamento.
Piton che lo deride in classe e toglie punti ai Grifondoro.
Piton che durante le lezioni di Occlumanzia si tocca inconsciamente l’avambraccio sinistro.
Piton che litiga con Sirius e offende suo padre.
Piton che prepara la pozione per Lupin.
Piton che litiga con la Umbridge e che minaccia Raptor.
Piton che confessa al limitare della Foresta Proibita di non voler adempiere il suo compito.
Piton che uccide Silente sulla Torre di Astronomia.
Piton che gli muore fra le braccia.
“Guar...da...mi”.

«Potter?».
Harry si destò dallo strano torpore in cui era caduto.
La McGranitt lo stava fissando preoccupata.
Harry si passò agitato una mano sulla fronte, sudava.
«Preside... non è giusto, dopo tutto quello che ha fatto... non è giusto che...».
«Lo so Potter, lo so... » Minerva si sedette di nuovo, massaggiandosi la fronte.
Anche Harry tornò al suo posto, lasciandosi pesantemente cadere sulla poltroncina.
In fondo, a chi importava il ricordo di un ex-Mangiamorte dalla dubbia fedeltà?
A chi interessava veramente sapere se Piton era dalla parte di Voldemort o no?
Chi poteva voler difendere veramente Piton?
Piton non aveva nessuno che lo piangesse. Che lo difendesse. In fondo anche lui lo aveva sempre disprezzato da vivo.
Ma, adesso che era morto, non avrebbe permesso che sprofondasse nell’oblio o, peggio, nell’indifferenza, non avrebbe permesso che ne andasse perso il ricordo.
«Devo fare qualcosa... glielo devo, almeno questo glielo devo ...».
«Tutti glielo dobbiamo Harry» disse la McGranitt sorridendo stanca da dietro i piccoli occhiali.
«Hai tutto il mio appoggio per quest’impresa, voglio che tu lo sappia. E ti prometto che io farò la mia parte, farò tutto quello che mi è possibile» lo rassicurò Kingsley.
«Preferirei l’impossibile» rispose Harry sorridendo.
«Ora si è fatto veramente tardi... Harry comincia a scendere, io devo far firmare alcune pergamene al Ministro prima che vada via» gli disse la Mc Grannit.
«Harry, ancora una cosa» lo richiamò inaspettatamente il Ministro quando lui era già fuori dalla porta «Sei sempre certo che la bacchetta sia al sicuro?» gli disse Kingsley fissandolo intensamente.
Harry annuì debolmente con il capo, chiedendosi fino a che punto avesse convinto il ministro che la Bacchetta fosse ben nascosta. Ma il vero problema comunque non era di cosa il Ministro fosse convinto ma dove mettere realmente la Bacchetta.
La Mc Granitt parve accorgersi della sua espressione preoccupata.
«Avrai tempo per pensarci, ora è tempo di far festa, c’è lo smistamento!».
Harry scese le scale assorto nelle sue preoccupazioni: doveva trovare un nascondiglio alla Bacchetta di Sambuco. Per colpa della sua incertezza era stato costretto a mentire a Kingsley per l’ennesima volta. Ma nella sua testa continuavano a vorticare disordinatamente mille pensieri: il ragazzo biondo che lo aveva pedinato e la sua straordinaria somiglianza con Hyde, l’inaspettata imboscata all’Espresso, l’attacco a Diagon Alley, il grattacapo costante della guerra tra Ron ed Hermione e ora anche la crescente frustrazione per come era stato trattato Piton. E pensare che aveva creduto di tornare ad essere, almeno per l’ultimo anno, un semplice studente come gli altri.
Arrivato fuori alla Sala Grande sentì un gran fracasso provenire dall’interno. Si affacciò sbirciando da dietro al portone d’entrata. La maggior parte dei ragazzi erano in piedi e si chiamavano da una parte all’altra della sala facendo una gran confusione. Alcuni di loro mostravano ai propri compagni i lividi che sicuramente si erano procurati durante l’incidente al treno.
Gli studenti americani stavano in piedi raggruppati tutti assieme e continuavano a guardarsi in giro affascinati. Per quanto potessero credersi i migliori in tutto, Hogwarts non poteva che stupire chiunque la vedesse per la prima volta.
Lo sguardo di Harry si fermò sulla tavola degli insegnanti. Hudson Willis, l’ex campione di Quidditch, parlava ininterrottamente gesticolando senza sosta con la Cooman. Sicuramente stava raccontando alla professoressa la disavventura dell’Espresso. Probabilmente di lì a poco la Cooman avrebbe affermato di aver previsto tale sciagura e di presagirne altre peggiori per i tempi a venire. Chissà quanto avrebbe impiegato Willis a capire che la Cooman era un po’ svitata.
Il resto dei professori invece si erano riuniti intorno a Lumacorno assorti probabilmente nella cronaca della stessa storia. Horace, con un bicchiere di vino tra le mani stava mimando quella che sembrava la traiettoria del treno giù per la scarpata e la relativa ripresa. Erano tutti molto presi, sicuramente ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che tornasse a regnare la calma.
Si rese conto che una situazione così favorevole forse non si sarebbe più ripetuta. Erano tutti riuniti in Sala Grande e sopratutto erano tutti distratti. Non immaginava un’altra occasione così propizia, se in quel momento avesse ritardato ancora di qualche minuto il suo ingresso, nessuno si sarebbe accorto di nulla. Doveva prendere una decisione, doveva scegliere il luogo adatto al riposo della Bacchetta di Sambuco, non poteva indugiare oltre. Non doveva bruciare quell’occasione. Tutti i dubbi che aveva avuto fino a quel momento si frantumarono come un muro di cartapesta colpito da un Troll di montagna, dopotutto l’aveva sempre saputo: l’unico posto giusto per la Stecca della Morte era la tomba di Silente.
Improvvisamente sentì delle voci avvicinarsi dall’esterno. Se qualcuno l’avesse visto ora, il suo piano sarebbe saltato sul nascere. Risalì le scale nascondendosi dietro la prima statua che incontrò. Sentì qualcuno uscire dalla Sala Grande e, poco dopo, l’inconfondibile voce di Hagrid: «State buoni! Adesso vi lascio nelle mani del professor Lumacorno ...».
Il mezzogigante era appena arrivato con gli studenti del primo anno e Lumacorno era uscito dalla Sala Grande per accoglierli.
Appena in tempo, pensò Harry. Lumacorno riuscì a zittire i nuovi arrivati e li condusse in una stanza dall’altra parte dell’ingresso per il consueto discorso di benvenuto.
Harry stava per uscire allo scoperto quando sentì dei passi provenire ora dalla direzione opposta. Tornò ad appiattirsi dietro la statua. La preside passò davanti a lui a passo svelto, evidentemente trafelata per essersi attardata troppo con il Ministro.Gli era passata veramente molto vicino. Harry si guardò in giro con attenzione e poi uscì dal suo nascondiglio precipitandosi fuori dal castello.
Era l’idea più scontata, ma la più sicura. Era quasi impossibile che la tomba di marmo bianco venisse profanata nuovamente; quella volta c’era voluto Voldemort stesso più tutti i suoi Mangiamorte per prendere il controllo di Hogwarts e rubare la Bacchetta.
L’aria nel giardino davanti alla scuola era mite e piacevole. Nell’improvviso silenzio si udivano esclusivamente il fruscio delle fronde degli alberi e lo sciabordio delle barche, che avevano portato gli studenti del primo anno, che si stavano già allontanando sulla superficie del lago.
Si incamminò lentamente senza paura di dare nell’occhio, domandandosi come avrebbe dovuto agire. Come avrebbe potuto aprire il sarcofago di pietra? Qualcuno si era preso la briga di aggiungere degli incantesimi protettivi? E sopratutto, cosa avrebbe visto al suo interno? Fu preso dal panico, non aveva preso in considerazione troppe cose. Anche in quel momento i consigli di Silente sarebbero stati utili.
L’inconfondibile rumore di un ramo spezzato ruppe bruscamente il silenzio e la trama dei suoi pensieri. Il rumore proveniva dalla fila di alberi alla sua destra. Rimase immobile con la mano posata sulla bacchetta. Per un attimo gli parve di distinguere persino un’ombra, ma i rami mossi dal vento proiettavano ombre ovunque intorno agli alberi.
Rimase immobile per un paio di minuti, ma non udì altri rumori se non il frusciare del bosco.
Riprese a camminare con maggiore circospezione, desiderando ardentemente di portare a termine quel compito che diventava ogni minuto più sgradito.
Raggiunse infine la bianca tomba di Silente. La sfiorò delicatamente con le dita. Era liscia e fresca e sembrava incoraggiarlo a concludere quella storia.
Portò la mano in tasca per prendere la Bacchetta di Sambuco quando una voce alle sue spalle gli gelò letteralmente il sangue.
«Ragazzo cosa fai lì, dovresti essere in Sala Grande con tutti gli altri!».
Harry si voltò di scatto. Appoggiato al suo bastone, un vecchio mago, puntava la sua bacchetta verso Harry. Era alto quasi due metri, ma talmente ingobbito che i suoi occhi lo fissavano dal basso verso alto. Il viso giallo, chiazzato e rugoso, facevano sembrare la sua testa calva una vecchia mela marcia.
Harry si aggiustò la maglia sui pantaloni cercando nervosamente di nascondere la Bacchetta. Pensava di essere solo, invece c’era qualcun altro che si aggirava nel parco. Ma chi era? E cosa ci faceva vicino alla tomba di Silente proprio in quel preciso istante? Una cosa era certa, se avesse voluto schiantarlo, o peggio, lo avrebbe già fatto perché Harry non l’aveva minimamente sentito avvicinarsi.
«Come ti chiami ragazzo?» continuò l’anziano mago con un insolito accento.
«Io sono Harry... Harry Potter» rispose Harry con la mente in subbuglio alla ricerca di una giustificazione per non essere in Sala Grande con gli altri.
«Oh, certo, la cicatrice...» disse per nulla sorpreso. «Comunque potevi aspettare domani per omaggiare la tomba di Silente».
Gli offriva la spiegazione perfetta. «Ah sì, certo. Solo che avevo voglia di farlo subito ...». «Questo ti fa onore, ma resta il fatto che adesso dovresti essere in Sala Grande». «Vado» disse, «Ma se mi posso permettere... potrei sapere chi è lei?».«Che scortese che sono, mi chiamo Jatturius, ma ora vai» rispose senza ulteriori spiegazioni. Harry cominciò a correre verso la porta d’entrata dannandosi per l’occasione sprecata.
«Non correre ragazzo o ti farai male» gli gridò dietro il vecchio.
«Certo, grazie ...» rispose Harry rallentando il passo e facendogli un cenno con la mano.
Proprio mentre era girato mise il piede in una piccola buca del terreno e si ritrovò con la faccia spiaccicata nell’erba.
«Accidenti!» esclamò rialzandosi e pulendosi le ginocchia dalla terra. Si voltò ma il vecchio mago malfermo e sorretto dal suo bastone non c’era già più.
Jatturius, come diavolo aveva fatto a muoversi così velocemente? pensò Harry, Ma soprattutto cosa diamine faceva lui nel parco di Hogwarts a quell’ora?
Il nome gli era del tutto nuovo, ma, a giudicare dall’aspetto, questa volta non si trattava certamente di un campione di Quidditch. La sua presenza nel parco aveva mandato all’aria il suo piano. Ma si rese conto che il suo non poteva neanche definirsi un piano, aveva agito in modo affrettato e imprudente. Ora che il suo primo tentativo di nascondere la bacchetta era andato in fumo non sapeva quando avrebbe avuto di nuovo un occasione del genere.
Aprendo il grande portone di quercia all’entrata del castello, si voltò dando una rapida occhiata al parco. In lontananza riusciva ancora a distinguere la tomba bianca che sembrava splendere davanti al lago nero e al cielo scuro, illuminato solo da un’infinità di stelle. E pensare che solo quello mattina a Londra diluviava.
La Sala Grande ora era immersa nel silenzio e, come sempre, il soffitto incantato rifletteva la volta celeste sfavillante di stelle. Le innumerevoli candele che galleggiavano a mezz’aria illuminavano i quattro tavoli dove ora tutti gli studenti sedevano ordinatamente.

I loro sguardi erano tutti rivolti verso il tavolo dei professori, ma non erano gli insegnanti che fissavano con tanto interesse, ma i due sgabelli che erano posizionati davanti al loro tavolo.
Su di uno sgabello c’era il Cappello parlante e su quello al suo fianco un vecchio cilindro. Harry, cercando di non farsi notare, si diresse verso il tavolo dei Grifondoro. Per sua fortuna solo due o tre ragazzi si accorsero del suo arrivo squadrandolo con interesse da capo a piedi. Si sedette in fretta tra Ron e Ginny.
«Che cosa ti è successo?» mormorò Ginny togliendoli un po’ di terra dal viso «La McGranitt è arrivata da un pezzo!»
«Ti sei perso anche lo smistamento» aggiunse Ron.
«Ne parliamo dopo... qui piuttosto? Cosa stiamo aspettando? Che ci fa quel cilindro vicino al Cappello Parlante?»
«C’è stato lo smistamento e il cappello parlante ha fatto il solito lavoro con i ragazzi del primo anno. Poi mentre Vitious lo stava portando via il Cappello ha esclamato qualcosa su un altro copricapo che si nascondeva tra di noi, sul farsi vedere...».
«Se non ti fai vedere che intenzioni potrai mai avere? qualcosa del genere mi pare» intervenne Ron.
«Si qualcosa così e a quel punto il cilindro che aveva in testa il professor Willis si è presentato, alla Cooman per poco non gli è preso un colpo! Vitious si è esaltato moltissimo, ha detto che questi oggetti magici sono rarissimi e che gli sarebbe piaciuto ascoltarlo e così Willis ha proposto di farli esibire entrambi, così...».
Ginny non riuscì a terminare la frase perché in quel momento il Cappello parlante inaspettatamente ruppe il silenzio.

«Sono perplesso e assai sospettoso,
non ricordo altri cappelli se vado a ritroso;
Son più di mille anni che fui cucito,
per dar consiglio all’uomo erudito;
Poi in faccia ho visto tanti studenti,
e di ognuno di essi ho letto le menti;
Ora, ti prego, non puoi più tacere,
chi ti donò la parola e per quale volere?».


Gli studenti di Hogwarts esplosero in un tripudio di applausi e grida di incitamento.
In quel momento Harry si accorse che, divisi tra i quattro tavoli, gli studenti americani sedevano silenziosi. Si sporse un po’ in avanti per vedere in quanti sedessero al tavolo di Grifondoro.
Gli occhi glaciali di Bryan Hyde lo trafissero, mentre lui stava sorridendo e giocherellando con un coltello dal fondo del tavolo.
Com’era possibile? Certo se quel giorno a Godric’s Hollow era veramente lui il coraggio non gli mancava, ma era veramente adatto a sedere in quel tavolo? Se fosse dipeso da lui lo avrebbe messo direttamente a Serpeverde! Oltre a lui c’era un’altra decina di ragazzi che, indubbiamente, venivano da oltre oceano.
Dopo alcuni istanti la Preside alzò le mani per calmare gli animi, e non appena tutti fecero silenzio il Cilindro attaccò a sua volta.

«Ma non ti guardi, povera pezza?
Ma quant’è misera la tua stoffa grezza!
Sarai il cappello incantato dai quattro,
ma chi ti indosserebbe ormai, un matto?
Tra queste mura tutta la tua povera vita,
ma non hai visto la terra infinita?
Io ho visto il mondo, lontano e vicino,
Son l’ormai noto Cilindro Canterino».


A quelle parole furono gli studenti americani ad alzarsi e a sforzarsi di fare quanta più confusione fosse possibile. Alcuni ragazzi continuavano a battersi le mani l’un l’altro e ad ancheggiare in strani balletti.
Con loro la McGranitt fu più paziente, attendendo che decidessero da soli di tornare a sedersi.

«Sarai pur noto, giramondo e brillante,
ma in quanto a giudizio non sei costante!
Se non hai mai smistato studenti,
i tuoi giudizi saranno incoscienti.
Se devo dirlo con parole chiare:
tu non sei bravo nemmeno a cantare;
Dei quattro fondatori io sono l’incanto;
tu al più d’un cappellaio matto il vanto!»


Tutti gli studenti di Hogwarts tornarono ad alzarsi per applaudire e incitare il loro caro cappello con ancora più foga. Anche Harry, gettando di tanto in tanto un’occhiata a Bryan Hyde, stava applaudendo fino a spellarsi le mani.
Questa volta il cilindro canterino non attese che la Preside calmasse gli animi e riprese la sua filastrocca gridando così forte da coprire in buona parte quel frastuono.

«A sentir bene sembri più tu il matto,
forse il tuo lavoro s’è troppo protratto;
Quindi dai retta, abbi un po’ di decoro,
non sei più degno per questo lavoro!
Io non son bravo a cantare neppure?
Signor cappello, hai orecchie un po’ dure.
In un momento finiamo l’accordo,
per te questa scuola sarà un sol ricordo!
Cercate l’America sul vostro atlante,
e dite addio al cappello parlante!».


Gli americani tornarono ad alzarsi. Era evidente il tentativo, dato il loro scarso numero, di tentare di strafare. Uno di loro, al tavolo dei Serpeverde, si alzò in piedi sulla panca e fece una capriola all’indietro atterrando però malamente su uno studente di Hogwarts seduto al suo fianco. Lo studente di Serpeverde, appena ripresosi dall’urto, diede uno spintone allo studente americano, nonostante si stesse scusando, mandandolo lungo disteso sul pavimento.
A quel punto altri due studenti americani seduti al tavolo di Corvonero si alzarono a loro volta con le bacchette in pugno pronti a sferrare qualche sortilegio.
Ma in quel preciso istante, dal fondo della Sala Grande, si sentì un forte boato che riecheggiò lungo tutte le pareti inondando tutto il salone. Tutti sobbalzarono colti di sorpresa. La preside Mc Granitt era in piedi con la bacchetta in mano.
«Fermi! Tornate tutti al vostro posto e mettete via le bacchette. Evidentemente i nostri cari “copricapi” con il loro ehm... spettacolo, hanno scaldato troppo gli animi» disse la Mc Granitt accigliata.
«Prego il professor Vitious di riporre il nostro caro Cappello parlante e altrettanto può fare il professor Willis con il suo cilindro. Ringraziamo tutti e due con un bell’applauso “pacifico”!».

Tutti applaudirono svogliatamente guardandosi in cagnesco.
«Dunque, bentrovati a tutti!» disse la Mc Granitt avvicinandosi allo scranno da cui aveva sempre parlato Silente. La luce delle candele si rifletteva sui suoi occhiali.
«In particolare ai nostri ospiti che sono venuti da tanto lontano. È inutile che raccomandi a voi tutti di essere particolarmente gentili e ospitali. Come avrete capito sono stati smistati nelle varie case perché ehm... per problemi tecnici non siamo riusciti a realizzare in tempo un nuovo dormitorio».
Il professor Willis fece una strana smorfia contrariata.
La preside si schiarì la voce e riprese.
«Quest’anno, con onore, assolverò l’incarico di preside e per questo motivo ho dovuto lasciare il ruolo di Direttrice di Grifondoro alla professoressa Sinistra che, ne sono sicura, farà un ottimo lavoro!».
Dal tavolo di Grifondoro si alzò un calorosa applauso e l’insegnate di Astronomia si alzò in piedi e fece un breve inchino di ringraziamento.
Poi la Mc Granitt continuò: «Per lo stesso motivo non potrò nemmeno insegnare come di consueto trasfigurazione. Colgo così l’occasione per presentare uno dei due nuovi professori che quest’anno insegneranno ad Hogwarts, il professor Jatturius Uglick che ha, su mia richiesta, accettato la cattedra di Trasfigurazione».
Risuonò qualche applauso sparso e poco entusiasta.
«Accidenti!» esclamò Harry che ancora non lo aveva notato al tavolo con gli altri insegnanti.
«Conosci quella mummia?» domandò Ron.
«Non proprio, te lo dico dopo... ma da quanto tempo è seduto con gli altri professori?» domando Harry all’orecchio dell’amico.
«Beh da sempre, è arrivato poco prima della Mc Granitt».
«Non è possibile, deve essersi per forza allontanato ad un certo punto!». «No, non mi pare proprio» rispose Ron.
La sbilenca figura di Jatturius sembrava fissare Harry attentamente. Era impossibile che fosse stato sempre in sala grande se pochi minuti prima era fuori con lui alla tomba di Silente, evidentemente si era assentato e Ron non lo aveva notato, concluse Harry.
«Il nostro secondo nuovo professore» riprese la Mc Granitt «che certo ormai conoscerete, è Hudson Willis che occuperà la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure».
L’applauso questa volta fu fragoroso e quasi unanime. Gli studenti americani stavano applaudendo fino a sfinirsi, ma anche gli studenti di Hogwarts, che avevano ormai saputo della sua impresa sull’Espresso, sembravano sinceramente entusiasti. In particolar modo Ron, che era addirittura scattato in piedi. Il professor Willis si alzò con le braccia alzate salutando allegramente tutti i ragazzi. Portava nuovamente ben calcato sulla testa il cilindro incantato, che ora non sembrava diverso da qualsiasi altro normale cappello.
«Come ultima cosa, prima di lasciarvi al piacere del cibo, devo dire due parole sulla controversa questione della composizione delle classi. Come sapete, ci sono molti studenti che l’anno scorso non hanno potuto frequentare la scuola. Questi, naturalmente riprenderanno gli studi da dove sono stati costretti ad interromperli. Tutti gli altri, purtroppo non hanno potuto avere una formazione completa com’è uso di questa scuola, e quindi non hanno potuto sostenere gli esami per accedere alla classe successiva. Tuttavia ...».
La preside non riuscì a finire di parlare che un coro di dissenso si alzò dalla Sala Grande. «Tuttavia, a meno che queste urla non mi facciano cambiare idea,» disse ottenendo un immediato silenzio «in ragione della difficile situazione in cui tutti gli studenti hanno dovuto passare l’ultimo anno e del coraggio che molti di loro hanno dimostrato nel mantenere saldi i valori e i principi di Hogwarts anche in un contesto così avverso, io, insieme a tutti gli altri insegnanti abbiamo deciso dare l’opportunità a tutti coloro che ne avessero voglia, e che durante l’estate si siano impegnati duramente, di effettuare un esame di riparazione sostitutivo nel prossimo mese di ottobre che consenta di accedere all’anno di corso successivo».
Questa volta un boato di ovazioni riempì la Sala Grande a cui la preside rispose con uno sguardo che oscillava tra il compiaciuto e l’arrabbiato.
Harry aveva pensato a molte cose da quando gli era arrivata la lettera per Hogwarts, ma non si era mai reso conto di quanto fosse complicata la faccenda.
«Ancora un attimo ...» riprese la preside cercando di ristabilire il silenzio, «ancora cinque parole: che il banchetto abbia inizio!».
Come sempre fu un banchetto strepitoso. La sala grande rimbombava di chiacchiere, e del tintinnio incessante delle posate.
Harry, pur mangiando con appetito, non vedeva l’ora che finisse la cena per poter parlare con i suoi amici in un luogo tranquillo e decidere insieme una strategia su come riporre la bacchetta di Sambuco nella tomba di Silente. Sicuramente Hermione avrebbe escogitato un buon piano.
«Hai visto tra tanti americani chi hanno mandato a Grifondoro?» disse Ron leccando senza ritegno il fondo del suo piatto d’oro nel tentativo di recuperare le ultime tracce di crema di mirtilli.
«Ho visto... ma chi lo ha deciso?».
«Il Cappello Parlante... chi altri? Devi vedere che faccia hanno fatto quando ha iniziato a parlare! Qualcuno alla fine ha anche applaudito...».
«Non Hyde scommetto!».
«Hyde per poco non veniva smistato, è comparso appena in tempo... pochi minuti prima che arrivassi tu».
«Come? E me lo dici adesso?» esclamò Harry facendosi più vicino all’amico per fissarlo da vicino.
«Non vorrai che ti dica quando Hyde va in bagno o quando si allontana per vedere se gli hanno rubato qualche altra cosa!».
«No certo, solo che è una ben strana coincidenza...».
«Hai visto chi altri abbiamo l’onore di ospitare al nostro tavolo? Quel ragazzino del treno, Daniel Fox» disse Ron indicandolo nel tentativo di cambiare discorso.
«Davvero? Pensavo anche io come Malfoy che sarebbe finito a Serpeverde... be’, comunque se il Cappello Parlante ha deciso così... avrà avuto le sue buone ragioni!» concluse Harry guardandolo mentre chiacchierava animatamente con un altro bambino del primo anno.
Quando gli ultimi bignè e i restanti bocconi di torta furono spariti dai piatti, la Mc Granitt diede il permesso ai prefetti di scortare gli studenti nei relativi dormitori.
Harry, Ron e Ginny si accodarono ai Grifondoro che salivano la scalinata di marmo capitanati da una serissima Hermione che spiegava ai nuovi arrivati come arrivare senza perdersi all’ingresso nascosto della torre di Grifondoro.
Il grande ritratto della signora grassa appena li vide chiese: «Parola d’ordine?»
«Ascoltate tutti, la nuova parola d’ordine è “Cocktail di Cactus”» ripeté più volte Hermione per farlo capire bene alla folla di ragazzi.
«Ma chi le sceglie queste parole d’ordine?» disse al alta voce Hyde facendo sghignazzare il gruppo di americani che sostava compatto alla fine della fila.
Hermione fece finta di non sentire assicurandosi di fare entrare i più piccoli e spiegando loro quale fossero le loro stanze.
Quando anche Harry sorpassò il ritratto, ormai era rimasto fuori solo Bryan che se n’era stato in disparte. Si voltò per vederlo entrare ma, inaspettatamente, la Signora Grassa aveva richiuso il passaggio!
Si sentì la voce di Hyde da fuori.
«Hey, che scherzo è questo? Fammi entrare!».
«Parola d’ordine» rispose la signora dal ritratto con tono neutro.
«Oh, che sciocchezze! E va bene “Cocktail di Cactus”».
«Sbagliato».
«Ma come? Un attimo fa era quella!».
«Mi pareva di aver capito che non fosse di tuo gradimento così l’ho cambiata!».
«Che cosa?».
Harry si allontanò sghignazzando e raggiunse Hermione lasciando la Signora Grassa a vedersela con l’americano.
«Sei bravissima! Hai visto la faccia dei più piccoli quando gli hai detto che alle scale di Hogwarts piace cambiare?».
«Già, sembra ieri quando l’hanno detto a noi... comunque Harry volevo avvisarti che ho la lista che mi ha dato il professor Willis con la disposizione dei posti letto degli americani... beh... avete Hyde in camera con voi!».
«In camera con noi?! Tra tante stanze... proprio la nostra! E adesso chi lo dice a Ron? Un’altra strana coincidenza in cui centra quel Bryan...,» poi abbassò il tono, «Senti Hermione, io devo parlarti di alcune cose ...».
«Non ora Harry, mi dispiace ho ancora un mucchio di cose da fare, puoi aspettare fino a domani?» poi lasciando Harry gridò «HEY, DANIEL! Cosa stai facendo? Guarda che ti tengo d’occhio ...».
Harry si arrese. L’amica quella sera non gli avrebbe dato retta e anche lui in fondo, stanco com’era, non desiderava altro che sdraiarsi nel proprio letto a baldacchino nella sua familiare stanza rotonda.
«Ok Hermione ne parliamo domani» disse salutandola mentre saliva la scala a chiocciola respirando nuovamente aria di casa.
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kinderangie

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 10 - Il Primo Tentativo   Capitolo 10 - Il Primo Tentativo EmptyDom Nov 21 2010, 15:38

Questo capitolo è decisamente migliore.
Non ho notato grosse incongruenze, però Mc Granitt è scritto quasi sempre staccato.
Moltissimi nomi di cose magiche sono scritti in minuscolo(cappello parlante, sala grande e altri)
In fondo ci sono un paio di ripetizioni:
Citazione :
Dal tavolo di Grifondoro si alzò un calorosa applauso e l’insegnate di Astronomia si alzò in piedi e fece un breve inchino di ringraziamento

e nella frase dopo si parla di Uglick insegnante di Trasfigurazioni (viene ripetuto Trasfigurazioni) due volte...

Infine in fondo c'è un discorso diretto:
Citazione :
Il grande ritratto della signora grassa appena li vide chiese: «Parola d’ordine?»

Citazione :
Un'altra strana coincidenza in cui centra quel Bryan
o si usa c'entra (entrarci) o si usa in cui è coinvolto
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fedora

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 10 - Il Primo Tentativo   Capitolo 10 - Il Primo Tentativo EmptyDom Dic 05 2010, 20:27

mi associo a Kinderangie aggiungendo che ci sono un pò di errori di battitura
es.

butti eventi
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Buffy Anne Summers

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 10 - Il Primo Tentativo   Capitolo 10 - Il Primo Tentativo EmptyGio Gen 13 2011, 21:25

Molto bello questo capitolo... mi è piaciuto un sacco! ^^ Complimenti
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HermioneGranger

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MessaggioTitolo: Eh sì...   Capitolo 10 - Il Primo Tentativo EmptyDom Gen 29 2012, 11:34

Questo capitolo è forse uno dei più belli che ho letto Surprised
Brava/o, a parte qualche errore di battiture, ma non fa niente Very Happy
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