Capitolo 30 (Senza titolo): introduzione

Le condizioni di Ron erano stazionarie. Stava dormendo e non aveva molto senso restare lì solo per guardarlo. Hermione stava accarezzando lievemente la fronte del ragazzo; Harry accennò un colpo di tosse: lei girò lo sguardo verso di lui e Ginny, che le fecero cenno di seguirla. Andarono nella camera di Ginny e si accomodarono tra letto e scrivania. Harry le stava incollato, aveva bisogno del contatto con lei, era come un balsamo dopo tutte le emozioni di quelle ultime ventiquattro ore.
Cominciò, senza che glielo chiedessero, a raccontare nei dettagli ciò che già aveva accennato nel biglietto, e poi aggiunse particolari meglio che potè sul luogo dove avevano tenuto prigioniero Ron e soprattutto su come l’avevano liberato. Parlò loro della doppiezza del professore, dei suoi dubbi, e per ultimo riferì del patronus di Aberforth.
«Quindi adesso io vado e vi faccio sapere, d’accordo?» concluse, alzandosi e cercando di raggiungere la porta.
«Harry, non puoi pensare di andare da Aberforth adesso» lo ammonì severa Ginny, tirandolo per il braccio e costringendolo a sedersi nuovamente. «Da quello che ci racconti, Ron non è in sé e non sappiamo come potrebbe reagire quando si sveglierà. Mamma avrà bisogno di te!».
«Ci sono Kingsley e tuo padre …» tentò di rispondere, ma Hermione lo interruppe.
«Harry, innanzitutto devi parlare con Kingsley, deve sapere quello che stai dicendo a noi, e prima possibile. Poi io sono d’accordo con Ginny: tu eri l’unico presente durante la sua liberazione, non sappiamo cosa potrebbe dire o fare e sarei davvero più tranquilla se restassi qui. Possiamo chiedere ad Aberforth di venire alla Tana, sono sicura che capirà, vista la situazione. Cosa ne pensi?».
«Ma …».
Una sonora bussata interruppe il tentativo di Harry di convincere le due ragazze. Alla soglia si affacciò il Ministro, che gli fece cenno di seguirlo con aria molto più da capo che da amico.
«Manda tu un messaggio ad Aberforth, d’accordo? Digli che lo aspetto qui» si arrese, rivolto ad Hermione. Poi si alzò e seguì il mago nel salotto, dove li aspettava il signor Weasley, seduto sulla vecchia e consunta poltrona di chintz di fronte al caminetto spento. La casa recava i segni dell’imminente primavera. Qualche vasetto di marmellata sul davanzale conteneva dei fiorellini lilla e bianchi, e la signora Weasley sembrava aver lavato tutte le tende e le lenzuola della casa, che svolazzavano in giardino, stese sui fili che si potevano intravedere dalla finestra. Forse si era data alle grandi pulizie per non pensare al figlio scomparso e, nonostante lo schiacciante senso di colpa che lo attanagliava, fu contento di essere riuscito a ritrovarlo.
Il Ministro si piazzò in piedi dando le spalle al caminetto, e invitò Harry a sedersi su una semplice sedia di legno con i braccioli. Subì uno spiacevole interrogatorio e per un attimo gli sembrò di essere tornato dinanzi al Wizengamot. Disse a Kingsley tutto quello che sapeva, e parlò loro anche della strana ricomparsa del professor Uglick, della teoria che Hawaii fosse una spia di Willis e di tutto il resto. Avrebbe voluto omettere la parte della Bacchetta, perché raccontare dell’incantesimo avrebbe significato svelare che era colpa sua, ancora una volta, se il mondo magico era in pericolo, perché lui aveva deciso di non distruggerla e non l’aveva rimessa a posto; sapeva che Kingsley non era uno stupido, però, e quindi vuotò il sacco anche su tutta la faccenda dell’incantesimo.
«Mi stai dicendo che questa storia dei Doni non è ancora conclusa?» chiese il Ministro cercando di schiarirsi le idee.
«No» ammise Harry con molta riluttanza. Avrebbe voluto che solo i suoi amici fossero al corrente di quel segreto, ma ormai non era più possibile nascondersi.
«Come puoi averlo permesso?» chiese il signor Weasley, sgranando gli occhi. Harry non riusciva a capire se i due maghi provassero più stupore o più rabbia per il fatto che aveva loro taciuto quelle importanti informazioni fino a quel momento. Non si sentiva molto benvoluto.
«La situazione mi è sfuggita di mano, ma non avrei mai pensato che potesse succedere. Io possiedo tutti e tre i doni, ma non li ho con me materialmente, a parte il Mantello di mio padre. La Pietra della Resurrezione mi è caduta quando… beh, quando mi sono consegnato a Voldemort». Si fermò un attimo. Il ricordo della sua passeggiata a sangue freddo nella Foresta era ancora vivido e a tratti si chiedeva ancora se sarebbe riuscito a compiere la sua missione senza l’aiuto della Pietra, senza la presenza dei suoi genitori e dei suoi amici. Continuò: «Quel mago ha detto a Uglick che l’hanno trovata, ma non lo ritengo possibile. Io stesso non saprei ritrovarla in quel posto. E non posso immaginare come possano esserci riusciti loro!» disse stringendosi la testa tra le mani.
«E’ nella Foresta Proibita ad Hogwarts, dunque? Non dev’essere stato proprio uno scherzo ma se teniamo conto dei loro poteri… tutto può essere. Dicci dove è esattamente e manderò qualcuno a cercarla» lo incalzò Kingsley, con tono pratico.
«Non posso dirtelo, mi dispiace» si costrinse a rispondere. «Lo so solo io, ed è meglio che la cosa rimanga così» disse, cercando di apparire convincente e autoritario. «Harry… è con noi che stai parlando. Credo che il tempo dei segreti sia finito» intervenne il signor Weasley. «Sai che non sei mai stato un abile occlumante, e quanto credi che ci metteremmo a scoprire tutto quello che sai utilizzando un buon incantesimo?».
Harry avvampò di vergogna. Stava già per aprire la bocca per rispondere, ma il signor Weasley alzò la mano e continuò: «Noi però ti rispettiamo, sappiamo che sei un grande mago e quindi ci aspettiamo che dimostri di essere anche maturo, una buona volta, e che tu ci dica tutto». Sembrava spazientito e Harry non potè dargli torto.
«D’accordo, allora. Mi è caduta al limitare della radura dove si assiepano i discendenti di Aragog. Buona fortuna, e se la trovate, fatemi un fischio!» aggiunse con una punta di sarcasmo. Riuscì a percepire appena un lampo di preoccupazione nel volto dei due maghi ma forse era solo un’impressione. Poi, improvvisamente, come se avesse avuto una rivelazione, capì e strinse i braccioli della sedia fino a farsi sbiancare le nocche. Kingsley mise mano alla Bacchetta, guardandosi intorno, pensando che stesse per accadere qualcosa, ma Harry esclamò: «Ecco cosa cercavano!». Arthur ed il Ministro lo guardarono allibiti. Harry si rese conto dello sconcerto che aveva creato e, sebbene fosse agitato, si impose di esporre con calma quello che aveva intuito.
«Ricordate il primo attacco alla scuola? Quello di settembre durante la prima apparizione di Minami?». I due uomini annuirono.
«Bene. Mentre eravamo sul tetto della scuola, in mezzo a tutto quel finimondo, abbiamo visto un grande bagliore, e mi è sembrato di vedere due sagome nel parco, separate dagli altri. Forse stavano cercando di entrare nella Foresta Proibita senza essere intercettati». Harry tacque qualche secondo, poi riprese: «Ci eravamo chiesti molte volte a cos’era servito quell’attacco. E se la loro presenza in Presidenza fosse stato un diversivo?».
Kingsley si rabbuiò e insistette. «Harry, se non vuoi mandare qualcuno di noi, è necessario che tu ti rechi lì con una scorta del Ministero. Devi trovare la Pietra,o almeno tentare. Non possiamo rimanere con questo dubbio. E soprattutto... la Bacchetta? Harry… so che hai sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi, ma credo ti debba rendere conto che questi nemici conoscono magie a noi sconosciute. E come abbiamo appena detto, potrebbero scoprire facilmente dove l’hai nascosta».
Tormentandosi le mani Harry stava già per svelare il segreto di Aberforth e Ariana quando si accorse di uno strano movimento con la coda dell’occhio. Hermione faceva capolino da una porta, la bacchetta stretta in pugno, il dito indice della mano sinistra sulle labbra per segnalargli di far finta di nulla. Fu come se l’aria si fosse increspata per un attimo e capì: l’amica stava gettando un incantesimo Confundus sui due maghi nel tentativo di risparmiargli di raccontare dell’ultimo Dono, quello più pericoloso.
Kingsley e il signor Weasley parvero per un attimo distratti – come se fossero stati baciati da Fleur in persona – e poi scossero il capo.
«Voglio fidarmi di te, Harry» disse Kingsley battendogli una mano sulla spalla. «Ormai sei un adulto, e se dici che è al sicuro, lo è. Adesso scusatemi ma devo tornare al Ministero, devo informarli dei piani dei nemici. Arthur, per qualsiasi problema con Ron, chiama e saremo subito qui con una squadra del San Mungo».
Il signor Weasley, ancora un po’ stordito si alzò e uscì ad accompagnare il Ministro senza degnare Harry di uno sguardo. Harry non perse tempo e si dileguò, raggiungendo Hermione sulla soglia e guardandola grato.
«Per fortuna sono riuscita a lanciare l’incantesimo senza farmi vedere. E poi come si dice? Occhio per occhio… loro avrebbero stregato te e io ho restituito la moneta! Vieni. Ho mandato un patronus ad Aberforth, dicendogli che siamo qui ad aspettarlo. Non possiamo fare molto altro, non credi? Adesso però tocca a me e a Ginny parlare. C’è la questione del diario di Ignotus da affrontare, e credo proprio di aver avuto un’idea» gli disse l’amica come al solito senza prendere fiato prima che lui potesse fare domande e lui la seguì su per le scale, di nuovo nella stanza di Ginny.
Una volta entrati trovarono Ginny che apparecchiava la sua scrivania sulla quale era posato un grande vassoio carico di panini, due caraffe di succo di zucca, e qualche fetta di torta di mele dall’aria depressa.
«Mentre parlavate ho pensato di rendermi utile. A stomaco pieno si ragiona meglio no?» gli disse la ragazza porgendogli un panino. Mangiarono per qualche minuto in silenzio, osservando gli uccellini che facevano il nido sull’albero di fronte alla finestra della camera e ascoltando il loro cinguettio intervallato dalle imprecazioni degli gnomi da giardino che evidentemente stavano cercando vermi senza successo.
Mentre Harry tracannava il succo di zucca, Hermione si pulì la bocca con un tovagliolo e si mise a rovistare nella sua borsa, dalla quale trasse il Diario. Si sedette accanto a lui e glielo porse. Harry la guardò interrogativo e lei iniziò ...