Il Fuoco e la Pioggia

Il Fuoco e la Pioggia

*

Uscito silenziosamente dalla porta si incamminò per quella stradina fin troppo conosciuta. Camminava al centro della carreggiata: era troppo presto per preoccuparsi delle automobili. Era solo ed aveva come unica compagnia la sua ombra che proiettata dai lampioni, lo superava in corsa per poi sparire di colpo alle sue spalle. Gli sembrava di tradire i suoi amici: Hyde ancora dormiva nella vecchia camera di Dudley, Draco era tornato a Godric’s Hollow per recuperare il ricordo del padre, Hermione e Ginny erano al sicuro tra le quattro mura di Hogwarts, ed ognuno di loro era ignaro del pericolo verso il quale li stava tutti portando. Aveva dovuto mentire. Prima di tutto a se stesso. Aveva riflettuto sino a spremersi le meningi, ogni notte, senza venirne a capo. Ogni tentativo di rintracciare la Setta era stato vano ed ora si ritrovava a non avere scelta. Non poteva rischiare la vita del suo migliore amico. Continuò a camminare per Privet Drive. Si voltò istintivamente verso il garage del numero due dove aveva visto per la prima volta il padrino: Sirius non avrebbe mai approvato la sua decisione, sarebbe morto pur di non scendere a patti con loro. Proseguì meccanicamente sin quando non arrivò all’altezza del piccolo parco giochi che si trovava alla fine della strada. Da lì non poteva vederlo nessuno. Fece un profondo respiro.
«Scusatemi. Scusatemi tutti» era sincero. Le sue parole si persero nella notte mentre si lasciava alle spalle con un CRACK quel mondo babbano dove era stato costretto a vivere per tutta la sua infanzia.
Quando poggiò nuovamente i piedi per terra si trovava a Notturn Alley: le scure botteghe erano ancora chiuse e non vi era alcuna luce se non il debolissimo chiarore dell’aurora che appena era distinguibile sopra i tetti. L’unico rumore era quello dei suoi passi sul selciato umido: i loschi affari che si compivano ogni giorno tra quei vicoli sarebbero presto cominciati, ma per il momento le strade erano completamente deserte. Priva di vita era anche Diagon Alley: Harry a stento riusciva a riconoscere quel luogo dove era stato tantissime volte senza la solita folla di maghi intenti nelle loro faccende. I negozi erano tutti chiusi ed i disegni sulle insegne e sulle vetrine si muovevano pigramente come se fossero assonnati. Si diresse verso la Gringott. Il messaggio non indicava un punto preciso. Riprese in mano il pezzo di pergamena e come lo aprì le macchie scure di inchiostro di cui era cosparso si riordinarono per formare una serie di frasi:

Lo faceva per lui. Non poteva rischiare di perdere un altro amico. Nonostante questo mettesse nuovamente a rischio l’intera società magica. Avrebbe trovato una soluzione in seguito. Se la sarebbero cavata come in ogni occasione.
In quel momento le nuvole che ricoprivano il cielo si scostarono tanto da far apparire un raggio di sole che da sopra il muro in mattoni del cortile del Paiolo Magico fece risplendere le bianche colonne della Gringott e la scalinata sulla quale poggiavano, inondando di una luce rossastra l’intera stradina. Quello spettacolo durò solo per un attimo. Subito il cielo si richiuse e Diagon Alley sprofondò nella solita oscurità grigiastra.
Ripose il biglietto nella tasca e si mise a scrutare la via in ogni direzione. Sembrava non ci fosse nessuno: controllava ogni vicolo con lo sguardo e stava attento ad ogni rumore, ma tutto ciò che poteva sentire era il cigolio delle insegne che si muovevano per il vento. Senti una fredda goccia cadere sul suo viso, poi due, seguite da molte altre. La pioggia cadeva lenta ma inesorabile, aumentando di tanto in tanto la sua intensità.
In soli pochi minuti Harry era completamente fradicio: il ragazzo non osava però muoversi. Non poteva abbandonare il suo amico. Cosa sarebbe successo se non si fossero fatti vedere? Che ne sarebbe stato di Ron? L’orrore lo attanagliava. Aveva per la prima volta paura. Che avessero trovato un altro modo per compiere i loro piani senza usare la Bacchetta? A quel punto Ron non gli sarebbe più servito.
All’improvviso notò uno strano movimento accanto al Serraglio Stregato. Dal vialetto che conduceva al retrobottega usciva una sottile cortina di fumo che, mista alla pioggia che si faceva più fitta, gli impediva di vedere chiaramente cosa stesse accadendo. Strizzando meglio gli occhi riuscì a scorgere due sagome che, scure e lente, si dirigevano nella sua direzione.
Ci siamo, pensò.
Le due figure ammantate di nero si fermarono a pochi metri da lui. Poi una, con fare disinvolto, gli si avvicinò e mostrò il proprio volto da sotto il cappuccio. Il ragazzo riconobbe istantaneamente il mago che gli si parava davanti. L’aveva già visto, ma mai di persona. I suoi occhi grigi e freddi come il ghiaccio ricolmi di eccitazione erano inconfondibili.
«Signor Potter, è un onore conoscerla dopo aver tanto sentito parlare di lei. Ho sempre desiderato che le nostre strade si incrociassero un giorno…» il giovane mago mostrava un sorriso divertito.
«Despero…».
«Vedo che non sono necessarie delle presentazioni. Immagino tu abbia letto il mio nome nel breve messaggio che ti abbiamo lasciato… O magari hai già sentito parlare di me?».
La domanda era visibilmente retorica. Sapeva bene che avevano visto il ricordo della morte del padre di Draco al Maniero di Ignotus Peverell.
«Che ne avete fatto di Ron? Dove si trova?» chiese Harry diretto senza stare al gioco del mago oscuro.
«Calma ragazzo. Il tuo amico ci raggiungerà a breve. Non appena avremo ciò che ci spetta di diritto».
«Ho portato la Bacchetta come mi avete chiesto. Non ve la consegnerò sino a quando non avrò la prova che Ron stia bene».
«Sei di quei tipi “se non vedo, non credo”. Bene!» poi si rivolse al mago che era rimasto in silenzio dietro di lui «Fai venire il ragazzo».
Il mago incappucciato tirò fuori la sua bacchetta e l’agitò in aria. Un suono freddo ed inumano proveniva da sotto il cappuccio mentre il mago pronunciava sottovoce l’incantesimo. Era la stessa voce che aveva sentito sul Lago. Ricordava bene il suo ritmo cantilenante ed il suo timbro stridente, come non riusciva a cancellare dalla mente il ricordo della sua sagoma scura che lo teneva paralizzato ed ispezionava i suoi vestiti in cerca della Bacchetta.
Finito l’incantesimo il mago si girò nella sua direzione e si intravide un sorriso compiaciuto da sotto il cappuccio nero. Di colpo una figura apparve sul selciato davanti alla bottega di Madama McClan: la pioggia forte impediva di distinguerne con precisione i lineamenti, ma Harry riuscì immediatamente a riconoscere in quel corpo inerme il suo amico. Sembrava svenuto, la sua divisa scolastica era logora e lacerata nei punti dove veniva a contatto con la spessa catena che lo attanagliava ed il suo volto sembrava coperto di scuri lividi. Era stato picchiato e torturato.
Se avesse ceduto prima, probabilmente Ron non sarebbe stato in quelle condizioni. Non avrebbe mai dovuto permettere che gli venisse fatto del male.
«Ed ora veniamo a noi».
In quel momento un lampo di luce si schiantò a pochi metri da lui, come respinto da una barriera invisibile.
«Potter, mi pareva di essere stato chiaro. Non avresti dovuto portare con te nessun amichetto» disse il mago in tono di rimprovero.
Harry si voltò nella direzione dalla quale era stato scagliato l’incantesimo e vide Hyde. La sua bacchetta era puntata contro Despero.
«Che vorresti fare stupido americano? Non puoi fare niente da solo» rispose Despero con una risata.
«Infatti non sono solo. Ho chiamato i rinforzi». Detto questo apparve Draco accanto a lui, ed anche il ragazzo biondo, come l’americano, teneva la sua bacchetta puntata contro i due maghi.
Harry cercò di sfruttare il momento di esitazione, dovuto alla comparsa dei suoi amici per provare a liberare Ron, ma fatti solo due passi venne immobilizzato da un incantesimo dell’altro mago. Si ritrovava sospeso a qualche centimetro da terra senza riuscire a muovere un muscolo: il fumo nero che era scaturito dalla sua bacchetta lo stringeva come una delle grosse catene che bloccavano il suo amico.
«Non puoi sfuggirci ragazzo» l’uomo che l’aveva colpito gli si avvicinò e lo afferrò per il collo. La sua mano sembrava perfettamente normale, mentre per quello che riusciva a vedere da sotto il cappuccio, il suo volto aveva ben poco di umano. I suoi occhi brillanti come carboni ardenti gli impedivano di distogliere lo sguardo e di concentrarsi sul viso, che appariva completamente in ombra.
«Dov’è la Bacchetta?» disse la voce fredda mentre una mano gli ispezionava le tasche.
No no no!
Dopo qualche secondo il mago sorrise e la sua mano smise si muoversi estraendo dalla tasca interna del suo cappotto la Bacchetta di Sambuco.
«Finalmente nelle nostre mani!».
«Non potrete usarla! Non è nient’altro che una semplice bacchetta con la persona sbagliata!» gli urlò contro Harry con tutte le sue forze.
«Non preoccuparti Potter. Sappiamo perfettamente quel che facciamo».
In quel momento si materializzò una decina di figure sulla scalinata della Banca dei Maghi, pochi metri dietro il punto dove Hyde e Draco si scontravano con Despero. Era appena arrivata l’intera squadra Auror.
Il mago rise «Non ti muovere mi raccomando… e goditi lo spettacolo!».
Harry era completamente immobilizzato. Non riusciva a fare altro che assistere impotente alla scena: Ron immobile a pochi passi da lui apparentemente svenuto, Hyde e Draco, i suoi nuovi amici e compagni di viaggio, che cercavano di schiantare il capo della setta che evitava i loro incantesimi divertito, e l’intera squadra che tentava di infrangere la barriera magica che li manteneva fuori dallo scontro, il tutto mentre lui si trovava inerme a levitare in disparte rispetto alla battaglia.
Nel cielo, colpito ripetutamente dagli incantesimi degli Auror, si formò una crepa, che si allargava sempre più sino ad esplodere in un boato: l’intera barriera gli si infranse addosso come una pioggia di leggeri frammenti di pergamena.
Quando Harry riaprì gli occhi vide che il mago che l’aveva immobilizzato aveva la bacchetta puntata verso il suolo dalla quale scaturiva uno spesso strato di fumo. In pochissimo tempo l’intera Diagon Alley si ritrovò invasa dalla nera foschia che arrivava addirittura a sfiorare le suole delle sue scarpe. Udì delle grida provenire dal centro della scena. Delle volute scure avevano intrappolato Draco ed alcuni degli Auror che erano venuti in loro soccorso: Dawlish cercava di liberarsi dal tentacolo che gli aveva afferrato il braccio sinistro, Adolph e Amanda Gray invece lottavano contro i due maghi della setta a pochi passi da Wilkinson che, completamente intrappolato, cercava di togliersi di dosso i tentacoli che gli bloccavano gambe e braccia.
«Lumos Maxima!» Il fumo che si trovava intorno ad Hyde e Draco si dissolse al contatto con la luce proveniente dalla bacchetta dell’americano, ma poco dopo i due furono di nuovo sommersi dagli scuri tentacoli che fuoriuscivano dal mare di nebbia.
«Non è sufficiente, ragazzo. Non stavolta» Despero rideva mentre osservava Bryan con la coda dell’occhio. Uno schiantesimo gli passò a pochi centimetri dal volto.
«Notevole per una signora. Dovrebbe però migliorare la sua mira» Sembrava che non si fosse mai divertito tanto come in quello scontro.
Nel mentre una voluta di fumo si era staccata dal suolo e serpeggiava rapida sulle vetrine del Ghirigoro in direzione di Adolph Gray.
«ATTENTO!» l’urlo di Harry non fu sufficiente per richiamare l’attenzione del mago che colpito alle spalle dall’incantesimo, sparì nella nebbia che si trovava alla base del negozio.
Dawlish, che nel mentre era riuscito a liberarsi, lanciò uno schiantesimo in direzione dell’altro mago. Questo lo respinse ed una miriade di lampi rossi si infransero in tutte le direzioni facendo esplodere i vetri dei negozi che li circondavano.
«È il momento di porre fine a questa stupida pagliacciata!» Despero puntò la propria bacchetta verso il cielo e dalla sua punta scaturì un lampo nero che oscurò per un istante il grigio cielo mattutino. Dal nulla spuntarono fuori altri cinque o sei maghi incappucciati che si unirono alla battaglia sovrastando in numero gli Auror rimasti in piedi.
Una delle scure figure iniziò a duellare con Griffiths: dei vortici di fiamme scaturivano dalla punta della sua bacchetta. L’Auror per ripararsi si nascose all’interno di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch. Le scope e gli scafali che erano stipati all’interno del negozio presero fuoco immediatamente al primo contatto con le fiamme.
Riescono a controllare l’Ardemonio. Harry era incredulo.
In pochi secondi l’intero negozio era completamente invaso dalle fiamme: Griffiths fece giusto in tempo a buttarsi fuori da una vetrata prima che il fuoco gli ostruisse la via di fuga.
Con la coda dell’occhio riuscì a notare Cassandra Marshall mentre si trasformava in falco per dirigersi nella sua direzione, passando in volo lontano dalle volute di fumo e dal fuoco che cercavano di intrappolarla.
«Tutto bene Harry?» Gli chiese quando si trovò ritrasformata dietro di lui.
«Si… Dobbiamo liberare Ron». Con un incantesimo la ragazza riuscì a spezzare le scure catene che tenevano imprigionato Harry e poi si diressero verso il suo amico che si trovava a pochi passi da loro.
«Non crederai davvero che te lo lasceremo portare via così! Non hai rispettato il patto.» Un Despero euforico osservava i loro movimenti dall’altro lato della stradina.
«La battaglia finisce qui!» il mago lanciò un lampo dorato che rapido si dirigeva verso di loro. Harry non aveva idea di come evitarlo. Si lanciarono a terra sperando che l’incantesimo li superasse per colpire la vetrina di Madama McClan, ma di colpo il raggio di luce cambiò direzione per colpire in pieno la figura del suo amico.
«RON!».
Ci fu un'esplosione ed Harry e Cassandra furono scaraventati all’indietro verso la Gringott. L’unica cosa che sentì prima di svenire fu un forte dolore alla testa quando il suo corpo atterrò sui bianchi gradini in marmo della Banca.

Continua...

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