La competizione mi piace e visto che sono stati postati diversi testi...
Premetto, forse è un'idea strana, paradossale o complicata ma...mi piaceva postarla!
La pioggia di Whitechapel
Iniziò a sentire piccoli colpetti delicati sulla testa e le spalle, così fu istintivamente portato a guardare verso l'alto. Vide grosse nuvole di colore grigio scuro avanzare minacciose e realizzò che stava iniziando a piovere. Esse sembravano mirare proprio quella stradina del quartiere di Whitechapel. Ancora non riusciva a capire perchè si trovasse proprio nel cuore dell'East End.
“Allora è vero che gli americani sono dei perfezionisti! Vogliono organizzare tutto per bene!” esclamò inorridito un uomo che stava camminando sul marciapiede destro della strada. Era un signore abbastanza alto, con spalle molto larghe, accentuate forse anche dal grosso e lungo cappotto fumo di Londra che indossava. Harry riusciva a vederlo solo di spalle, ma il suo portamento e il suo modo di camminare non davano alcun segno di fastidio o sofferenza per l’acqua che gli bagnava la schiena e la testa. Oltre al lungo cappotto, fu attirato da un bastone nero da passeggio tenuto ben saldo nella mano destra. Non vi si stava appoggiando, era probabilmente usato solo come ornamento. Infatti l'uomo lo stringeva grossomodo a metà e ciò ne rendeva ben visibile la testa. Dalla sua posizione Harry non riusciva a scorgerne la decorazione, ma dal colore gli sembrò essere d' avorio. L’uomo faceva oscillare il bastone con movimenti costanti che sembravano quelli di un pendolo per la loro regolarità. Per qualche secondo Harry si fece trascinare da quel movimento quasi ipnotico.
La pioggia intanto era diventata molto più fitta. Si stava facendo trasportare a tal punto da iniziare a muovere gli occhi e la testa con quel ritmo, ma d’improvviso, come svegliandosi dall'ipnosi, scostò il suo sguardo sull'altra mano. Gli era parso di vederla muoversi. E infatti vide che l’uomo l’aveva aperta. Nella stretta si intravedeva un piccolo pezzo di carta appallottolato. Inevitabilmente Harry immaginò che vi fosse una connessione tra la frase che aveva ascoltato e ciò che l’uomo teneva nella mano. Quest’ultimo quindi si lasciò cadere alle spalle la pallina di carta senza smettere di camminare in avanti col suo passo abbastanza spedito.
Il giovane Auror fu istintivamente attratto da quel gesto. Infatti lo aveva convinto che la sua supposizione fosse più che probabile. D’altronde l’unico modo per provarlo era quello di recuperare il foglietto, così decise di avvicinarsi per poterlo raccogliere.
La pioggia intanto stava intensificandosi notevolmente. Doveva sbrigarsi e sperare di riuscire a prenderlo prima che tutta quell’acqua rovinasse troppo la carta.
Non era molto lontano, ma la corsa gli sembrò avere una durata eterna e fu oltremodo faticosa. Oltretutto non era ben coperto e sentiva le gelide gocce di pioggia infrangersi violentemente contro la sua schiena, provocandogli ora un sussulto, ora un freddo brivido. Correva leggermente piegato in avanti, come se questo potesse impedirgli di bagnarsi.
Non c’era anima viva per le strade di Whitechapel, o almeno la sensazione era quella. Gli sembrò che i suoi passi e lo scrosciare della pioggia fossero gli unici rumori che si potessero udire nelle vie di quel particolare e famoso quartiere nella periferia di Londra.
La frase dell’uomo lo aveva alquanto incuriosito. Da quando aveva lasciato Hogwarts, non aveva più avuto alcuna notizia riguardante gli americani. In realtà non aveva avuto più molte notizie riguardanti tutto il mondo magico. Con ogni probabilità quel distinto signore apparteneva alla comunità magica e quel biglietto poteva contenere informazioni preziose sulle prossime mosse del Ministero della Magia americano. Sapeva che il ministro non avrebbe taciuto dopo le recenti decisioni molto criticare prese da Kingsley Shacklebolt per reagire a ciò che stava succedendo. Gli americani reputavano che la situazione inglese fosse ancora in ripresa e non perfettamente stabile cos’, sospettava che oltreoceano si stesse prendendo una decisione che avrebbe certamente influito non poco sulla situazione attuale dell’Inghilterra magica.
Correva ininterrottamente guardando quel biglietto. Era molto vicino. Usare l’incantesimo di appello sarebbe stato utile, ma c’era il rischio che qualcuno lo vedesse. Si trovava pur sempre nella Londra babbana.
Finalmente raggiunse la pallottola di carta. Era molto bagnata così il primo pensiero di Harry fu quello di stringerla forte nella mano. La considerava molto preziosa. Ora che aveva dovuto lasciare la scuola di Hogwarts, non aveva più contatti col Ministero o con altri maghi, e si era separato anche da Ron e da Hermione, avrebbe difeso a qualunque costo qualsiasi cosa potesse fargli avere notizie del mondo magico.
Si ritrovò così al centro di quella strada. Era nel cuore dell’East End, posti che non aveva mai frequentato e che avevano avuto per lungo tempo la fama di posti pericolosi dove si erano verificati inspiegabili e innumerevoli delitti. Ma, malgrado tutto ciò, probabilmente erano tra i più sicuri al momento. In effetti erano diversi dalle immagini che ne vengono diffuse. Non erano né più né meno che normali centri abitati con villette a schiera e strade principali dalle quali poi si potevano imboccare vicoli più piccoli e viali privati.
Ricominciò a correre avanti, verso l’ignoto, pronto a rifugiarsi in qualunque posto possibile, purché potesse mettersi al riparo dalla pioggia, ma soprattutto per tenere al sicuro e leggere quel pezzo di carta.
Infatti, malgrado la tentazione di fosse forte, realizzò che avrebbe potuto danneggiarlo molto più di quanto già lo fosse se lo avesse tirato fuori dalla sua salda stretta sotto quell’acquazzone.
Correva lungo la strada con lo sguardo rivolto verso in basso, completamente senza meta. Ebbe la sensazione di iniziare a sudare per la fatica e l’idea di non sapere dove si stesse dirigendo non lo allietava per niente. Chissà quanto ancora avrebbe dovuto camminare senza trovare un riparo.
La pioggia imperversava sempre più e iniziarono a farsi sentire anche dei tuoni. Harry non riusciva più a capire se fosse bagnato più per la pioggia o per la fatica. Non avvertiva più né caldo né freddo, solo una sensazione di smarrimento, di inquietudine. Era spinto dalla volontà di trovare un posto al caldo e al coperto, anche solo per sedersi un minuto. Ma la stanchezza iniziava a farsi sentire nei muscoli delle gambe, e sapeva che avrebbe ceduto di lì a poco.
Iniziava a essere davvero esausto, e la pioggia non gli rendeva certo le cose semplici.
Ad un tratto avertì un rumore. Proveniva dalla sua sinistra. Inizialmente pensò si trattasse di un altro tuono, ma poi notò che era molto lungo e sembrava essere provocato da qualcosa di metallico. Si voltò un po’ allarmato per accertarsi che non fosse in pericolo. Realizzò allora di trovarsi a un incrocio e che il rumore proveniva dalla strada alla sua sinistra. Riuscì a vedere soltanto una grossa chiazza di luce la cui fonte doveva trovarsi a una ventina di passi da lui. Era in tutto e per tutto simile a quella emanata da un patronus, solo un po’ più gialla. Volle allora avvicinarsi per capire meglio. Gli parve però che a mano a mano che si avvicinasse, la luce diventasse sempre più forte e gli permettesse di vedere sempre meno nitidamente. L’Auror, nell’incertezza iniziò a rallentare e incominciò a stringere sempre più forte la pallottola di carta che aveva recuperato da terra. Sentì nel palmo della sua mano le gocce d’acqua che uscivano dal foglio a causa della sua stretta.
Di colpo la luce si spense. Sebbene confusi dalla fitta pioggia e perché iniziavano ad abituarsi a quel forte bagliore, i suoi occhi riuscirono a distinguere l’immagine di un’automobile che era entrata in retromarcia in un garage al coperto. Capì dunque che la fonte di luce erano i fari della stessa. Fissò per un po’ quell’immagine, che diventava sempre più chiara. Era una piccola auto color crema dai contorni tondeggianti, con un parabrezza abbastanza ampio sul quale i tergicristalli stavano svolgendo il loro compito con il loro classico movimento oscillatorio.
Mentre osservava e cercava di scorgere il viso del conducente, l’auto era entrata completamente. Vide una persona dai capelli molto lunghi scendere dal posto di guida, girarsi velocemente di spalle, provocando un ampio movimento della chioma e aprire una porta posta sulla parete destra dell’ambiente ed entrarvi. Intanto la serranda automatica del garage iniziò ad abbassarsi e a produrre un suono analogo a quello che aveva generato in fase d’apertura. Fu allora che Harry pensò che quella potesse essere l’ultima occasione per stanziarsi in un posto al caldo e al coperto. Doveva cogliere al volo la disattenzione del proprietario dell’automobile ed entrare nel garage per garantirsi un rifugio al coperto. Quindi, malgrado le sue gambe stessero per cedere, compì l’ultimo sforzo e raggiunse appena in tempo l’interno del garage, prima che la serranda fosse completamente abbassata.
Dentro era tutto buio, così iniziò a rallentare. Raggiunse un angolo dell’ambiente, si sedette esausto e ansimante e a poco a poco si tranquillizzò. Fino a quando non lo avessero scoperto era al sicuro. Si accasciò quindi a terra e iniziò a dormire.