www.harrypotter8.altervista.org
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

www.harrypotter8.altervista.org

Scrivi tu il seguito del nuovo libro
 
IndiceIndice  PortalePortale  CercaCerca  Ultime immaginiUltime immagini  RegistratiRegistrati  Accedi  
Cerca
 
 

Risultati per:
 
Rechercher Ricerca avanzata
Ultimi argomenti attivi
» Appunti, considerazioni, correzione e tutte cose
Capitolo 19 - Legàmi EmptyGio Gen 04 2024, 19:33 Da LadyProffa

» Commenti sul capitolo 31 e proposte per il titolo
Capitolo 19 - Legàmi EmptyGio Gen 04 2024, 19:20 Da LadyProffa

» Capitolo 31 - Senza titolo
Capitolo 19 - Legàmi EmptyGio Gen 04 2024, 19:15 Da LadyProffa

» Buone feste natalizie a tutti!
Capitolo 19 - Legàmi EmptyDom Dic 24 2023, 12:46 Da kinderangie

» Come vuoi chiamare il capitolo 30?
Capitolo 19 - Legàmi EmptyVen Lug 23 2021, 09:15 Da LadyProffa

» Come vuoi chiamare il capitolo 29?
Capitolo 19 - Legàmi EmptyVen Giu 25 2021, 19:25 Da kinderangie

» Commenti sul capitolo 30
Capitolo 19 - Legàmi EmptyVen Giu 25 2021, 16:42 Da LadyProffa

» Capitolo 30 - La verità sui Doni
Capitolo 19 - Legàmi EmptyVen Giu 25 2021, 16:37 Da LadyProffa

» Si riprende!
Capitolo 19 - Legàmi EmptyLun Feb 08 2021, 21:51 Da Anny Baggins

Migliori postatori
Harry-Mik94
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Bellatrix Black.
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Snowolf
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Ludovic Bagman
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Aberforth Silente
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Enrico
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Horace Lumacorno
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
LadyProffa
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Luna Lovegood:*
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Sirius Mic
Capitolo 19 - Legàmi Vote_lcapCapitolo 19 - Legàmi Voting_barCapitolo 19 - Legàmi Vote_rcap 
Parole chiave
Errori potter CILINDRO Harry97 gianluca Fedeltà Punizione Date capitolo babbano lumacorno capitoli ginny DISCUSSIONE finale incantesimi amore Harry bacchette malfoy teddy ritorno natale libro sogno rapimento

 

 Capitolo 19 - Legàmi

Andare in basso 
AutoreMessaggio
Anny Baggins

Anny Baggins


Numero di messaggi : 1048
Età : 34
Località : Hobbitton, The Shire
Punti : 5778
Data d'iscrizione : 05.07.11

Capitolo 19 - Legàmi Empty
MessaggioTitolo: Capitolo 19 - Legàmi   Capitolo 19 - Legàmi EmptyLun Nov 07 2011, 15:07

*Il senso di questo

«Quindi, secondo te, dovrei chiudermi nello stanzino delle scope e non uscirne più?» chiese Harry stizzito.
Hermione gli lanciò un’occhiataccia. «Quando vuoi sai essere davvero stupido, Harry».
«Lo dico da sempre, io! Ma nessuno mi ascolta …» sdrammatizzò Ron, allentando così la tensione che si era creata in sala comune.
Da qualche giorno, ormai, stavano tentando di venire a capo dell'increscioso problema di cui Harry si era reso conto durante il duello.
«Non so come ti sia venuta in mente quella scenetta durante l’esercitazione con Willis, ma per fortuna te la sei cavata. La prossima volta potrebbe non andarti così bene però» rincarò Hermione, che insisteva con questa faccenda.
Harry non voleva ammetterlo, ma non poteva darle torto dato che non riusciva a risolvere il problema.
«Hermione ha ragione, Harry» disse Ginny scambiando uno sguardo d’intesa con la ragazza.
«Dovremmo pensare ad una soluzione. Non possiamo permettere che la fedeltà della Bacchetta di Sambuco passi ad altri. Purtroppo, metterla in un posto sicuro non basta» continuò, cercando di far ragionare il ragazzo.
Harry guardò Ginny e tirò un lungo sospiro.
«Lo so. Chiunque potrebbe sfilarmi la bacchetta di mano e diventarne il nuovo padrone. Tutto quello che sta accadendo quest’anno è dovuto a quella maledetta bacchetta e sono stufo di tutto questo. Perciò scusatemi se scarico la tensione su di voi, ma non riesco a venirne a capo» recitò tutto d’un fiato il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli già scompigliati, quasi a volersi liberare di un peso.
In sala comune calò il silenzio. Era molto tardi e la sala era vuota, ad eccezione dei quattro amici seduti davanti al camino. Vicino a loro qualche piuma autoinchiostrante continuava imperterrita a fare il suo lavoro, imbrattando tutte le superfici che le capitavano a tiro.
Restarono immersi ognuno nei propri pensieri, alla ricerca di possibili soluzioni, fino a quando Ron interruppe il silenzio.
«Non credete sia meglio procedere un passo per volta?».
Gli altri lo guardarono interrogativi.
«Cioè… abbiamo già quelle parole strambe dette dal cappellaccio su cui lambiccarci, giusto?» spiegò il ragazzo impacciato. «Cominciamo col risolvere quello, poi penseremo alla Bacchetta. Non mi pare tu abbia duelli in programma, no?» concluse rivolgendosi a Harry.
Conscio che il problema andasse ben oltre il pericolo di un semplice duello, Harry guardò l’amico con fare rassegnato. In fondo aveva ragione: la partenza di Willis di quella mattina era stato un vero colpo di fortuna che Ron aveva giustamente commentato dicendo : «Una gran botta di…» e terminando la frase con un eloquente gesto delle mani. Il professore infatti era dovuto partire in fretta e furia per l’America, rimandando così gli addestramenti che sarebbero dovuti cominciare proprio quel giorno.
«Per una volta do ragione a Ron» disse Hermione guardando  Harry. Ron mimò un’importante vittoria, gonfiando il petto e i muscoli delle braccia e beccandosi un meritato ceffone  dietro la nuca dalla sorella.  
«Ora andiamo a letto, domani penseremo alla faccenda del cilindro. Magari riusciremo a cavare qualcosa di utile dalle sue parole» continuò Hermione pratica.
Harry annuì e, salutate le ragazze, si avviò verso il dormitorio con Ron.

*

Il mattino dopo fu svegliato di buon’ora da Hermione, che lo trascinò giù dal letto e lo portò in un’aula vuota.
«Allora Harry, hai capito cosa devi fare?».
«Sì... credo di sì!».
«Credi? Come credi? Anche se voi maschi sottovalutate questo organo credo che ti servirà ancora in futuro, quindi devi essere sicuro di quello che stai facendo!».
Una goccia di sudore freddo si formò sulla fronte del ragazzo e, seguendo la linea della cicatrice, scese rigandogli il volto.
«Devi solo rimanere concentrato sul ricordo... il resto dovrebbe venire facile».
«Dovrebbe... così non mi aiuti Hermione» continuò il ragazzo. «Tra l'altro devo anche sbrigarmi, devo andare da Andromeda».
Hermione si alzò dalla sedia di fronte a lui, gli camminò intorno portandosi alle sue spalle egli raccomandò: «Concentrati! A Teddy penserai dopo!».
Poi posò una piccola ampolla di vetro sul tavolo e uscì dalla stanza lasciandolo solo.
Harry prese coraggio, afferrò sicuro la sua bacchetta portandola alla tempia per estrarre il ricordo.
...Willis entrava nella stanza...
No, non da qui.
... il cilindro piroettava su se stesso...
Ancora un po'.
...Harry che entrava nell'ufficio del professore...
Ecco, era arrivato al punto giusto.
Pronunciò l'incantesimo che Hermione gli aveva pazientemente insegnato e subito sentì il flusso di pensieri che cominciava ad uscire. Allontanò lentamente la punta della bacchetta dalla testa percependo la resistenza che il filamento argentato opponeva ai suoi movimenti; ma, con più naturalezza di quanto si sarebbe aspettato, tutto il fluido fuoriuscì con facilità. Lo guidò con la bacchetta verso la boccetta di vetro e lo calò al suo interno.
A quanto pareva, aveva ancora tutte le sue facoltà intellettive intatte.
Si asciugò la fronte e si alzò in piedi. Raccolse l'ampolla e la portò ad Hermione che lo attendeva nella stanza accanto.
«Ecco qua!» disse sorridendo mostrando il liquido argentato che si muoveva nella boccetta di vetro.
«È andato tutto bene?».
«Certo! Non sono neppure diventato cieco!».
«Idiota! Lo vedi che non era poi così difficile?».
«A parte gli scherzi, hai ragione. È stato più facile di quanto credessi e, se non fosse sufficiente, credo che potrei fare il bis!».
«Ora vado ad analizzare il ricordo, ci vediamo a pranzo» lo salutò Hermione. «Buon viaggio, salutami Andromeda».  
Harry la osservò sparire oltre la porta, poi si avvolse bene nel mantello pesante e uscì dal Castello.
In quanto studente del settimo anno poteva lasciare la scuola per qualche ora quando non c'era lezione, dando comunque comunicazione alla Preside. Si incamminò verso Hogsmeade e, appena possibile, si smaterializzò.
Nonostante fosse solo fine novembre, la neve imbiancava i tetti e le strade ed il precoce freddo invernale faceva rimanere tutti chiusi nelle loro case. Era anche domenica mattina e sicuramente molti dormivano ancora; Harry ricordava perfettamente la burrascosa caduta avvenuta nei pressi di casa Tonks, nella palude. Tuttavia, quando si materializzò, si trovò di fronte ad un paesaggio uniformemente bianco che gli rese difficile riconoscere la casupola arroccata nelle campagne lontane dalla cittadina.
Si guardò intorno, spaesato, temendo di essersi materializzato più in là del dovuto e si addentrò perplesso in un giardino, coperto da una spessa  coltre di neve.
Affondando con gli stivali, si avviò verso la porta, titubante; poi vide che poco più in là era poggiato un piccolo slittino colorato e Harry fu certo che il pupazzo di neve gli avesse fatto l'occhiolino. Sorrise: ora era sicuro di trovarsi nella casa giusta.
La porta della villetta si aprì e Andromeda lo salutò affettuosamente mentre il piccolo Teddy giocava con le ciocche dei capelli di sua nonna. Quando si accorse di lui, i suoi capelli divennero rosso fuoco e si nascose tra il viso e la spalla di Andromeda.
«Harry, prego accomodati. Sono contenta che tu sia riuscito a raggiungermi così presto, lo so che ti ho avvertito solo all'ultimo».
«Nessun problema, spero solo che non si tratti di nulla di grave».
«No, no, non preoccuparti. Solo una piccola formalità da sbrigare».
Harry si fece avanti e seguì la signora Tonks nel salotto, verso un sofà cremisi davanti a due piccoli tavolini delicati.
Sedendosi sul divano, Harry osservò il suo figlioccio che, passato l'iniziale imbarazzo, cominciava a fissarlo a sua volta, con curiosità. Si rese conto che anche il piccolo, come era accaduto a lui,  era destinato a non conoscere i propri genitori se non nei racconti di chi era stato loro amico o nella propria immagine riflessa nello specchio.
«Come stai caro? E’ da un po’ che non ti vedo! Ti posso offrire un tè con qualche biscotto?» disse Andromeda.
«Più o meno bene, grazie! Accetto volentieri: fuori si gela e poi non ho fatto colazione stamattina» disse lui.
Con un colpo di bacchetta apparvero dal nulla una teiera con due tazze e un piatto di biscotti.
«La scuola come procede?» gli chiese lei gentilmente, girando il cucchiaino nella tazza. «Ho letto qualcosa sulla Gazzetta del Profeta, ma ormai mi fido ben poco di quel giornale».
«Bene, è sempre Hogwarts. Americani a parte» spiegò Harry staccando lo sguardo dal bambino e guardandosi attorno; tutto era come se lo ricordava, dalla sua visita di un anno  prima  nulla era cambiato in quella stanza. Da quando la guerra era finita non aveva mai avuto modo di parlare da solo con Andromeda di tutto quello che era successo nel frattempo, ma soprattutto del futuro di Teddy. Fu proprio lei a toglierlo dall'imbarazzo.
«Sono davvero contenta che tu sia qui, Harry» ripeté questa volta con più fervore. «Era da tempo che temevo - e desideravo - di poter discutere con te di alcune cose ...».
Si interruppe a disagio, stringendo poco più forte Teddy a sé.
«Dimmi pure ...» rispose Harry ansioso di conoscere il motivo per cui l'aveva invitato, osservando con attenzione quello che faceva il bambino.
«Vorresti tenerlo un po’ in braccio?»
Harry annuì e tese le braccia. Non sapeva molto bene come tenerlo, ma lo afferrò saldamente come aveva visto fare ad Andromeda e lo fece sedere sulle sue ginocchia.
«Ma... è cresciuto davvero tanto dall'ultima volta».
Il bambino per tutta risposta cercò di afferrare gli occhiali di Harry. Lui rise e si fece torturare da Teddy lasciando che tutte le preoccupazioni che gravavano su di lui si allontanassero per un istante.
«Harry... Teddy è tutto ciò che è rimasto della mia e della tua famiglia ...».
Lui guardò con attenzione Andromeda, e lei riprese a parlare.
«... Remus e Dora hanno scelto te come suo padrino ma ...» continuò con una strana espressione incerta.
Harry si bloccò imbarazzato.
«Andromeda, aspetta!» disse subito, ipotizzando quello che lei volesse dirgli. «Io sono il suo padrino ma tu sei sua nonna. Io non ho neanche vent’anni, né la più pallida idea di come crescere un bambino. Sei tu che devi occuparti di lui... ma non devi credere che a me non interessi! Io vorrò sapere sempre tutto di lui, e contribuire alla sua educazione, a tutte le sue spese, e stai certa che in qualunque momento tu o lui doveste aver bisogno, io ci sarò!» disse, con tutta la sicurezza che riusciva a mettere nella sua voce.
«Harry, stai tranquillo! Non dubito certo di te e del tuo affetto! Il punto è che... serve la Cerimonia di Attribuzione per rendere ufficiale il tuo legame con Teddy».
Harry cadde dalle nuvole. «Io pensavo di essere già il padrino di Teddy, che vuol dire che ci sarà una cerimonia?».
«Funziona così, Harry» spiegò lei, «non basta che i genitori del bambino ti nominino padrino perché la cosa sia valida. C’è una vera e propria cerimonia e di solito si svolge il giorno dell’equinozio di Primavera. Pensavo di parlartene prima, ma quando ho saputo che saresti tornato a scuola, ho immaginato che avresti avuto altro a cui pensare. Poi però mi sono resa conto che il tempo è passato velocemente». Adesso Harry le leggeva negli occhi un po’ di preoccupazione. «Insomma, se dovesse capitarmi qualcosa... voglio che tutto sia a posto. Mi capisci, no?».
«Che succede Andromeda? Così mi fai preoccupare» chiese Harry.
«Niente di particolare, Harry. Solo che voglio essere sicura che nel futuro di Teddy ci sia sempre qualcuno che si occupi di lui» rispose la donna cercando di tranquillizzarlo.
«Andromeda ...»  riprese Harry iniziando a fissarsi i piedi e maledicendosi di non essere come Hermione che sapeva sempre qual era la cosa giusta da dire.
«Sappi che, con o senza cerimonia, io mi occuperò sempre di lui! E... insomma, se c'è qualcosa che posso fare...»
Teddy stava cominciando ad agitarsi, così lo mise giù: il bambino puntò i piedi e si afferrò al cuscino di fianco a Harry rimanendo in equilibrio precario mentre guardava il ragazzo con un sorriso birichino sul volto. Harry gli accarezzò la testa e rivolse nuovamente la sua attenzione alla donna.
«Harry, non ho molte informazioni precise, ma le voci si fanno sempre più insistenti. Ho letto dell'attacco a Hogwarts di settembre e la cosa mi ha allarmata».
Harry si stupì dell'interesse con il quale Andromeda gli chiedeva informazioni; data l'ansia che aveva appena dimostrato, però, decise di non farla preoccupare ulteriormente, e di non  comunicarle il suo impegno come Auror.
«Hai ragione. Al Ministero c'è molta agitazione per quello che è accaduto, soprattutto perchè si sono verificati anche altri fatti incresciosi ...»
«So che sono morti alcuni Auror. Il Ministero non ha fatto dichiarazioni ufficiali ma la moglie di Cooper, che abita qui vicino, mi ha raccontato tutto».
«E' vero, sembra non si possa mai stare tranquilli» sospirò Harry. «Ancora non hanno capito cosa cercano, ma ci sono molti Auror che stanno indagando su questa faccenda».
«A scuola cosa cercavano?» chiese la donna curiosa.
«Non sappiamo bene... l'intruso si trovava vicino alla presidenza. Fortunatamente i professori sono riusciti a farlo allontanare.»
Teddy cominciava ad essere nervoso.
«Scusami tanto» riprese la donna. «Per Teddy è arrivata l'ora di pranzo».
Si diresse in cucina; si avvicinò al tavolo e si voltò verso Harry.
«Vuoi rimanere a mangiare con noi?» gli chiese.
«Ti ringrazio tanto Andromeda» rispose Harry «ma devo tornare a scuola. Sai, tra lezioni e allenamenti, sono rimasto un po' indietro con i compiti.»
«Immagino che l'ultimo anno sia impegnativo!» sospirò lei.
Annuì.
C'era ancora una cosa di cui desiderava parlare alla donna, anche se aveva timore della sua reazione. Si fece coraggio e le disse tutto d'un fiato: «Ci sarebbe una cosa di cui vorrei parlarti... e che non ho rivelato mai a nessuno... riguarda tua sorella Narcissa».
A quel nome Andromeda si immobilizzò. Sembrava pietrificata.
«Non ho sorelle, non più ...» spiegò gelida.
«Narcissa Black ha mentito a Lord Voldemort per me. E senza quella bugia molto probabilmente ora non saremmo qui».
Andromeda sembrò vacillare e stupirsi per pochi istanti, prima di riprendere la sua postura altera.
«Contano tutte le cose non dette in più di vent’anni, Harry» disse lei sorridendo debolmente, una ruga contratta sul volto.
«Lo so... ma dopo tutto quello che è accaduto... beh, era giusto che tu venissi a conoscenza di questo particolare che ha fatto la differenza tra vittoria e sconfitta» spiegò Harry abbozzando un debole sorriso.
Andromeda lo fissò senza parlare, ma qualcosa del suo volto, ora più rilassato, fece capire a Harry che la donna si sentiva meglio, più sollevata. Fece per dire qualcosa ma Teddy emise un urlo che esprimeva tutta la sua fame e la donna si riscosse.
«Devo proprio dare da mangiare a questo piccolo lupacchiotto affamato» disse, dando un buffetto sulla guancia del nipotino che la guardò estasiato.
«Allora io vado...» riprese Harry.
«Certo caro. E torna a trovarci quando vuoi» esclamò la donna tenendo una mano appoggiata sulla spalla di Teddy. Si avvicinò per fare una carezza al suo figlioccio prendendogli di mano un galeone  che cercava di mettersi in bocca.
Il bambino lo guardò contrariato e per un momento il suo naso prese una forma molto simile a quello di un cane. Il ragazzo si ritrasse sorpreso e Andromeda gli sorrise.
«Non sapevo riuscisse già a mutare così!» esclamò gettandole un occhiata.  
Lei continuò a sorridere e spiegò: «Certo. Anche Ninfadora cambiava tratti già alla sua età. Devo dire che lui però preferisce le forme animali». Harry si incupì per un attimo, pensando a Lupin. Poi però tornò a sorridere.
«Allora... ci vediamo!» disse avviandosi verso la soglia.
«A presto Harry!»
Con un cenno della mano Harry uscì dalla porta e si incamminò lungo il vialetto. Si voltò a guardare per alcuni secondi la casetta e lo stagno lì vicino. Poi, girò su se stesso e sparì.
Al suo rientro erano già tutti in Sala Grande per il pranzo; varcando la soglia individuò subito i suoi amici, ma dopo alcuni passi fu bloccato dalla Preside.
«Potter, è vero che voi studenti del settimo anno avete il permesso di uscire la domenica, ma non potevi evitare di andare da solo?».
Harry le fece un sorrisetto stiracchiato e lei, alzando gli occhi al cielo, si allontanò per andare a rimettere in riga un ragazzino del primo anno che stava tirando del purè di zucca sui capelli di una compagna poco distante. Harry entrò sedendosi a fianco di Ron che lo salutò con un cenno del capo, dato che la bocca era piena di costolette di agnello fritte
«Allora? Cosa  voleva Andromeda?» chiese curiosa Ginny facendosi di lato per fargli posto.
«Parlare della cerimonia per diventare ufficialmente il padrino di Teddy» rispose Harry mentre si serviva un'abbondante porzione di pasticcio di broccoli. Si era reso conto solo allora di quanta fame avesse.
«Ah, già! Si terrà a primavera, la mamma aveva accennato quest'estate che l'avrebbero organizzata insieme. Ricordi Hermione?» chiese Ginny all'amica, ma lei non li stava ascoltando ed era stranamente silenziosa.
Harry la fissò per un po', curioso, ma la ragazza lo ignorò abbassando lo sguardo sul piatto. Quando ebbe concluso poggiò le posate e si alzò. «Scusatemi, ho la mente altrove. Quando avrete finito raggiungetemi in Sala Comune, c'è molto di cui parlare»
Harry e Ron si guardarono per un secondo, poi tornarono a occuparsi dei loro piatti; solo dopo che Harry ebbe finito la sua seconda porzione di budino al cioccolato e si dichiarò sazio, si alzarono e uscirono dalla Sala Grande.  
Quando salirono Hermione li attendeva di fronte al caminetto, si sedettero e lei aspettò che il suo pubblico fosse ben attento.
«Allora, ho trascritto le parole della filastrocca. Alcune cose le ho già capite, ma ci sono ancora dei punti oscuri» abbassò lo sguardo su una pergamena che teneva in mano e cominciò a leggere:

«I congiunti doppi e da odio legati,
Li hanno per l'eternità condannati.
Intelletto d'uomo e forza bestiale,
lo rende pericoloso e mortale.
Ad Hogwarts dimora e custodisce,
ciò che allo stregone il sangue unisce.
inchiodato sempre sta nel suo posto,
non si può di certo abbatterlo tosto.»

«Non capisco proprio cosa possano essere i congiunti doppi» iniziò a spiegare Hermione. «Potrebbero essere una coppia, o due fratelli, ma perchè doppi? Due coppie?».
Nessuno rispose.
«Quello che sembra chiaro è che c'è di mezzo un conflitto, un odio che probabilmente deve aver portato ad una qualche maledizione».
«Ma cosa ha a che fare questo con Hogwarts? Dice che qui è costudito qualcosa» ragionò Ginny.
«Un altro Fuffy?» ipotizzò Ron.
«Non lo so... è troppo vago per poter fare ipotesi precise, dobbiamo saperne di più».
«Se almeno Willis non fosse partito» commentò Ron «Avremmo potuto tentare di estorcere qualche informazione in più a quel cappellaccio!».
«Dubito che ne avremmo cavato qualcosa... quel Cilindro sa il fatto suo...».
Ci fu un momento di silenzio.
«Io ci rinuncio. Se non riesci tu, che possibilità abbiamo noi?» aggiunse Ron stiracchiandosi sul divano. «Harry, che ne dici di una partita a scacchi?»

*

Erano passati parecchi giorni da quando Hermione aveva promesso di scoprire qualcosa di più sulla filastrocca, e quella era stata la cosa più emozionante successa da allora. Tra gli allenamenti di Quidditch, sempre coinvolgenti, e la marea di compiti assegnati da tutti i professori, la vita scolastica si svolgeva noiosa, assillante e senza la minima speranza di poter venire a capo di una sola delle domande che ingombravano senza sosta la mente di Harry.
Mancava poco a Natale e stava di malavoglia cercando di seguire una noiosissima lezione del professor Lumacorno, quando Ginny richiamò la sua attenzione, distogliendolo dalla pozione che dovevano preparare.  
«Che ne dici se dopo facciamo  un salto da Hagrid? E' da un po' che non lo vediamo. Così puoi anche chiedergli un consiglio per Snitch».
Harry ci pensò un attimo. «Hai ragione, Hagrid sa tutto di bestie e animali vari... potrebbe dirci cosa le sta capitando.»
«E poi, fuori c'è il sole, e non ho molta voglia di mettermi a studiare dopo questa lezione così entusiasmante!» disse Ginny ironica.
«E' solo in questi momenti che mi accorgo che sei la sorella di Ron» rise Harry.
«Cosa c'entro io?» fece una voce alle sue spalle: Ron e Hermione erano dietro a loro.
«Pensavamo di fare una visita ad Hagrid» spiegò Ginny.
«Io ci sto, è da molto tempo che non lo andiamo a trovare. Propongo di andarci dopo pranzo, però» rispose Ron, deciso.  
«Buona idea» rispose Harry, ormai la lezione era conclusa; «vado su a prendere Snitch. Ci vediamo in Sala Grande».
Pranzarono in tutta fretta e subito dopo uscirono dal castello; respirarono a pieni polmoni l'aria fredda e pulita lasciandosi accarezzare dai tenui raggi del sole.
«Finalmente!» esclamò Ron stiracchiandosi «E Snitch, dov'è? Non eri salito a prenderla?» chiese curioso.
«Nella tasca. Dormiva e non volevo svegliarla».
Arrivati da Hagrid, bussarono e lui li accolse con il consueto calore, anche se era tutto imbacuccato.
«Stai male Hagrid?» chiese Harry preoccupato.
«No, stavo per uscire. Sapete questa notte c'erano molti animali spaventati nella foresta e volevo andare a controllare cosa era successo.»
«Se vuoi torniamo un'altra volta» intervenne Hermione.
«No, no! rimanete, mi fa piacere vedervi.» rispose Hagrid, togliendosi il gigantesco impermeabile rosso. «E' da tanto che non venite a trovarmi. Sedetevi, vi preparo il té».
Tirò giù una teiera dallo scaffale alto.
«E poi, lo sapevo che venivi, Harry! Appena ho letto la Gazzetta, stamattina, mi sono detto: vedrai che Harry viene a dircelo, a me e Thor, che deve andare a Londra al più presto»
«Cosa dici Hagrid? Perchè dovrei andare a Londra?» chiese Harry stranito, lanciando un'occhiata interrogativa alle ragazze.
L'allenamento supplementare di Quidditch di quella mattina li aveva costretti a saltare la colazione, ma Hermione fino a quel momento non aveva accennato a niente.
«Io e Ginny non siamo scese a colazione perchè volevamo finire di ripassare Pozioni. Tra pochi giorni ci saranno le verifiche per la fine del trimestre».  
«Perbacco, Harry! E' per il processo a Piton, no? Ci sarà l'udienza d'apertura a breve  e tu sei il testimone chiave della difesa! » continuò il mezzogigante «Ma Kingsley non ti ha avvertito?»  chiese perplesso.
«Ehm... forse si» ammise con riluttanza. In effetti era da un po' che non dava un'occhiata al suo canguro portamessaggi.
«Toh, leggi il giornale».
Sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta campeggiava un titolo a caratteri cubitali: "PARTE LA RIABILITAZIONE DI PITON".
«Comunque era l'ora. Io ce l'avevo sempre detto che era una brava persona. Anche voi non ci avete mai voluto credere. Visto che ci avevo ragione?» continuò il mezzogigante appoggiando sulla tavola una ciotola piena di caramelle mou.
Ron allungò la mano per prenderne una, ma Hermione glielo impedì. «Vuoi strozzarti?» gli bisbigliò all'orecchio.
Snitch, che fino a quel momento aveva riposato placidamente nella tasca del proprietario, cominciò a muoversi e raggiunse il tavolo a saltelli, tuffandosi nel piatto delle caramelle.
«Chi l'avrebbe mai detto? C'è qualcuno che apprezza i dolci di Hagrid» disse Ron in un bisbiglio.
Harry non badò al commento dell'amico, si fece passare il giornale e cominciò a leggere.
Quando ebbe finito lo passò a Ron, sconfortato.
«In realtà Hagrid siamo qui per Snitch» disse Harry indicando la puffola che rosicchiava la caramella.
Hagrid la scrutò da sotto le sue folte ciglia. «Ci ha qualche problema?».
«Si, con la pelliccia... è da un po' di giorni che perde peli ovunque».
«È la prima volta che succede qualcosa di strano?».
«Be' no... è successo che qualche volta non aveva una bella cera... ma nelle occasioni in cui stavo male anche io».
«Si chiama empatia Harry» spiegò Hermione. «Snitch si identifica in te e prova quello che tu provi».
«Si Hermione ci ha ragione... è empatetica».
«Em-pa-ti-ca».
«Quella roba lì» tagliò corto Hagrid. «Ma non c'entra con il pelo. Non preoccuparti Harry , si prepara solo alla primavera e cambia la pelliccia, è una cosa normale».
«Ma Arnold non ha mai avuto di questi problemi, sarà che è una puffola americana?» chiese Ginny.
«Le puffole son puffole! Ma Arnold è... come dire... un puffolo! Questa invece è una... signorina, e come tutte le puffole femmine ci ha la sua muta invernale» spiegò Hagrid con il tono che usava durante le lezioni.
«Di animali magici sai sempre tutto tu, vero?» fece Ron mentre tentava con un coltellaccio di sbriciolare un grosso biscotto.
«Animali e bestie non hanno misteri per me!» esclamò Hagrid tutto orgoglioso per il complimento.
Hermione, a quel punto si fece pensierosa, alzò lo sguardo sul guardacaccia e tirò fuori dalla tasca una pergamena.
«Hagrid, a proposito di draghi e altri animali, forse tu potresti aiutarmi a capire una cosa. Ecco... sai mica dirmi se queste parole ti fanno pensare a qualcosa?».
Il guardiacaccia abbassò lo sguardo sulla pergamena spiegazzata e si mise a leggere; ad un tratto alzò la testa pensieroso «intelletto d'uomo e forza bestiale» disse tra sè «mmm... questo mi ricorda qualcosa» poi scosse la testa. «No, non mi viene proprio in mente niente ... ma se mi lasci quella pergamena, magari li rileggo con calma.»
«Certo, Hagrid. Te la lascio volentieri, sei la nostra ultima possibilità. Anche la biblioteca mi ha tradito» ammise Hermione malvolentieri.
Ormai il sole stava calando, quindi finirono di bere il té e si congedarono dall'amico.
Quando erano già a metà strada verso il castello Harry si fermò improvvisamente.
«Che succede?» chiese Ginny guardandolo curiosa.  
«Niente, scusate» disse Harry frugando a fondo nelle tasche «non trovo più Snitch. Ero convinto che fosse di nuovo nella mia tasca. Torno da Hagrid a vedere se è rimasta lì. Avviatevi, vi raggiungo subito.»
«Harry, tra poco tramonta il sole, fai presto.»
Bussò alla porta del guardiacaccia che nel frattempo si era di nuovo imbacuccato per andare nella Foresta.
«Harry!» esclamò sorpreso. Il ragazzo entrò e cominciò a muoversi agitato in giro per la capanna.
«Che cerchi?» chiese il mezzogigante.
«Scusa Hagrid, non trovo più Snitch, pensavo fosse qui, ma non la trovo»
«Se fosse stata qui Thor l'avrebbe sicuramente scovata.»
«Allora deve essere caduta mentre salivo al castello. Vado a cercarla. Ciao Hagrid, buon divertimento nella foresta!»
Uscì e si mise a cercare la puffola fuori dalla capanna poi continuò  a chiamarla risalendo il sentiero verso il castello.
«Harry Potter». Il ragazzo si girò verso una voce che gli sembrò familiare.
Nonostante fosse un insegnante, non gli capitava spesso di vederlo, anche perché aveva abbandonato la sua materia. Eppure, se ci fosse stato lui fin dal principio, forse avrebbe continuato a studiarla.
«Fiorenzo» salutò Harry.
Il centauro si avvicinò al ragazzo, con la sua solita espressione pacata accarezzando una piccola palla di pelo arancione.
«La stavi cercando». Non era una domanda. «E' un bellissimo esemplare» commentò porgendogliela.
«Grazie» disse Harry assicurando in tasca Snitch.
Poi calò il silenzio.
«Non abbiamo ancora avuto modo di parlare»  riprese Fiorenzo. «Purtroppo devo adempiere ai miei incarichi di professore e non ti nascondo che ciò è decisamente tedioso.» Si avviò verso il lago e continuò: «Per noi centauri, da sempre educati all’arte oratoria e alla meditazione, le banalità umane sono un motivo di profonda noia. Il dialogare con alunni dalla mente chiusa, e con questo non mi riferisco a ciò che voi chiamate intelligenza, bensì al modo di rapportarsi con ciò che ci circonda e poter esprimere una propria opinione basata sulla coerenza, è avvilente. Alla fine non è più un dialogo, ossia un discorso tra due,  ma un monologo in cui io parlo e la maggior parte della gente ascolta, senza però riuscire ad afferrare il nocciolo della questione. Umani e centauri sono due razze alquanto diverse, Harry Potter».
Harry, che si sentiva perfettamente descritto dalle parole di Fiorenzo, non poté che essere d’accordo con quest’ultima affermazione.
«Ho incontrato pochi umani che riuscissero a comprendere la cultura e la sapienza dei centauri. Uno, naturalmente, era Albus Silente. Il migliore umano, sia come persona che come mago, che abbia mai conosciuto. Un altro è il vostro docente di Trasfigurazioni ...».
«Uglick?» lo interruppe Harry, sorpreso.
«Ero presente quando hanno comunicato che il suo posto verrà ricoperto dalla professoressa McGranitt in attesa del suo ritorno, e non sono mancate le polemiche» disse Fiorenzo.
«Perchè? » disse Harry.
«Un umano del Ministero Americano» spiegò il centauro, «un certo Larry Brown, ha insistito personalmente per portare a scuola un loro insegnante».
«E alla fine cos’è successo?» chiese Harry, chiaramente interessato.
«L’americano e il mago da lui proposto non avevano con loro il mandato ufficiale del Ministero e perciò non se ne è fatto nulla. Ad ogni modo» si interruppe, «le nostre voci e i nostri piedi ci stanno deviando dalla retta via, e il tempo non sempre è galantuomo».
Harry si fermò. Camminando erano giunti quasi al limitare del lago, il sole stava sparendo dietro alle montagne all'orizzonte.
«Questo» iniziò, «come tu ben sai, è un anno molto importante».
«In che senso?» chiese Harry curioso.
«Noi centauri stiamo avvertendo grandi cambiamenti per quanto riguarda il futuro».
«Lo so» disse Harry. «Ho seguito gli sviluppi della vicenda del CIOcCoCreMa e sono molto contento che i centauri possano dare il loro contributo alla comunità magica. Era ed è un vostro diritto».
«Hai ragione. Se pensi poi che all’iniziativa ha aderito anche Cassandro si può dire che è un evento eccezionale... ma le mie preoccupazioni riguardano altro».
Lo sguardo di Fiorenzo si indurì. Se per qualche istante era sembrato più “umano”, più incline al riso e al dialogo, adesso era tornato l’enigmatico e mistico centauro di sempre.
«Questo è un anno molto luminoso. Al-Nasl risplende come mai da settecento anni e presto brillerà per la terza volta».
Le orecchie di Harry, seppur già aperte, si spalancarono.
Ecco di cosa voleva parlare Fiorenzo. Come era stato stupido a non pensarci prima: fatti come il CIOcCoCreMa avevano un interesse molto relativo e marginale per creature come i centauri. Erano altre le situazioni veramente importanti per loro.
«In effetti si è parlato molto di Minami, o Al-Nasl come la chiami tu, ma non capisco cosa mi vuoi dire» disse Harry.
«Al-Nasl è la più luminosa di tutte le stelle primigenie» spiegò Fiorenzo. «Il suo potere è immenso. In essa è presente la Grande Magia, una magia di cui le vostre bacchette sono solo una pallida imitazione. È per questo che ho paura. Dopo settecento anni Al-Nasl è tornata a risplendere e lo farà per ben sette volte. Sette volte dopo settecento anni. Il numero magico più potente seguito da un numero di anni pari a se stesso moltiplicato per il numero della perfezione, il dieci, a sua volta moltiplicato per sé» s'interruppe, perdendosi per qualche secondo con lo sguardo tra gli alberi della foresta. «E sarà allora che le stelle indicheranno la via, sette volte annunciando, sette volte brillando» concluse nitidamente.
Harry lo fissò con sguardo vacuo.
«Non c’è bisogno che tu mi comprenda, Harry Potter. Non so cosa potrebbe succedere se mai qualche essere riuscisse a controllare quell’immenso potere. Noi non siamo in grado di impadronirci della forza della Natura. Possiamo cercare di capirla, ma non di... Harry?».
Mentre le parole e i contorni si facevano d’un tratto nebulosi, sinuosi cerchi iniziarono ad allargarsi nello stupefacente blu degli occhi di Fiorenzo, come pozzi di acqua sorgiva increspati da sassolini, fino a sciogliere le sue pupille. Harry fu improvvisamente preda di un formicolio ormai familiare, le palpebre si fecero pesanti.
«Harry Potter... va... tutto... bene? Riesci a...».
Parole. Slegate, prive di significato...
Lottava contro quella spossatezza con tutte le sue forze, con gli occhi semichiusi coglieva spiragli dei capelli biondo grano del centauro, e poteva solo percepire i suoi zoccoli agitarsi vicino a lui.
Poi, uno strano sonno lo vinse.
Quando, senza alcun preavviso, a quell’esteso nulla si sostituì un bruciante profumo di salsedine e le sue orecchie si riempirono del suono di furiose onde, Harry si sentì disorientato. Sentiva dispettosi granuli infilarsi nelle scarpe... stava camminando? Stava correndo? Non riusciva ad aprire gli occhi.
Nella sua mente sbigottita si formò un immagine di un vecchio chino su di un libro, intento a leggere. La rugosa mano corse lungo il dorso afferrandolo e sollevandolo. Sulla copertina svettava una asta avvolta da fiamme cremisi, una bacchetta forse...
Poi qualcosa di etereo gli sfiorò la guancia calda per l'agitazione: si arrese a quel piacevole contatto.
La sorpresa fu intensa come una scarica. Improvvisamente una stretta ferrea gli mozzò il respiro e qualcosa lo schiaffeggiò.
Urla agghiaccianti, incomprensibili, squarciarono il silenzioso sottofondo: grida conosciute, ma irriconoscibili da quanto erano straziate, fecero provare a Harry brividi di pietà ed orrore.
La sofferenza fu così forte che ordinò alle palpebre di spalancarsi, quasi obbligandolo ad assistere impotente a quella scena.
Orde di neri tentacoli assalirono il suo orizzonte, lo avvinghiarono e Harry si arrese a lunghi, intensi spasimi.
La stretta cessò come era venuta, arrendendosi docile ad un ritrovato silenzio. Stordito, Harry non ebbe il tempo di inumidirsi le labbra secche con la lingua, che un urlo di donna - un urlo di amica, gli suggerì la sua mente - squarciò di nuovo quel silenzio innaturale.
«NO... LASCIALO ANDARE!».
Uno sprazzo di luce.
Un sospiro; un urlo.
Uno scintillio arancione ed un’inquietante sensazione di perdita. Poi, più niente.
«Riesci a sentirmi?». Quella voce calma fu come balsamo contro le urla che ancora echeggiavano intorno a lui facendo rimbombare la campana di vetro che era il suo corpo inerme.
Aprì gli occhi: gli alberi al limitare della foresta, il lago illuminato dagli ultimi raggi del sole ormai al tramonto, il viso di Fiorenzo, composto ma screziato da una sincera vena di preoccupazione. La familiarità ritrovata di colori, suoni, volti, odori, fu come un fiotto di miele per la sua gola, che sentiva in fiamme come un tizzone ardente.
Harry abbracciò quella ritrovata lucidità come una vecchia amica e, accorgendosi di essere a terra, si alzò, accettando di buon grado la mano che Fiorenzo gli porgeva. Si asciugò sulla divisa le mani sudate.
Il gesto gentile fu presto dimenticato quando notò che, nell’altra mano, il centauro custodiva tra le lunghe dita affusolate la puffola.
«Snitch» sussurrò il ragazzo.
«È caduta dalla tua tasca quando ti sei accasciato » disse Fiorenzo. «Prima avevo percepito che era agitata, ma adesso è proprio molto spaventata». Porse la bestiola tremante a Harry che la prese e cercò di calmarla.
«La tua mente si è affacciata su un varco agli altri impercettibile?» chiese in uno scalpitio di zoccoli.
«Diciamo di si... » mormorò massaggiandosi la nuca preoccupato ma con gli occhi fissi sulla puffola. Anche Fiorenzo osservava i suoi movimenti nervosi.
«Sei molto fortunato, Harry Potter».
Harry lo guardò interrogativo.
Gli occhi del centauro sorridevano. Era completamente assorto, affascinato dal piccolo essere che Harry teneva in mano.
«È molto più intelligente di quanto tu creda» continuò il centauro, enigmatico. «Si tratta di creature molto sensibili che talvolta creano un legame speciale con il loro padrone. In casi rari riescono a captare le onde negative che stanno per rivolgersi contro di lui e in qualche modo cercano di avvertirlo» spiegò Fiorenzo continuando a fissare la puffola. «È la prima volta che si comporta così?».
«Vuoi dire che è a causa sua che ho queste visioni?».
«Non direi "a causa", e nemmeno "per merito", ma la risposta è sì, è lei il mezzo con cui riesci ad aprire il tuo occhio interiore».
«Avevo sempre pensato che fosse spaventata per il mio malore, non che fosse lei a provocarmi quelle visioni».
«In effetti, devo correggermi, non si tratta proprio di visioni. Non credo che possa mostrarti quello che realmente accadrà, il libero arbitrio umano glielo impedisce, ti avverte solo di un imminente pericolo» continuò il centauro.
Ora tutto quadrava, aveva sempre confuso la causa con l'effetto. Snitch non era empatica come aveva suggerito Hermione, semplicemente aveva quella reazione quando infondeva a Harry quelle immagini. Ma allora era sempre stata lei ad aiutarlo in tutte quelle situazioni. La guardò con riconoscenza.
«Di solito mi mostra qualche particolare da cui posso capire ...» intervenne Harry mentre cercava di ricordare cosa aveva appena visto.
«Allora avete davvero una bellissima intesa ...» continuò il centauro, ma si interruppe improvvisamente e guardò oltre le spalle di Harry. «Scusa, altri impegni mi chiamano, riprenderemo il discorso un'altra volta» concluse sbrigativamente mentre già si avviava verso la foresta.
Harry si voltò, seguendolo con lo sguardo, curioso di capire cosa avesse attratto l'attenzione del centauro. Le labbra si curvarono in un sorriso amaro quando scorse Cassandro stagliarsi imponente al limitare della foresta; gli occhi scolpiti nel viso marmoreo scintillavano in un severo segno di avvertimento.
Aveva perdonato Fiorenzo, tra umani e centauri i rapporti erano migliorati incredibilmente, tuttavia sembrava non voler rinunciare del tutto al suo antico atteggiamento prevenuto. Forse era un'abitudine troppo radicata in lui per poterla abbandonare in così poco tempo... Comunque stessero le cose, Harry era grato a Fiorenzo; non era la prima volta che sfidava gli altri centauri dispensando preziosi consigli e dimostrandogli che, per quanto fossero diversi, stava dalla sua parte.
Harry si avvicinò alle sponde del lago, scrutando pensieroso l’acqua su cui si specchiavano le luci del castello. La conversazione con Fiorenzo lo aveva lasciato perplesso; lui aveva sempre pensato che il risplendere di Minami e l'assalto al castello fossero stati una coincidenza, mentre il centauro gli aveva dato un altro spunto di riflessione: se avesse avuto ragione?
Ricordò la visione agghiacciante... cercò di rammentarne i particolari, ma tutto era così sfocato, non riusciva a capire. Un pericolo era vicino, ma chissà quale.
Accarezzò Snitch, stupito e grato di meritare quel legame di cui aveva parlato Fiorenzo.

*Il senso di questo
Torna in alto Andare in basso
 
Capitolo 19 - Legàmi
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» Come vogliamo chiamare il capitolo 19?
» CAPITOLO ARTICOLO DELLA GAZZETTA sulla morte di Lucius (PROPOSTA CAPITOLO 21)
» Capitolo 9
» Bozza capitolo 19, collegamento #1: Introduzione capitolo.
» per il terzo capitolo

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
www.harrypotter8.altervista.org :: HARRY POTTER 8-
Vai verso: