Questione di cappelli (by Bella)

Il primo sole di primavera filtrava dalle finestre aperte della Sala Comune, giocando coi riflessi che gettava sulle lampade spente e sullo specchio nella mano di Hermione; lo inclinava verso il gigantesco volume che teneva in grembo leggendo al suo interno strani simboli e trascrivendoli poi, veloce su un foglio. Erano ormai ore che ripeteva questi gesti, mentre Ron, sempre più sconcertato e curioso pendeva dalle labbra della sua ragazza.
«Ron, se ti siedi lì mi togli la luce.» gli disse paziente Hermione quando lui si spostò per l’ennesima volta ruotando intorno alla ragazza.
«Ma, Hermione!» ribatté lui frustrato «E’ tutto il pomeriggio che cerco di capire che accidenti stai facendo con quel mattone, l’ho guardato da ogni lato ma restano sempre segni incomprensibili, adesso, capisco che in queste cose sono peggio di un troll..!»
«Ron, finalmente!» esclamò sua sorella Ginny, seduta sulle ginocchia di Harry «La consapevolezza è il primo modo per superare il problema della mancanza di neuroni, sono felice per te fratello!»
Harry e Hermione furono presi da un attacco di risate mentre le orecchie di Ron diventavano sempre più rosse, finché lei sospirando chiuse il libro rivolgendosi al fidanzato.
«Ron, questo è un compito di Rune, sto traducendo degli antichi scritti di origine egiziana.» disse «Sono riportati con la nostra numerologia ma usano un incantesimo particolare per rendere la loro traduzione incredibilmente più complessa, lo scriptum repercussus, per questo sembrano incomprensibili.» Concluse con un sorriso soddisfatto; il sorriso lentamente svanì osservando i volti dei tre amici.
«Non sapete cosa sia..?» chiese dubbiosa; Harry, Ron e Ginny scossero il capo.
«Dovevo immaginarlo.» sospirò alzando gli occhi al cielo. «Questi simboli egizi sono magici» iniziò «Leggendoli riflessi in uno specchio non vengono solo ribaltati, si modificano, ruotano su loro stessi formando il linguaggio runico a noi conosciuto; di solito l’incantesimo applicato, lo scriptum repercussus viene usato per riportare messaggi in codice o incanti proibiti. Può essere utilizzato con qualsiasi lingua, è straordinariamente utile.»
Harry ormai aveva smesso di domandarsi come facesse Hermione a saperne sempre una più di lui ma non poteva fare a meno di stupirsi, ogni volta, del suo incredibile intelletto, orgoglioso della sua migliore amica; questo sicuramente provava Ron in quel momento mentre guardava ammaliato la sua Hermione.
«Bhe… insomma…» cominciò lei imbarazzata «Non è… non è così difficile, la professoressa Babbling ha detto che… basta capire il meccanismo… e…». Il balbettio di Hermione fu interrotto dall’improvviso arrivo di Dennis Canon, il fratello più giovane del povero Colin; per la prima volta Harry si accorse di quanto si somigliavano, ritrovò in lui la stessa luce vivace negli occhi del piccolo e coraggiosissimo Colin Canon e questo gli procurò una fitta dolorosa alla bocca dello stomaco. Dopo la Battaglia e dopo tutto ciò che aveva portato era la prima volta che aveva la possibilità di parlargli.
«Ciao Harry!» esclamò Dennis, anche la voce perennemente allegra era come quella del fratello «Ho una cosa per te!» aggiunse porgendogli un rotolo di pergamena sigillato con lo stemma di Hogwarts.
«Grazie Dennis» rispose Harry prendendo il messaggio «Sai chi lo manda?».
«Credo provenga dalla presidenza, ma non ne sono sicuro. Me l’ha passato Elizabeth, non credo tu la conosca, mi ha detto solo di portartelo perché io ti conoscevo, io gli ho risposto che non c’era problema, che te l’avrei portato sicuramente perché è vero che ti conosco, è dal primo anno che sono qui che ti conosco e come l’ho detto l’ho fatto, adesso sono qui..!»
«Sì… ehm, ti ringrazio Dennis.» disse Harry interrompendo il flusso inarrestabile di parole.
«Di niente! Figurati Harry! Ci vediamo in giro!» esclamò con un sorriso a trentadue denti, si girò e tornò saltellando al buco del ritratto. Harry rimase a fissare il punto da cui era uscito il ragazzino con sguardo perso, gli occhi inespressivi: avrebbe voluto dirgli qualcosa, forse che gli dispiaceva per ciò che era accaduto al suo fratellino, così giovane, morto per causa più grande di lui ma non ci era riuscito, non aveva avuto la forza di affrontare gli eventi. Per un attimo immaginò il tremendo dolore che la povera madre dei Canon doveva aver provato alla fine della battaglia e la stessa sensazione allo stomaco avvertita poco prima ritornò ad attanagliarlo; si sentì incomprensibilmente un codardo a non aver proferito parola in proposito, un’altra volta ancora soffriva al pensiero dei tanti, troppi morti a causa sua, un’altra volta ancora il passato tornava come un incubo immortale.
«Harry?» la voce di Ron lo riscosse dai suoi pensieri «Beh? Non la apri?»
«Dalla presidenza?» domandò Ginny «Cosa vuole da te la McGranitt? Harry, che hai fatto?»
«Io? Niente!» esclamò lui frustrato.
«Non pensi che possa essere un’altra riunione con Kingsley?» domandò Hermione visibilmente preoccupata.
«Sì, ci ho pensato» rispose Harry; un’altra convocazione di Kingsley… non poteva essere, se Hermione aveva ragione, quella lettera non prometteva nulla di buono.
«Credete davvero che sia sua..?»
«Non lo scopriremo mai se non apriamo quella maledetta busta!» esclamò Ron impaziente strappando di mano la lettera all’amico; la aprì e la lesse ad alta voce: «Harry, vorrei tu mi raggiungessi in presidenza il prima possibile, desidero parlarti di una situazione cre… crea…»
«Creatasi» completò Hermione esasperata, leggendo al di sopra della sua spalla.
«Creatasi solo pochi giorni fa. Ti sarei grata se portassi con te anche la signorina Granger, ritengo potrebbe essere utile il suo aiuto. Firmato: professoressa McGranitt. P.S. La parola d’ordine è “zenzerotti”».
«Devo venire anch’io?» ripeté Hermione stupita alzando gli occhi.
«Perfetto! Almeno sappiamo che non è Kingsley che mi chiama» disse Harry sollevato «Sarà meglio andare, non credi? » continuò rivolto all’amica.
«Sì, suppongo di sì» rispose ancora scombussolata. Si alzò rovesciando libro e calamaio e, senza salutare né Ron né Ginny, attraversò la Sala Comune a passo di marcia, non curante del malcapitato ragazzino sdraiato sul tappeto a cui aveva appena calpestato una mano; superando il buco del ritratto con un balzo, sparì.
«Ci vediamo dopo» mormorò veloce Harry a Ginny prima di rincorrere la ragazza ormai svanita all’orizzonte. La raggiunse a metà del corridoio illuminato dal sole, doveva correre per starle dietro; Harry avrebbe voluto fermarla e scuoterla per farle riprendere la razionalità di sempre, ma dubitava anche che anche questo avrebbe funzionato: per curiosità o nervosismo Hermione sembrava camminare sollevata da terra di qualche centimetro tanto era veloce. Si tormentava le mani con gli occhi luccicanti, troppo luccicanti… CRASH! Il rumore di qualcosa che va in frantumi e acqua che si rovescia: Harry, troppo occupato ad osservare l’amica, era inciampato su un vaso di fiori che lei aveva accuratamente evitato; conteneva strani pezzi di vetro, bottiglie, bottiglie di sharry… il pensiero della professoressa Cooman lo fece ridacchiare.
«Reparo!» disse Hermione, la bacchetta puntata verso il vaso, e poi ancora «Rabbocco» ed ecco che il vaso era come nuovo; fortunatamente tutto quel rumore era riuscito a distrarla dai suoi pensieri riportandola alla realtà.
«Sei tornata tra noi?» le chiese Harry sarcastico.
«Sì… io… scusa… pensavo a cosa possa volere la Mcgranitt da te… e da me… insomma di solito sei tu… o guarda, siamo arrivati!» esclamò ad un tratto; erano giunti di fronte al Gargoyle.
«Zenzerotti!» disse Harry fiducioso all’orribile statua che si spostò di lato con un rumore sinistro, rivelando l’entrata buia per la presidenza; salirono la scala quattro scalini alla volta fino ad arrivare di fronte alla grande porta di un antico legno intagliato. Bussarono con forza e attesero risposta; un rumore di passi veloci, la maniglia che gira…
«Potter! Sei tu! E c’è anche la signorina Granger, molto bene, molto bene… su, forza entrate! Cosa fate ancora lì? » esclamò la professoressa Mcgranitt vedendoli. Harry e Hermione si scambiarono un sguardo stupito: la professoressa sembrava anche più nervosa di Hermione, quasi infastidita da qualcosa del tutto ignoto ai ragazzi che, impazienti, entrarono nella sala ormai ben conosciuta a Harry. Avrebbe potuto muoversi nella presidenza ad occhi chiusi tanto gli era familiare: i tavolini con gli oggetti ronzanti, il vecchio trespolo di Fanny ormai vuoto, la scrivania, le due sedie e, in un angolo, il pensatoio; nulla era cambiato dalla morte del precedente preside tranne, proprio Silente. Il suo quadro giaceva appeso dietro la poltrona della McGranitt, più grande e imponente degli altri quasi ad indicare quanto più avesse lasciato ad Hogwarts rispetto ai suoi predecessori, quasi a confermare le parole lontane ma non dimenticate di Hagrid “Il più grande direttore che Hogwarts ha mai avuto”, un grande direttore, un grande mago: questo era Albus Silente, che ora dormiva, o fingeva di dormire dietro la scrivania dove era appoggiato… il Cappello Parlante. Il vecchio cappello rattoppato non occupava la sua solita posizione su una mensola tra milioni di altre cianfrusaglie ma stava, quasi in attesa, al centro della scrivania, un po’ pendente e con la punta storta da un lato.
«Molto bene» ripeté la preside «Non voglio trattenervi a lungo, ma mi sono vista… costretta a chiedere il vostro aiuto» la smorfia fatta alla parola “costretta” spiegava perfettamente il suo nervosismo, sembrava fare qualcosa contro la sua volontà.
«Vi ho convocati qui» continuò «perché spero mi possiate aiutare a risolvere uno spiacevole inconveniente venutosi a creare pochi giorni fa… niente di preoccupante, ve lo assicuro!» aggiunse rivolta ad Hermione che si mangiucchiava le unghie inquieta. «Come immagino avrete compreso, la questione tratta un oggetto magico ben noto qui a Hogwarts: il Cappello Parlante» disse indicandolo con un gesto della mano «Ebbene… si rifiuta di parlare! Il Cappello Parlante sembra aver perso la parola, non risponde quando viene interpellato e non dona più avvertimenti o consigli. Dovete sapere che il cappello Parlante fa parte della storia di Hogwarts…»
«Da secoli, in realtà dalla stessa fondazione della scuola, e sempre è stato considerato come un oggetto magico di incredibile saggezza, pronto a fornire un aiuto alla scuola stessa» completò Hermione precisa con un gran sorriso «L’ho letto in Storia di Hogwarts».
«Esatto signorina Granger» disse la McGranitt «Ovviamente abbiamo tentato, io e il professor Uglick, ogni tipo di incantesimo per restituirgli la parola o almeno per capire ciò che gli era successo. Siamo giunti alla conclusione che il Cappello non parla per sua volontà quando ha iniziato, non curante delle nostre richieste, a ripetere una specie di filastrocca, un indovinello da risolvere, ininterrottamente ogni volta che gli ponevamo un quesito» concluse evidentemente infastidita dalla situazione. Harry ancora non capiva: cosa centravano lui e Hermione in tutta questa assurda storia? Non crederà mica che..?
«Vuole che noi risolviamo l’indovinello?» domandò esterrefatto.
«Precisamente signor Potter» gli rispose la preside compiaciuta.
«Ma… ma… vuole scherzare?! Né lei né il professor Uglick, da quanto ho capito, ci siete riusciti… come possiamo farlo noi?» esclamò Harry.
«Signor Potter! La prego di moderare il tono di voce» disse la preside con gli occhiali che vibravano leggermente, forse per i modi bruschi di Harry o forse per la consapevolezza di aver chiesto aiuto a dei diciottenni per risolvere qualcosa in cui lei non era riuscita, spiegazione plausibile del suo nervosismo. «Non mi aspetto che voi riusciate nell’intento subito, vi chiedo di pensarci o almeno…» fece una pausa e chiuse gli occhi per un attimo «Il professor Silente confida nel vostro intervento». Una risata soffocata fece sobbalzare Harry e Hermione che, quando si voltarono, fecero appena in tempo a vedere la figura del vecchio preside ricomporsi e continuare la sua finta dormita. Adesso tutto si spiegava: non era stata la McGranitt a chiedere il loro intervento, non ne avrebbe avuto motivo, ma Silente. Silente, a differenza della professoressa, sapeva che Harry era uno dei pochi studenti per cui il Cappello Parlante sembrava avere una predilezione: aveva tenuto in considerazione, ancora al primo anno, il suo volere durante lo Smistamento e, un anno più tardi, gli aveva concesso di estrarre la spada di Grifondoro durante il combattimento con il Basilisco; forse pensava che il Cappello potesse aprirsi ulteriormente al ragazzo o, nel peggiore dei casi, ripetere l’indovinello che molto probabilmente Hermione avrebbe risolto.
«Bene! Io e Harry faremo il possibile» disse la ragazza concitata «Ma prima una domanda professoressa, mi può dire con esattezza quando sono cominciate queste stranezze?»
«Signorina Granger, come le ho detto sono solo pochi giorni che ci mette alla prova con questa filastrocca ma, in effetti, è dall’inizio di quest’anno che il Cappello Parlante non si comporta come suo solito, a partire dall’insensata disputa con il Cilindro canterino del professor Willis durante la cerimonia dello Smistamento» rispose la preside contrariata.
«Professoressa, potremmo sentire l’indovinello o lo ha trascritto da qualche parte?» chiese ancora Hermione.
«Credo che la cosa migliore sia ascoltarlo da capo, se il Cappello ci fa la cortesia…?» disse rivolta al logoro cappellaccio sulla scrivania; Harry e Hermione lo guardarono attenti e il cappello cominciò a cantare:

Finì l’ultimo verso nel silenzio generale, persino l’aria si era congelata; la sua voce si spense e tornò ad essere solo un cappello.

Luke Weasley!!