Si ecco... Non era un momento molto felice per me, lo ammetto...
Però penso che sia una delle mie storie più sentite...
Il bivio
C’era una volta un uomo di 40 anni, circa…
Eccolo lì. Lo vedete? Ma sì dai, è quello lì. Seduto sul bordo della fontana della piazza centrale della città. No. Non quello con l’impermeabile bianco. Quello è il barbone storico del centro. Quell’altro, lì di fianco. Giubbotto verde e jeans, un filo sovrappeso. Ecco, bravi. Quello!
Quella che segue avrebbe potuto essere la sua storia. O forse chissà, la è stata davvero.
Era una splendida giornata di autunno.
Il vero autunno, quello che dura solo tre settimane; il tempo per le foglie degli alberi di cambiare colore e cadere e poi è subito inverno, checché ne dica il calendario.
Quelle giornate ottobrine in cui gli odori arrivano subito, intensi, non oppressi dalla calura estiva o spazzati dal vento gelido.
E ti sembra di non aver mai avuto prima il senso dell’olfatto.
L'autunno qui a Genova, ha l'odore del mare, della terra, delle foglie che, portate dal vento di tramontana, cominciano a decomporsi; ha l’odore del pesce appena pescato e dei vicoli bui e misteriosi della città, da cui improvvisamente può uscire odore di focaccia o di pane appena sfornato.
L’umidità che sale dalla fontana comincia a condensarsi in una delicata nebbiolina, che, quando sei distratto o particolarmente preso dai tuoi sogni, puoi immaginare che sia un fantasma, che vaghi in cerca di un posto dove stare.
E nel frattempo, tutto si colora delle sfumature più belle e intense. Dal giallo oro al rosso acceso che spunta nel verde del mare e nell'azzurro del cielo, e ciascuna di esse dura lo spazio di un pensiero.
Bruno era seduto su quel muretto da un quarto d’ora. Stava aspettando sua moglie e sua figlia, che stranamente erano in ritardo. E allora lui, come al solito, aveva colto l’occasione per perdersi in quei colori e nei suoi sogni di mondi fantastici. Lui cavaliere. Lui mago. Lui arciere infallibile. Si guardava intorno ma non vedeva niente e nessuno. Era semplicemente altrove. In mezzo a suoni, odori, ombre che nulla avevano a che spartire con il centro caotico della sua città.
Che bello, stava pensando lui, se davvero io fossi un mago sotto mentite spoglie e nessuno lo sapesse. Che bello se davvero esistesse un mondo alternativo di maghi, di cui i non-maghi non sanno nulla.
Era immerso in queste speculazioni fantastiche, quando all’improvviso notò qualcosa di strano. I rumori. Sì i rumori della piazza. Dove erano finiti? E perché stavano all’improvviso tutti fermi?
Cosa stava succedendo?
Si guardò intorno e notò che un paio di persone non erano ferme come statue, come tutti lì intorno, ma si muovevano, anzi stavano andando incontro a lui!
Bruno si riscosse e la prima cosa che pensò fu di essere impazzito. Ma mai come quando i due gli arrivarono vicini.
Erano straordinari, ecco… la prima parola che gli venne in mente fu questa.
Erano un uomo e una donna. Alti più o meno come lui, vestiti di tutto punto e sarebbero potuti benissimo passare per persone normali, se non fosse stato per gli occhi! Magnetici! Profondi! E soprattutto diversi uno dall’altro. Uno di un verde smeraldo spettacolare, mentre l’altro era rosso fuoco!
“Ciao Bruno!”, disse la donna sorridendo amichevolmente.
L’uomo gli rivolse invece appena un cenno della testa. Ma sorrideva anche lui.
Bruno non aveva paura, conscio che qualcosa di straordinario gli stava per accadere.
“Chi siete?” riuscì a farfugliare.
“Sì davvero Emy, sei stata scortese!”, disse l’uomo, ”Hai dimenticato le presentazioni! Io sono Geo, ministro del reclutamento del mondo dei maghi, e questa è Emy appunto, la mia personale, e fin troppo entusiasta, assistente!”
“Mondo dei maghi? Reclutamento?” riuscì a dire Bruno, “Volete dire che…”
“Sì Bruno”, disse Geo, “Esiste davvero, come sempre hai sognato, un mondo della magia, invisibile ma parallelo a quello delle persone normali. Noi del reclutamento teniamo sotto controllo questo mondo e reclutiamo per noi le persone, come te, che hanno la capacità di vedere, e di sentire, oltre.”
“E’ uno scherzo vero?” disse Bruno “Siete stati ingaggiati da mia moglie!”
“Guardati intorno!” disse Emy, “Cosa vedi?” Bruno si guardò intorno. Persone ferme. Persino piccioni. Raggelati nell’atto del volo. Non poteva essere un trucco!
“Ma perché me?” disse alla fine.
“Perché come ti ho detto prima tu possiedi la capacità di sognare e di volare sulle ali della fantasia, come pochi altri. Sì siamo pochi Bruno, e stiamo lottando in tutti i modi contro questa civiltà dell’ “Ora e adesso”, del concreto, dell’assenza di fantasia, prima che sia troppo tardi. Prima che scompaia anche l’ultima goccia di capacità di sognare, che porterebbe il mondo come lo conosciamo all’autodistruzione. All’omologazione coatta. Tutti uguali, per sempre. Noi non vogliamo un mondo così! E neanche tu!”, concluse Geo.
“Beh sì. E’ vero!” disse Bruno, “Ma come fate? E io come posso aiutarvi?”
“Domanda legittima”, rispose Emy, “Noi compiamo piccole magie quotidiane, magari colorando muri, oppure liberando un volo di uccelli colorati, o magari facendo apparire immagini imbarazzanti in contesti molto seri!”
“E io imparerò a fare tutto questo? Imparerò a fare magie?” disse Bruno, che quasi ora piangeva dalla felicità
“Certo” disse Geo, “Imparerai e anche piuttosto in fretta direi, visto le tue capacità! Mai vista tanta fantasia in un uomo della tua età!”
Bruno non riusciva a crederci! Era il sogno della sua vita!!! E si stava avverando!
“Sarò felicissimo e onorato di entrare a far parte dei maghi e di aiutare la vostra causa!” E si alzò pronto a partire. “Non vedo l’ora di dirlo a mia moglie e mia figlia! Appena lo sapranno… Voglio vedere che faccia farà mia moglie quando le dirò che sono un mago! E mia figlia! Quando le sciorinerò davanti tutte le magie che imparerò!”
Bruno alzò lo sguardo e vide che i due maghi si guardavano in tralice, come imbarazzati.
“Cosa c’è? Qualche problema? Ci avete ripensato?”, chiese con ansia
“Diglielo Geo!”, esclamò Emy.
“Ecco vedi… Il nostro mondo deve rimanere segreto. Tu lo capirai senz’altro. Le nostre lenti per esempio, sono un segno distintivo che ci viene dato quando si entra a far parte della congrega, per riconoscerci quando siamo in missione. La lente verde è per le magie difensive, quella rossa invece è per le magie d’attacco. E non possiamo toglierle più, una volta messe. Perché, come capirai fin troppo bene se accetterai, abbiamo necessità, qualche volta, di doverci difendere. E, come anche tu ci hai fatto capire, sono estremamente individuabili”, terminò il mago.
“Ma certo! Sarà dura ma potete stare sicuri che non rivelerò nulla né a mia moglie, né a mia figlia, né a nessun altro, metterò delle ulteriori lenti a contatto…” iniziò Bruno con fervore.
“Non è che non ci fidiamo di te, Bruno”, lo interruppe lui, “Ma non possiamo rischiare. Se accetterai di diventare parte del nostro mondo, faremo un incantesimo su tua moglie e tua figlia, nonché su tutti quelli che ti conoscono, affinchè si dimentichino di te. Qualcuno, semplicemente, si dimenticherà che tu esisti. Ad altri influenzeremo la memoria e gli faremo credere di ricordare che sei perito in qualche incidente. Tu verrai a vivere con noi e tutti gli altri maghi nel castello della fantasia. E ne uscirai solo per le missioni, o per il reclutamento”.
Bruno rimase lì. Fermo, a bocca aperta. “Volete dire che mia figlia si dimenticherà di avermi avuto come padre? Oppure mi ricorderà come morto? O che mia moglie, magari, si dimenticherà di avermi mai amato?”
“E’ dura, ma è così, Bruno” disse Emy, “E’ essenziale per il nostro lavoro e per il successo finale! Se accetti non avrai neanche il tempo di salutarle. Verrai subito trasferito nel castello”.
Bruno non poteva crederci. Il sogno di tutta una vita. Eccolo lì. A portata di mano. Ma a quale prezzo! Certo sarebbe stato facile dire sì. E sarebbe stato un mago. Per sempre.
Improvvisamente non ebbe più dubbi. E fece la sua scelta.
Dietro l’angolo una madre e una bimba risalivano la piazza. Carica di pacchi la donna. Con un gelato in mano, e mezzo spalmato in faccia, la bimba.
Arrivarono trafelate nei pressi della fontana.
“Eccoci! Ma dov’è papà?” disse la donna.
La bambina si guardò intorno. “Non lo vedo da nessuna parte mamma!”
“Ma come? Eppure eravamo d’accordo che ci aspettasse qui!”, disse lei girandosi e facendo ruotare i pacchi.
“E’ sparito?” Disse la madre che cominciava ad avere un po’ di ansia. “Non c’è! Dov’è finito?”
“No! Guarda mamma è là!” fece la bambina indicando il padre in disparte seduto su una panchina vicino alla fontana.
“Ma…mamma…” fece la bimba, “Perché papà sta piangendo?”