Non vi chiedo di leggerlo prima della riunione di domani, perchè con il capitolo 21, nello specifico, non c'entra nulla.
E' un'idea che mi era venuta, visti tutti i ritratti in giro per i vari testi... Sarebbe da inserire dopo la gitarella al Maniero dei Peverell, quindi intorno a Febbraio/Marzo.
La genesi del dialogo con il vecchio Blake è in realtà molto, molto, mooooolto anteriore alle discussioni sui ritratti, e si conclude così come l'avevo pensata in origine, anche se discorda con quanto ho scritto nel testo su Xeno e l'Invictus.
Sono matta. Lo so.
***
Le grate di metallo si chiusero e l'ascensore si mise in movimento con un cigolìo metallico. Harry e il mago stempiato vestito di rosso si appoggiarono alla parete del cubicolo per non cadere, mentre i promemoria svolazzavano indispettiti intorno alle loro teste.
Era tardi, e pochi impiegati erano ancora in Ufficio a quell'ora: gli ascensori trasportavano soltanto gli ultimi ritardatari ai camini dell'Atrium. I maghi e le streghe che avevano ancora qualcosa da sbrigare tra un piano e l'altro, camminavano a passo svelto e con la testa bassa, borbottando.
Harry si chiese se Kingsley fosse già stato avvertito del suo arrivo, e se l'avrebbe mandato a chiamare per chiedergli cosa ci facesse lì. Sospirò, rassegnato: tanto valeva iniziare a pensare a una risposta che non facesse sembrare la sua visita al Ministero una perdita di tempo. Non era sicuro di voler raccontare tutta la storia del maniero dei Peverell: quello che aveva scritto nell'ultimo messaggio gli era sembrato più che sufficiente, ma Kingsley non gli era parso pensarla allo stesso modo.
“Non vorrei che ti sentissi costretto a nascondermi qualcosa, Harry” aveva scritto il Ministro
“I tempi oscuri sono finiti: dovremmo imparare di nuovo a fidarci l'uno dell'altro”.Harry scosse la testa: Kingsley Shackebolt non era stato il suo confidente preferito nemmeno ai tempi dell'Ordine della Fenice. Certo, l'aveva sempre rispettato e ammirato, ma il loro rapporto era rimasto fermo a una specie di solidarietà cameratesca: avevano avuto un nemico comune contro cui lottare, e l'avevano sconfitto. E ora che era diventato Ministro, circondato da un'aura di ufficialità, a Harry sembrava a volte ancora più distante.
La familiare voce femminile annunciò il Settimo Livello,
l'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, e una strega con un lungo cappello viola entrò di corsa, stringendosi al petto una cassa di legno che si dibatteva furiosamente.
<
Santo cielo!> sbottò quando le porte si chiusero di nuovo <Bolidi Felloni! Pensavamo di essercene liberati una volta per tutte!>
Il mago stempiato sorrise, comprensivo.
<Sempre meglio delle Pluffe Pungenti, Electa. La settimana scorsa ne abbiamo portate via cinque da un campo di Winchester> disse con la sua voce nasale.
<L'americano avrà un sacco da fare su, al Terzo Livello> assentì la strega.
Harry notò una strana nota di compiacimento nella sua voce, come se fosse contenta di contribuire ad aumentare il carico di lavoro ai Livelli superiori.
<E tu dove vai, Archie?> chiese al mago stempiato <Altri problemi con i Folletti?>.
Prima che l'uomo potesse risponderle, le porte si spalancarono di nuovo, e un ometto basso e scialbo entrò nell'ascensore. Aveva un'aria vagamente familiare, ma Harry non riusciva a ricordare dove potesse averlo incontrato. Reggeva davanti agli occhi un lunghissimo foglio di pergamena e faceva dei gesti con la mano libera, come se stesse contando a mente. Solo quando ripresero a salire sembrò accorgersi della presenza di altra gente.
<Salve Archie, buonasera Madama Major> disse, arrotolando la pergamena e rivolgendosi prima al mago e poi alla strega con il cappello viola.
<'Sera Twycross> rispose lei.
Improvvisamente Harry ricordò dove aveva visto quell'uomo: era l'insegnante di Materializzazione che il Ministero aveva inviato a Hogwarts due anni prima. Le sue tre D erano state fonte di risate per mesi in tutta la scuola, ma ora, per quanto si sforzasse Harry non riusciva più a ricordarne il significato. Gli sembrava che fossero passati secoli interi, da allora.
<Buonasera, signor Twycross> disse, facendo un cenno con la mano.
Il mago si voltò verso di lui, fissandolo con i suoi occhietti scialbi.
<Ci conosciamo?> chiese, visibilmente perplesso, voltando la testa prima da un lato e poi dall'altro, come se stesse cercando di studiarlo da un'altra angolazione: Harry credette di capire come dovesse sentirsi un pesce rosso nella sua boccia.
All'improvviso Twycross proruppe in un'esclamazione di sorpresa.
<Per la barba di Merlino! Ma questo qui è Harry Potter!>
Harry sospirò: avrebbe dovuto aspettarselo. Sorrise al mago, stringendo la mano che gli porgeva, con più calore possibile.
<E' stato il mio insegnante di Materializzazione a Hogwarts, signore> rispose.
Non si era ancora abituato alle espressioni sorprese e ai modi cerimoniosi che la maggior parte dei maghi sembrava sentirsi in dovere di sfoggiare in sua presenza: era come trovarsi ogni volta davanti a Percy Weasley, ma senza occhiali di corno e capelli rossi.
<Harry Potter?>
Il mago e la strega avevano smesso di confabulare e si erano voltati verso di loro.
<Mi era giunta voce che adesso frequenta un corso da Auror> cinguettò Electa Major, protendendosi spaventosamente in avanti <Ma non immaginavo fosse vero... Quel Nob, su al Terzo Livello, racconta tante di quelle balle!>
Archie si precipitò a stringergli la mano.
<Sono Archimbald Risey, Harry Potter. Molto lieto di fare la sua conoscenza!>
<
Oh cielo! Harry Potter! Ho insegnato a Harry Potter!> continuava a gongolare Wilkie Twycross, come in estasi.
Mentre Harry cercava un modo per sfuggire alla solita scena di isteria collettiva, le porte si aprirono nuovamente e la solita voce femminile annunciò:
<
Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale> .
<E' la mia> disse Archie, alzando le spalle. Sembrava contrariato: Harry si chiese se il suo sconforto avesse a che fare con i Folletti, oppure semplicemente con il fatto che i suoi colleghi avrebbero passato altro tempo in ascensore con una celebrità.
<Buona fortuna con il Bolide> disse il mago, passando accanto ad Electa e ticchettando con le nocche sulla cassa di legno <Ora che il Ministro è assente, lassù gli americani fanno il bello e il cattivo tempo>.
Mentre Archie si incamminava verso il fondo del corridoio, le grate si richiusero e l'ascensore riprese a salire.
Harry cercò di mascherare l'espressione sorpresa, nascondendola dietro quello che sperava potesse essere scambiato per educato interesse.
<Il Ministro è assente?> chiese a Wilkie Twycross, come se si stesse informando sullo stato di salute del Cercatore dei Cannoni di Chudley.
Electa Major aveva ripreso a borbottare, stringendo la cassa ancora più forte.
<Si, certo> rispose Twycross annuendo energicamente <E' negli Stati Uniti, da quasi una settimana>.
Di nuovo Harry dovette fare uno sforzo sovrumano per rimanere impassibile. Kingsley non c'era, quindi nessuno avrebbe potuto informarlo immediatamente del suo arrivo, ma nel suo ultimo messaggio non aveva detto di voler partire, né aveva fatto riferimento all'organizzazione di un viaggio.
Si rivolse ancora a Twycross, cercando di mantenere un tono colloquiale e distaccato.
<E' successo qualcosa?> chiese, con l'aria distratta di chi porta avanti una conversazione per il puro gusto di farlo.
<Oh no, niente> rispose il mago <Era un impegno che il Ministro aveva preso da mesi: un viaggio ufficiale negli Stati Uniti per parlare alla comunità magica e ringraziarli del loro prezioso aiuto>.
Electa Major fece schioccare la lingua e alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla.
<Oh, andiamo!> borbottò Twycross, riprendendo a maneggiare il suo foglio di pergamena <Non sono certo i compagni di scrivania ideali, però hanno fatto tanto e dobbiamo riconoscerlo. Lo sa anche lei, Madama Major> concluse, lanciando un'occhiata penetrante alla strega con il cappello viola.
La donna scosse la testa, ma continuò a rimanere in silenzio.
Molti dei promemoria avevano seguito Archie nel corridoio del Quinto Livello. Harry sollevò la testa e vide due dei superstiti che cozzavano contro la lampada come falene viola pallido.
Probabilmente Kingsley aveva tutti i diritti di non informarlo dei suoi spostamenti, riflettè scuotendo la testa: dopotutto, si trattava del Ministro della Magia, e il Ministro della Magia non era certo tenuto a comunicare a un apprendista Auror le date dei suoi viaggi ufficiali.
Forse Draco aveva ragione: il fatto di chiamarsi Harry Potter non significava assolutamente niente.
Uno dei promemoria prese lo slancio, sbattè violentemente contro la lampada, e ricadde a terra, come un grosso insetto morto.
Harry scosse la testa. Qualche tempo prima ,Hermione gli aveva detto che avrebbero tutti dovuto abituarsi di nuovo alla normalità. Probabilmente la normalità era questa.
Anche se prenderne coscienza non lo aiutava a sentirsi meno solo.
<In ogni caso> intervenne Electa Major <Lei dove va, Tycross?>.
Harry sobbalzò.
<Oh> sussultò il mago <Al Primo Livello>. Aveva srotolato di nuovo la sua pergamena, e sembrava avesse ricominciato a contare a mente.
<E lei, signor Potter?>.
Harry guardò Madama Major.
<Al Secondo Livello> rispose. Aveva immaginato che qualcuno avrebbe potuto chiedergli dove fosse diretto: per questo, quando Draco gli aveva detto che la Sottosezione Ritratti Magici si trovava nello stesso Ufficio che ospitava il Quartier Generale degli Auror, aveva tirato un respiro di sollievo. Come aveva dimostrato la stessa Electa poco prima, al Ministero tutti sapevano tutto: una sua visita lassù avrebbe solo avvalorato le teorie sul suo addestramento, senza destare sospetti.
Infatti la strega lo fissò per un attimo con un'espressione vagamente trionfante, poi si spostò verso sinistra e scoprì una pulsantiera che Harry non aveva mai notato prima.
<Credo che potremmo saltare tranquillamente un paio di Livelli> disse, alzando le spalle <Reggetevi forte, gente!>.
Twycross arrotolò di nuovo la sua pergamena e divaricò le gambe, come a voler rimanere saldo sul pavimento, mentre Electa Major premeva un pulsante rosso con un grande numero tre stampato sopra.
Harry fece appena in tempo a schiacciarsi contro le pareti del cubicolo, mentre l'ascensore prendeva velocità con un sibilo acuto. Per un attimo si sentì tirare all'altezza dell'ombelico, come se una Passaporta si stesse mettendo in funzione. Il Bolide Fellone iniziò a dibattersi ancora più violentemente nella cassa, mentre Twycross si tappava le orecchie con le dita. Harry credette di intravedere uno, o forse due, corridoi sfrecciare davanti a loro. Le grate delle porte sembravano essersi trasformate un'unica scia dorata, stava per perdere l'equilibrio e finire addosso a Madama Major, quando l'ascensore si fermò con uno scatto e la voce annunciò:
<
Dipartimento per le Catastrofi e gli Incidenti Magici>
Harry trasse un respiro profondo e cercò di riprendere fiato. Twycross si era portato una mano al petto e respirava affannosamente, come dopo una lunga corsa.
Il Bolide sembrava aver esaurito gran parte delle sue energie durante l'ascesa: i sibili e gli scoppi che provenivano dall'interno della cassa erano ora più flebili e soffocati.
Madama Major tamburellò con le dita sul coperchio.
<Bene> disse, sorridendo <Vediamo cosa possiamo fare per questo delinquente!>.
Harry si sforzò di sorriderle di rimando, mentre il mago estraeva un fazzoletto dalla tasca e se lo passava sulla fronte sudata.
<Mi ha fatto molto piacere conoscerla, signor Potter. Spero ci rivedremo presto!> continuò la strega <Quanto a lei, Twycross, l'aspetto domani in Ufficio. Non lo dimentichi!>.
E con un ultimo colpetto al coperchio della cassa, Madama Major sparì lungo il corridoio, mentre l'ascensore riprendeva a salire.
Harry aveva finto di non capire l'allusione, e aveva continuato a sorridere, sentendosi nel contempo molto stupido. Twycross, da parte sua, era rimasto impassibile: sembrava non essersi ripreso ancora del tutto dalla salita di poco prima. Sempre ansimando, srotolò di nuovo la sua pergamena e riprese a contare a mente, borbottando come un vecchio calderone.
Harry scosse la testa e trasse un respiro profondo. Quella visita al Ministero non l'avrebbe portato più vicino a Ron, su questo non c'erano dubbi, però c'era qualcosa che voleva chiarire prima di andare avanti. E doveva farlo in quel preciso momento, altrimenti sarebbe stato troppo tardi.
Sorprendentemente, Draco l'aveva capito, e aveva cercato di aiutarlo. Harry sorrise tra sé e si preparò a scendere, mentre l'ascensore si fermava di nuovo e la voce annunciava:
<
Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia>
<Suppongo sia la sua, signor Potter> disse Twycross, il naso perso nei recessi della sua pergamena.
Harry annuì.
<Bene, bene> il mago scostò i suoi fogli e gli strinse la mano <Allora arrivederci, signor Potter. E' stato un piacere incontrarla>.
Harry ricambiò la stretta e sorrise di rimando, poi si voltò verso il corridoio. Le porte si richiusero dietro di lui e l'ascensore riprese a salire con il solito cigolìo.
L'Ufficio sembrava deserto. Le porte erano tutte chiuse, come era naturale che fosse, ma non c'era il solito traffico di maghi e streghe che bussavano, oppure che sostavano in piccoli capannelli lungo le pareti. Harry si incamminò lungo il corridoio, cercando con gli occhi la statua di Sacripante il Sordo. Sentiva i suoi passi rimbombare nel silenzio più assoluto. Probabilmente, nel Quartier Generale degli Auror, dall'altra parte dell'Ufficio, c'era il solito andirivieni di gente: quel posto sembrava brulicare di vita a tutte le ore. Pensarci lo fece sentire più solo che mai.
Harry scosse la testa. Era inutile rimuginare sul passato. Hermione aveva ragione: stavano recitando all'infinito lo stesso copione, senza diventare attori migliori. Non c'era speranza di poter godere di un po' di pace.
Si guardò attorno. Draco aveva detto che il busto di Sacripante si trovava poco dopo la metà del corridoio. Harry si gettò uno sguardo alle spalle, per essere sicuro di non averlo sorpassato, perso com'era nelle sue riflessioni. I cancelli dorati dell'ascensore baluginavano in fondo, ma non c'era traccia di statue.
Fece un paio di passi avanti, cercando di rimanere attento. Si voltò prima verso destra e poi verso sinistra quando, all'improvviso, lo vide davanti a sé.
Era il busto più brutto in cui Harry si fosse mai imbattuto: un vecchio mago con un enorme naso a patata e un grosso porro sulla guancia, gli occhi strabuzzati e un corno acustico di proporzioni esagerate che sembrava nascere direttamente dalla falda del suo cappello.
La didascalia alla base lo indicava come
Sacripante il Sordo, noto per aver portato alle estreme conseguenze l'Incanto Sonorus.Harry prese mentalmente nota di non abusarne mai, in futuro, e si inoltrò nel corridoio alle spalle della statua, affrettando il passo. Non era mai stato in quella parte dell'Ufficio e, forse per la centesima volta dalla sua prima visita al Ministero, si chiese quanto fosse effettivamente grande quel posto. Mentre procedeva verso il fondo, notò almeno altri tre corridoi che si aprivano tra due porte, e una rampa di scale illuminata da candele che saliva fino a un pianerottolo e poi voltava verso destra.
La luce sembrava progressivamente diminuire. Harry si chiese se qualcuno si fosse mai perso lì dentro. Aveva scelto quell'orario nella speranza di non incontrare nessuno ed evitare domande, ma doveva riconoscere che quei corridoi deserti riuscivano ad essere più inquietanti del retrobottega di Sinister.
Fu quasi con sollievo che arrivò in fondo e vide la pesante porta di legno con la targa dorata. Evidentemente, dall'ultima visita di Draco, più di tre anni prima, non era cambiato nulla: neanche gli americani avevano apportato nessun cambiamento.
Harry alzò la testa e lesse l'intestazione, in elaborati caratteri neri.
Ufficio per l'Applicazione della Legge sulla Magia
Sottosezione Ritratti Magici
Più in basso, qualcuno aveva aggiunto una targhetta bianca.
Responsabile: Cungrucius S.W.Blake
Segretario: Peter J.Redkill
Relazioni con il Pubblico: Hubertus H.Grint
Harry trasse un respiro di sollievo: anche nella gerarchia interna sembrava non essere cambiato nulla. Draco aveva detto che Blake era molto anziano, ma evidentemente nessuno aveva ancora pensato di sostituirlo.
Inspirò profondamente, spinse la maniglia, ed entrò nell'ufficio.
Si trovò in una piccola stanza a forma di trapezio, completamente foderata di tappezzeria rossa. Due porte si aprivano lungo i lati obliqui, mentre la parete dritta nel mezzo era occupata da una grande tela. Il soggetto del ritratto aveva probabilmente deciso di andare a farsi un giro, perchè l'elaborata cornice dorata inquadrava soltanto una tenda blu e oro e un tavolino a tre gambe.
Sotto di questa, una lampada illuminava una scrivania massiccia, ingombra di carte. Harry si avvicinò, ma la sedia era vuota. In cima alla pila di fogli, un promemoria aperto si agitava debolmente.
Mentre si domandava se fosse il caso di bussare ad una delle due porte, quella alla sua sinistra si spalancò con uno scatto: sfrecciando a mezz'aria a tutta velocità, una grossa cartella marrone apparve nel vano e si gettò sulla scrivania, spargendo intorno tutti gli altri fogli.
Harry si abbassò, cercando di proteggersi con le mani dalla tempesta di scartoffie. Un giovane mago biondo si affacciò dallo stipite, con la bacchetta ancora in pugno e un'espressione disorientata.
<
Oh cielo! Mi... mi dispiace moltissimo!> disse, precipitandosi verso di lui e aiutandolo a rialzarsi <Ho sempre avuto qualche problema con l'Incanto Locomotor...> cercò di giustificarsi, torcendosi le mani.
Harry si rassettò la veste con le mani e lo guardò in viso.
<Ma tu sei... cioè...
lei è Harry Potter!> esclamò il giovane, tendendogli la mano <Io sono Hubertus Grint... tu... cioè...
lei non si ricorderà di me, ma io ricordo benissimo... Che partita! Che finale
spettacolare!>.
Il mago gli stava stringendo la mano con così tanto entusiasmo che Harry temette gli avrebbe staccato un braccio. Mentre cercava di ricordare chi fosse quel giovane biondo, Grint riprese a parlare.
<Ero al settimo anno di Tassorosso, Harry Potter!> esclamò, sorridendo <...La sua prima partita a Quidditch... quando ha quasi mandato giù il Boccino... che
spettacolo!>. Aveva una voce sgradevolmente acuta, una specie di cinguettìo, e in più il tono era quello entusiastico di un bambino davanti a un enorme pacco regalo. Harry pensò che dovesse essere un po' tocco.
<Ehm... no, signor Grint> interloquì, scuotendo la testa <Non credo di ricordarmi di lei...>.
<No, no, è naturale Harry Potter!> disse Hubertus, sempre continuando a sorridere <Ma io mi ricordo
benissimo di lei, ovviamente!>.
Harry continuò a sorridere, sentendosi un ebete, mentre il fiume di parole del mago gli si rovesciava addosso.
<E qual buon vento la porta qui?> esclamò Grint, chiudendo l'interrogativa con una nota sgradevolmente acuta.
<Ehm... dovrei vedere il signor Blake> rispose Harry, liberandosi dalla stretta e mettendosi a debita distanza dall'entusiasmo straripante del suo interlocutore.
<Uh Uh!> assentì Hubertus, muovendo la testa avanti e indietro <Immagino che abbia un appuntamento... Ovviamente devo averlo dimenticato... che
testa che ho!>.
Si battè una mano contro la fronte e corse alla scrivania, cercando tra le pile di scartoffie e mormorando qualcosa a denti stretti.
<No, no!> disse Harry, ancora disorientato <Non ho un appuntamento, stia tranquillo!>.
Il giovane riemerse dal cumulo di fogli.
<Ah,
davvero?> chiese, allungando l'ultima sillaba all'infinito <Bè...
in teoria il signor Blake non potrebbe riceverla senza appuntamento...>.
Grint si sporse dalla scrivania, fino quasi a sfiorare la punta del naso di Harry con la propria.
<Ma
sono convinto che per Harry Potter potrà fare un'eccezione!> concluse, con il tono di un bambino che ha appena ricevuto il suo primo manico di scopa.
Harry annuì con la testa: il modo di parlare di Hubertus Grint lo disorientava oltre ogni dire. Continuava a sorridere e a fare segno di sì, non riuscendo a interrompere quell'effluvio di parole. Senza contare quei suoi modi teatrali che lo mettevano a disagio. Sembrava di assistere alla scena madre di una recita per bambini.
Nel frattempo, il giovane si era voltato verso la tela alle sue spalle e si stava schiarendo rumorosamente la voce.
<Dwyllis!> chiamò, accostando le labbra alla tela.
Una strega dalla parrucca bianca con un lungo abito verde comparve immediatamente dal bordo destro del quadro.
<Dwyllis> cinguettò Grint <Avverti il signor Blake che Harry Potter è nell'anticamera e vorrebbe parargli>.
Dwyllis spalancò gli occhi, come piacevolmente sorpresa, e cercò di sporgersi dalla cornice per vedere meglio. Harry, spinto da un irrefrenabile istinto, la salutò con la mano.
<Oh-oh!> cantilenò la strega <Ma guarda un po' tu... Harry Potter! Mi chiedevo quando saresti arrivato fin qui! Bene!> annuì, rivolta a Grint <Il signor Blake sarà avvertito. Aspettate qui>.
Detto questo, si voltò verso destra e scomparve dalla cornice.
Hubertus si voltò di nuovo verso Harry.
<Bene> annuì, pensieroso <Sembra che,
in fondo, lei non sia un ospite tanto inatteso!>.
Harry aprì la bocca per dire qualcosa, ma non fece in tempo. La porta dell'ufficio di Blake si spalancò con un tonfo e la voce di Dwyllis disse <Avanti!>.
<Uh uh!> assentì Grint <Che velocità! Si muova, Harry Potter!> esclamò, facendo ampi gesti con le braccia <Al signor Blake non piace affatto aspettare!>
Harry annuì e si incamminò verso la porta. Finchè non l'ebbe oltrepassata e non se la fu chiusa alle spalle, sentì lo sguardo di Hubertus fisso sulla nuca.
L'ufficio di Cungrucius Blake doveva essere stato, un tempo, una stanza molto grande. Ora era ingombro di scaffali, pieni di grosse cartelle e vecchi rotoli di pergamena affastellati uno sull'altro. La tappezzeria rossa era la stessa dell'anticamera, ma qui aveva un che di antico e polveroso. Una luce soffusa proveniva da molte candele posate a terra o sulle mensole. Il ritratto di Dwyllis sorrideva, sornione, accanto alla porta.
<Avanti, Harry Potter!> disse una voce, dal fondo della stanza <Noi tutti ci chiedevamo quanto tempo avresti impiegato ad arrivare quaggiù!>.
Harry avanzò a fatica tra gli scaffali, incespicando su vecchi pouf, pile di fogli e bottigliette d'inchiostro vuote. Il signor Blake lo aspettava seduto alla scrivania, traendo volute di fumo verde da una lunga pipa, con gli occhi socchiusi.
Era il vecchio più minuscolo che Harry avesse mai visto: se non fosse stato certo della sua identità, avrebbe potuto facilmente scambiarlo per un Folletto. La pelle del viso ricadeva in rughe profonde intorno agli occhi e alla bocca, mentre quella delle mani aveva l'aspetto di una pergamena vecchia, ingiallita dal tempo. Portava un paio di grossi occhiali quadrati dalle lenti spesse ed era completamente pelato, eccetto per qualche ciuffo sparuto di peli bianchi che gli spuntava dalle orecchie.
Sorrise e scostò la pipa, invitando con un cenno Harry ad accomodarsi su una sedia, di fronte a lui.
<So perchè sei qui, Harry Potter> esordì. Aveva una voce bassa e profonda, come il suono di un vecchio organo da chiesa.
<Come fa a saperlo, signor Blake?> chiese Harry, socchiudendo gli occhi <Non lo sapevo neanch'io!>.
Il vecchio mago stirò la bocca grinzosa in un altro sorriso, guardandolo intensamente.
<So anche questo> rispose, annuendo lentamente <Sono diciotto anni che ti aspetto, Harry Potter. Avevo quasi perso tutte le speranze>.
Si sporse verso l'orlo della scrivania e lo fissò, come se stesse cercando di imprimersi bene in mente i tratti del suo viso.
<Perchè mi aspettava?> interloquì di nuovo Harry, in un sussurro.
Il mago non rispose, ma si sporse in avanti, verso l'orlo della scrivania. Poi, con uno scatto, gli prese il mento tra le mani e gli fissò gli occhi negli occhi.
<Mi ricordi tuo padre> disse infine, lasciandolo andare.
Harry si tirò indietro con uno scatto, massaggiandosi il viso. Quel vecchio gli incuteva timore, ma un timore reverenziale, diverso dalla paura cieca che l'aveva attanagliato tante volte e ormai sapeva riconoscere.
<Lei conosceva mio padre?> chiese, lo stupore dipinto in viso.
Il mago annuì, lentamente.
<Era esattamente come te, Harry Potter> ricominciò, afferrando di nuovo la sua strana pipa <Voi giovani siete tutti uguali, in fin dei conti. Baldanzosi come leoni e timorosi come conigli>
Scosse la testa, tirando fuori dalla bocca un anello di spesso fumo verde <Ed è bene che sia così, dopotutto> concluse, con uno sbuffo.
Harry lo fissò, come sotto incantesimo. Da quel vecchio sembrava emanare un'aura di potere magnetico: per quanto potesse sforzarsi, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
<Tuo padre venne da me diciannove anni fa> riprese Cungrucius Blake <In un giorno d'inverno, poco prima di Natale. Era tardi e stavo riponendo le mie cose, quando questo giovane uomo irruppe nel mio ufficio, dicendo che doveva parlarmi con la massima urgenza>.
Harry non riuscì a trattenere un sorriso, mentre immaginava James piombare nella stanza del vecchio mago. Blake se ne accorse, e sorrise di rimando, come se gli avesse letto i pensieri e li avesse approvati.
<Mi disse che suo padre, tuo nonno, era morto> continuò, appoggiandosi con la schiena alla poltrona <Morendo, gli aveva rivelato l'esistenza della Galleria dei Peverell, dove dai tempi di Ignotus si ritrovano tutti i suoi discendenti. Lui c'era stato>.
Harry balzò in piedi, sorpreso.
<Mio padre era stato al Maniero?> chiese, fissando negli occhi l'uomo <Perchè nessuno me l'ha mai...?>
<Perchè nessuno te l'ha mai detto?> concluse per lui Blake.
Harry annuì in silenzio, risiedendosi.
<Semplice> rispose il vecchio mago, incrociando le dita sopra il naso <Nessuno lo sapeva. Neanche> fece una pausa <Albus Silente>.
Harry fissò Cungrucius, ma non disse niente. Da quando era iniziata la sua missione si era accorto di quanto fosse immensa la conoscenza magica, e che esistevano cose che non si erano rivelate nemmeno ai più grandi maghi di tutti i tempi. Se una volta la sola idea che nel mondo ci fosse qualcosa che Silente non sapeva sarebbe bastata per gettarlo nello sconforto, ora si rendeva conto che nessuno avrebbe mai conosciuto fino in fondo tutti i misteri della scienza magica. E forse, tutto sommato, era un bene.
<Tuo padre mi disse che era in pericolo> continuò il signor Blake, tirando una boccata dalla pipa <E che presto sarebbe potuto morire anche lui. Mi disse che sua moglie aspettava un bambino>.
Il vecchio mago sospirò.
<Eri tu, ovviamente>.
Harry annuì, emozionato. Sentir parlare dei suoi genitori gli dava ogni volta una sensazione di euforia mista a una indicibile tristezza, ma questo ricordo gli suscitava qualcos'altro. Non erano i soliti discorsi che riguardavano Lily e James a scuola, oppure tra amici, spensierati e felici: qui suo padre era un giovane uomo preoccupato per il futuro di suo figlio.
Cungrucius Blake guardò Harry negli occhi, e continuò.
<Mi disse che nessuno, a parte noi due, conosceva l'esistenza della Galleria, e che forse lui sarebbe morto troppo presto per parlartene. Delegò a me questo compito, e mi affidò una cosa, pregandomi di dartela appena ti avessi incontrato. Non lo vidi mai più>.
Il vecchio mago scosse il capo, commosso.
<Perchè in tutto questo tempo non mi ha cercato, signor Blake?> chiese Harry, in un sussurro.
L'uomo lo fissò negli occhi.
<Avevo paura, Harry Potter> rispose con semplicità <Il Signore Oscuro era sparito, ma tutti sapevamo che non era stato annientato. Non volevo fornirgli strumenti contro di te. Ho aspettato e sperato, in silenzio fino ad oggi. Sapevo che saresti venuto qui, prima o poi>.
Cungrucius Blake si chinò e aprì un cassetto, a lato della scrivania.
Sotto gli occhi stupefatti di Harry, ne estrasse un piccolo pacco quadrato, avvolto in una pergamena.
<Non so cosa contenga> riprese il mago <Non l'ho mai aperto. Questo è un compito che spetta a te, Harry Potter>.
Gli porse con solennità il pacchetto e si ritrasse, come in attesa di qualcosa.
(forse)continua...