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 Capitolo 15 - L'Artiglio

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MessaggioTitolo: Capitolo 15 - L'Artiglio   Capitolo 15 - L'Artiglio EmptySab Nov 27 2010, 18:24

*Il senso di questo

L’autunno si era ormai definitivamente sostituito all'estate: nemmeno un angolo di azzurro in cielo, solo grossi nuvoloni neri pronti a sprizzare pioggia. Harry non sapeva bene cosa provare, considerato che i mormorii e i prevedibili commenti suscitati dalle dichiarazioni che aveva rilasciato si erano già affievoliti. L'eroismo di Piton era già argomento dimenticato, probabilmente perché nessuno voleva credere alla sua buona fede, essendo più facile avere qualcuno su cui scagliare accuse che fare i conti con la propria indifferenza. Era seduto accanto a Ron in Sala Grande e, nonostante tutte le prelibatezze posate sul tavolo davanti a lui, il suo sguardo vagava nel vuoto. Quella mattina la lezione di Erbologia era stata piuttosto noiosa: la professoressa Sprite non aveva fatto altro che parlare di una pianta esotica dal nome impronunciabile, della quale solo Neville ed Hermione conoscevano l'esistenza.
Era passato quasi un mese dalle selezioni di Quidditch ed era da allora che Ginny lo evitava: aveva sempre qualcosa da fare e sembrava non avesse mai tempo o voglia di stare con lui, anche se Harry non riteneva di aver detto, né fatto, niente di sbagliato.
Anche adesso era lì, seduta in disparte a pranzare con Hermione, e sembrava evitare il suo sguardo.
Le due erano intente a parlottare tra di loro. Harry non riusciva proprio a capire per quale motivo passassero tutto quel tempo insieme.
«Senti, tu e Ginny non avete mai avuto problemi, ma ora vedo che non ve la cavate molto bene» gli sussurrò Ron, quasi gli avesse letto nella mente. «Io e Hermione ci siamo appena rimessi insieme, ma da qualche giorno lei non mi dedica nemmeno un attimo. Insomma, io vorrei passare un po' di tempo con lei, da soli e ...» si bloccò imbarazzato.
Harry, di fronte all'espressione dell'amico, non riuscì a trattenersi e scoppiò in una gran risata attirando l'attenzione di diversi studenti.
«Cosa avete voi due?» chiese Hermione, interrompendo la conversazione con Ginny.
«Niente, una battuta di Ron» mentì Harry.
«Ma non avete di meglio da fare? Fossi in voi, mi affretterei a finire, così poi abbiamo più tempo per ripassare le materie del pomeriggio!» sottolineò la ragazza, ben sapendo di aprire la bocca per nulla.
Ron scacciò quella prospettiva dalla mente. «Se non ci fossero i compiti, l'ultimo anno a Hogwarts sarebbe perfetto! Ci sono dei vantaggi ad essere veterani, no?» disse mentre sfilava un vassoio di patate al forno dalle mani di un ragazzo del secondo anno, sedutogli accanto.
«Ci sono i M.A.G.O. quest’anno!» lo rimbeccò Hermione, requisendogli il vassoio per restituirlo all’impaurito e giovane studente con un sorriso.
«Grazie!» fece timidamente il ragazzo. «Ehm, ne vuoi?» chiese, poi, rivolto a Ron.
«No, grazie! Non ho fame ...» rispose lanciandogli uno sguardo di fuoco, poi abbassò la voce e, rivolgendosi ad Harry, sibilò: «... e non ne avrò più fino a quando la Caposcuola non mi permetterà di averne!».
«Mi sa che farai la fame per un pezzo, amico!» rise Harry.
«E ti farebbe anche bene!» intervenne Ginny, continuando ad evitare lo sguardo di Harry.
«Sì, certo!» sospirò Hermione. «Ginny, forse è meglio che andiamo... e potrebbero venire anche loro: lo studio non ha mai ucciso nessuno!».
Le ragazze si alzarono e uscirono dalla Sala Grande; Ron le seguì controvoglia, ma non prima di aver colpito di proposito la testa del ragazzo mandandola nel piatto colmo di patate. Harry, dopo aver rimediato un tovagliolo pulito dal tavolo, lo porse al giovane.
«Scusa, non è sempre così!» lo giustificò Harry.
«Grazie, Harry Potter!» disse, riuscendo a prendere il tovagliolo a tentoni per pulirsi la faccia.
«Occhi aperti!» lo salutò dandogli una pacca sulla schiena e raggiungendo Ron che lo aspettava sulla porta.
«Occhi aperti?» chiese stupito l'amico. «Che razza di saluto è?».
«Ehm... direi un saluto da Auror! Ricordi Moody?» rispose Harry. «Vigilanza costante!».
Oltrepassata la Sala d’ingresso, Harry avvistò Hermione e Ginny a metà della scalinata di marmo con la professoressa Cooman; affrettarono il passo per raggiungerle.
Quella che era stata la loro insegnante di Divinazione stava saldamente aggrappata al collo di Hermione e numerosi scialli erano sparsi sotto di lei su diversi scalini.
«Molte grazie, signorina Granger!» biascicò, tentando di tirarsi in piedi sulle gambe malferme.
Harry avvertì subito un forte odore di sherry.
«Lo sapevo che, anche se si ha un cervello limitato come il suo, una buona azione non la si può mancare... il suo Occhio Interiore è coperto da strati e strati di sciocchezze e frivolezze... ma, di certo, agisce ancora nel bene!».
«Grazie, professoressa!» rispose Hermione senza fiato, massaggiandosi il collo.
«Cosa ci fa così lontano dall’aula, professoressa?» intervenne Ron, reggendola per un braccio per evitare ulteriori danni alla sua ragazza. «Le lezioni pomeridiane stanno per ricominciare e... ».
«Al diavolo le lezioni, signor Weasley!» strillò la Cooman. «Il suo Occhio Interiore avrebbe dovuto farle capire che qualcosa non va... o non le ho insegnato niente?».
«Be', in effetti... » cominciò Ron, troncato subito da una gomitata di Hermione.
«Leggevo le carte e, improvvisamente, ho intravisto ciò che nessun Veggente vorrebbe mai svelare» boccheggiò la Cooman e, prendendo fiato, con un gesto teatrale estrasse una carta dal mantello: l'Artiglio.
Era unta e stracciata e sopra vi era dipinta finemente una mano tenebrosa che si serrava come un artiglio che cerca di afferrare la preda.
«Che vuol dire... cioè, sono sicuro che sta a significare l’imminente morte di qualcuno!» disse Ron alzando gli occhi al cielo.
«Certo che no!» sbottò offesa la Cooman. «Ma il suo significato è altrettanto agghiacciante!».
«Cosa rappresenta?» chiese Harry, suo malgrado incuriosito.
La professoressa lo prese per il bavero. Il fiato della Cooman, impregnato di Sherry, lo investì in pieno volto facendogli lacrimare gli occhi e appannare gli occhiali.
«Uno studente è in grave pericolo! L'Artiglio, una volta estratto dal mazzo, è rovina per lo sciagurato designato. Esso lo troverà e rinchiuderà nelle tenebre il suo prigioniero, celandolo agli occhi di coloro che lo amano!» la voce le venne meno e oscillò pericolosamente.
«Ridicolo!» sibilò Hermione. Ginny annuì comprensiva.
«Bene, giovani menti ottenebrate da un enormità di stupidaggini... » esclamò improvvisamente la Cooman, ignorando il commento di Hermione «... ora è meglio che vada!». Fece per scendere qualche gradino ma i piedi le si impigliarono negli scialli.
«Serve una mano?» chiese divertito Ron, afferrandola per il gomito, evitandole così una dolorosa caduta.
«Professoressa... non dovrebbe avvisare la Preside?» domandò preoccupato Harry.
«Ah... avvisare Minerva? Ah, ah, ah! Questa sì che è buona, Potter... » gridò isterica la Veggente tentando di districarsi dal groviglio di scialli colorati. Estraendo la bacchetta continuò: «Maledizione! Non mi serve aiuto, Weasley, bada all’ultimo scalino invece!». Con un piccolo svolazzo della bacchetta si librò di qualche centimetro da terra e prese a scendere lentamente. Harry e gli altri la guardarono toccare terra e barcollare fino alla porta che conduceva verso i sotterranei.
«Secondo voi dove sta andando?» chiese Ron, guardando il bordo del mantello scomparire.
«Probabilmente in cucina a scolarsi qualcosa di fetido!» rispose Hermione.
Improvvisamente udirono un grido soffocato. Allarmato, Harry estrasse la Bacchetta.
«Ma cosa diav... » sbottò Ron.
«Shhh! Ascoltate!» lo zittì Ginny, portandosi un dito alle labbra.
«Grazie, signor Malfoy!» la voce ansante della Cooman li raggiunse dalle segrete. «Il Destino me lo diceva che oggi molti giovani avrebbero trovato l’occasione per riscattare i loro enormi sbagli del passato... una buona azione ne cancella una cattiva... ».
«Mi tolga subito le mani di dosso!» sentirono gridare Malfoy.
«Oh be', penso che la professoressa non abbia più bisogno del nostro aiuto!» esclamò Ron allegro.
Ripresero a salire la scalinata.
«Sapete una cosa?» chiese Ron gioviale. «Mi domando perché la McGranitt non l’abbia ancora buttata fuor... » ma non riuscì a finire la frase che inciampò nell’ultimo gradino finendo lungo disteso a terra.
«Vedi di non fare brutte figure, Ron!» sibilò Hermione, superandolo.
«E guarda dove metti i piedi!» aggiunse Ginny, oltrepassandolo.
Harry gli allungò la mano e lo aiutò a rialzarsi. Ron si rassettò la veste, poi, accertandosi che le ragazze non potessero sentirlo, gli disse: «La vecchia megera lo aveva previsto ...».
«Sì, Ron! Non sono affatto tranquillo» cominciò Harry.
«E lo credo!» ribatté Ron guardando la bacchetta ancora sguainata in mano.
«Da quando quei Maghi sono entrati nella scuola non mi sento più molto sicuro» disse, riponendola in una tasca interna, «e poi troviamo la Cooman in vena di catastrofi... ».
«Coincidenza?» chiese Ron, dubbioso.
«Lo spero!».
Harry allungò il passo raggiungendo Ginny. «Avevo voglia di andare a trovare Hagrid, è da un po' che non lo vediamo, vuoi venire anche tu?» chiese speranzoso.
«Mi spiace, verrei molto volentieri, ma devo andare a... ».
Harry le risparmiò di trovare l'ennesima scusa, come ormai faceva quasi abitualmente; «Ok, ho capito, non preoccuparti» mentì. «Ci vediamo dopo».
Ginny fece un cenno di assenso come se le parole di Harry fossero state convincenti, poi ripartì lungo il corridoio.
Harry incrociò lo sguardo di Hermione, che voleva essere rassicurante. Non se la sentiva di chiedere all’amica cosa stessero facendo per non sembrare sgarbato o troppo immaturo.
«Non fare domande, presto ti sarà tutto chiaro... » gli disse in tono consolatorio, come se avesse capito cosa stesse pensando lui.
Adesso era decisamente di malumore. «Vieni con me da Hagrid o ci devo andare da solo?» chiese infine a Ron, con un sorriso tirato.
«Vengo, vengo. Andiamo».
Varcarono il grande portone del castello e si fermarono un attimo sulla soglia chiedendosi se la loro fosse stata una buona idea. Si fecero coraggio e uscirono all'aperto; per quanto fossero riparati sotto i mantelli, la pioggia incessante, tagliente, trovava spazio per raggiungere la pelle e pungerla, quasi fosse fatta di infiniti aghi appuntiti.
Harry e Ron si guardarono, a entrambi sfuggì un sorriso: avevano avuto la stessa idea. Tirarono sulla testa i cappucci e un fischio, impercettibile per chiunque altro, diede il via alla loro gara infantile. Spintonandosi a vicenda, attraversarono di corsa il parco.
Ron atterrò davanti alla porta di legno della capanna e, con il fiato corto, vi battè la mano, per poi rivolgersi indietro, verso l'amico che l'aveva ormai raggiunto.
«P-primo» gli disse, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro; tremava violentemente ma il freddo non avrebbe certamente scalfito la soddisfazione di aver vinto la sfida.
Non appena bussarono, i latrati di Thor echeggiarono dall'interno.
«Hagrid, siamo noi!» disse Harry, picchiando nuovamente il duro legno per farsi aprire. Raffiche di vento gelido colpirono i ragazzi.
«Giù! Stai giù, Thor!» sentirono la voce del guardiacaccia appena oltre la porta.
«E mu-o-vi-ti!» balbettò Ron, stringendosi addosso il mantello bagnato e battendo rumorosamente i denti. Bussarono ancora e contemporaneamente i latrati di Thor si interruppero.
«Ehi, Harry! Ron... » li accolse Hagrid mentre l'enorme terrier nero tentava di leccar loro la faccia. «Tutto bene?».
«Ciao, Hagrid!» rispose Harry respingendo Thor e infilandosi all'interno della capanna dove un bel fuoco acceso riscaldava l'ambiente.
«È bello che siete qui! Finalmente! Pensavo che vi eravate scordati di me. Vi faccio il tè» disse richiudendo la porta. «Fuori fa un freddo cane!».
Si sedettero intorno al tavolo osservando l'amico che tentava di recuperare il bollitore in cima alla credenza.
«Come sta Hermione?» chiese Hagrid, dando loro le spalle mentre prendeva la scatola del tè da una mensola che sembrava star su per miracolo.
«Bene!» risposero all'unisono i ragazzi.
«Non è potuta venire, lei e Ginny avevano da fare» continuò Ron con tono di palese disapprovazione.
Un improvviso rumore distrasse i due ragazzi, che si voltarono verso una grossa gabbia, della quale si scorgeva solo l'estremità inferiore, nascosta in un angolo in fondo alla capanna; sopra vi era stata gettata una vecchia coperta patchwork.
Hagrid si voltò verso di loro con un piattino di dolcetti che parevano duri come mattoni e lo appoggiò sul tavolo. Preso un pezzo di carne, si avvicinò alla cassa e, sollevando la coperta, lo infilò dentro.
«Che fai, Hagrid?» chiese Ron, allungando il collo per seguire i movimenti del guardiacaccia.
«Do da mangiare ad una creaturina un po' vivace» disse allegramente Hagrid. La gabbia iniziò a tremare violentemente, parecchi sibili provennero dal suo interno e numerosi pezzetti di carne volarono fuori dalle sbarre.
«Cos'è?» domandò Harry, non riuscendo a distinguere cosa si nascondesse nell'ombra.
«Uno di questi qua non l'hai mai visto, Harry!» esclamò l'amico prendendo un altro pezzetto di carne. «Certo, se tu facevi ancora Cura delle Creature Magiche, magari ci si studiava insieme!».
«Con tutto il tempo che ho a disposizione... » rispose sarcastico il ragazzo. La gabbia prese a vibrare ancora più violentemente. La creatura dentro si dibatteva con una forza spaventosa, sibilando e ringhiando.
«Oh, oh!» fece Hagrid, improvvisamente preoccupato. Raggiunse il tavolo dove i ragazzi si guardavano incerti e, aperto precipitosamente un cassetto, rovistò al suo interno estraendo enormi tovaglie dai colori vivaci e posate annerite.
«Ma dove si sono ficcati? Ah, eccoli!». L'enorme mano del guardiacaccia emerse dal cassetto stringendo tra l'indice e il pollice due falci d'argento. Tornato vicino alla gabbia che continuava ad agitarsi in maniera spaventosa, vi gettò le due monete. Lo strano e incredibile pagamento parve bloccare la furia della creatura che, con un guaito, rimase immobile.
«Come hai fatto Hagrid?» esclamò Ron stupito.
«Ecco, i demonietti come lui è così che si fanno stare tranquilli. L'argento è l'unica cosa che riesce a farli star buoni. Anzi, in grande quantità può anche spedirli all'altro mondo! Ma non è che ce ne abbia bisogno più di tanto lui, è solo un po'... agitato, tutto qui!» guardò sognante la gabbia ora taciturna.
«Ehm... Hagrid? Che cos'è di preciso?» chiese preoccupato Harry.
«Questo esseruccio è un Kakura» disse amabilmente «state a guardare com'è delizioso!».
Il loro gigantesco amico si chinò sulla gabbia, imitando la postura di quello che ad Harry parve un rozzo ballerino di danza classica; poi, con un gesto teatrale, tolse la coperta e la scagliò in aria svelando la "sorpresa". Un grossolano pon-pon, grande come una pluffa, attaccato all'angolo della trapunta, colpì in pieno Ron in un occhio, che imprecò senza trattenersi, portandosi le mani al viso. Harry si voltò preoccupato verso l'amico, ma Hagrid, ignaro dell'incidente, iniziò a parlare.
«Che creature meravigliose i demoni giapponesi» sospirò ammaliato.
Harry, nonostante conoscesse le stravaganti opinioni di Hagrid, non potè far a meno di rimanere atterrito alla visione di quella che era una delle creature più raccapriccianti che avesse mai visto. Ricordava vagamente la figura di un essere umano, ma aveva la testa deformata che si attaccava direttamente sulle spalle, segnate da quella che doveva essere una gravissima forma di scoliosi. Le due braccia, di differente lunghezza, terminavano ognuna in tre nodose protuberanze che dovevano essere le mani. Il tutto era ricoperto da una spessa pelle rossastra con evidenti purulente escrescenze.
«Allora? Che ve ne pare? Roba forte questa, eh?» domandò orgoglioso.
«Oh!» fu tutto ciò che riuscì a pronunciare Ron, con il palese intento di non ferire l'amico che attendeva, contento, una loro gioiosa reazione di sorpresa.
«Hagrid, ma non sarà pericoloso?» domandò cauto Harry, cercando di non far trasparire il suo profondo disgusto.
«Ma no... tendono ad attaccare l'uomo, ma se ci si sta attenti sono innocui! Ah... be'... se poi li si mette alla luce però... comunque, è meglio starci lontani sapete, i dentini sono molto affilati, e le mani hanno una presa piuttosto salda». Ridacchiò felice guardando dolcemente la creatura.
Intanto il demone aveva ripreso ad agitarsi: Harry e Ron si scambiarono uno sguardo, terrorizzati.
«Sigghy... saluta gli amici di papà!», continuò picchiettando sulla gabbia. «Guarda Ron, è te che vuole! Forse ci piacciono i tuoi capelli rossi!» ma proprio quando il ragazzo si avvicinò per guardarlo da vicino, il demone allungò le braccia fuori dalle sbarre, tentando di avvinghiarlo.
«Perchè proprio io?» squittì Ron, spaventato a morte, scansando per un soffio gli arti del mostro.
Il demone si agitò ancora più forte facendo cigolare minacciosamente la gabbia.
«Ohi, ohi... è meglio se lo facciamo dormire un pò a questo qua» borbottò il mezzogigante come per scusarsi, affrettandosi a ricoprire la gabbia con l'enorme coperta.
«Mi hanno detto che vai al Ministero a imparare a fare l'Auror!» continuò, cambiando discorso.
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo interrogativo; Hagrid non era mai stato bravo a deviare i discorsi su argomenti diversi da quelli potenzialmente problematici.
«Si!» confermò comunque Harry, sorpreso che ne fosse a conoscenza. «Chi te l'ha detto?» chiese sospettoso.
«Oh, non è che è difficile scoprirlo!» rispose Hagrid allegro «Merlin, tra un bicchiere e l'altro, alla Testa di Porco, ci ha raccontato la tua prima prova. Ottimo lavoro, Harry! Tutti al pub ne parlano!».
«Alla faccia della segretezza» sibilò Ron, ridacchiando.
«Merlin non era presente alla mia prima lezione!» sbottò Harry, risentito. «Da come ne parlano gli altri Auror non riesco a capire se faccia effettivamente parte del gruppo».
«Io mica ho mai capito come c'è diventato Auror, quello!» esclamò Hagrid, dandogli una pacca affettuosa sulla schiena, rischiando di incrinargli qualche costola. Poi continuò: «Se c'è riuscito lui... ».
«Grazie Hagrid» lo interruppe Harry, lanciando occhiate infuocate a Ron che si rotolava dalle risate.
«Be', io non penso che avrai rogne Harry. Sei un tipo a posto! E poi dopo la prova che hai fatto... ».
«Mah! Non ho certo cominciato nel migliore dei modi... » esclamò Harry.
«Ma non devi starci a pensare per niente!» Intervenne Hagrid con foga, sferrando un pugno al tavolo.
«Kingsley è della scuola di Silente e ce lo sappiamo bene come la pensa su chi sbagliava! Lui ci dava sempre una seconda possibilità... a chi sbagliava... Si, ecco... ».
«A dire il vero lui mi ha perdonato» disse Harry, guardandosi sconfortato le mani. «Ma devo ancora riuscire a farlo io!».
«Su, Harry!» borbottò l'amico, sedendosi pesantemente sulla poltrona. «Basta che segui le regole e ci stai attento. A Uglick non è andata altrettanto bene. Non ti possono buttar fuori, ma non riesco ad immaginare ...».
«Il professor Uglick?» domandò Harry, alzando lo sguardo.
«Si lui... grande mago, sia chiaro, ma... i fantasmi nel baule li ha pure lui!» disse Hagrid, con aria di chi la sa lunga. «La McGranitt l'ha preso per il posto di Trasfigurazioni, ma per me era meglio un altro».
«Perchè? Che ha fatto?» chiese Harry, lanciando un occhiata stupita a Ron.
«È stato cacciato da ...» ma si zittì all'improvviso, guardando i ragazzi con sospetto, come se fosse colpa loro se lui si era fatto sfuggire qualcosa che non doveva dire.
«È stato cacciato da?» chiesero i due in coro, quasi con aria casuale, ma lo sguardo di Hagrid la diceva lunga: non gli avrebbero estorto nient'altro.
«Non posso, ragazzi... non posso proprio! Sono cose top secret, cercate di capire; ci sono cose che non posso dire nemmeno a voi» disse sottovoce, più per convincere se stesso che gli altri.
«Ma Hagrid, non pensi che abbiamo diritto di sapere? È il nostro insegnante!» iniziò Harry. «O non ti fidi di noi?» continuò ben sapendo che con quella domanda avrebbe colpito in pieno l'obiettivo.
Come previsto, il mezzogigante ricambiò con sguardo allarmato e ferito.
«Ma non lo dire nemmeno per scherzo! Io mi fido di voi eccome! E solo che non voglio che vi cacciate nei guai... ecco».
Harry lo fissò con sguardo implorante, e il guardiacaccia cedette.
«Va be' qualcosa ce lo posso dire... ma voi dovete promettere di non rivelarlo a nessuno!» disse per giustificarsi. Poi, abbassando la voce, confidò: «È stato cacciato dal suo paese... almeno così si dice».
«Ma cosa ha combinato?» chiese Ron, stupefatto. «Noi ce l' abbiamo in classe!».
«Al tempo di Grindelwald, sapete, quando ha tentato di prendere il potere, sono accadute cose molto brutte. Davvero, si! Lui ci ha perso il posto!».
«Cosa è successo?».
«Non lo so, Harry! Per anni non si è più sentito parlare di lui... » bisbigliò Hagrid, lanciando uno sguardo verso la finestra. Il parco era ormai avvolto dall'oscurità.
«Quindi non ha potuto più insegnare lì ed è venuto qua!» concluse Ron, con lo stomaco che brontolava.
«No, non ci insegnava allora!» confidò Hagrid con tono deciso. «Era un Auror!».
I due ragazzi si guardarono stupiti. Harry ripassava mentalmente il modo di fare del vecchio professore, cercando di trovare qualche indizio che lo portasse a confermare le parole di Hagrid. Gli tornò alla mente la prima sera a Hogwarts, quando aveva provato a nascondere la Bacchetta di Sambuco nella tomba di Silente e Uglick era apparso all'improvviso, mandando a monte i suoi piani. Possibile che fosse un ex-auror con il pallino per la sicurezza come Moody? Perchè si trovava proprio lì? Sapeva cosa stava facendo?
«È tardissimo ragazzi. Ho un sacco di cose da fare!» disse Hagrid, saltando su dalla sedia e dirigendosi frettolosamente verso la porta. «Ora andate, che è meglio!» incitò i due, spingendoli verso la porta.
Quando uscirono all'aperto, il gelido vento autunnale li colpì in piena faccia e un freddo brivido corse lungo la loro schiena; fortunatamente aveva smesso di piovere, si strinsero comunque nei mantelli e si avviarono lungo il sentiero verso il castello.
«Mi dai la rivincita?» chiese Harry, ma Ron scoppiò a ridere.
Harry non vedeva l'ora di raccontare tutto a Hermione e Ginny. Le rivelazioni di Hagrid avevano finalmente confermato i suoi sospetti: il professor Uglick non era quello che sembrava. Ma non riusciva a spiegarsi come mai la McGranitt l'avesse reclutato; certo, se lo aveva portato ad insegnare in una scuola, tanto pericoloso non doveva essere.
Seguendo il flusso dei suoi pensieri non si accorse che erano giunti davanti al ritratto della Signora Grassa.
«Allora? Vi decidete ad entrare o no? Violet mi sta aspettando per il tè!» borbottò.
«Sì, certo... » rispose Harry osservando Ron varcare il buco del ritratto.
La Sala Comune era affollata, vicino all'ingresso Hyde tormentava un ragazzino del primo anno con uno strano elastico magico che sprizzava scintille quando veniva teso. Harry fece una rapida panoramica della folla nella sala, ma le due ragazze non c'erano.
«Dove si saranno cacciate?».
«Sicuramente in quello stramaledetto dormitorio» sbottò Ron «chissà quale diavoleria stanno combinando!»
Harry non rispose, si sedette sull'unica poltrona libera e cominciò a pensare a Ginny. Gli sarebbe piaciuto che fosse lì con lui in quel momento, soprattutto ora che nella sua mente vorticavano mille pensieri: le parole di Hagrid sul vecchio professore lo avevano un po' turbato.
«Harry! Calì dice che le ha viste salire su nel dormitorio subito dopo pranzo» disse Ron interrompendo le sue riflessioni.
«Aspettiamo, prima o poi dovranno scendere, no?».
Come previsto, le ragazze si presentarono a cena. La Sala Grande era rumorosa come sempre, sembrava che tutti avessero trattenuto un fiume di parole in tutta la giornata per poi riversarle a tavola.
«Eccole!» disse Ron indicandole. «Ehi, ehi! C'è posto qui!» urlò tentando di sovrastare il chiacchiericcio.
Catturata l'attenzione di Hermione, il ragazzo si accomodò nuovamente di fronte ad Harry.
«Vediamo se riesco a scambiarci quattro parole senza litigare, almeno stasera» bisbigliò.
Harry ridacchiò nervoso, anche lui desiderava enormemente riuscire ad intrattenere una conversazione vera con Ginny. Si appiattì contro uno studente del primo anno, che lo fissò incuriosito, in modo da lasciare un posto ancora più comodo proprio al suo fianco.
«Ciao» salutò lei sedendosi, ed evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo.
«Ginny, finalmente!» iniziò Harry felice.
«Allora, come sta Hagrid?» proruppe Hermione, mentre si accomodava al fianco di Ron, mandando in fumo il tentativo di Harry di dialogare con Ginny.
Harry le scoccò un'occhiata furiosa ma lei sembrò o fece finta di non capire, ricambiando serena il suo sguardo.
«Hagrid si caccerà di nuovo nei guai, parola mia! Quello una volta o l'altra ci resterà secco» fece Ron con consapevolezza, iniziando a servirsi un'abbondante porzione di cavolfiori al forno.
«Perchè? Che ha combinato stavolta?».
«Secondo te cosa può combinare Hagrid? Conosci anche tu le sue passioni... ».
Hermione lo guardò con aria interrogativa. Anche Ginny alzò la testa dal piatto.
«Sta facendo da babysitter ad un demone giapponese» ammise Harry, alzando gli occhi al soffitto.
«Davvero?» chiese Hermione esterrefatta. «Ne ho sentito parlare! Ho letto da qualche parte che sono delle creature davvero rare e che sono anche utili per ...» ma il suo sorriso entusiasta si raggelò di fronte all'ennesima occhiataccia di Harry. «Voglio dire, per quanto siano interessanti e utili, sono delle creature imprevedibili e malvagie... potrebbe risultare pericoloso tenerle in casa. Ma non si rende conto dei pericoli che corre?» si affrettò ad aggiungere sinceramente preoccupata, facendo tintinnare una posata nel piatto.
«Hermione, devo ricordarti che Hagrid ha una percezione del pericolo diversa dalla norma? "Ma no! Non è pericoloso! Attacca gli esseri umani... ah sì, i suoi denti sono affilatissimi e la sua stretta è soffocante... ma a parte queste sciocchezze, non è pericoloso!" » imitò Ron, in maniera purtroppo veritiera, le parole del guardiacaccia.
Harry scoppiò a ridere, anche Ginny non riuscì a trattenersi.
«C'è poco da ridere, se la creatura riesce a liberarsi da quella gabbia, Hagrid rischia davvero; lo tiene anche ai piedi del letto!».
«Che differenza c'è tra un demone giapponese ed uno delle nostre parti?» chiese Ginny mentre prendeva un vassoio di costolette di agnello.
«Tutte le differenze non le so, ma di una cosa sono certo, quello giapponese è davvero disgustoso! Ha la carnagione rossa con tanti brufoli purulenti! Puah... sembra della stessa consistenza di uno Schiopodo Sparacoda» fece Ron con una smorfia di disgusto.
«Chissà dove l'avrà trovato... Comunque sia, dobbiamo convincerlo a darlo via» commentò pensierosa Hermione.
«Sei pazza? Io non ci provo nemmeno! Sono stanco di rischiare la vita ogni volta che entro in quella capanna!» urlò Ron acido rovesciando distrattamente il succo di zucca sul tavolo. Molti si voltarono a guardarlo, ma lui non ci badò e, estratta la bacchetta, ripulì il tutto come meglio potè.
«Hai ragione, Hermione» intervenne Harry, «comunque Hagrid sa come tenerlo a bada, almeno spero. Pensa che lo ha zittito mettendo nella gabbia due falci d'argento!».
«Ha detto anche che "in grandi quantità lo manda al cimitero!"» esclamò Ron, «fossi in lui, mi procurerei tutti i pezzi d'argento della Gringott! Si tratta di sopravvivenza!» poi dedicò tutta l'attenzione al suo piatto riprendendo ad ingozzarsi.
Continuarono a cenare senza aggiungere altro. Quando Ginny finì l'ultimo pezzo di crostata, Harry le prese la mano e le rivolse un sorriso. Lei ricambiò felice: per un attimo sembrò fosse tornata la Ginny di sempre. Era quello il bello, con lei bastava un sorriso per dire tutto. Non servivano parole.
Gli dispiacque rovinare quell'atmosfera serena che si era creata, ma le ragazze dovevano sapere anche il resto della conversazione con il guardiacaccia.
«Noi non vi abbiamo detto tutto prima... » disse, esitando. Le ragazze gli rivolsero uno sguardo attento e lui continuò: «Hagrid ci ha raccontato dell'altro, o meglio, si è lasciato scappare dell'altro... » disse, pensando a quello che avevano saputo sul professore di Trasfigurazioni «... alcune cosette sul professor Uglick».
«Si, si!» intervenne Ron rischiando di rovesciarsi il contenuto del piatto sulle ginocchia. «Cose molto brutte, Uglick era un seguace di Grindelwald e pare che prima fosse un Auror» si guardò intorno con aria circospetta, ma erano tutti impegnati in altre conversazioni.
«Un Auror?» chiese Ginny, incredula.
«Già. Solo che poi è stato cacciato, anche se Hagrid non ha voluto dirci perché... » concluse, con aria insoddisfatta.
Harry vide Hermione rabbuiarsi di colpo; poi, senza guardare nessuno in particolare, alzò la bacchetta e, sottovoce, isolò il gruppo dal resto degli studenti della Sala Grande con un muffliato.
Ron rischiò di strozzarsi nella fretta di deglutire il boccone.
«E o-ra che suc-cede?» chiese, mentre Hermione gli dava una pacca sulla schiena.
«Non volevo spaventarvi, ma quello che ci avete detto mi ha convinta definitivamente che è arrivato il momento di parlare di quell’altra questione... » cominciò la ragazza, scoccando uno sguardo preoccupato all’indirizzo di Harry.
«Quale questione?» le rispose lui, che proprio non riusciva a capire il motivo di tanta segretezza.
«La questione Dobbiamo-Nascondere-la-Bacchetta» disse, scandendo ogni parola.
Harry non capiva come mai volesse tirar fuori quell'argomento spinoso. Avevano già tante cose su cui rimuginare.
«Perchè proprio adesso ...» iniziò, ma lei non gli consentì di continuare.
«Ascoltatemi. La Cooman che parla di un misterioso Artiglio che vuole carpire chissà chi o cosa... il professor Uglick che impedisce ad Harry di nascondere la bacchetta... le parole di Hagrid sul suo passato... non riuscite a fare due più due?».
I tre rimasero interdetti. Ginny fu la prima a reagire. «Ma... dai, Hermione, hai visto anche tu in che condizioni era la Cooman dopo pranzo... da quando dai credito alle parole di quella matta?».
«Ginny, lo sai che anche io ho sempre pensato che fosse un’impostora, ma devo ammettere che in casi rari ha azzeccato qualche premonizione... e poi sappiamo da tempo che dobbiamo nascondere la Bacchetta, solo che siamo stati distratti da altre cose».
«Hai ragione» disse Harry mesto, «ma il problema è che non abbiamo nemmeno trovato un posto davvero sicuro! E poi, come potrei lasciare la scuola, nascondere la Bacchetta e tornare qui senza che nessuno se ne accorga?». Harry era molto abbattuto.
«Sul “dove”, l’ultima decisione spetta a te. Ma sul “come”, ho un piano... però ne dobbiamo riparlare, stanno andando via tutti, non possiamo dare nell’occhio. Tu intanto pensaci, d’accordo?». Poi si rivolse all’amica «Andiamo, Ginny?».
«Devo andare, mi dispiace Harry» disse lei, cambiando improvvisamente espressione e lasciandogli la mano. Si alzò, e senza aggiungere altro si allontanò dal tavolo lasciandolo senza parole.
Anche Hermione li congedò con un semplice gesto e seguì l'amica fuori dalla Sala Grande.
«Tu ci capisci qualcosa?» chiese Ron, fissandolo dall'altro lato del tavolo.

*

Il mattino seguente Harry si svegliò avvertendo una strana sensazione. Quando aprì gli occhi fu accecato da una luce abbagliante, non riusciva a distinguere nulla eccetto qualche ombra che passava veloce. Scosse la testa nel tentativo di riscuotersi dal torpore del sonno e si rese conto che l'accecante luce non era altro che un raggio di sole che entrava dalla finestra e che le ombre non erano che gufi, che planavano dolcemente verso la Sala Grande. Guardò gli altri cinque letti vuoti: erano sicuramente tutti a colazione. Nello sfiorare involontario del piede sinistro con il destro le sue dita vennero a contatto con un qualcosa di appiccicoso e finalmente capì cosa lo aveva svegliato: qualcosa che... gli leccava i piedi?! Si tirò su a sedere, poggiato sui gomiti, e guardò perplesso verso il fondo del letto; sentì nuovamente qualcosa di vischioso solleticarlo sotto le pesanti coperte invernali. Incredulo, rivoltò le lenzuola e si trovò davanti il piccolo Snitch che sbatteva le palpebre, disorientato dalla luce improvvisa.
«Snitch!» disse, sollevato nel vederlo. Tentò di accarezzare la palla di pelo ma non era semplice: la puffola aveva preso a saltellare come un ossessa e solo dopo numerosi tentativi riuscì a fermare la guizzante creaturina.
«Dai Snitch, salta su!» incitò il ragazzo, speranzoso: non era mai stato molto incline ad obbedire ai suoi comandi ma, con enorme sorpresa di Harry, questa volta si arrampicò sul suo braccio e si accoccolò sulla sua spalla.
«Wow! Cosa ti è successo?» chiese ancora incredulo.
In realtà poteva capire il perché di tanto entusiasmo: era da un po’ che non gli dedicava una briciola del suo tempo, ma con tutti i recenti avvenimenti non aveva avuto un attimo di respiro. Per questo aveva deciso di portarlo con sé quel giorno: Snitch avrebbe potuto allietare un po' il loro lungo e noioso sabato all’insegna dello studio; anche se a dire il vero, sperava di trovare di meglio da fare!
Arrivato in Sala Comune Harry vide Ron seduto al tavolo, con un grande libro davanti e una piuma tra le mani, e il volto vicinissimo alle pagine; sembrava che stesse cercando di tradurre qualche scritta piccolissima. Possibile che stesse davvero studiando? Evidentemente l’influenza di Hermione si stava facendo più forte. Snitch saltò dalla spalla di Harry alla testa di Ron, che sobbalzò. « Ma chi ...» e afferrò la puffola sulla sua testa, portandosela davanti agli occhi strabici di sonno. «Mi sa che non stavi studiando, eh, amico? Hai un po' di bava agli angoli della bocca!» aggiunse Harry, scoppiando in una sonora risata.
Ron non ebbe il tempo di ribattere perché proprio in quel momento una luminosissima donnola d’argento attraversò la finestra e si fermò sul tavolo. «È il patronus di mamma ...» disse, senza riuscire a mascherare la sua perplessità. Harry era colpito: non aveva mai visto il patronus della signora Weasley, ma era logico che fosse una donnola, come quello del marito.
«Come fai a sapere che non è di tuo padre?» chiese all'amico. In quel momento la donnola cominciò a parlare con la voce di Molly. «Ginny è in pericolo. La lancetta dell’orologio è su pericolo mortale. Ho mandato un patronus a Minerva, per avvertirla, ma nel frattempo ti prego, cerca di capire dov’è e guadagna tempo, io e tuo padre raggiungeremo Hogwarts prima possibile».

*Il senso di questo
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Capitolo 15 - L'Artiglio
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