www.harrypotter8.altervista.org
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

www.harrypotter8.altervista.org

Scrivi tu il seguito del nuovo libro
 
IndiceIndice  PortalePortale  CercaCerca  Ultime immaginiUltime immagini  RegistratiRegistrati  Accedi  
Cerca
 
 

Risultati per:
 
Rechercher Ricerca avanzata
Ultimi argomenti attivi
» Appunti, considerazioni, correzione e tutte cose
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyGio Gen 04 2024, 19:33 Da LadyProffa

» Commenti sul capitolo 31 e proposte per il titolo
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyGio Gen 04 2024, 19:20 Da LadyProffa

» Capitolo 31 - Senza titolo
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyGio Gen 04 2024, 19:15 Da LadyProffa

» Buone feste natalizie a tutti!
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyDom Dic 24 2023, 12:46 Da kinderangie

» Come vuoi chiamare il capitolo 30?
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyVen Lug 23 2021, 09:15 Da LadyProffa

» Come vuoi chiamare il capitolo 29?
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyVen Giu 25 2021, 19:25 Da kinderangie

» Commenti sul capitolo 30
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyVen Giu 25 2021, 16:42 Da LadyProffa

» Capitolo 30 - La verità sui Doni
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyVen Giu 25 2021, 16:37 Da LadyProffa

» Si riprende!
Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyLun Feb 08 2021, 21:51 Da Anny Baggins

Migliori postatori
Harry-Mik94
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Bellatrix Black.
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Snowolf
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Ludovic Bagman
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Aberforth Silente
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Enrico
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Horace Lumacorno
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
LadyProffa
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Luna Lovegood:*
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Sirius Mic
Capitolo 13 - Ufficio Auror Vote_lcapCapitolo 13 - Ufficio Auror Voting_barCapitolo 13 - Ufficio Auror Vote_rcap 
Parole chiave
Harry97 CILINDRO lumacorno Fedeltà malfoy rapimento ginny amore natale gianluca babbano potter Errori libro capitolo Date capitoli bacchette sogno incantesimi Harry DISCUSSIONE ritorno teddy Punizione finale

 

 Capitolo 13 - Ufficio Auror

Andare in basso 
2 partecipanti
AutoreMessaggio
Aberforth Silente

Aberforth Silente


Numero di messaggi : 6065
Età : 30
Località : Bergamo
Punti : 11573
Data d'iscrizione : 08.08.09

Capitolo 13 - Ufficio Auror Empty
MessaggioTitolo: Capitolo 13 - Ufficio Auror   Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyGio Nov 25 2010, 16:26

*Il senso di questo
Harry si svegliò presto quella mattina e il ricordo di ciò che era successo il giorno prima lo colpì con la forza di una doccia gelata. Kingsley lo aveva creduto infallibile, si era fidato ciecamente di lui, lo aveva appoggiato e aiutato.
Il grande Harry Potter aveva fallito ed aveva dimostrato a tutti di essere soltanto un ragazzo. Non avrebbe mai dimenticato l'amara delusione che aveva letto negli occhi tristi di Kingsley. Sarebbe stato meglio se avesse urlato, se lo avesse licenziato. Harry avrebbe persino preferito che lo avesse sfidato immediatamente a duello. Invece gli aveva detto chiaramente e tranquillamente cosa pensava di lui: lo aveva deluso, gli aveva mentito.
Ciò che bruciava più di tutto non era l'aver tradito il Ministro e tutta la comunità magica che rappresentava, bensì l'aver deluso un amico. Questo lo faceva stare tremendamente male: la piena consapevolezza che aveva delle sue azioni pulsava come una ferita; senza contare la certezza dolorosa che, a causa della sua testardaggine nel voler gestire da solo la situazione, ora tutta la scuola si trovava in grave pericolo.
Harry sentiva i pensieri che vorticavano nella sua testa come api impazzite, lo pungevano ripetutamente, pensieri che ferivano, che non gli davano pace. Seduto a gambe incrociate sul suo letto, guardò il cielo fuori dalla finestra: nuvoloni grigi e minacciosi soffocavano l'azzurro; l'acqua del lago era nera come la pece e il vento increspava la sua superficie come carta stagnola; i tuoni facevano vibrare rumorosamente i vetri delle finestre con violenza tale da credere che non avrebbero resistito a quello successivo.
Possibile che anche il cielo ce l'avesse con lui? Harry, con la strana sensazione di avere un ruggente nuvolone grigio al posto dello stomaco, cominciava a crederlo veramente. Decise che pensarci non avrebbe cambiato le cose: per riconquistare la fiducia di Kingsley non gli serviva certo provare rimorso. Il suo sudore e il suo impegno futuri avrebbero testimoniato per lui le intenzioni di rimediare al guaio che aveva combinato; quella mattina Kingsley lo aspettava al Ministero, per addestrarlo e per testare le sue capacità.
Così finalmente, pensò amaramente Harry, si renderà conto che io e il ruolo di Auror siamo incompatibili: io i guai non li risolvo... li creo!
La sera prima era rimasto sveglio sino a tarda notte nella gelida Sala Comune, Ron e Hermione silenziosi al suo fianco. Verso le due avevano sentito un tonfo contro un vetro: un grosso gufo dall'aria fiera con le piume grigie, lucide e bagnate, aveva sfidato la tempesta per recapitare ad Harry un biglietto:

Caro Harry,
causa gli spiacevoli fatti appena accaduti, in accordo con gli Auror dell'Ufficio, abbiamo ritenuto necessario anticipare l'incontro che servirà a testare le tue capacità di Auror. Per mettere alla prova le tue abilità dovrai sostenere un esame pratico al Ministero che servirà a stabilire un piano di addestramento il più possibile adeguato a te.
Presentati alle 8.30 presso l’ufficio Auror del Ministero, secondo livello. Per arrivarci usa la Polvere Volante, partendo dal camino dell’ufficio della preside McGranitt.
Kingsley.
PS: Stasera a cena ti consiglio una salamandra in salmì.


Ron aveva appreso la notizia annuendo piano e dandogli quella che voleva essere una rassicurante pacca sulla spalla. Hermione non aveva detto una parola, ma dal suo sguardo si capiva che era sinceramente preoccupata. Non aveva avuto il coraggio di dirlo a Ginny, che già era salita nel suo dormitorio.
Quel biglietto, al contrario, aveva avuto su di lui l'effetto di un eccitante: tutto ciò che voleva era combattere e dimostrare di essere all'altezza.
Qualche minuto più tardi, nel suo accogliente letto a baldacchino era riuscito a liberare la sua mente dai pensieri che l'opprimevano ed era caduto in un sonno agitato, tutt'altro che ristoratore.
Harry si ridestò dai pensieri della sera precedente e decise di alzarsi dal letto; vide il suo riflesso allo specchio e scoprì di avere occhiaie ancora più profonde e segnate di quando era andato a dormire. Si vestì, si sciacquò la faccia e tentò inutilmente di appiattirsi i capelli, ma il suo aspetto non migliorò molto. Per non svegliare Ron, che ancora ronfava beato, e gli altri, scese le scale a chiocciola il più silenziosamente possibile. Giunto in Sala Comune, guardando fuori, si rese conto che era molto presto: dall'aura di luce rossastra che circondava gli scuri profili delle montagne e filtrava appena visibile tra le dense nubi, Harry concluse che doveva essere appena l'alba. Quando distolse lo sguardo dalla finestra, notò sorpreso che dallo schienale di una delle poltrone davanti al caminetto spuntava un ciocca di riccioli castani.
Hermione dormiva, la testa appoggiata sul bracciolo della poltrona, con addosso ancora il leggero maglioncino di cotone azzurro che portava la sera prima. Era rimasta lì tutta la notte al freddo. Harry pensò quasi di svegliarla, ma abbandonò l'idea; guardandola si rese conto che non aveva avuto la possibilità di raccontarle neanche la metà delle cose che gli erano accadute in quei mesi: le visioni, l'aggressione a Ron, l'incidente sul treno... Sicuramente lei, brillante com'era, gli avrebbe dispensato i giusti consigli.
Non voleva confidare a Ginny le sue preoccupazioni, aveva paura di ferirla e di metterla in ansia: ciò che più desiderava era che lei fosse felice, sempre. Hermione e Ron attraversavano un periodo difficile, effettivamente uno dei più complicati che avessero mai passato, e lui era ancora una volta costretto a rinunciare a Hermione. Tra l'altro aveva la strana impressione che l'amica lo evitasse: quel giorno al Ministero gli era parsa così sfuggente!
In quel momento Harry decise che avrebbe messo fine a quella situazione, una volta tornato dal Ministero. Ron e Hermione potevano evitarsi quanto volevano, ma nessuno poteva proibirgli di essere amico e di confidarsi con entrambi. Non avrebbe rinunciato né a uno ne all'altra. Acceso il fuoco, fece per andare in Sala Grande, quando un asse del pavimento scricchiolò sotto i suoi piedi.
«Non mi saluti neanche?» sussurrò Hermione con voce assonnata.
Harry si voltò in tempo per cogliere un sorriso stiracchiato sul suo viso. Aveva gli occhi rossi e stanchi. Si avvicinò a lei e si appoggiò al bracciolo della poltrona dove era seduta.
«Scusa... dormivi... mi dispiace di averti svegliata ...» disse sincero.
«Oh, non importa... ho dormito poco e male e a giudicare dalla tua faccia lo stesso deve valere per te» disse guardandolo con rimprovero. «Avresti dovuto concederti un po' di riposo, viste le prove al Ministero che dovrai affrontare questa mattina».
Harry sbuffò... Tipico di Hermione, si preoccupava sempre per gli altri, mai per se stessa.
«A proposito, hai detto a Ginny della prova?» chiese lei con il tono di chi conosce già la risposta.
«No, non mi va di svegliarla e poi... è meglio così. Sai come è fatta, si preoccuperebbe troppo; almeno lei riuscirà a dormire fino a tardi. Potresti spiegarle la situazione tu, quando si sveglia?» chiese Harry, ma capì subito, dalla smorfia di Hermione, che la ragazza non era tanto d'accordo, ma accettò ugualmente.
«Va bene. Ora però vai, o arriverai in ritardo» mormorò dandogli una piccola spinta.
«Veramente sono in anticipo e poi volevo parlarti di una cosa ...».
«Si tratta di Ron?» chiese lei, acida.
«Sì... e no». rispose Harry, cauto.
«Harry per favore ascoltami ...» iniziò Hermione, ma fu subito interrotta.
«No, ascoltami tu. Non si tratta solo di Ron. Non ti sei resa conto che, per colpa dei vostri rapporti difficili, noi non ci siamo praticamente ne visti ne parlati per tutta l'estate? Non ti sto chiedendo di fare pace con Ron, ma di fare pace con me, Hermione!» disse d'un fiato.
«Ma Harry... noi non abbiamo litigato... non ce l'ho con te ...» ribatté debolmente Hermione.
«Ho bisogno di te, come allo stesso modo ho bisogno di Ron! E non per copiare i compiti! Quindi, ti prego, non mi evitare. Ti chiedo almeno il sacrificio di sedere tutti e tre allo stesso tavolo. Bisogna scoprire qualcosa in più sul conto del tipo che ha cercato di rubare la Bacchetta di Sambuco ...». Finito il suo monologo alzò lo sguardo verso Hermione: aveva gli occhi lucidi.
«Hai ragione Harry. Tutto quello che hai detto è vero... ma mi sforzerò da questo momento, te lo prometto. Ora però vai. Appena Ginny si sveglia, le parlerò io» disse, la voce incrinata dall'emozione. «Veramente, Hermione, ho ancora molto tempo! Sono in anticipo... be' direi di almeno un paio d'ore! Quindi, se non ti dispiace, rimango qui» rispose sorridente.
Hermione lo guardò rassegnata: il tono di Harry non ammetteva repliche. Poi abbassò lo sguardo.
Harry sentì uno scricchiolio alle sue spalle: si voltò, ma non vide nessuno. Passarono una manciata di minuti in cui Harry e Hermione rimasero silenziosi, entrambi immersi nei loro pensieri. Fu Harry a rompere il silenzio. «Hermione, ti prego non te la prendere con me ma... si può sapere il motivo per cui tu e Ron avete litigato?» chiese Harry.
«Be', è iniziato tutto quest'estate, dopo morte di Vold-Voldemort. Eravamo felici, ma provavamo un senso di vuoto e tristezza per tutto quello che era successo, avevamo bisogno di sostenerci l'uno con l'altro....» mormorò Hermione continuando a fissare il pavimento «poi una sera, mentre tu eri via, è successo...».
«Non capisco Hermione, cos'è successo? Cos'ha combinato Ron? Ha fatto qualcosa che non doveva?».
«No, anzi... ha fatto tutto quello che doveva...» sussurrò Hermione strapazzando nervosamente il berretto di lana che teneva in mano.
«Forza, adesso devi dirmelo! Mi avete fatto impazzire, stavo pensando di utilizzare il Veritaserum per farvi parlare! Per favore, per la mia salute mentale non puoi tirarti indietro».
«Oh, insomma! Non è facile parlare di queste cose... sei il mio miglior amico, ma sei un ragazzo; per Ron sarebbe stato più facile!» sbottò improvvisamente Hermione, lanciandogli un'occhiataccia.
Harry la guardò perplesso e lei, alzando gli occhi al cielo, sibilò qualcosa che assomigliava molto a Ottuso. «Io e Ron siamo andati fino in fondo nel nostro rapporto» disse d'un fiato.
«Io... cosa?» balbettò Harry sgranando gli occhi e intuendo, finalmente, la ragione del litigio.
«Non capisci? Devo essere più chiara?».
«N-non serve ...» biascicò Harry. «Penso di aver capito».
Harry arrossì imbarazzato: era felice di sapere, ma allo stesso tempo si era pentito di avere iniziato quella conversazione. In effetti non era il genere di argomento di cui si parla con una ragazza e lui aveva fatto la figura dello stupido. Cercò di dire qualcosa di sensato, ma con scarsi risultati.
«A-avete f-fatto l'am..?» farfugliò, con la vana speranza di aver frainteso.
«Vuoi i particolari?» chiese lei acida.
«Io-no-ma...» farfugliò Harry, ormai convinto di essersi spinto troppo in là, ma di non potersi più tirare indietro «Ma poi, poi cos'è successo? Voglio dire, non mi sembra una cosa brutta! Quando sono arrivato eravate già ai ferri corti e tutte le volte che vi chiedevo spiegazioni era come infrangere un incantesimo Scudo senza bacchetta».
«È un po’ imbarazzante» sbottò Hermione senza guardarlo.
«Non vedo come possa essere più imbarazzante di così» soggiunse Harry
«Ecco... la sera che abbiamo fatto l'amore. .. be' alla fine ho pianto».
Harry a quel commento rimase un po’ sconcertato e, dopo qualche attimo d’incertezza, disse «N-non sono un esperto, ma penso che possa capitare».
Hermione lo fissò con le lacrime agli occhi. «Infatti!» proruppe. «Ma quel testone ipocr ...».
«Hermione!».
«Scusa» sussurrò lei, tirando su col naso, «come al solito non ha capito niente ed ha pensato che piangessi perché lui non era stato bravo o qualcosa di simile... ma ti rendi conto di quanto possa essere stupido?».
«Non dire così Hermione».
«Ecco! Sempre a difenderlo, anche io sono tua amica Harry!» urlò, esasperata dall’atteggiamento del ragazzo.
Harry scrollandosi di dosso il momentaneo imbarazzo, si avvicinò all’amica e l’abbracciò .
«No, Hermione. Io non lo sto difendendo e non mettere in dubbio la mia amicizia. Tu per me sei come una sorella».
A quelle parole la ragazza guardò l’amico e poi lo strinse forte singhiozzando.
«Ti stavo solo dicendo,» riprese, «prima che ti mettessi a urlare, che Ron ha poca fiducia in sé stesso» disse lui in tono rassicurante.
«M-ma cosa d-dici? Io n-non ho f-fatto niente per renderlo insicuro» rispose tremante.
«È che tu… insomma, tu a volte lo spaventi! Non credi possa pensare che tu sia troppo per lui?» continuò lui con calma.
«Allora non doveva essere cosi cretino, così idiota, così vigliacco da dire che le mie erano scuse, e ...».
«Ma tu cosa gli hai detto?» domandò Harry.
«Niente, ma avrei voluto dirgli che piangevo perché ero felice! Felice di stare con lui, di vivere quel momento insieme perchè... io lo amo».
«E perché non me lo hai detto prima?». I due trasalirono quando sentirono quella voce e, alzando gli occhi, videro Ron.
«Da quando sei arrivato?» sussultò sorpresa Hermione, staccandosi immediatamente dall’amico.
Ron sembrò pensarci su, poi, con una calma che nascondeva una forte agitazione interiore, disse: «Da quando Harry ha detto di volerci versare del Veritaserum per farci parlare e tu gli hai risposto che ora gli potevi confessare - non so per quale motivo - che io e te ...» si fermò un attimo, deglutì, « ...che io e te s-siamo... siamo stati insieme e tutto il resto».
Hermione lo guardò torva, poi incrociò le braccia e disse: «Ebbene? Cosa hai da dire a riguardo?».
Ron guardò prima lei e poi l’amico che lo fissava con ansia e annuiva con la testa incoraggiandolo a parlare.
«Hai ragione, mi sono comportato come un ottuso Knarl, il più grande e stupido di Hogwarts; anche i gargoyle all’ingresso sono più intelligenti di me!» cominciò il ragazzo guardandosi le unghie della mano.
«Dài, Ron! Può bastare» lo interruppe Harry.
«No, lascialo finire» disse acida Hermione.
«Lo so che ho sbagliato tutto e... e quelle parole non le dovevo dire, dovrebbero fare una nuova strofa di “Perché Weasley è il nostro re”, aggiungendo "che più idiota non c’è né” e "di fesserie ne fa per tre!”».
A quelle parole si sentì uno sbuffo e l'inizio di una risatina repressa. Harry ebbe un tuffo al cuore: forse c'era una speranza. Il suo sguardo si spostò da Hermione a Ron, aspettando che succedesse qualcosa.
«Dimmi, cosa devo fare di te?» sussurrò Hermione guardandolo intensamente.
«Affatturami!» esclamò lui, chiudendo gli occhi e abbassando il capo.
Hermione rimase ferma a lungo, poi gli si avvicinò lentamente, lo abbracciò e lo baciò.
«Molto meglio di una fattura, grazie!» sussurrò Ron, quando si separarono.
Harry, non sapendo che fare, diede un occhiata all'orologio e decise che era meglio accorgersi di quanto fosse tremendamente in ritardo.
«Io devo andare» esclamò dirigendosi verso il buco del ritratto. «Hermione... mi sei mancata! Ron ...» non sapendo che dire gli strizzò l'occhio ed uscì.
Finalmente pace è fatta pensò sorridendo; rincuorato, si diresse verso l'ufficio della Preside.
Arrivato davanti al Gargoyle di pietra, l'agitazione tornò a farsi più forte: cosa avrebbe detto la McGranitt? Lo avrebbe trattato freddamente? Lo avrebbe rimproverato?
Harry fece un respiro profondo: «Salamandra in Salmì!». Il gargoyle di pietra balzò di lato lasciando aperto il passaggio che conduceva all’ufficio. Quando entrò, la professoressa lo accolse con un sorriso.
«Ah! Potter, finalmente...» disse la McGranitt alzandosi dalla sedia. Harry era imbarazzato ma capì che lo aveva perdonato.
«Buongiorno, professoressa!» disse sorridendo a sua volta.
«Da questa parte» disse la preside conducendolo al camino di pietra. Vi entrò e prese una manciata di Polvere Volante da un contenitore che gli veniva offerto. Quando si voltò per salutarla, non fece in tempo ad aprire bocca che lei disse: «Su sbrigati, non far aspettare il Ministro! Ah... buona fortuna, Potter».
Harry sorrise: era tornata la professoressa severa di sempre.
«Ministero della Magia, Ufficio Auror!» esclamò. Sentì di essere risucchiato nel camino. L’odore acre della fuliggine lo fece starnutire. Si ricordò della prima volta in cui aveva viaggiato con la Polvere Volante e per sbaglio era finito a Notturn Alley, nel negozio di Magie Sinister. Quando si riscosse, capì di essere arrivato: la stanza in cui Harry si ritrovò era ampia e spaziosa, il pavimento era di marmo e le pareti di pietra bianca erano tappezzate di poster, foto di maghi oscuri ricercati e articoli di giornale della Gazzetta del Profeta; i più grandi erano quelli che annunciavano la fuga di massa di Mangiamorte da Azkaban, di circa tre anni prima, e la sconfitta definitiva del Signore Oscuro ad Hogwarts.
Si riassettò i vestiti e uscì. Era rimasto così sbalordito dall'ampiezza della sala da non accorgersi che il Ministro in persona lo stava aspettando. Harry si diresse esitante verso Kingsley: il suo corpo cercava di opporre resistenza, aveva paura di rileggere nei suoi occhi la delusione. Non lo avrebbe potuto sopportare. «Buongiorno, signor Ministro» disse imbarazzato, mantenendo un tono formale. «Harry per favore, ti ho già detto che quando ti rivolgi a me devi chiamarmi Kingsley» rispose, pacato come sempre.
«Ma io... cioè tu, non sei arrabbiato? M-mi dispiace... mi dispiace veramente. Io non dovevo...» farfugliò Harry cercando di spiegare il rimorso che sentiva dentro e che lo tormentava.
«Ehi, ehi, Harry! Calmati e prendi fiato!» disse Kingsley «Certo, ciò che è accaduto è molto grave. Dicendomi di aver nascosto la Bacchetta di Sambuco quando in realtà l'avevi con te, mi hai mentito. Hai messo la tua scuola e la preside in una posizione molto scomoda. Ma credo tu abbia capito l'errore, quindi non serve che tu dica nulla. So bene che ti sei reso conto della gravità delle tue azioni e che ti impegnerai per rimediare; credi che ti darei un'altra possibilità, se non ne fossi convinto? E poi, Harry, mi rendo conto della complicata situazione in cui ti trovi. Lo so che è un grosso peso, ma devi imparare a sopportarlo. Devi imparare a riflettere sulle conseguenze delle tue scelte, perché da queste non dipende solo la tua vita ma anche quella degli altri».
Mentre procedevano verso un corridoio, Harry sentì nascere dentro di sé una nuova determinazione: ora che sapeva di avere la fiducia di Kingsley, avrebbe fatto di tutto per dimostrargli di avere le capacità per diventare un Auror. Finalmente si fermarono davanti ad uno specchio che funzionava come tutte le altre nuove porte introdotte dagli americani. Kingsley si voltò verso di lui e gli disse: «Anche se io preferisco ancora le porte di legno massiccio, questi specchi sono molto comodi. Riescono a rilevare se una persona è autorizzata ad entrare o meno in un luogo». Mentre parlava il vetro svanì.
«Funzionano come gli Avversaspecchi, rilevano la presenza di intrusi?» chiese Harry.
«L’idea di base è quella, però gli americani hanno apportato pesanti modifiche ...» spiegò entrando. Nella stanza in cui si trovava adesso c'era solo un altro specchio. L’unica decorazione presente era il quadro di una vecchia strega addormentata.
All'interno c'era qualcuno ad aspettarli. «Harry ti presento Dawlish, anche se credo vi siate già conosciuti. Sarà lui a metterti alla prova». disse Kingsley.
«È un piacere rivederla, signore» rispose Harry, rivolgendosi a Dawlish.
«Harry, non c’è bisogno che mi chiami signore, soprattutto ora che lavoriamo insieme. Chiamami pure Daw!».
«Bene,» disse Kingsley col suo vocione, «è tempo che torni alle noiose faccende burocratiche da Ministro. Ti lascio in buone mani, Harry». E, dopo averlo salutato, uscì dalla stanza. Harry tornò ad osservare l’Auror: era piuttosto alto, magro e con gli occhi azzurri, che si intonavano alla perfezione con la sua veste celeste. L’unica nota stonata nella sua figura composta erano i capelli castano scuri che, arruffatissimi, gli ricordavano un po' i suoi.
«Harry, è ora di cominciare!» disse Dawlish. «Per mettere alla prova le tue capacità ho escogitato un percorso ad ostacoli magici per valutare la tua forze e la tua iniziativa. In totale sono cinque livelli in altrettante stanze, separate da una porta. Per avere accesso alla stanza successiva, e quindi proseguire, dovrai aver superato l’ostacolo precedente. Ti avverto che una volta entrato non potrai uscire a meno di evocare un incantesimo di aiuto; in quel caso interverrò io personalmente e interromperemo la prova» spiegò. «Bene, se sei pronto avvicinati alla porta. Appena mi farai un cenno l’aprirò».
Harry inspirò profondamente, chiuse gli occhi, poi li riaprì e con grande determinazione alzò di scatto la testa; la porta si spalancò ed entrò nella prima stanza. Questa era lunga ed illuminata debolmente da candele sospese a mezz’aria vicino al soffitto, l’atmosfera era tetra: un brivido percorse la sua schiena. In fondo alla stanza, di fianco alla porta di collegamento con la stanza successiva, vide un armadio.
Non capiva in cosa potesse consistere la prova, non sentiva alcun rumore dentro l'armadio e, in fondo, non sembrava pericoloso. Si avvicinò circospetto, pronto a qualsiasi evenienza e, infatti, mentre lo stava osservando sentì scattare la serratura. Fece un balzo indietro e tese la bacchetta appena in tempo per evitare un gruppo di Dissennatori che fluttuavano fuori dalle ante aperte; alla loro vista raggelò, ma la solita sensazione di nausea, che aveva avvertito per la prima volta al terzo anno, non lo assalì.
Rimase stupito e paralizzato: come mai la sua mente non era invasa da ricordi infelici? Ma si riscosse dai suoi pensieri quando si rese conto che i Dissennatori si erano moltiplicati a vista d'occhio: ora occupavano quasi tutta la sala. Harry sapeva esattamente cosa fare: pensare a Ginny, la persona che più lo rendeva felice. «Expecto Patronum!».
Un cervo, più luminoso di quanto Harry avrebbe mai pensato di poter evocare, prese vita dalla sua bacchetta ed in un turbinio di luce si scagliò contro i Dissennatori. Il suo bagliore era così forte che lo costrinse a coprirsi gli occhi. Quando la luce si affievolì, Harry fece in tempo a vedere il cervo che, a suon di cornate, rispediva gli ultimi dentro l’armadio. Quando questo si chiuse e il cervo fu sparito, Harry si sentì più leggero. Una delle prove era superata. Infatti proprio in quel momento lo specchio svanì. Con passo deciso si diresse verso la porta della stanza successiva.
Si fermò di colpo sulla soglia: strani rumori provenivano dall'interno. Deciso a completare tutte le prove, abbassò la maniglia ed entrò. Una puzza nauseabonda lo investì. La riconobbe subito: era fetore di Mostro di Montagna come quello che aveva sentito il primo anno nel bagno dove Hermione si era nascosta. Ma questa volta non era uno solo bensì tre, giganteschi, e armati di clave dall’aspetto particolarmente feroce. Harry era ancora bloccato all'ingresso: doveva escogitare una strategia. Pensò che forse sarebbe stato meglio affrontarli uno alla volta: era impossibile stenderli tutti insieme!
L’occasione giusta si presentò quando uno di loro si accorse di lui e si staccò dal gruppo. Harry lanciò un incantesimo Muffliato ai due rimanenti: ciò gli permetteva di combattere con uno senza che gli altri si accorgessero di qualcosa. Provò a stendere il Mostro con uno Stupeficium, ma questo rimbalzò sul suo corpo senza fargli un graffio. Allora si ricordò come, su certe creature magiche, alcuni incantesimi fossero vani. Cercò un diversivo: «Incarceramus!». Dal nulla apparvero catene che si strinsero attorno alle braccia e alle gambe della creatura ma, con un piccolo sforzo, questi le spezzò: come erano comparse, svanirono.
Iniziava a pensare di non riuscire a sconfiggerlo, quando la soluzione gli balzò alla mente. «Wingardium Leviosa!» esclamò puntando alla clava del nemico. Questa sfuggì dalle sue mani e rimase sospesa sopra la sua testa proprio come avvenne sette anni prima nel bagno delle ragazze. Poi, con un colpo di bacchetta, gliela sbatté in testa. Il Mostro, che era rimasto a guardarla inebetito, stramazzò al suolo con un grugnito e un tonfo assordante.
Harry si girò per affrontare gli altri due giusto in tempo per evitare la mazza del secondo bestione. Ma non fu abbastanza rapido da schivare il colpo che gli sferrò il terzo mostro: una delle borchie affondò nel suo braccio aprendogli una profonda ferita; un fiotto di sangue uscì dal suo braccio.
Harry provò un dolore allucinante e si sentì svenire. Con molta fatica, cercando di non perdere completamente i sensi, strisciò qualche metro in là dai due e rimase accucciato in un angolo nel tentativo di far passare la forte nausea. Poi capì e si maledisse per non aver prestato molta attenzione alle lezioni di Cura delle Creature Magiche, i Mostri di Montagna, anche se erano stupidi, avevano un olfatto molto fine: l’avevano fiutato!
I due si avvicinavano a passi lenti. Per evitare altre ferite che avrebbero potuto impedirgli di proseguire, decise di ricorrere alle Maledizioni Senza Perdono. Non sapeva come l’avrebbe presa Dawlish ma non poteva rischiare oltre. Puntò la bacchetta contro il più vicino e urlò «IMPERIO!». Il Mostro si fermò: lo sguardo ancora più confuso di prima. Harry iniziò a sudare freddo: se il suo piano non avesse funzionato, si sarebbe trovato in una situazione molto pericolosa. Una sensazione di potere lo pervase, la stessa che aveva provato nell'incantare Travers alla Gringott.
Fece girare l'essere in modo che si trovasse faccia a faccia col suo simile; questi si fermò, i due si fissavano: lo avevano completamente dimenticato. Harry non si spiegò come, ma nell'istante in cui ordinò al Mostro affatturato di attaccare il suo complice, l'altro fece altrettanto. Gli parve di osservare una scena allo specchio, i due si colpirono e caddero simultaneamente.
Harry si riprese dallo stupore e cercò di alzarsi, ma le ondate di nausea continuavano. Col braccio dolorante e la manica inzuppata di sangue si avviò al passaggio. Non ne poteva più di quel tanfo, così non si fermò nemmeno un attimo a pensare cosa potesse aspettarlo.
Entrò nella terza stanza, più piccola delle precedenti ma illuminata allo stesso modo. Non sapeva cosa aspettarsi, ma non avrebbe resistito ad un altro combattimento. Cercò di ignorare il dolore e di capire cosa fosse quella figura che vedeva muoversi al centro della stanza.
Poi comprese. Tornò indietro con la mente al Torneo Tremaghi, all'interno del labirinto: la creatura che aveva davanti era una sfinge e si muoveva avanti ed indietro.
Allora si rese conto che non avrebbe dovuto sostenere alcun sforzo fisico : l'unico modo per poter proseguire era rispondere correttamente all'indovinello . La sfinge si fermò, lo fissò negli occhi ed iniziò a recitare con voce roca e tremante:

Se proseguir per la tua strada vorrai,
rispondere correttamente dovrai.
Attento all'indovinello che ti tocca,
sol tre tentativi ha la tua bocca:
"Più ne hai, meglio stai,
son preziosi assai.
Se li perdessi non ti perdoneresti
perché servon tutti,
seppur in diverso modo manifesti".


Dovette farselo ripetere un’altra volta poi di getto rispose: «Soldi!». Ma si pentì subito: era troppo ovvia ed inverosimile. Infatti era sbagliata.

Risposta errata,
ti restan sol due tentativi
per darne una adeguata


Si mise a girare per la stanza. Pensava, pensava, ma il dolore pulsante al braccio gli impediva di concentrarsi. Non sapeva quanto tempo fosse passato, quando ebbe un’ispirazione. Di colpo gli parve ovvia e amara la risposta. «Horcrux» esclamò. ­Questi erano preziosi per chi li possedeva, in fondo vi era contenuta parte della propria anima e potevano essere di qualsiasi tipo. Tutto combaciava. Per questo rimase paralizzato dalla risposta negativa della sfinge… Non era possibile: aveva sbagliato di nuovo!
Ma perché? pensò. Coincide tutto!
Una sensazione di vuoto e di panico iniziò a diffondersi in lui, le fitte al braccio continuavano e lo rendevano nervoso. Non sapeva cosa fare.
Se almeno ci fossero qui Ron ed Hermione, pensò.
Sorrise immaginandosi come Ron sarebbe andato nel panico e come invece Hermione avrebbe mantenuto la calma, ragionando logicamente. Non riusciva a capire come due persone così diverse potessero amarsi. Diverse, ripeté fra sé. Gli sarebbero serviti entrambi, anche se diversi.
Finalmente aveva capito: la soluzione dell’indovinello era "amici"! "Horcrux" non poteva essere quella giusta: Voldemort non si era accorto che i suoi preziosi "pezzi di anima" erano andati perduti’.
Tutto ora era chiaro.
Più rivolto a sé che alla sfinge ripeté ad alta voce: «Amici».
Quanto è vero l’indovinello! rifletté. Ancora sognava la morte di Cedric nel cimitero di Little Hangleton: non si era mai perdonato quanto era successo: sentiva che era colpa sua.
La sfinge si fece da parte e gli permise di accedere alla porta-specchio successiva, che poi scomparve.
Con un incantesimo cicatrizzante era riuscito ad arginare la perdita di sangue, ma era rimasto comunque indebolito. Non poteva rischiare di compromettere la prova per una sbadataggine. La ferita pulsava sempre di più ma doveva andare avanti, perciò si fece forza e proseguì.
Harry temette il peggio: la quarta sala era completamente buia e non si sentivano rumori. «Lumos!» disse, ed un fiotto di luce illuminò tutta la stanza. Notò che era presente soltanto un tavolo; gli si avvicinò e vi vide appoggiato un biglietto su cui era scritto:

Recupera la chiave per passare oltre.

Solo allora si accorse della chiave sospesa in aria. Dopo averla osservata notò che si trattava di una semplice chiave arrugginita e dall'aria piuttosto antica. Pensò che non sarebbe stato difficile afferrarla, ma si sbagliava: tentò di appellarla ma questa non si mosse. Capì che avrebbe dovuto prenderla con le mani. Ma come? si domandò. Era sospesa ad almeno quindici metri di altezza, come avrebbe fatto ad arrivare lassù? Trasfigurare il tavolo in un manico di scopa era da escludere; forse solo con la Bacchetta di Sambuco avrebbe potuto ottenere un buon risultato.
Nonostante il forte dolore al braccio, Harry si sforzò di ragionare e, riflettendo, misurò a grandi passi la sala. La luce della bacchetta illuminava l'impolverato pavimento di pietra. Harry raggiunse il tavolo e vi si appoggiò.
La mano del braccio sano stringeva con forza il duro legno, cercando di attenuare il fastidioso dolore dell'altro braccio. Decisamente non sono nelle condizioni di volare pensò. Salì sul tavolo con un piccolo sforzo e cominciò a ragionare.
Allungò la mano illuminando la chiave, poi il pavimento; la luce della sua bacchetta passava rapidamente dai suoi piedi alla chiave. Era decisamente troppo in alto, ma doveva trovare il modo di raggiungerla. Poi la soluzione gli balenò nella testa.
«Geminio» esclamò quasi entusiasta per la sua trovata. Accanto al tavolo su cui era salito ne apparì un altro, uguale.
«Geminio» continuò a voce più alta. Ripeté l'incantesimo più volte e cominciò a disporre i tavoli uno sopra l'altro, in modo da formare una piramide, che poi, non senza dolore e stenti, risalì fino ad avere davanti agli occhi la chiave.
Allora si accorse che la ruggine della chiave era avvolta da un alone azzurrino. L'afferrò con decisione, ed eccitato si apprestò a scendere dalla piramide. Lo fece lentamente, e quando posò i piedi a terra, la sua espressione soddisfatta si trasformò: la chiave era sparita dalla sua mano ed era tornata in cima alla piramide. Contrariato, Harry risalì tutta la pila.
Riprendendola in mano, notò che si rimpiccioliva fino a sparire per poi materializzarsi dove era stata tolta. «Engorgio!» quasi urlò, tenendola in mano. Il braccio ferito gli tremava, ma con convinzione ripeté l'incantesimo, fino a stringere tra le braccia una chiave che avrebbe aperto la porta di un gigante. Durante il tragitto verso l'uscita dovette continuamente ripetere l’incantesimo di ingrandimento. Finalmente riuscì a inserirla nella toppa, la serratura scattò da sola e si aprì.
Ormai era a un passo dalla conclusione, gli rimaneva solo l’ultima prova. Nella stanza successiva si trovò di fronte solo un piccolo piedistallo di pietra; con grande sofferenza, appoggiandosi al muro e gemendo per il dolore, ma determinato ad arrivare fino in fondo alla prova, vi si avvicinò.Su di esso c'era un altro biglietto. Harry lo afferrò un attimo prima di accasciarsi a terra, con la vista che gli si annebbiava e, dopo un respiro profondo, riuscì a leggerlo:

L’ultima prova consiste in uno scontro a duello. Procedi pure nella stanza successiva.

Come avrebbe fatto a combattere se non riusciva nemmeno a reggersi in piedi? Con molta fatica si rialzò, si trascinò verso l'ultima porta e si trovò davanti il Ministro in persona e Dawlish. Entrambi si apprestarono a sorreggerlo senza nascondere la soddisfazione per il fatto che fosse arrivato fin lì: «Sono piacevolmente colpito dal fatto che tu sia riuscito a terminare la prova; nessuno - noi due compresi - l’ha più completata tanto rapidamente da molto tempo. Penso che gli ultimi a farcela siano stati due Auror più di vent'anni fa...».
«Ma prima, lascia che ti curi quella ferita, non puoi affrontare un duello in queste condizioni!» disse il Ministro. Con un colpo di bacchetta la ferita scomparve insieme a gran parte del dolore che lo aveva torturato; Harry si sentì molto più leggero, gli sembrò che l'incantesimo lo avesse addirittura rinvigorito: si sentiva fortissimo e pronto all'azione.
Oltre la porta, si trovò davanti una sala molto spaziosa, che gli ricordava un po' la Stanza delle Necessità quando, tre anni prima, l'avevano usata come quartier generale dell'ES. Era dotata di tutto il necessario per allenarsi a combattere, ma si vedeva che era destinata all'uso di Auror professionisti e non di ragazzini ribelli.
«La quinta prova consisterà nell'affrontare i membri del corpo Auror. È ora che tu venga presentato al resto della squadra, sono nella sala accanto, seguimi!». Detto questo, si avvicinò allo specchio ma non successe nulla.
«Maledetti aggeggi americani!» sbottò Dawlish che, superando il Ministro, tirò un pugno allo specchio che vibrò e poi scomparve. «Non ne possiamo più di queste invenzioni ...».
«Ecco, Harry, te li presento: Christopher Griffiths, Adolph Gray, Dorian Wilkinson, Cassandra e Amanda Gray. Questi sono gli Auror che sorvegliano a turno i confini di Hogwarts e quindi, lavorerai a stretto contatto con loro» disse il Ministro indicandoglieli.
«Piacere di conoscervi!» sorrise nervosamente Harry, stringendo loro la mano a turno.
«È un piacere anche per noi signor Potter» si sentì rispondere da qualcuno.
«Chiamatemi pure Harry» rispose, imbarazzato.
«C'è un altro membro della squadra che al momento non è presente, si chiama Augustus Merlin ed è assegnato al pattugliamento di Hogsmeade».
«Più che le strade, Merlin pattuglia tutti i pub!» intervenne Wilkinson, sollevando una risata generale.
«Ragazzi!» disse in tono di ammonimento Kingsley «Ve l'ho già detto, ma è meglio che lo ripeta: Merlin è stato ed è tutt'oggi uno dei migliori Auror del Dipartimento. Durante la sua carriera ne ha passate tante e l'unica soluzione che ha trovato per dimenticare è stato l'alcool».
Mentre il Ministro parlava, il ragazzo scrutava i suoi “colleghi” - gli suonava strano chiamarli così - uno ad uno: non li aveva mai visti, se non in qualche fotografia. Griffiths era un uomo alto, muscoloso e pieno di cicatrici; Adolph Gray e la sorella Amanda erano due individui molto curiosi, bassi e tarchiati, con uno sguardo penetrante e un'aria attenta e intelligente; Wilkinson era un tipo smilzo e gli occhiali che portava sul naso lo rendevano alquanto buffo. Infine Dawlish gli presentò Cassandra Marshall, che non poteva avere più di venticinque anni, facendogli notare che era un’animagus provetta: si trasformava in falco e questo le permetteva di svolgere ricognizioni aeree nelle missioni più difficili e impegnative.
Tutti indossavano una divisa scarlatta con alti stivali di cuoio nero. Harry non sapeva cosa pensare, tutti quei maghi gli mettevano una certa soggezione, erano molto più esperti di lui. E se non fosse stato in grado di resistere più di qualche secondo al duello? Se non avesse messo a segno alcun incantesimo? Avrebbe fatto di certo una figuraccia, deludendo le loro aspettative sulle sue “grandiose capacità".
Griffiths avanzò verso di lui, mentre tutti gli altri si fecero da parte. Il duello iniziò: Harry schivò per un soffio un incantesimo disarmante dell’Auror e scagliò due schiantesimi di seguito che Griffiths scansò senza difficoltà. Prima che Harry potesse pensare ad un altro incantesimo, dalla bacchetta del suo avversario scaturirono una decina di fiotti di luce blu elettrico che si intrecciarono fra loro in un complicato disegno per poi raggiungere, in un istante, il petto di Harry. Il ragazzo non vide e non sentì più nulla. Provò ad aprire gli occhi, a muovere qualche muscolo, ma non ci riuscì. Non riusciva a spiegarsi cosa stava succedendo.
Poi si ritrovò nuovamente nella stanza rotonda con gli Auror, disteso a terra. Si sentiva stanco come se avesse camminato ininterrottamente per ore, senza mangiare, bere o dormire. Era esausto, stava per perdere i sensi. Raccogliendo tutta la forza che aveva, mormorò: «Cos-cos’era quello?».
«Era un incanto Fatigatus!» rispose Adolph Gray. «È un incantesimo che colpisce la mente della vittima, che crede di trovarsi sospesa nel vuoto e annulla tutti i cinque sensi. Questa fase dell’incantesimo dura qualche minuto, dopodiché la mente della vittima si libera e colui che ha subito il Fatigatus torna, per così dire, alla realtà. Ma attenzione, finché l’autore dell’incantesimo non decide di fermarsi il suo avversario rimane inerte, esausto. Nessuno riesce ad alzarsi» e, detto questo, liberò Harry.
«Potete insegnarmelo?» chiese il ragazzo un po' frastornato dall'incanto.
«Be', non era in programma ma penso che potremmo fare un’eccezione» disse Amanda Gray guardando Dawlish.
L’Auror aveva l’aria dubbiosa ma, alla fine, acconsentì. Wilkinson spiegò ad Harry il movimento da fare con la bacchetta e il ragazzo lo ascoltò attentamente. Al primo tentativo, i fiotti blu non riuscirono a percorrere più di qualche metro, ma poi migliorò velocemente; solo dopo una dozzina di tentativi riuscì a tramortire Griffiths seppur solo per qualche secondo.
«L’incantesimo non era abbastanza potente, devi concentrarti un po’ di più!» spiegò Dawlish.
Alla fine dell'allenamento riuscì ad usare il Fatigatus su Cassandra e a vincere il duello. «Bravo Harry, complimenti! Pensa che una volta, con questo incantesimo, mi sono colpito da solo!» esclamò ridendo Wilkinson e anche Harry si abbandonò ad una risata spensierata.
«Per concludere» disse Dawlish, «un paio di suggerimenti riguardo alle prove che hai eseguito: nella prima prova hai affrontato i Lethifold in maniera egregia, il tuo Patronum era perfetto».
«Cosa sono i Lethifold? Pensavo fossero Dissennatori» chiese sorpreso Harry.
«No Harry, non sono Dissennatori. Non ce ne sono più in Inghilterra. I pochi che sono sopravvissuti alla battaglia di Hogwarts si sono dileguati, anche se non sappiamo dove si trovino tutt’ora. Comunque, ritengo che non ci daranno più fastidio.
«I Lethifold, in effetti, ricordano molto i Dissennatori, ma si nutrono di prede di ogni tipo, anche umane. Fortunatamente per te, hanno un altro punto in comune con i Dissennatori: possono essere respinti solo con l'Incanto Patronum. Il Ministero li ritiene più pericolosi dei Dissennatori. Per quanto riguarda i Mostri, la tua idea è stata ingegnosa ma rischiosa, contro creature così pigre è sufficiente un incantesimo dormiente. Nella quarta prova hai lavorato tanto per nulla, potevi semplicemente far levitare il tavolo, sarebbe stato più semplice, no?».
Harry si sentì uno stupido, perché non ci aveva pensato?.
«Bene, per oggi è tutto. Continuerai il tuo addestramento a scuola e, se ce ne sarà bisogno, seguirai altre lezioni qui al Ministero».
Harry annuì ma, avendo ancora qualche ora libera prima di dover tornare ad Hogwarts, decise di fare una passeggiata a Diagon Alley.
Come aveva già notato durante le visite precedenti, il quartiere aveva riacquistato i fasti di un tempo: le vetrine risplendevano alla luce del sole e per le strade si aggirava un gran numero di maghi, intenti a sbrigar le proprie faccende.
Harry si recò immediatamente da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch poichè aveva bisogno di una scopa nuova: la sua era andata distrutta l’anno precedente.
All’uscita del negozio si ritrovò con le tasche decisamente alleggerite, ma con un ordine di acquisto di una Firebolt Millennium, ultima uscita sul mercato e ottima per i cercatori grazie all’ottimo compromesso tra maneggevolezza e accelerazione.
Soddisfatto della propria scelta, Harry si avviò verso una zona di Diagon Alley che non aveva mai esplorato: lì aveva un appuntamento con una sua vecchia amica, alla quale aveva chiesto un grosso favore.
Dopo circa due ore, Harry salutò l’amica e si diresse al Ministero per tornare ad Hogwarts. All'Ufficio Auror, Harry salutò Dawlish ed entrò nel camino.
«Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Ufficio della Preside» esclamò e si sentì risucchiare all’interno del camino. Rientrato, vorticando, nell'ufficio della Preside, Harry si diresse verso la Torre di Grifondoro, ripensando all'esercitazione; non poteva dire che le esperienze di quel giorno fossero nuove per lui, ma una cosa diversa c'era: non aveva agito per salvarsi la vita, o per cambiare il mondo, ma per una sua scelta. Era il suo lavoro, quello che aveva sempre desiderato! Quella giornata era stata davvero piacevole, nonostante tutto ciò che era accaduto, e si sentiva soddisfatto di sé. Si massaggiò il braccio nel punto della ferita: Kingsley l'aveva rimarginata, ma faceva ancora male.
Raggiunse la Signora Grassa e, dopo aver litigato per la parola d'ordine cambiata proprio quel giorno, entrò nella Sala Comune assieme ad uno studente del secondo anno di passaggio. Ormai quasi tutti erano scesi a cena, ma la stanza non era deserta: Ginny era lì; Harry se lo aspettava.
Non appena lo vide, Ginny scattò in piedi. Aveva l'espressione tirata, le mani che tormentavano insistentemente la veste. Harry osò accennare un sorriso come a tranquillizzarla, ma non raggiunse l'effetto desiderato; tutt'altro. Ginny coprì la breve distanza che li separava e si fermò davanti a lui senza mai distogliere lo sguardo da quello del ragazzo. Harry fu costretto a ritirare il mezzo sorriso.
Senza preavviso Ginny levò la mano mollandogli un ceffone ben assestato. «Sei un cretino! Dovevi dirmelo». Poi respirò profondamente e lo strinse in un abbraccio. «Per fortuna sei tutto intero!».
Harry alzò il bracciò ferito per stringerla a sé e il dolore si acuì. «Non proprio» disse con una smorfia in volto. Mollò la presa da Ginny e tenne l'altra mano sulla ferita. Poi, vedendo che Ginny aveva ripreso un'espressione severa, si affrettò ad aggiungere: «Niente di grave, il Ministro ha già chiuso la ferita».
«Ferita? Come niente di grave? Dovresti andare da Madama Chips, per sicurezza ...».
«Te l'ho detto, ci ha pensato Kingsley; per domattina sarò come nuovo!».
«Va bene,» disse per nulla rassicurata, «ora scendiamo, hai bisogno di mangiare e poi mi racconti tutto per filo e per segno, intesi?».
Harry sorrise: anche se Ginny aveva il tono da arrabbiata, capiva benissimo che si era tranquillizzata.
Quando arrivarono in Sala Grande rimasero senza parole, era davvero bellissima: illuminata dalle candele, il soffitto stellato, limpido e senza nuvole. Anche il cielo si era rasserenato da quella mattina, così com'era capitato a lui. Harry pregustava già una bella chiacchierata con i suoi migliori amici, sprofondati nelle loro poltrone preferite davanti al fuoco scoppiettante del camino della Sala Comune.
«Aaaaaahhhhhh!» un urlo si alzò dal tavolo di Corvonero. Ci fu un improvviso silenzio e tutti si guardarono intorno preoccupati.
«Non lo schiacciare!» strillò un ragazza con voce isterica. Harry si voltò e vide Lip Styk che saltellava vicino alla sua sedia e con le braccia teneva tutti lontani.
Mormorii nervosi serpeggiarono tra gli altri studenti.
«Che succede qui?» chiese Hermione avvicinandosi; Lip la guardò sconvolta e le indicò un piccolo scarafaggio sotto il tavolo.
Hermione rimase un attimo sconcertata, poi un leggero sorriso le increspò le labbra e tranquillizzò la biondissima Corvonero indicandole Jatturius seduto al tavolo dei professori impegnato in una fitta conversazione con Lumacorno.
La ragazza si accasciò sulla sedia arrossendo violentemente, poi con un gesto di rabbia spiaccicò lo scarafaggio.
Molti ragazzi ridacchiavano mentre altri bisbigliavano tra loro chiedendosi se Lip fosse improvvisamente impazzita. Rendendosi conto che soltanto gli studenti del settimo anno potevano capire il comportamento della ragazza, Hermione raccontò cosa era accaduto durante la prima lezione di trasfigurazioni del professor Jatturius.
Finita la cena, dopo che Ron ebbe divorato la sua quinta fetta di torta marmorina e che Harry ebbe mangiato così tanto budino da sentirsi un po' molle anche lui, Hermione e Ginny proposero di salire e i due ragazzi, satolli e un po' assonnati, accettarono di buon grado.
Superarono il ritratto della Signora grassa e presero posto sulle poltrone. Harry salì a prendere Snitch: lo aveva un po' trascurato e voleva rimediare. Quando lui finalmente si stravaccò sulla poltrona, la piccola puffola dorata gli si accoccolò su una spalla.
Ron tese un dito verso Harry e gli tastò la guancia. «Ron, si può sapere che diavolo stai facendo?» gli chiese sorpreso da quel singolare comportamento. «Vedi Harry ...» cominciò Ron sghignazzando «stavo ehm...come dire? Stavo controllando la tua consistenza!». Harry lo guardò di sbieco.
«Signor Potter!» disse quindi in un finto tono serio e pomposo, vagamente somigliante a Percy. «Sono lieto di informarla che lei non è diventato un budino. E contro ogni previsione, dato che ne ne ha divorato da solo uno intero alla fragola!».
Harry rise di gusto, poi pian piano si fece serio. «Bene, penso che vogliate sapere com'è andata oggi?».
«No, Harry» disse Hermione, «penso che abbiamo cose più importanti di cui parlare». La ragazza era molto seria, Harry aveva notato che era stata strana tutta la sera, ma i continui mutamenti del rapporto tra lei e Ron rendevano difficile capirla ultimamente.
«Di che si tratta?» chiese Harry, sorpreso dal tono dell'amica.
«Riguarda quello che è successo la notte di sabato... ci ho pensato molto, ho fatto delle ricerche e letto un paio di cosette».
«Sì, Harry, un paio di cosette... ha messo sotto sopra mezza biblioteca!» puntualizzò Ron.
«Cos'hai scoperto?» domandò Harry curioso.
«Nulla, purtroppo nulla. Ci ho riflettuto molto ma non sono ancora riuscita a capire come sia potuto accadere. Ho riletto Storia di Hogwarts almeno tre volte senza trovare nessun caso analogo: mai la scuola era stata violata così facilmente».
Il silenzio calò tra i quattro: le parole di Hermione avevano scosso il gruppo.
«Quello doveva essere un mago davvero potente ...» disse Harry per spezzare il silenzio.
«Le difese di Hogwarts non sono cosa da nulla. Si tratta di una magia antica quanto la scuola stessa, impregnata nelle sue mura; per riuscire a violare il confine, è necessaria una magia ancora più grande!».
Harry non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare a questi particolari, non aveva considerato le implicazioni dell'intrusione. Anche dopo la morte di Silente aveva ritenuto il castello inespugnabile, ma alla luce degli ultimi avvenimenti doveva ammettere che si sbagliava. Il suo errore aveva messo in pericolo tutti gli studenti, i suoi professori e gli amici. In qualche modo avrebbe dovuto rimediare a quanto successo.
«Com'è strana la vita,» rifletté Ron, «questo chissà che faticaccia ha fatto per entrare ad Hogwarts, e io invece non riesco ad uscirne!».
«Ron!» lo richiamò Ginny. «Lo sai che se volessi ti basterebbe aprire il cancello e andartene, poi però dovresti trovare un posto ancora più sicuro per sfuggire alla mamma!».
Una smorfia di sacro terrore si dipinse sul volto di Ron: la prospettiva era tutt'altro che allettante.
Harry scattò in piedi. «Ma certo Hermione! Come abbiamo fatto a non pensarci!».
Gli altri lo guardarono in attesa di spiegazioni. «Hai scoperto come sono stati infranti gli incantesimi di difesa?» chiese incredula Ginny.
«Secondo me nessun incanto è stato rimosso» rispose freddamente Harry. «Hogwarts è, e sarà sempre, impenetrabile; ma dall'esterno!».
Hermione fu la prima a capire: «Harry! Ti rendi conto di quello che stai insinuando? Vorresti dire che qualcuno l'ha aiutato ad entrare?».
Harry allargò le braccia lasciando intendere che non c'erano altre possibili spiegazioni.
«Non ci posso credere ...» disse Ginny.
«Ma tutto quadrerebbe» intervenne Hermione elaborando la scoperta. «Come ho fatto a non pensarci prima? Sabato sera con la storia di Minami eravamo tutti intenti a fissare il cielo... scommetto che anche gli Auror erano un po' distratti, chiunque avrebbe potuto approfittarne per introdurre qualcuno di nascosto. Dopotutto noi stessi abbiamo sperimentato almeno un paio di modi per farlo; con un aiuto interno tutta questa situazione si spiegherebbe! E poi considerate anche la sicurezza con cui ha agito l'intruso, nonostante ci fossero in giro pattuglie di Auror si è spinto fino al gargoyle senza che loro se ne accorgessero».
«Io non ci capisco più nulla» disse Ron, grattandosi la testa.
«Che cosa è venuto a fare?» domandò Harry. «Cosa cercava? E poi, se c'è una spia dentro la scuola, a cosa gli serviva entrare?».
«Già ...» sospirò Ron. «Ed ora cosa si fa?».
«Be', sapere che c'è una spia ad Hogwarts, è già un passo avanti; ma il problema è trovarla tra centinaia di studenti ...» rispose Hermione fissando il fuoco con fare pensieroso. «Escludi già i professori? Ricordati cosa ci è capitato con Raptor e Crouch Jr.» disse Ron.
«Non hai tutti i torti» s'intromise Ginny, «però bisogna trovare un modo per riuscire a dare una controllata agli studenti senza dare troppo nell’occhio».
«Be', basterebbe mettere uno specchio come quello che aveva Malocchio, nascosto all’ingresso della Sala Grande, così da vedere quando passa qualcuno cosa succede ...» disse Ron.
«Non funzionerebbe mai! Il nostro nemico potrebbe capire perché c'è un Avversaspecchio vicino alla porta... e magari potrebbe aggirarlo con la magia!» sbottò Hermione. «E poi dove pensi di trovarlo?».
«In ogni caso non possiamo contare solo sulle nostre forze» intervenne Harry.
«Hai ragione, dovremmo essere di più, e io ho una mezza idea di come fare» suggerì Hermione. «Poi mi farò venire un idea migliore, ma per il momento la cosa migliore è riconvocare l'ES!».
L'Esercitò di Silente! Harry non ci aveva pensato: era sicuro che se avesse chiesto aiuto nessuno si sarebbe tirato indietro. Ma nutriva alcune perplessità. «Non lo so Hermione, non me la sento di coinvolgere tutti in questa faccenda, il pericolo è troppo grande... e se succede qualcosa ad uno di loro?».
«Ma non ho in mente nulla di pericoloso, solo di vigilare, controllare comportamenti sospetti... una ventina di sguardi sono sempre meglio che quattro! Non ti pare?».
Harry dovette ammettere che in fondo l'amica aveva ragione: non c'era alcun bisogno di nominare la Bacchetta di Sambuco; sarebbe stato sufficiente dire che un intruso stava cercando qualcosa a Hogwarts.
«Va bene. Speriamo che i Galeoni funzionino ancora, ci pensi tu a mandare i messaggi?».
Detto questo, Harry prese in grembo Snitch e iniziò a giocarci con la mano facendolo rotolare da una parte all'altra, poi prese una caramella che qualche studente distratto aveva dimenticato sul tavolino e la scartò.
Hermione seguì la scena disgustata: «Siete tutti uguali... basta che una cosa sia commestibile che ve la ficcate subito in bocca!».
Harry, ignorando il rimprovero dell'amica, mise la caramella in bocca. All'improvviso provò una sensazione terribile, come se qualcosa gli fosse esploso in testa. Si portò le mani alla gola e sentì Ron gridare allarmato: «Oddio Harry! Ti sta succedendo di nuovo!? Ancora una visione?».
Harry stava provando un senso di soffocamento, non riusciva a respirare. Una sensazione di impotenza lo pervase, non toccava più terra, era così leggero che gli pareva di galleggiare in aria. Poi non capì più nulla, tutto si fece nero...
Aprì gli occhi e vide il volto di Ginny a due centimetri dal suo. «Harry, Harry! Come ti senti?» stava dicendo la ragazza, tenendolo per la maglia. Ron e Hermione erano subito dietro di lei e lo fissavano con aria preoccupata.
Harry, ancora scosso, si rese conto di trovarsi disteso sul tappeto vicino al camino. Si alzò lentamente, barcollando; Ron lo prese di peso e lo trascinò verso le poltrone.
Si sentiva la bocca impastata da una sostanza indefinita: si levò un brandello dai denti e lo esaminò. «Ceh cafa gnalo?» tentò di parlare.
«Una Bubblemuu» disse Hermione. «Spero che ora ci penserai due volte prima di ficcarti qualcosa in bocca».
Harry sbatté gli occhi ancora stralunato.
«Adesso capisci cos'ho provato quest'estate? Non è tanto divertente, vero?» chiese Ron.
Il ragazzo scosse il capo sorridendo.
Hermione, invece, era rimasta seria. «Ron, cosa intendevi prima con"Una visione? Di nuovo?” chiese stupita, senza però ricevere alcuna risposta.
Harry non riusciva a parlare, ancora evidentemente scosso dall'accaduto; così Ginny prese la parola ed iniziò a raccontare quello che sapeva: la visione e i fatti successi a Diagon Alley.
Harry e Ron erano in evidente imbarazzo, entrambi erano preoccupati per la reazione di Hermione: temevano che si sarebbe arrabbiata moltissimo per esser stata tenuta all'oscuro di tutto.
Invece la ragazza reagì in maniera completamente diversa, parlò con voce quasi spezzata: «Scusatemi, scusatemi tutti! Voi stavate passando tutto questo mentre io ...».
Ron le si avvicinò e la strinse a sé. Harry la rincuorò stringendole dolcemente la mano, poi prese coraggio e proseguì da dove Ginny si era fermata: era l'occasione adatta per raccontare tutto quello che era successo nei mesi precedenti, finalmente.
«Questo non è tutto, Hermione: come ti ho detto stamattina, ci sono molte cose che ti sei... ehm... persa, quest'estate».
Per mezz'ora Harry raccontò all'amica tutto ciò che era capitato, cercando di non tralasciare il minimo dettaglio: era essenziale che fossero messi al corrente di tutto. Spiegò cosa era accaduto sull'Espresso per Hogwarts: aveva visto il treno cadere nel burrone, come un'anticipazione dell'incidente. Poi si era ritrovato in una stanza buia dove c'era un vecchio che leggeva un libro dall'aspetto molto antico, pieno di simboli strani.
«Come strani? Che libro era? Come era fatto?» chiese Hermione saltando sulla poltrona. Harry le fece cenno di tacere e continuò a raccontare, non tralasciando i dettagli, come nell'ultima visione aveva visto l'intruso che subito dopo era riuscito ad intrufolarsi nel castello.
«Tutto questo non ha senso!» continuò testarda Hermione. La ragazza, frustrata, si mise a misurare a grandi passi la sala. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo significativo.
«Dobbiamo risalire alla fonte delle tue visioni... non capisco, ormai il collegamento che avevi con Voldemort è chiuso» disse Hermione sconsolata. «C'è qualcosa che non mi quadra nel tuo racconto, o meglio, qualcosa che mi sfugge!».
«Di cosa parli?».
«Non lo so. Sono sicura che c'è un collegamento! È qui nella mia testa... ma non riesco a coglierlo del tutto!».
Ron, che ormai poteva permettersi di scherzare normalmente, fece roteare l'indice intorno alla tempia, facendo capire che non seguiva del tutto i ragionamenti della ragazza.
Harry guardò la scena sollevato: quella sera non avrebbero scoperto l'identità dell'intruso, né l'origine delle sue strane visioni, ma finalmente aveva raccontato tutto ad Hermione, ed era tornata la normalità nel gruppo. Tutto sarebbe stato più semplice.
*Il senso di questo
Torna in alto Andare in basso
kinderangie

kinderangie


Numero di messaggi : 1090
Età : 55
Località : Firenze
Punti : 6620
Data d'iscrizione : 26.05.09

Capitolo 13 - Ufficio Auror Empty
MessaggioTitolo: Re: Capitolo 13 - Ufficio Auror   Capitolo 13 - Ufficio Auror EmptyVen Nov 26 2010, 08:12

Nella lettera di Kingsley:

Citazione :
dal camino dell’ufficio della preside McGranitt
Ufficio della Preside non va scritto maiuscolo?


In questo capitolo si tirano fuori l'ES e la possibilità di una spia.....
Inoltre sembra che Hermione faccia un qualche ragionamento (dice: c'è qualcosa che mi sfugge)che poi non abbiamo mai portato avanti, e nemmeno fatto dire un commento da lei sul fatto che non ha trovato niente....

Anche per l'addestramento Auror....non abbiamo mai più menzionato lezioni nè a scuola nè al Ministero
Torna in alto Andare in basso
 
Capitolo 13 - Ufficio Auror
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» Capitolo 6 - Un nuovo Auror al Ministero.
» Serata con gli Auror
» HARRY AUROR
» L'AUROR MISTERIOSO CON AGGIUNTA....
» Prima di tutto un Auror

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
www.harrypotter8.altervista.org :: HARRY POTTER 8-
Vai verso: