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 Capitolo 12 - La prima stella

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Primus Lune

Primus Lune


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MessaggioTitolo: Capitolo 12 - La prima stella   Capitolo 12 - La prima stella EmptyMar Nov 23 2010, 21:10

*Il senso di questo
Il giorno seguente, Harry si svegliò molto presto a causa di Ron, che continuava a fare i soliti sogni sulla sua amata Hermione. In alcuni momenti il ragazzo fu addirittura costretto a infilarsi il pugno in bocca per non ridere a causa dell'eccessiva foga dell'amico.
Harry pensò alla giornata precedente, al momento d’imbarazzo tra Ron e Hermione durante Erbologia e alla lezione del professor Willis, che non riusciva ancora a inquadrare bene. Insomma, sapeva il fatto suo, ma lui proprio non riusciva a capire se gli stesse simpatico o meno … più o meno la stessa sensazione che aveva provato due anni prima con il professor Lumacorno.
Da quel che capiva era l'unico ad essere sveglio nella camera. Anche Hyde ronfava sonoramente, facendo concorrenza a Ron. Bryan Hyde stava diventando il suo cruccio: in quel momento avrebbe voluto svegliarlo, prenderlo per il colletto e fargli un paio di domande.
Accidenti a lui e a tutti i suoi compagni: come quella Hawaii, una ragazza che, a quanto sembrava, la sapeva lunga. L'aveva vista per la prima volta quella mattina, quando era passata con il giornale in mano. Il giornale con cui era venuto a conoscenza del libro su Piton, il libro con cui la Skeeter voleva screditare l’uomo a cui Harry doveva tutto.
Harry si svegliò definitivamente. Il problema “Piton” andava assolutamente risolto: sapeva che doveva fare qualcosa e aveva già una certa idea, ma temeva che il Ministro avrebbe preferito che agisse con maggior cautela. Per questo decise di tenere per sé i suoi intenti.
Dopo essersi vestito in tutta fretta, uscì dal dormitorio, attraversò il ritratto della signora Grassa e corse a perdifiato verso la sua meta: la Guferia. Gli costava molto non dire quello che stava facendo ai suoi amici, ma non voleva che fossero coinvolti nelle polemiche che sarebbero sicuramente sorte.
Vi entrò ansimando per la corsa e si guardò intorno, tra decine e decine di gufi e civette che andavano e venivano e la nevicata di piume che alzavano ad ogni battito d'ali; il suo occhio si posò su un preciso punto della rastrelliera. Mancava una cosa, una sola cosa, in tutto quel ritorno al passato: Edvige, la sua candida civetta delle nevi; per Harry era stata un’amica, sempre al suo fianco, qualunque cosa accadesse e in quel momento il dolore per la sua perdita si acuì. Ricordava come fosse ieri quando, sette anni prima a Diagon Alley, Hagrid gliel'aveva regalata e lui, Harry, era rimasto senza fiato nel vederla.
Si ridestò dai suoi pensieri nostalgici e, dopo aver scarabocchiato due righe su una pergamena (con una piuma auto-inchiostrante che aveva preso l’abitudine di portarsi sempre dietro), scelse uno dei volatili della scuola e spedì un breve messaggio. Sul fronte c'era scritto “per A. J.”.
Una volta spedita la lettera si guardò intorno; la decisione era presa e non si poteva tornare indietro, il destino ineluttabile si era ormai messo in moto. Harry si sentì sollevato: una cosa in meno a cui pensare. Tornò alla torre di Grifondoro rimuginando ancora su quell'annosa situazione A fianco del letto vide Snitch che dormiva teneramente: l'aveva un po' trascurato negli ultimi tempi. Lo raccolse per portarlo a letto con lui ma non fece in tempo a sistemare il cuscino che improvvisamente la stanza iniziò a girargli intorno. Perse il contatto con la realtà.
Tutto si fece bianco e luminoso. Sentiva delle voci: quella della McGranitt e quella di Vitious ma, pur guardandosi attorno, non riusciva a vedere nessuno. I professori, però, sembravano agitati: doveva esserci qualcun altro, qualcuno contro cui stavano combattendo. A quel punto, davanti a lui, iniziò a formarsi una sfera dai contorni indefiniti che oscurava ogni cosa, come se la luce non riuscisse a penetrarla.
Continuò a crescere davanti ai suoi occhi e poi iniziò ad avanzare verso di lui, ma Harry era incapace di muoversi. Si delineò qualcosa di oscuro al suo interno, degli enormi tentacoli neri che proruppero dalla sfera e si mossero sinuosi cercando di raggiungerlo.
Harry non sapeva come difendersi. Estrasse la bacchetta e iniziò a lanciare ogni sorta di incantesimo che gli venisse in mente, ma nulla aveva effetto: i tentacoli continuavano ad avvicinarsi.
Sentì una voce: «Usa la luce!».
Non sapeva chi avesse parlato, ma ad un tratto seppe cosa fare. Puntò la bacchetta e gridò: «Refulgeo!».
Con stupore notò che la bacchetta che impugnava non era la sua fidata bacchetta di agrifoglio, ma la Bacchetta di Sambuco. La luce iniziò a sprigionarsi con violenza, raggiungendo i tentacoli che ora si ritraevano, respinti dall'incanto.
Harry si sentì scuotere violentemente.
Aprì gli occhi. Era nuovamente nella sua camera. In piedi accanto al letto c'era Bryan Hyde con i capelli arruffati dal sonno.
«Ti senti bene? Che cavolo ti è preso?» chiese l’americano.
«Gr-zie...» fu la sola cosa che riuscì a biascicare, ancora inebetito dalla visione.
«E fai qualcosa per quella Puffola... non ha una bella cera!».
Harry guardò Snitch: era nuovamente diventato arancione.

*

«Ma ti sembra normale? È solo la prima settimana e sono già indietro, come farò a continuare con questo ritmo?» disse Ron stressato mentre raccoglieva i suoi libri da un tavolo della biblioteca. Era sabato sera: la settimana era trascorsa senza altre novità da quando Harry aveva avuto quell’ultima e strana visione, anche se lui e Ron erano già indietro con i compiti.
«Impegnandoti di più e infilando finalmente il naso sui libri!» rispose acida Hermione.
Harry, che era in mezzo ai due, esclamò stizzito: «Non incominciate con i vostri soliti battibecchi, mi sembrava aveste fatto pace... o era solo una breve tregua armata?».
Ron guardò in cagnesco l’amico e poi sbuffò infastidito da quella affermazione; anche Hermione guardò Harry ma dopo un cenno diniego con la testa distolse lo sguardo.
«E per di più oggi ci roviniamo il sabato sera per quella lezione supplementare ...».
«Ma Ron... cosa dici?» rimbeccò Hermione. «Avremo l’occasione di osservare un evento eccezionale! Sono settecento anni che non succede. Ti rendi conto della fortuna che abbiamo? E per di più potremo osservarla dalla Torre di Astronomia!».
La mattina precedente, infatti, era stato affisso un avviso in Sala Grande:

In occasione dell’irripetibile evento astronomico di sabato 5 settembre, il suddetto giorno, alle ore 21, tutti gli studenti di Hogwarts saranno invitati a partecipare nell’uscita collettiva nel parco del castello, accompagnati dai loro rispettivi insegnanti e prefetti. Per gli studenti del sesto e settimo anno, invece, sarà prevista una lezione aggiuntiva di approfondimento sulla Torre di Astronomia, a cura della professoressa Sinistra. Per questi ultimi, si prega di essere presenti, e soprattutto puntuali.
Minerva McGranitt, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.


«Appunto! Se abbiamo aspettato settecento anni, cosa cambiava qualche giorno in più?» esclamò Ron mentre lasciavano la biblioteca.
Poco dopo vennero raggiunti da Ginny che si accodò ai tre verso la Sala Grande per la cena.
«Allora com'è andata la giornata? Oggi per me è stata magnifica, ho avuto buone notizie. A proposito Hermione poi ti dovrei parlare di una certa questione ...». Harry la fissò incuriosito mentre lei gli si avvinghiava al braccio.
«Certo quando vuoi!» rispose Hermione. Le due ebbero il tipico fuggevole sguardo d’intesa tra ragazze che Harry non poté non notare. Si chiese cosa stessero architettando quelle due e, anticipando Ron, che stava per aprire bocca, chiese: «Di che questione devi parlare con Hermione?».
Ginny lo guardò con aria divertita. «Oh, niente... cose da donne, roba che a voi non interesserebbe neanche fra un milione di anni!».
Dopo aver cenato, i quattro si affrettarono verso la Torre di Astronomia; quando raggiunsero la cima della Torre, questa era già colma di gente. Fino a quel momento Harry non ci aveva pensato, ma era la prima volta che saliva lì da quando Silente era morto. E lui non aveva potuto far niente per salvarlo o, per meglio dire, Silente non gli aveva dato la possibilità di intervenire: aveva messo la salvezza di Harry prima della sua vita. Certo gli rimaneva poco da vivere ormai, solo qualche mese... ma quanto valeva anche un solo giorno in più della vita di Albus Silente?
Ma era inutile rimuginarci sopra: ormai quello che era successo faceva parte del passato e quella era solo la Torre di Astronomia.
Si riprese dai suoi pensieri distratto da un sonoro sbadiglio di Ron.
A Harry, quella serata provocava sentimenti contrastanti: la Torre di Astronomia non rievocava di certo piacevoli ricordi, ma l’atmosfera di quella sera e la presenza di Ginny lì al suo fianco gli davano un senso di pace interiore che non provava da un po’ di tempo
Si sedettero a terra e la professoressa Sinistra iniziò a parlare. Tutti stavano in silenzio ad ascoltarla. «Un caldo benvenuto a tutti voi! Sono davvero felice che siate qui! Sapete, questa serata sarà particolarmente speciale per tutti noi: pochi maghi e streghe hanno avuto la nostra stessa opportunità: stasera le stelle avranno un ruolo importantissimo per noi: ci doneranno qualcosa di... magico».
«Peccato che il cielo sia velato!» esclamò piano Harry. In effetti una leggera coltre di nubi impediva una perfetta visuale del cielo stellato. «Non riusciremo a vedere molto...».
«Oh, non credo!» rispose Ginny.
Harry non capì cosa intendesse dire ma, in risposta, la professoressa Sinistra alzò la bacchetta verso l'alto, mosse quasi impercettibilmente le labbra e un piccolo mulinello di vento si levò verso il cielo. Come una tromba d'aria al contrario, l'incanto iniziò progressivamente a spazzare il cielo disperdendo ogni traccia di nubi e la volta celeste apparve in tutto il suo splendore. La posizione di Hogwarts, lontana da ogni città, e il cielo pulito dalla magia, mettevano i ragazzi davanti ad uno spettacolo fantastico: miliardi di stelle risplendevano sopra le loro teste. Tutti rimasero affascinati.
Harry guardò Ginny accanto a lui: al chiarore delle stelle era ancora più bella. Purtroppo adesso che era iniziata la scuola riuscivano a passare ben poco tempo insieme. E il prossimo anno? pensò Harry: Ginny sarebbe stata ad Hogwarts e lui chissà dove in giro per il mondo. Chissà come se la sarebbero cavata. Magari poteva chiedere a Kingsley di metterlo con gli Auror che sorvegliavano la scuola.
I suoi pensieri furono interrotti da alcune grida di stupore: «Guardate che bello!» esclamò una ragazza del sesto anno, indicando il cielo. Harry alzò lo sguardo e rimase affascinato: uno splendido disegno di stelle emergeva dall’oscurità, trapunto sulla volta celeste, e pareva riempire tutto il cielo con la sua luminosità.
La professoressa Sinistra interruppe il brusio di ammirazione che si era sparso fra i ragazzi «Affascinante vero?» esordì con un sorriso sulle labbra.
«Quella che vedete questa sera è una costellazione molto importante per noi: in questo momento le stelle ci stanno raccontando qualcosa di meraviglioso, una storia che ha più di settecento anni, una storia che, proprio fra poco, raggiungerà un punto cardine della magia stessa. Questa è la costellazione del Sagittario». La professoressa fece una breve pausa, scrutando il cielo; evidentemente voleva approfittare di quel momento per accendere ancora di più la curiosità fra gli studenti. «Ora vi chiederete cosa c’entri il Sagittario in questa sera, e soprattutto perché proprio questo segno.
«Fin dall’antichità» continuò, «per gli uomini, il segno del Sagittario è sempre stato simbolo di lotta, una lotta, se vogliamo, che va oltre i limiti terreni: una lotta che ha origine nella mitologia, una lotta fra il Bene e il Male. Il suo nome, come spero che tutti sappiate, deriva dal latino “sagitta”, cioè “freccia”, e, come ben vedete, la figura che si disegna con quelle stelle, è proprio la figura di un arciere, più precisamente di un centauro, armato di arco.
«Gli antichi babbani Greci ritenevano che questa figura fosse un tale Crotus, il centauro che inventò l’arte del tiro con l’arco, figlio della nutrice delle Muse, le nove giovani patrone dell’Arte. Secondo la mitologia, furono proprio le Muse a decidere di inserire il centauro nella volta celeste, come segno eterno della sua abilità nella caccia e del suo coraggio nel combattere i nemici; e proprio questa sera accadrà un evento eccezionale, che, settecento anni or sono, ha lasciato agli uomini una nuova speranza di sconfiggere il Male.
«Prima di spiegarvi l’evento eccezionale di questa sera, vorrei chiarirvi un po’ le caratteristiche di questa costellazione. Oh, non servirà» spiegò ad una ragazza del sesto anno che si stava avvicinando ad un telescopio. «Stasera la costellazione si può osservare benissimo ad occhio nudo! Come vedete» disse, indicando la grande figura dell’arciere che risplendeva nel cielo, «il Sagittario è facilmente riconoscibile dalle tre stelle fondamentali che ne fanno parte: la Kaus Australis -e indicò con la bacchetta la stella più in basso- la Kaus Media -e la puntò sulla stella poco più in alto- e la Kaus Borealis» disse, indicando infine la stella più a sinistra.
«Il termine “Kaus” non è un nome dato a caso, ma deriva dall’arabo antico, e significa, appunto, “arco”» spiegò, e fece con la bacchetta un gesto che pareva unire le tre stelle.
Gli studenti, forse per la straordinarietà di quella serata, non parevano affatto annoiati, ma, al contrario, seguivano la spiegazione con molto interesse, cosa che non accadeva quasi mai; persino Ron, che prima pareva irritato alla prospettiva di quella serata, era preso completamente da quelle parole, e spesso si girava a guardare la costellazione, affascinato: le tre stelle indicate dalla professoressa Sinistra erano, in qualche modo, diverse dalle altre, e parevano circondate da un alone rossastro che le rendeva diverse. Harry lo vide e accennò un sorriso.
«Queste tre stelle» continuò la professoressa, interrompendo i pensieri di Harry, «formano quella che da molti esperti - babbani e maghi - viene definita la “Teiera” e che si trova proprio al centro della nostra Galassia.
«Le altre stelle del Sagittario», disse, facendo un gesto ampio con la bacchetta, per indicare il resto della costellazione, «sono più - per così dire - mutevoli delle tre di cui vi ho appena parlato.
«Nunki, la stella a sinistra della Kaus Borealis» disse, puntando la bacchetta su quella che pareva la stella più grande, al centro della costellazione, «ha un nome che per gli antichi ha il significato di prosperità, poiché proprio Nunki venne chiamata una città sacra e florida sul fiume Eufrate dagli antichi Babilonesi» spiegò ad un gruppo di studenti che ora non faceva altro che ammirare insistentemente la volta celeste.
«Poco più in basso di Nunki, si trova Axilla» disse, abbassando leggermente la bacchetta per indicare la stella. «Il cui nome significa “ascella” e, non a caso, rappresenta la parte più alta del braccio del centauro», spiegò, poggiando l’altra mano sulla parte inferiore della spalla, per far capire meglio agli studenti la posizione della stella.
«Più in alto di Nunki, invece» disse, e indicò il punto luminoso al di sopra della stella gigante, «si trova Albaldah, una stella molto grande e luminosa, ma con una densità bassissima rispetto alle altre, poiché le sue particelle sono molto distanti le une dalle altre: per questo non è eccezionalmente luminosa; ma è comunque la stella che fa da “cardine” alla costellazione, poiché è quella che si muove più lentamente di tutte».
Mentre la professoressa continuava la spiegazione, gli studenti parevano ormai completamente assorti nei loro pensieri, pensieri che evidentemente erano tutti rivolti a quella grande figura splendente che sembrava guardarli dall’alto del cielo.
«Ragazzi...ragazzi!!» esclamò lei, interrompendo il momento di trance degli studenti.
«Le stelle sono affascinanti, ma tornate con i piedi per terra! Sveglia!» disse con un ampio sorriso, mentre i ragazzi ridacchiavano tra di loro. La professoressa fece per continuare la spiegazione, quando ad un tratto uno studente, che Harry riconobbe per un americano, esclamò: «Oh!! Che succede?» puntando il dito su una stella, la più a destra della costellazione.
Gli altri studenti alzarono lo sguardo e rimasero abbagliati: la stella indicata dal ragazzo ora emetteva strani bagliori luminosissimi, rosso fuoco, e pareva che lampeggiasse nel cielo.
Harry rimase stupito: guardò Ginny accanto a lui, sorridente, e la strinse forte a sé.
«Dovremmo esserci quasi» disse, con un sussurro, la professoressa Sinistra, agli studenti che borbottavano fra di loro. «Non preoccupatevi ragazzi. Quella che avete appena visto» spiegò, «è Al-Nasl...la stella...la punta della freccia».
«Al-Nasl è una delle stelle più luminose di tutto il centro della Galassia, perché è una stella primigenia» spiegò con una punta di emozione nella voce; a quelle parole, molti ragazzi rimasero perplessi: non avevano idea di cosa volessero dire quelle parole, così lei, interpretando le espressioni sul loro volto, continuò: «Per darvi una definizione più semplice, le stelle primigenie non sono altro che le prime stelle. Stelle molto più grandi, molto più dense e molto più forti delle altre; stelle che, dalla loro creazione, non hanno perso una sola goccia di potere, e tuttora continuano a preservarlo.
«Non a caso, proprio Al-Nasl è stata ribattezzata con un altro nome: Minami, che in giapponese antico significa appunto “prima stella”. E’ dalle stelle primigenie, come Minami, che viene la Magia» spiegò la professoressa, facendo sussultare gli studenti, eccitati, che cominciarono a bisbigliare tra di loro. «Una magia che però non è quella che utilizziamo noi con gli incantesimi» proseguì lei, interrompendo i brusii dei ragazzi, «che non ha nulla a che fare con la magia quotidiana. No: è una magia con la “emme” maiuscola, una magia selvaggia, per così dire, potentissima, incontrollata, allo stato primordiale e, cosa più importante di tutte … infinita.
«Stasera» disse con un’ emozione ormai incontrollabile, «la Terra si troverà nel punto più vicino ad essa, come non si trovava da settecento anni, grazie al ciclo della Via Lattea, e allora Minami ci donerà una magia straordinaria, benevola ed eccezionalmente grande: farà rivivere, per così dire, le nostre bacchette, dotandole di una piccola parte di questo suo potere».
«Professoressa» chiese intimidito un ragazzo del sesto anno, «ma... lei sa di preciso cosa accadrà fra poco? Voglio dire... che effetti ha questa stella s-su di noi?».
La professoressa non rispose subito a quella domanda, tanta era l’emozione per l’attesa di quel momento magico.
«Nessuno lo sa con precisione: posso dire solo che le bacchette si uniranno in coro per ricevere quel potere straordinario». Quelle parole furono seguite da mormorii di eccitazione da parte dei ragazzi. Harry rimase immobile… Le bacchette si sarebbero unite in coro per ricevere quel potere straordinario pensò, ripetendo le parole della professoressa. Quasi meccanicamente sfilò la sua bacchetta dalla veste e la ammirò alla luce dei bagliori della stella primigenia: erano passati otto anni da quando l’aveva impugnata per la prima volta da Olivander: quante ne aveva passate... si era perfino spezzata, l’anno prima, nella casa di Bathilda; ricordò il dispiacere immenso che aveva provato e quando, infine, l’aveva riaggiustata con la Bacchetta di Sambuco ed era tornata come nuova, facendogli provare quel piacevole calore alle dita.
E quella notte chissà cosa sarebbe accaduto.
«Guardate... Minami!» esclamò una ragazza, interrompendo i suoi ricordi, e tutti volsero lo sguardo verso la costellazione: Minami aveva cominciato a risplendere sempre di più ed emanava bagliori ogni volta più luminosi; pareva gettare luce da ogni parte, tanto grande era il suo potere, e sembrava addirittura che fosse diventata più grande da quando l’avevano ammirata poco prima. Molti studenti addirittura non riuscivano a resistere a quella luce con lo sguardo, e dovettero coprirsi gli occhi. Con loro grande stupore, i bagliori rossi cominciavano a schiarirsi sempre di più: erano diventati arancioni, poi dorati, gialli...
In quel momento cominciò ad alzarsi il vento: un lieve e innocente fruscio di vento lasciò man mano il posto a folate sempre più forti che scompigliavano i capelli e le vesti degli studenti e coprivano i loro mormorii di stupore; la professoressa Sinistra, tuttavia, attendeva il momento in cui il potere avrebbe raggiunto il culmine, immobile, tenendo lo sguardo fisso su Minami.
«Che cos’è questo vento?» chiese un ragazzo, intimorito.
«È Minami», rispose la professoressa con un grande sorriso sul volto.
I secondi passavano, ma il vento non accennava a calmarsi, tutt’altro: dalla torre i ragazzi videro gli alberi della Foresta agitarsi violentemente e persino la superficie del lago, che prima era liscia come uno specchio, ora era increspata da piccole onde. Poi, tutto si illuminò: Minami divenne di un bianco splendente, più luminosa che mai, e rischiarò tutto l’orizzonte ed ogni singolo particolare di quel paesaggio, come un piccolo sole notturno.
«Tirate fuori le bacchette presto!», esclamò la professoressa a voce alta, per coprire l’ululato del vento. I ragazzi sfilarono velocemente le loro bacchette dalle vesti e le tennero ben strette nella mano. All’improvviso, accadde: la bacchetta della professoressa Sinistra, che lei teneva alta verso il cielo, cominciò ad emanare bagliori di luce splendente, che rilucevano esattamente come la stella nel cielo.
«Guardate!» esclamò la professoressa con un sorriso, ammirando la propria bacchetta. E fu la volta delle altre: le bacchette degli studenti cominciarono a risplendere anch’esse del potere di Minami. Ad un tratto, da lontano, si sentì una strana ma dolcissima meolida, lieve, profonda.
«Le creature del lago» spiegò la professoressa.
«Questa melodia che sentite non è altro che un effetto del potere di Minami che si ripercuote non solo sulle creature marine, ma anche sull’ambiente circostante: ascoltate» disse, quasi in un sussurro. La melodia delle creature, i versi degli altri animali della foresta, lo scrosciare delle onde sulla superficie del lago e il frusciare del vento tra le fronde della Foresta rendevano il momento eccezionale. Harry, come Ginny al suo fianco, osservava entusiasta la scena: anche le loro bacchette risplendevano, e parevano essersi quasi unite in quello strano coro di luce.
«È meraviglioso», disse Ginny, quasi in un sussurro, stringendosi ad Harry. Ron ed Hermione, subito dietro di loro, erano invece entrambi silenziosi: Hermione osservava ammirata la propria bacchetta, mentre Ron, al suo fianco, non aveva occhi che per lei. Harry sorrise, vedendo il proprio amico con quella strana espressione ingenua sul volto. Non sapeva quanto tempo fosse trascorso dall’inizio dell’evento, né quando sarebbe finito: tutto pareva sfocato attorno a lui...
Non faceva altro che guardare Ginny lì accanto: alla luce di Minami aveva acquistato qualcosa di meraviglioso che Harry non sapeva spiegare. Provò un fortissimo desiderio di baciarla, proprio lì sotto le stelle: non ci pensò due volte: avvicinò il suo volto e la baciò. Avrebbe voluto che quel momento di estasi fosse durato in eterno: lui e Ginny in quella serata magica con il vento che le scompigliava i capelli e la melodia che lo accompagnava...
Quando si staccarono, le bacchette rilucevano di una luce diversa.
«Il potere sta diminuendo... osservate» disse la professoressa Sinistra.
Era vero: i bagliori di luce che scaturivano dalle bacchette ora erano diventati dorati, poi arancioni.
«Si sta ripetendo, al contrario, quel che poco fa abbiamo visto accadere a Minami» spiegò la professoressa a voce alta, mentre il vento pareva diminuire. La luce delle bacchette cambiò: divenne prima di un rosso cremisi, poi di un rosso fuoco e infine cominciò ad affievolirsi pian piano, sempre di più, finché tutto non si spense.
I ragazzi erano ancora accecati da quella luce e dovettero aspettare ancora qualche secondo per riabituare la vista all’oscurità della notte.
«Minami sta tornando alla normalità» sussurrò la professoressa: la luce emanata dalla stella primigenia si affievolì notevolmente, tornando di quel rosso fuoco di prima. La melodia rallentò: ormai sembrava quasi una ninna-nanna cantata al cielo.
Il vento diminuì la sua forza, ritornando una lieve e piacevole brezza. Con grande stupore dei ragazzi, la costellazione del Sagittario divenne di un piacevole rosso cremisi, illuminando la volta celeste.
«E’ il potere di Minami» spiegò la professoressa.
«D’ora in poi, per molti anni, questa costellazione si presenterà a noi in questa nuova luce. Ma questo non è tutto: quello che abbiamo visto stasera succederà ancora, nei prossimi mesi Minami risplenderà così altre sei volte» disse eccitata.
«Davvero?» fece Ginny.
«Sì: si sa che settecento anni fa l’evento proseguì anche nei mesi successivi alla prima apparizione di Minami per sette volte, come sette sono le stelle della costellazione. Quindi credo che avverrà così anche questa volta» terminò sorridendo.
E tutto cessò.
Gli studenti e la professoressa si risistemarono le vesti scompigliate dal vento.
«Meraviglioso vero?» disse la professoressa Sinistra. I ragazzi risposero tutti con un sorriso e guardarono ammirati le proprie bacchette: parevano emanare uno strano calore alle dita, simile a quello che aveva provato Harry impugnando la sua bacchetta appena riparata.
«Credo davvero che questo sia tutto per stasera ragazzi. Non dimenticate mai questi momenti, questa serata: tenetela sempre con voi nei vostri ricordi più belli» concluse la professoressa, felice.
«Bene... possiamo tornare giù adesso. È molto tardi» continuò, avviandosi verso le scale. Ma improvvisamente Harry provò uno strano senso di inquietudine, come un nodo allo stomaco.
Proprio in quel momento, nel buio pesto che avvolgeva Hogwarts, uno strano bagliore verde rischiarò parte del cielo; si sentì il rumore sordo di legno che si spaccava. Proveniva dal parco, dalla sponda del lago.
Harry non ne era sicuro, ma qualcosa era scattato dentro di lui; un campanello d’allarme gli diceva che c'era qualcosa di strano: quello non era il bagliore di un comune incantesimo, era certo fosse di un Avada Kedavra. Non era l'unico ad essersene accorto: si voltò in cerca degli amici e dal loro sguardo capì che erano giunti alla stessa conclusione.
Seguì rapidamente un bagliore rosso: uno Schiantesimo, pensò Harry. A quel punto, metà dei presenti era in piedi appoggiata al parapetto, ma nell'oscurità non si riusciva a vedere granché. Improvvisamente una luce bianca abbagliante riempì il cielo. Poco prima di essere completamente accecato, Harry distinse due sagome nel parco. Poi tutto si fece bianco e chiuse gli occhi dal dolore.
Riordinò velocemente le idee, guardò le figure dei suoi amici che pian piano si facevano più nitide, si scambiarono un cenno d'intesa e si avviarono a scendere dalla Torre.
Mentre si muovevano scorse ancora qualche bagliore blu e rosso e sentì la professoressa Sinistra che chiedeva loro dove stessero andando, ma non l'ascoltarono e presero a scendere.
Erano quasi arrivati nell'atrio quando, voltando un angolo, andarono quasi a sbattere contro una trafelata McGranitt.
«Potter!» esclamò.
«Cosa sta succedendo, signora preside?» chiese Hermione.
«Non lo so di preciso: sto uscendo per accertarmene proprio adesso». La sua voce leggermente alterata: non lasciava dubbio che fosse capitato qualcosa di poco piacevole.
«Venite anche voi così non dovrò preoccuparmi che mi seguiate di nascosto, creando ulteriori disagi». Quando la preside diceva disagi, i quattro sapevano che nel suo linguaggio significava guai grossi, perciò senza alcun altro indugio, la seguirono immediatamente.
Si stavano avviando verso il portone d'ingresso quando davanti a loro si parò Vitious.
«Minerva!» ansimò. «Ti stavo cercando... presto, sono entrati nella scuola... almeno uno di loro; due studenti lo hanno visto che si dirigeva ...». Prese fiato. «... verso la presidenza!».
Harry vide le narici della McGranitt fremere di rabbia: «Santo cielo Filius!» esclamò. «E dove sono gli Auror?».
«Stanno arrivando Minerva... saranno qui tra poco!».
La McGranitt prese a salire la scalinata.
«Voi restate qui! Non muovetevi, può essere pericoloso» ordinò decisa. Mentre già si allontanava col professor Vitious.
Pericoloso? pensò Harry. La preside non si ricordava che solo cinque mesi prima, solo pochi metri più in là, si erano trovati di fronte a Voldemort e decine di Mangiamorte? Harry pensò un attimo e poi si rivolse agli amici. «Bene, io li seguo... voi restate qui in caso di pericolo ...».
Fece per muoversi quando Ginny gli si parò davanti. «Tu non vai da nessuna parte! Non hai sentito la McGranitt?!» disse decisa.
Ron, equivocando quanto detto dalla sorella, continuò: «Ha ragione, Harry: ci muoviamo tutti o nessuno. Se vai tu vengo anche io. Qualcuno dovrà coprirti le spalle». Parlò mostrando il coraggio che tirava fuori solo nei momenti peggiori.
Hermione, sbottando in preda all’ansia, lo rimbeccò: «Smettila di dire stupidaggini, non era questo che intendeva dire tua sorella! E poi dove vorresti andare, se non sai nemmeno con chi ti dovrai confrontare?».
Nel suo tono c'era sincera preoccupazione, ma Ron parve non coglierla: «Ecco!! Io lo sapevo... mi ritieni un incapace! Lo so che per te non sono mai all’altezza: io… io non sono Harry o Krum! Comunque fatti dire una cosa ...». Ma Hermione avvampò facendo zittire il ragazzo: «Sei uno stupido! Come al solito non capisci niente: io sono preoccupata per te ...».
Ma neanche lei riuscì a finire la frase perché Ginny si impose su tutti. «BASTA!! La volete piantare con i vostri battibecchi e i vostri gesti eroici! ORA STATE ZITTI! Parlo io se non vi dispiace!». La sua determinazione o forse il tono e la postura simile a quelle di Molly fu tale da far zittire il gruppo all’istante. Ginny, facendo un lungo respiro, guardò Harry negli occhi e disse: «Harry, ragiona un momento... perché credi che siano entrati questi maghi? Non ti sembrerebbe prudente tenerti il più lontano possibile? Io... io non voglio rischiare di perderti ancora!». Nella fioca luce del castello vide che ormai parlava con gli occhi lucidi.
A Harry si strinse il cuore, combattuto com’era fra il suo dovere come Auror e il suo amore per Ginny. Le mani cominciarono a sudare, si sentiva stretto fra l’incudine e il martello, lacerato da una battaglia interiore. Cosa fare? pensò. Il silenzio si protrasse per qualche interminabile istante, mentre i due ragazzi si guardavano fisso negli occhi. Era un discorso di sguardi quasi come se comunicassero a livello telepatico. Poi lui lasciò le mani di lei e disse: «Devo andare…». Lei lo fissò intensamente e gli disse: «Ti amo». Due parole bellissime che però in quel momento non facevano altro che rendere più difficile per Harry la decisione che aveva appena preso. Con un'ombra di amarezza in volto, le voltò le spalle e si diresse verso il corridoio della presidenza seguito da Ron, senza neanche voltarsi per timore di incrociare il suo sguardo...
I due ragazzi dopo aver lasciato Ginny e Hermione, si affrettarono a raggiungere i professori, entrambi presi dai loro pensieri. Non impiegarono molto a raggiungere i professori, attraversando i corridoi vuoti e silenziosi di Hogwarts a tutta velocità.
La McGranitt e Vitious avanzarono cauti verso il gargoyle di pietra, seguiti a breve distanza e furtivamente da Harry e Ron. Sembrava non vi fosse nessuno, ma i due professori erano tesi come corde di violino pronte a vibrare stuzzicate da un archetto. Bacchette alla mano avanzavano un passo alla volta nel buio e silenzioso corridoio.
«Chi pensi che sia?» chiese ad un tratto Ron con voce flebile all’orecchio di Harry. Questi, quasi senza pensare, rispose: «Forse gli stessi che ci hanno aggredito a Diagon Alley, o i due che hanno fatto franare il costone ...».
«A meno che che non siano sempre gli stessi tutte le volte!» ribatté Ron. Harry rifletté su quella possibilità e annuì in segno di assenso mentre sommessamente diceva: «Può essere ...».
Ormai i professori avevano raggiunto il gargoyle, ma il corridoio sembrava deserto.
«Minerva, qui non vedo nessuno... e se i due allievi si fossero sbagliati?» disse ad un tratto Vitious con voce bassa e tremante, da cui traspariva la sua agitazione e il suo nervosismo.
«Non lo so Filius... è vero che non abbiamo incontrato nessuno, ma la prudenza non è mai troppa. Inoltre non credo che ...». Le parole le morirono in gola. Improvvisamente, come se fosse stato generato dallo stesso buio che gli stava intorno, un essere incappucciato si parò loro innanzi. Non si riuscivano quasi a distinguere le sue fattezze, tanto si confondevano con il buio circostante; l’unica cosa che spiccava era lo strano medaglione che gli cingeva il collo, anche se, da dove si trovava Harry, non lo si riusciva a vedere chiaramente. I due ragazzi si erano accovacciati dietro un’armatura a una decina di passi dai loro docenti, e da li assistevano a tutta la scena.
«Bene bene. Finalmente è arrivato qualcuno ad aprirmi la porta, questo stupido Gargoyle si rifiuta di farmi passare!» disse con uno strano accento dal sapore leggermente asiatico, fissando con odio la statua di pietra. Fece una brevissima pausa e continuò: «L’avrei fatto saltare, ma credo che ciò non mi garantisca il passaggio! Ma adesso ci siete voi, dunque se cortesemente mi faceste accomodare, ve ne sarei grato».
Vitious rimase interdetto di fronte a tutta quella sfacciataggine e levò la bacchetta, pronto ad attaccare l’intruso; al contrario la McGranitt, anche se aveva la bacchetta levata e già pronta a scagliare qualche incantesimo, decise di rispondere a tono all’intruso: «Sono Minerva McGranitt, preside di questa scuola... spero per lei che abbia una buona spiegazione per la sua presenza in questo corridoio, altrimenti non lascerò che faccia un solo passo in più! Adesso si presenti, come conviene a chi chiede ospitalità, anche se nel suo caso non si può certo parlare di ospite gradito ...».
Parlò a denti stretti mentre le labbra si facevano sottili. Alle parole della McGranitt, Ron non poté trattenere un sorriso di compiacimento e sussurrò nell'orecchio di Harry «Adesso se la squaglia come se avesse il fuoco alla coda della scopa».
Nel frattempo il misterioso e sgradito ospite controbatté. «A quanto vedo, Silente almeno l’umorismo è riuscito a insegnarglielo! Vediamo se ve la cavate con la bacchetta come con le parole!».
A quel punto anche Vitious prese coraggio e disse: «A meno che lei non ci voglia sconfiggere a fanfaronate è meglio che lasciamo parlare le bacchette!». Le ultime parole uscirono un po' acute dalla sua bocca, segno di un crescente nervosismo.
«Toh! Ha parlato il criceto… parole grosse per una specie di gnomo tutto agghindato La sua famiglia di roditori farà fatica a riconoscerlo ora!» lo schernì, dopo di che proruppe in una risata maligna, pienamente soddisfatto del suo commento.
Harry iniziò a innervosirsi sentendo le ultime parole e quel ghigno: non sopportava che qualcuno si facesse beffe dei suoi professori… ricordò per un momento il professor Vitius quando, durante il quinto anno, lo premiò per il suo coraggio nel rilasciare un’ intervista su Voldemort sotto il naso della Umbridge consegnandogli una manciata di Api Frizzole in segreto …
Anche Ron scalpitava e solo la mano di Harry sulla sua spalla gli impedì di farsi scoprire.
«Penso lei abbia capito che non è il benvenuto qui... o forse le mie allusioni non sono state chiare? Dunque glielo dico chiaramente: sarebbe il caso che lei uscisse dalla mia scuola, se poi non conosce la strada gliela posso insegnare io... magari usando la mia bacchetta! Sa, giusto perché le rimanga bene impresso nella mente...». Minerva McGranitt si erse in tutta la sua statura, imperiosa e determinata. Bacchetta alla mano, non intendeva più tollerare l’intruso, specialmente dopo ciò che aveva detto a Vitious. Le labbra sottili, gli occhi puntati sulla preda, non tremava, non fremeva. Era lì, imponente, pronta a scattare al minimo sentore di movimento del mago.
L'intruso dallo strano accento parve stizzito dalla reazione della preside e, convinto com’era della sua ineguagliabile superiorità, volle chiudere la questione velocemente: «Signori... mi pare che il tempo per i convenevoli sia finito».
Vitious reagì tempestivamente erigendo una barriera che bloccò l’incantesimo, un forte getto d’aria.
«Allora sai anche fare le magie, gnomo?» disse il mago oscuro sogghignando. La sua risata si trasformò ben presto in un ringhio, poiché dovette pararsi da una raffica, all'apparenza casuale, di Schiantesimi lanciati dalla McGranitt. I colpi parevano aver mancato il bersaglio ma poi, dopo averlo superato, convergevano verso di lui colpendolo da diverse angolazioni.
Il mago arretrò di qualche passo. «Notevole, veramente notevole!» disse bloccandoli tutti con un ampio gesto della bacchetta. Poi incalzò: «Rama Satsujin!». Alcune lame d’aria falciarono il corridoio tranciando armature e statue. La McGranitt non si fece spaventare e, dopo aver mormorato alcune parole, eresse innanzi a sé un muro luminoso sul quale i colpi cozzarono come un suono di gong senza nemmeno scalfirlo. Il sorriso dell'intruso svanì come la sua convinzione di poter vincere; divenne scuro in viso rendendosi conto che non sarebbe stata una passeggiata.
Anche Vitious iniziò a mostrare le sue qualità; fece levitare in maniera quasi statica i pezzi delle statue e delle armature appena distrutte. Poi, d’un tratto, questi vennero lanciati come dardi verso il nemico che alzò la bacchetta, ma non riuscì a pararli tutti: alcuni frammenti passarono colpendolo. Anche se non riuscirono ad abbatterlo, gli tolsero comunque il fiato. Il mago oscuro ora pareva indemoniato, tanto la rabbia traspariva dal suo corpo. Iniziò un lungo disegno con la bacchetta: a Harry sembrò un complicato arabesco. I due professori e i due ragazzi ne seguivano, incantati, i movimenti.
Quando ebbe finito, dal buio del corridoio presero vita numerosi tentacoli acuminati fatti dalla stessa oscurità da cui erano stati generati. Iniziarono a frustare l'aria cercando di colpire i due professori. La magia fu terribile: Vitious venne centrato diverse volte e alla fine cadde.
La McGranitt, invece, stava resistendo anche se con evidente difficoltà. Il mago oscuro rideva sguaiatamente. «È inutile che lei tenti di resistere... l’Infernus Obscurus, anche se non si può praticare ovunque, è una magia troppo potente; persino per lei! Fra qualche secondo cadrà come il nostro criceto... e allora io sarò libero di fare ciò per cui sono venuto».
L'orrore si disegnò sul volto di Ron. Mollò la presa di Harry e uscì allo scoperto. «Confringo!». Un fluido uscì dalla bacchetta creando una massa quasi sferica. Con un deciso movimento della bacchetta Ron la scagliò contro l'avversario. L'intruso deviò con leggerezza il colpo che andò a finire contro il muro, aprendo uno squarcio su una stanza.
«Cosa credi di fare? Né tu, né il tuo amico nascosto là dietro potete alcunché! Vi conviene scappare finché avete ancora l'uso delle gambe!». Proprio in quel momento un tentacolo si allungò e colpì Ron, scaraventandolo un paio di metri indietro.
La McGranitt era appoggiata solo su una gamba: l'altra era già stata colpita un paio di volte. Probabilmente aveva dolore anche ad un fianco, dato che vi teneva premuta la mano libera. Al terzo colpo cadde in ginocchio e uno sguardo di trionfo si disegnò sul volto del mago.
Harry si scrollò di dosso il terrore che lo aveva immobilizzato fino a quel momento. La visione dei tentacoli gli aveva riportato alla mente il sogno di quella mattina. Si alzò, estrasse la sua bacchetta e, facendo fondo a tutta la sua forza, cercò di proteggere la preside: «Protectio Inviolabilis!». Fortunatamente i tentacoli, pur frantumando le protezioni di Harry senza difficoltà, non riuscirono a raggiungere la McGranitt.
Grazie a quella momentanea tregua, la McGranitt ebbe la possibilità di riprendere fiato e di rialzarsi, ma ora i tentacoli si muovevano anche contro Harry. Il mago oscuro, accortosi dell’improvvisa ripresa della McGranitt, concentrò di nuovo i colpi su di lei, deciso a finirla.
Harry si guardò attorno: Ron e Vitious erano a terra privi di forze e la preside era sul punto di crollare. E ora cosa posso fare? pensò Harry. Tutto sembrava inutile, ma poi la soluzione gli balenò davanti al naso: la Bacchetta di Sambuco era lì, galleggiava luminosa a due passi da lui come se l'avesse appellata. La sua luce era limpida e armoniosa, come prima sulla Torre di Astronomia, quasi avesse catturato la magia di Minami ed ora stesse sprigionando la sua energia.
I tentacoli si ritirarono rapidamente allontanandosi dalla fonte di luce. Ron urlò: «Cavolo Harry, guarda! I cosi si ritirano!».
Sapeva cosa doveva fare. Harry afferrò la Bacchetta e, tenendola stretta in mano, si avvicinò alla preside e a Vitious, che nel frattempo aveva ripreso conoscenza. Ora anche il mago oscuro guardava con stupore ragazzo e bacchetta, ma la luce era sempre più splendente, tanto che era difficile osservare la scena.
Il mago sembrava stregato dalla bacchetta di Harry, era evidente che l'aveva riconosciuta. Si guardò intorno osservando attentamente i presenti. Era indeciso: sembrava bramasse dalla voglia di stringere la Stecca della Morte, ma allo stesso tempo era intimorito da tutte quelle bacchette puntate contro di lui. Decise di dare il tutto per tutto, si concentrò e i tentacoli ripresero forza e si scagliarono verso il gruppo.
Qualcosa nel suo inconscio guidò Harry, alzò la bacchetta e disse: «Chiudete gli occhi in fretta.... Reful...».
«Fermo, incosciente!». Una voce decisa e potente risuonò nel corridoio alle sue spalle. Harry si bloccò.
Il suo sguardo guizzò per un'istante verso il corridoio, cercando di capire chi ci fosse alle sue spalle: tre maghi, probabilmente Auror di guardia alla scuola e, davanti a loro, colui che lo aveva fermato, il professor Jatturius Uglick.
«Ragazzo non andare oltre ...» continuò il professore. «Ci pensiamo noi a questo qui!».
Harry tentennava e sembrò che il mago lo avesse intuito: con le ultime energie che aveva in corpo stava cercando di dare massima violenza ai colpi dei tentacoli.
Cosa devo fare? si chiese tra sé. Non capiva perché il professore tentasse di bloccarlo, ma la luce sembrava essere l'unica cosa capace di neutralizzare l'Infernum Obscurum.
E la visione era stata chiara.
Non aveva tempo: doveva andare avanti. Strinse con forza le dita intorno alla Bacchetta di Sambuco. Poi si concentrò e quasi gridò: «Refulgeo!».
Una luce intensa si sprigionò dalla bacchetta illuminando ogni minuscolo anfratto del corridoio. Tutto era ben visibile: il buio era totalmente scomparso e con esso anche i tentacoli.
Era gratificante il potere che riusciva ad esprimere grazie alla Bacchetta di Sambuco, una sensazione di potere immenso. In quel momento era conscio che avrebbe potuto fare qualunque cosa, se solo lo avesse voluto.
Ma davanti a lui non c'era più nessuno: il mago si era dileguato, come si fosse smaterializzato, svanito nel nulla. Neanche la preside riusciva a capacitarsene: nessuno può smaterializzarsi a Hogwarts, di questo ne erano tutti assolutamente sicuri.
I tre Auror scattarono lungo il corridoio puntando le bacchette in ogni direzione. Il professor Uglick si avvicinò alla preside e, sebbene avesse lui stesso evidenti difficoltà a mantenersi stabile, l'aiutò ad alzarsi.
«Jatturius, perché volevi fermarlo?».
«Lascia stare Minerva... ormai quel ch'è fatto, è fatto».
«Potter, mi pareva di essere stata abbastanza chiara ...» lo riprese la McGranitt. «avevo detto di rimanere al sicuro! Tu il signor Weasley avete rischiato di farvi del male.
«Comunque grazie, senza di te non ce l'avremmo fatta. Anche se dobbiamo chiarire questa storia della bacchetta, è stata una fortuna che tu l'avessi con te!» concluse la McGranitt.
«Non ne sarei sicuro Minerva...» disse Uglick. Dal tono si capì che non avrebbe dato ulteriori spiegazioni.
Passò qualche minuto mentre tutti i presenti tiravano il fiato. Il primo a parlare fu Vitious «Gran bell’incantesimo signor Potter! Non c’è che dire, anche se non mi capacito del perché un semplice Lumos, seppur potentissimo come quello, abbia avuto successo dove i nostri incantesimi migliori fallivano ...».
Harry guardò i suoi amici ma i loro volti non esprimevano altro che smarrimento. Senza una risposta alla domanda di Vitious, si strinse nelle spalle.
Fu la preside ad intervenire: «Filius, avrai notato che l’incantesimo di quel mago si nutriva di buio e della sua energia; Harry ha eliminato totalmente l'oscurità con quell’ incantesimo e il mago si è quasi prosciugato per sostenere il suo incantesimo. La luce è stata la chiave di tutto. Anche se credo che molto del merito vada a questa notte e a quella bacchetta ...». Prese per un attimo fiato dando il tempo ai presenti di assimilare il concetto, poi riprese: «Filius come ti senti... e voi?».
Il mago ancora dolorante rispose: «Ho avuto giornate migliori, comunque niente che un buon bicchierino non possa guarire!». Anche i ragazzi erano tutto sommato illesi.
Poi Harry chiese alla preside: «Lei come sta professoressa? Il fianco... le fa molto male?».
«Non si preoccupi signor Potter, non è niente che Poppy non sappia rimettere a posto. Signor Weasley aiuti il professor Vitious». Fece per alzarsi ma oscillò pericolosamente.
«Aspetti ...» disse Harry. Poi si fece vicino e porse il braccio alla della professoressa. «Si appoggi a me» s'offrì.
«Grazie Potter... un paio di gambe in più non fanno di certo male!».
Harry doveva ancora capire cosa fosse successo quella notte. Non comprendeva come fosse stato possibile che qualcuno si fosse introdotto all'interno di Hogwarts, ma purtroppo il motivo dell'intrusione era chiaro: la Bacchetta di Sambuco. Aveva deciso di rimanere a scuola convinto che fosse il luogo più sicuro, dove nessuno sarebbe riuscito a nuocere a lui e ai suoi amici. Ma si era sbagliato. Se erano riusciti ad entrare anche lì, allora dove sarebbe stato al sicuro?
Nemmeno i professori si spiegavano come quel mago fosse riuscito ad entrare ed ad uscire dalla scuola. Ma aveva dimostrato di essere molto potente. Questa volta ne era uscito solo grazie alla visione che gli aveva suggerito cosa fare. Ma Vitious aveva ragione: come un semplice Incantesimo di Luce era riuscito a sconfiggere una magia oscura così potente? A questo punto era chiaro che le visioni lo stavano aiutando in tutti i momenti di difficoltà, anche se non capiva da dove avessero origine.
C'era un altro punto che non gli era chiaro: perché il professor Uglick aveva cercato di evitare che facesse l'unica cosa che poteva risolvere la situazione? Il primo giorno di scuola gli aveva impedito di nascondere la bacchetta e oggi non voleva che la utilizasse per fermare l'intruso. C'era qualcosa del nuovo professore che non convinceva per niente Harry. Aveva un brutto presentimento.

*

Ginny stava correndo verso di lui, i capelli splendenti alla luce del sole, raggiante di felicità.
«Harry, sei tornato!». Si lanciò al suo collo e lo baciò. «Mi sei mancato da morire» sussurrò, mentre una lacrima le solcava il viso.
Lui la abbracciò più forte; detestava farla piangere, ma non aveva avuto scelta, aveva dovuto lasciarla sola con Hermione. Ma, dopotutto, in qualche modo le sue lacrime lo rassicuravano: erano la prova dell'amore che la ragazza provava per lui. Ginny si asciugò la lacrima, lo trascinò sull'erba vicino al faggio, al loro faggio, e stendendosi appoggiò la testa contro il suo petto.
«Sai » iniziò Harry guardando il lago, «lo scorso anno, mentre ero via con Ron e Hermione, sentivo tremendamente la mancanza di questo posto». Lei lo guardò, perplessa.
«E se poi pensavo al fatto che tu eri qui senza di me ...» continuò, «ero praticamente distrutto dal dolore».
Ginny abbassò lo sguardo, gli occhi lucidi. Dopo qualche secondo lei sussurrò «Harry, alla Tana ho avuto modo di pensarci, ne ho parlato anche con Hermione... ed era d'accordo con me, perciò ...» Si fermò, aspettando la reazione di Harry, che la guardò curioso
«Pensavo che potremmo ...».
«Harry! HARRY!» sentì una voce più bassa, diversa da quella di Ginny, e aprì gli occhi quel tanto che bastava per vedere Ron che apriva le tende del suo letto. «Harry, che cavolo! Non ti saresti svegliato nemmeno se un corno di Erumpent ti fosse esploso in testa! Dai scendiamo a fare colazione».
Si mise seduto, coprendosi il volto con le mani, accecato dalla luce del mattino che entrava attraverso le tende scostate della finestra. Era proprio strano. Cioè, tutti i suoi sogni erano sempre stati strani, ma questo lo era stato più di tutti. Ma che cosa voleva fare Ginny?Appena arrivò alla soluzione, gli parve tanto ovvia, che arrossì, e la vista di Ron non contribuì certo a farlo sentire meno imbarazzato.
«Certo che potevi essere un po' più delicato! Per colpa tua avrò mal di testa per tutto il giorno!» rispose a Ron, sperando che l'amico non gli chiedesse perché era arrossito. Inforcò gli occhiali e si vestì, riflettendo ancora sul sogno e maledicendo l'amico per averlo svegliato così bruscamente. Scendendo incontrarono Hermione e Ginny che sbadigliava vistosamente; il dormitorio era deserto: gli altri dovevano già essere scesi a fare colazione. Appena il suo sguardo incrociò quello di Harry, lui avvampò, ripensando al sogno. Ginny lo guardò interrogativa, accortasi della sua reazione, ma non fece domande, e probabilmente prese nota mentalmente di chiederglielo appena fossero restati soli.
Arrivati nella sala grande si sedettero vicini a Neville intento a sfogliare un libro di erbologia.
«Ehilà, Neville!» salutò Ron.
«Ciao, ragazzi!» rispose l'amico alzando lo sguardo su di loro e vedendo la faccia di Harry aggiunse: «Tutto bene?».
«Mai stato meglio!» sbottò Harry lanciando un occhiataccia a Ron ormai già impegnato con le sue uova strapazzate.
Mentre si versava del Succo di Zucca nel bicchiere, ricevette una forte gomitata da Ron e buona parte della bevanda finì sopra l'abbondante porzione di bacon che aveva nel piatto. «Non mi hai ancora dato abbastanza fastidio per stamattina?» Ma l’amico era intento a fissare in direzione del tavolo degli insegnanti e Harry si accorse che la McGranitt stava marciando decisa verso di loro.
«Potter, seguimi nel mio ufficio!» ordinò.
Harry guardò sconsolato le prelibatezze che ricoprivano il tavolo.
«Avrai tempo di fare colazione più tardi, ora ti prego di seguirmi».
Harry lasciò malvolentieri il suo posto, rimpiangendo di non essere sceso prima. Me lo sarei dovuto aspettare, considerando quello che è successo ieri… rifletté sconsolato..
La preside pronunciò la parola d'ordine davanti al gargoyle e invitò Harry a salire la scala mobile a chiocciola. Aprendo la porta dell'ufficio, Harry cercò subito con lo sguardo Albus Silente che, nel suo ritratto, era intento a conversare serenamente con il suo vicino. Vedendolo entrare, Silente gli rivolse un sorriso sereno, che Harry ricambiò. Solo allora si accorse che l'ufficio non era vuoto: Kingsley, che fino ad allora era rimasto seduto davanti alla scrivania della preside, si voltò verso di lui.
«Buongiorno Kingsley» salutò.
«Ciao Harry» disse serio. Harry notò che non aveva la sua tipica aria serena, ma sembrava un po' preoccupato.
«La Preside mi ha informato di ciò che è accaduto ieri».
Harry sentì un brivido attraversarlo dalla testa ai piedi, come se fosse stato disilluso, e abbassò lo sguardo. La McGranitt si mise in un angolo, per non disturbare la conversazione.
«Kingsley, io volevo nasconderla, ma non sapevo dove, ogni luogo mi sembrava troppo scontato, e, soprattutto, pensavo che più sicuro di Hogwarts non ci fosse nessun luogo. Ma mi sbagliavo ...».
Harry si lasciò cadere sulla sedia davanti alla scrivania, come colpito da uno Schiantesimo, vergognandosi di aver tradito la fiducia del Ministro, ma ancora di più per aver fatto una bruttissima figura davanti a Silente (o meglio, al suo ritratto). Dato che il ministro non aprì bocca, Harry lo guardò. Lui lo stava fissando, e nei suoi occhi si leggeva a mala pena l'irritazione provocata da Harry.
«Bene» iniziò Kingsley. «Anzi male. Non avresti dovuto mentirmi Harry. Ti avrei aiutato a trovare una soluzione. Penso che tu possa immaginare la gravità di ciò che hai fatto; anzi... di ciò che non hai fatto» era calmo, straordinariamente calmo, e questo fece vergognare ancora di più Harry, che aveva ormai rinunciato a giustificarsi. Inoltre, non ci sarebbe nemmeno riuscito. Aveva la gola secca. Aveva deluso Kingsley, Silente, la McGranitt e soprattutto se stesso. Tutti i maghi nei quadri tacevano, Silente lo guardava con un’espressione indecifrabile. Avrebbe preferito affrontare, da solo, tutti i draghi del Torneo Tre Maghi piuttosto che essere lì. Adesso sapeva che non avrebbe mai dovuto rimandare quel momento: avrebbe dovuto nascondere subito la bacchetta.
«Ti rendi conto che adesso, chiunque siano i maghi che sono interessati alla bacchetta, non solo sanno che che non è nascosta ma sanno esattamente dove trovarla? Ti rendi conto che hai messo in pericolo l'intera scuola?». Harry ormai era assalito dai sensi di colpa.
«Ma io ...».
«Harry, non serve che dici niente» disse poi, di nuovo serio, «Ma dopo quello che è successo ieri, ritengo che sia giunta l'ora di iniziare il tuo addestramento. Già domani mattina verrai direttamente al ministero per iniziare le prove, non possiamo rimandare oltre: devi essere preparato ad ogni evenienza. Per il tempo necessario sarai giustificato per le assenze alle lezioni» Harry annuì, travolto da quella rivelazione: l'indomani sarebbe diventato un Auror a tutti gli effetti.
*Il senso di questo
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kinderangie

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 12 - La prima stella   Capitolo 12 - La prima stella EmptyMar Nov 23 2010, 21:17

Solo qualche parola in minuscolo tipo sala grande.
Per il resto mi sembra ok!
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Aberforth Silente

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 12 - La prima stella   Capitolo 12 - La prima stella EmptyMer Nov 24 2010, 21:16

Anche secondo me va tutto bene! Soprattutto il titolo del capitolo Cool Razz
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fedora

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 12 - La prima stella   Capitolo 12 - La prima stella EmptyMer Dic 08 2010, 19:55

Anche per me niente male.Oltre la maiuscola manca anche un punto

situazione. A fianco del letto vide Snitch che dormiva teneramente: l'aveva un po' trascurato negli
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 12 - La prima stella   Capitolo 12 - La prima stella EmptyGio Dic 09 2010, 12:17

Che dire?.. I commenti non servono, capitolo bellissimo! Cool (Devo dire che rileggere un mio testo mi ha fatto immensamente piacere Very Happy ) A parte qualche piccolo errore di battitura, credo, punti mancanti, maiuscole, ma niente di che! Wink
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