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 Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio

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MessaggioTitolo: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyGio Nov 18 2010, 16:23

*Il senso di questo

Secondo le istruzioni del signor Brown, Harry avrebbe dovuto rientrare alla Tana usando uno dei caminetti del Ministero, ma decise di fare un giro, prima. Aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Camminò per la Londra Babbana. Quella passeggiata in solitudine gli servì per riordinare le idee: vedere una città normale, senza nessun segno di magia, gli fece bene. Erano successe tante, troppe cose in un solo giorno.
Riapparve nel caminetto della Tana che era ormai sera. La metropolvere era un comodo mezzo di trasporto, ma tre volte in un giorno poteva diventare sgradevole.
I Weasley erano già seduti a tavola per la cena, anche se non c’era alcun piatto sul tavolo. Lo stavano aspettando: forse aveva tardato un po’ troppo. Il pomeriggio era volato.
Tutti lo fissavano con aria impaziente, ansiosi di conoscere le novità. Anche Ron sembrava nervoso, ma Harry ipotizzò che fosse più a causa della fame che per altro.
Salutò tutti e si sedette a tavola.
«Dai, Harry, cosa ti ha detto Kingsley? Non tenerci sulle spine!» lo accolse Ginny.
Harry non ebbe il tempo di rispondere, perché la signora Weasley iniziò a portare in tavola la cena. Valutò bene cosa dire; aveva deciso di non dire niente ai signori Weasley dell’incarico propostogli dal Ministro.
«Ecco...» esordì «Pare che ci sia qualche Mago Oscuro ancora in attività»
«Cofa?» domandò Ron, la bocca già piena di purè.
«Ci sono informazioni dagli Auror di tutto il mondo, anche in America (e qui fece un breve cenno d’intesa a Percy e al signor Weasley), a proposito di sparizioni di oggetti magici, e gli Auror pensano che siano opera di Maghi Oscuri».
«Cavolo, Harry! Allora quello che mi ha attaccato... nella carrozza... era un Mangiamorte!» disse Ron ficcandosi in bocca mezza bistecca.
«Tutto lo lascia pensare» concluse lui senza emozione.
La signora Weasley portò le mani al viso. Il signor Weasley sembrava tranquillo, probabilmente molte di quelle informazioni le conosceva già.
«Comunque» continuò Harry «quello di stamattina sembra essere stato l’avvenimento più grave. Al Ministero non sono a conoscenza altri fatti del genere».
«Io, invece, ho qualcos’altro da comunicarvi» aggiunse il signor Weasley all’improvviso, sorridendo beatamente. Si vedeva che non stava più nella pelle.
«Molly cara, ci sono delle novità! Sono stato promosso!» Le sue guance erano rosse come il colore dei capelli.
La signora Weasley emise un gridolino di gioia, iniziò a correre sul posto con un mestolo in mano e si fiondò ad abbracciarlo, urlando: «Arthur, come sono contenta!»
Ginny e Ron si scambiarono un sorriso (Ron mostrando qualcosa in bocca che assomigliava molto a pappa reale), mentre Percy incurvò solo un po’ la bocca all’insù.
«Il Ministro mi ha dato un incarico molto importante» continuò lui appena si fu liberato dall’abbraccio della moglie «Mi ha messo a capo del C.I.MA., la Confederazione Internazionale dei MAghi. Dovrò occuparmi delle relazioni del nostro Ministero con quelli dei Paesi stranieri. Continuerò ancora ad occuparmi del Comitato Scuse ai Babbani, ma avrò relazioni anche con l’Ambasciatore Americano al Ministero»
«So che l’U.F.F.A.A. è al tuo stesso piano» intervenne Percy, con un tono troppo piatto per l’occasione.
«Si, ora sto al quinto piano ed ho un ufficio grandissimo con finestre enormi!». Mentre lo diceva gli brillavano gli occhi. A Harry venne in mente il vecchio stanzino dove il signor Weasley lavorava con il collega Perkins e nel quale non c’era nemmeno una finestra.
«L’uffa... Cos’è l’uffa, papà?» chiese Ginny, che, come gli altri, non ne aveva mai sentito parlare.
«L’U.F.F.A.A. è l’UFFicio dell’Ambasciatore Americano» si intromise Percy, con voce solenne «Sono seriamente preoccupato da tutti questi cambiamenti. Hai visto, papà, cosa è successo al secondo piano? Hanno messo l’M.B.I. negli Uffici Amministrativi del Tribunale del Wizengamot, di fianco al Quartiere Generale degli Auror.
Non faccio altro che vedere, dalla mattina alla sera, maghi vestiti in frac neri con cappelli a cilindro come quello del loro Presidente. Ridicoli!»
Harry assunse un’aria preoccupata, e chiese: «Come mai li hanno messi sullo stesso piano degli Auror? Kingsley non ha paura che possano spiarli?»
«Non so proprio cos’abbia per la testa il Ministro. So solo che il Segretario del Presidente lo ha convinto a metterli lì per averli più vicini alle loro stanze. Se ci fosse necessità arriverebbero più in fretta dal Ministro». Percy era sconsolato, ma allo stesso tempo orgoglioso di sapere così tante cose più degli altri.
Harry si convinse ancora di più di aver fatto bene a non rivelare a Kingsley di avere ancora la Bacchetta di Sambuco con sé, e del tentativo di rubargliela. Non voleva intromissioni di nessun genere, figuriamoci degli Americani.
«Adesso basta rimuginare!» intervenne il signor Weasley con allegria, appena tutti ebbero finito di mangiare, anche se Ron sembrava desideroso di un’altra bistecca «E’ ora di festeggiare! Molly, tira fuori quel vino che ci ha regalato il signor Lovegood per i ragazzi. Io e Percy, invece, berremo volentieri del whisky incendiario». Era euforico, ma Harry non sottovalutava i dubbi di Percy per la continua presenza di estranei al Ministero.
«Ma, Arthur, il vino non farà male ai ragazzi?»
«Mamma, ormai siamo maggiorenni, e anche Ginny lo sarà tra poco». Anche Ron aveva voglia di festeggiare.
Si sedettero a tavola e bevvero con grande allegria. Era tanto tempo che non si rideva più in quella casa.
Non appena l’ultima fetta di torta alla melassa fu sparita nello stomaco di Ron, Harry fece intendere a Ginny di aspettarli nella loro camera.
Salite le scale, la trovò, seduta sul letto, con ancora quell’aria pensierosa che aveva mantenuto per tutta la serata.
«Allora, mi dici cosa ti ha detto Kingsley?» chiese rivolta ad Harry appena fu entrato, lasciandolo di stucco.
«Ma ce lo ha già detto, Ginny; non ti ricordi?» disse Ron appena dietro di Harry e a voce stranamente alta, forse per effetto del dopocena.
«Ti conosco, lo so che non ci hai detto tutto. E poi il Ministro ti ha mandato la lettera prima di sapere di stamattina. Non ti avrebbe mai chiamato solo per qualche oggetto scomparso».
Harry era stranito per quanto Ginny riuscisse a leggerli nella mente. Decise che non erano necessari giri di parole.
«Mi ha chiesto di diventare Auror» disse con la voce più piatta possibile.
Le facce dei due erano a dir poco sbalordite.
«Cavolo! Harry sarai il più giovane Auror della storia magica!» esclamò Ron.
Harry gli dette una pacca sulla testa facendogli segno di abbassare la voce.
Ginny era in silenzio. Sul suo volto si leggeva un qualche cosa che non andava.
«Harry, cosa hai intenzione di fare?» chiese con fermezza mentre lui le si sedeva accanto sul letto.
Lui raccontò per filo e per segno tutto ciò che Kingsley gli aveva detto. Alla fine del racconto i due fratelli erano più basiti di quanto lo erano stati all’inizio.
«Questa storia non finirà mai» disse Ginny sconsolata.
«Ce la caveremo anche questa volta, vero Harry?». Ron si rivolse ad Harry cercando il suo aiuto per darsi coraggio.
«Non sono forse io il migliore?». Harry cercò di sdrammatizzare la situazione, ma il suo sorriso non risultò credibile; poi accennò loro dell’incontro con Hermione, ma fece l’errore di dire quanto era in forma e felice nel fare il suo lavoro. Ron rimase deluso nel sapere che lui non era al centro delle sue attenzioni; l’effetto fu che per tutto il resto della serata fu più taciturno e scontroso che mai.
Quella notte, Harry non chiuse quasi occhio. Troppe cose erano accadute nell’ultima giornata: l’incontro con il Ministro Kingsley e con Hermione; nonché la proposta di diventare Auror, il lavoro di una vita.
Aveva deciso; avrebbe accettato la proposta.
Inoltre, il compleanno di Ginny era imminente. Era sicuramente meno pericoloso rischiare di incontrare qualche Mangiamorte in giro per il mondo che arrivare all’undici agosto senza nemmeno uno straccio di regalo!
Sul suo orologio erano segnate le tre meno un quarto quando lo vide per l’ultima volta, prima di addormentarsi.
«Harry?»
Erano le nove quando la voce di Ron lo chiamò dal letto a fianco.
«Harry, sei sveglio?»
«Ora si, sono sveglio» rispose lui con voce scontrosa, sbadigliando e alzandosi a sedere sul letto.
«Che hai? Ti senti male? Hai una faccia orrenda...» disse Ron preoccupato.
«Sono solo stanco, ho dormito poco». Sbatté gli occhi e sbadigliò.
«Secondo te cosa posso regalare a Ginny?» aggiunse poi, mentre si strusciava gli occhi con le nocche.
Ron scoppiò a ridere: «E io che pensavo che non avessi dormito per chi sa quale motivo! Ecco il grande cruccio di Harry Potter, “cosa regalo a Ginny per il suo compleanno”?».
Iniziò una risata canzonatoria, ma smise subito vedendo l’espressione basita di Harry.
«Oddio, fai paura Harry, sei pallido come un cencio! Hai certe occhiaie che sembra che ti abbiano colpito due Cannocchiali Tirapugni, una voce spaventosa e i capelli che fanno concorrenza ad Hagrid. A confronto Merlino è Mister Universo!» Stavolta risero entrambi.
«Oggi pomeriggio mi devi coprire, vado a Diagon Alley a vedere cosa posso prendere» disse Harry alzandosi e vestendosi. Anche Ron fece lo stesso.
«Non pensi sia pericoloso tornare a Diagon Alley da solo?»
«Non penso che ci riproveranno, e poi questa volta mi troverebbero pronto!» Rispose sicuro alzando la bacchetta con aria di sfida.
«Va bene, ti coprirò. Ma mi devi un favore»
Uscirono di camera e scesero le scale fino al pianerottolo davanti alla stanza di Ginny.
«Vai a pettinarti e a darti una sciacquata, se non vuoi che lo faccia la mamma».
Harry si diresse verso il bagno ed aprì la porta. Si lavò la faccia e le mani e cercò con un pettine di lisciarsi un po’ i capelli. Dopo qualche minuto aveva i capelli un po’ meno gonfi, ma sempre molto crespi. Scosse la testa, gettando il pettine nel mobile accanto alla doccia.
Uscito, trovò Ron e Ginny che lo stavano aspettando.
«Ginny, cosa vorresti per regalo di compleanno?» chiese Ron con finta noncuranza appena vide Harry, che lo trafisse con un’occhiataccia.
«Potresti prendermi un po’ di roba nel negozio di George» rispose tranquillamente lei.
«E da Harry?».
«Niente in particolare, so che qualsiasi cosa sarà, mi piacerà» rispose lei, lanciando un sorriso a Harry; ma lui non ricambiò il gesto, deprimendosi ancora di più.
Entrati in cucina, si sedette accanto a Ron e iniziò, in silenzio, a mangiare uova e pane tostato. Ginny e il signor Weasley erano seduti davanti a loro e la signora Weasley stava lavando le stoviglie.
Driiin!
Il suono di un campanello provenne da un vecchio tostapane babbano che il signor Weasley aveva stregato per funzionare senza energia elettrica.
«Arthur, il pane!»
Il signor Weasley si girò verso l’apparecchio in tempo per prendere al volo le fette abbrustolite del pane tostato e per distribuirle sui piatti.
«Come va Harry? Dormito bene?» chiese, poi, sorridendo.
«Sì, grazie» mentì lui.
«Si vede» commentò Ginny a bassa voce per non farsi sentire da suo padre e con tono sarcastico. Harry le lanciò uno sguardo alla “è-tutta-colpa-tua”, ma lei, per fortuna, non lo comprese.
«Su, Harry, mangia qualcos’altro! Ti devi nutrire!» disse la signora Weasley, facendogli atterrare davanti un piatto con uova e pancetta fumanti.
«Perché folo lui fi defe nutrire?» chiese, offeso, Ron con la bocca piena, in un esplicito tentativo di avere qualcos’altro da mangiare.
«Mangia pure questo, non ho più fame» lo rimbeccò Harry passandogli il piatto pieno.
Dopo la colazione, Harry uscì in giardino. Doveva trovare il modo di recarsi a Diagon Alley senza farsi scoprire dalla signora Weasley. Non lo avrebbe mai lasciato andare, soprattutto dopo l’attentato del giorno prima. Rivolse indietro lo sguardo fino a notare con la coda dell’occhio
una piccola Molly Weasley che lo osservava con espressione preoccupata dalla finestra della cucina.
Ron lo raggiunse mentre provava, senza successo, a far entrare la camicia dentro i pantaloni con una mano, mentre con l’altra trasportava due grossi libri di scuola.
«E io sarei un pigrone! La mamma insiste perché inizi a studiare sul serio! Non la smette più di dirmi che quest’anno non posso abbandonare la scuola e che devo prendere il M.AG.O.!» sbraitò con voce troppo felice per quello che stava dicendo.
«Che vuoi farci... E’ il compito delle madri quello di stare addosso ai figli» cercò di consolarlo Harry, ma non dovette risultare troppo convinto «Ma non mi dirai che hai veramente voglia di ubbidirle? E poi te l’ho detto che voglio andare a Diagon Alley»
«Qui sta il bello. Pensavo che per coprirti con la mamma potremmo portare qui lo spaventapasseri dell’orto e trasfigurarlo in modo che da lontano somigli a te, così la mamma avrà l’impressione che noi siamo qui a studiare mentre tu sei a comprare il regalo».
«Ma allora ogni tanto te ne vengono di idee buone!» si congratulò Harry «Anche se te che studi per due ore non è molto credibile!»
Dopo le operazioni di camuffamento e disinfestazione dagli gnomi che affollavano il manichino, i due ragazzi si ritennero soddisfatti del loro lavoro.
«E’ ora che vada»
Harry parlò con un lieve tremito nella voce.
«Ok, non preoccuparti. Sarò perfetto nella parte dello studente!»
Harry rispose al sorriso di Ron con un’espressione vagamente rassicurante. Poi, avanzò velocemente fino allo steccato che delimitava la proprietà della famiglia di Ron, si guardò bene intorno per accertarsi che nessuno lo vedesse sparire e lasciò la Tana con un piccolo “crac”.
Un secondo prima di Smaterializzarsi gli venne in mente che, se la mattina precedente Kingsley avesse voluto sottoporlo a un processo per Uso Improprio della Materializzazione, qualche anno ad Azkaban non glielo avrebbe tolto nessuno.
Dopo pochi secondi si trovò sulla soglia del Paiolo Magico. Era rischioso, ma aveva preferito Smaterializzarsi proprio lì per non destare il minimo sospetto ai Babbani che andavano avanti e indietro la via; dopotutto aveva fatto pratica un anno prima, quando era rimasto rinchiuso un mese in Grimmauld Place.
Tirò una catenella appesa accanto alla porta, e subito una cameriera venne ad aprire. Appena lo vide, iniziò a sorridergli entusiasta, senza dire una parola. Harry cercò di ricambiare al sorriso, facendo finta di non accorgersi che tutti i clienti lo fissavano e parlottavano tra loro.
«Che avete da guardare? una persona normale, non un fenomeno da baraccone!» ruggì Tom, il barista, alla gente, che subito tornò a fare ciò che l’aveva impegnata fino a quell’istante.
Appena Tom gli fu vicino, Harry lo ringraziò e si sedette al bancone.
Appena si fu seduto, la cameriera ritornò correndo e gli porse una foto (che lo ritraeva mentre puntava la bacchetta di lato) e una piuma già intinta in un inchiostro di colore rosa shock, che a Harry ricordava tanto quello usato da Allock per firmare le sue foto.
«M-mi fai un autografo?» gli chiese, balbettando timidamente.
Harry chiuse gli occhi per qualche secondo, in cui la ragazza arretrò di qualche passo aspettandosi una sfuriata. Riaperte le palpebre, la guardò stancamente e prese foto e piuma.
«Cosa vuoi che scriva?»
«Scrivici “A Emily, la tua più grande ammiratrice. Un giorno sconfiggerai anche tu un Mago Oscuro” e poi la firma» sussurrò timidamente la cameriera ricevendo uno sguardo di rimprovero da Tom, dopo il quale arrossì violentemente. Harry firmò in fretta e le porse la foto.
«Grazie!» squittì Emily con gli occhi pieni di lacrime di gioia.
Doveva avere quindici o sedici anni; “forse è una Maganò, visto che non l’ho mai vista a scuola”. pensò Harry, restituendole la piuma.
La ragazzina corse via di nuovo, probabilmente a mettere la foto al sicuro nel suo armadietto.
«Cosa ti porta qui?» chiese Tom non appena lei fu sparita nel retrobottega, mentre gli porgeva un boccale di Burrobirra.
«Devo comprare un regalo per Ginny» rispose Harry bevendo un sorso.
«Ginny... Ginny Weasley»?
«Sì, lei. Stiamo insieme da quasi due anni. Sta per compiere diciassette anni e io non so cosa regalarle» disse Harry, bevendo ancora un pò.
«Oh, brava ragazza, simpatica e carina. Qualche volta mi ha aiutato a pulire... Trattala bene mi raccomando» commentò Tom sorridendo.
«Certo! Grazie per la Burrobirra, Tom!» si congedò Harry, allontanando il boccale vuoto e lasciando cinque zellini sul bancone.
Salutò con un cenno della mano e uscì nel minuscolo cortiletto fuori dal bar. Contò tre mattoni in verticale e due in orizzontale sopra il cassonetto e aspettò che il muro si aprisse del tutto sulla via di Diagon Alley.
Senza indugi si diresse verso Tiri Vispi Weasley. George, che stava pulendo l’insegna del negozio, lo vide subito e gli andò incontro.
«Ciao Harry! Come mai sei qui... da solo?» gli chiese scorgendo a destra e sinistra se vedeva qualche suo familiare.
«Devo comprare un regalo per Ginny. Hai qualche idea?» disse Harry, mentre entravano nel negozio.
«Beh, le piace il Quidditch» rispose George con il tono di chi ha appena raggiunto una conclusione molto sudata.
«Questo lo sapevo anche io».
«Sembra un maschiaccio, una dura, ma le piacciono cosette tipo profumi, gioielli o vestiti eleganti, sai».
«Lo so per esperienza che non è affatto un maschiaccio tua sorella» disse Harry senza pensare e scoppiando a ridere rendendosi conto di cosa aveva detto.
Anche George rise.
«Dovresti regalarle qualcosa sul Quidditch, o roba da femmine. Puoi regalarle una scopa nuova, o una divisa di qualche squadra famosa, un abito da sera» propose, sistemando una scatola campione di Scherzi Per Tutti.
«No.. non voglio finire a comprarle un vestito... E le attrezzature da Quidditch non vanno bene... Ci vorrebbe qualcosa di più personale sai... Una collana? Magari con il suo nome, o con le sue iniziali!». Anche Harry stava pensando.
«Sarebbe più carino con i vostri nomi o con le vostre iniziali, o con una frase!»
«Una cosa tipo la collana di Ron?» chiese, anche se conosceva già la risposta.
«Quella d’oro massiccio? Orribile. Ma agli Gnomi è piaciuta». Risero entrambi.
«Uffa, non lo so cosa puoi regalarle! La dovresti conoscere bene: sei il suo ragazzo da quasi due anni! » sbottò George esasperato appena i due tornarono alla serietà di prima.
«E tu sei suo fratello da diciassette!» ribatté Harry appoggiando la testa al muro.
Stettero in silenzio per un po’, pensando.
«Un animale!» esclamò Harry all’improvviso.
«Ha già Arnold» disse George indicando una cesta piena di Puffole Pigmee di mille colori.
«Ma non ha animali da trasporto, un gufo le sarebbe utile»
«Può prendere Errol o Leo, o i gufi della scuola»
«Errol può portare poco, Leo non sopporta il peso di una busta vuota, e i gufi della scuola... sono della scuola!»
«Potrebbe piacerle, ma una civetta è meglio, una civetta grigia, o bianca sarebbe bella!»
«Una civetta bianca... come Edvige...».
«Oh, scusami, non volevo, mi dispiace Harry» disse George, mettendogli una mano sulla spalla.
«Non ti preoccupare, non fa niente. E’ solo un ricordo ormai, un brutto ricordo». Respirò profondamente e si appoggiò di nuovo con la schiena al muro.
«Io devo tornare al lavoro. Fai un giro e guarda un po’ di negozi. Troverai di sicuro qualcosa» disse George con un sorriso.
«Ok, ho ancora due ore buone, ci vediamo alla Tana!» disse Harry rispondendo al sorriso e avviandosi verso il centro di Diagon Alley.
«Ci si vede l’undici! Vengo anche io a cena. Non posso perdermi la mia sorellina che diventa maggiorenne!»lo salutò George.
Andò velocemente all’Emporio del Gufo e osservò tutti gli animali esposti.
Ce n’erano di tutti i tipi: barbagianni, gufi, civette, allocchi di mille colori e grandezze. Non sapeva quale scegliere.
«Ehi, stai più attento!»
Un mago molto anziano era quasi caduto a terra. Harry aveva camminato con la testa per aria mentre guardava gli animali, col risultato che era finito addosso all’uomo senza accorgersene.
«Aberforth!»
Harry era sorpreso di vedere il fratello di Silente a Diagon Alley. Non l’aveva più visto dall’ultima battaglia, ma ora era vistosamente più sereno.
«Potter, non ti avevo riconosciuto! Bel modo che hai di salutare. Ora salti addosso alla gente?»
Harry si scusò subito; il fratello di Silente continuava a intimorirlo.
Aberforth lo squadrò e, col solito tono burbero, disse: «Non preoccuparti, ragazzo, le mie ossa sono ancora intatte»
«Come vanno le cose?» domandò Harry, curioso di sapere se anche a Hogsmeade si fosse sentita l’influenza americana.
«Non c’è male. Tu Potter come stai?»
«Abbastanza bene... Purtroppo il ricordo della battaglia è ancora fresco» ammise Harry.
«Senso di colpa, eh? Non è stata colpa tua, Potter. E’ inutile continuare a rimuginare.
Chissà come faceva a capirti mio fratello» disse Aberforth scuotendo la testa.
Harry non trattene un sorrisetto. A volte lui stesso non riusciva a capirsi.
«Nemmeno io so come faceva, ma so che lo ha fatto molto bene».
«Beh, Potter, in tutta sincerità io mio fratello pensavo di averlo inquadrato bene, ma, invece, non avevo capito niente» borbottò Aberforth, e poi proseguì in tono deciso «Comunque per i morti non possiamo fare più niente. E’ sui vivi che dobbiamo concentrarci. Spero che verrai a trovarmi quando sarai di nuovo a scuola; anche Ariana sarà felice di rivederti».
Aberforth si avvicinò al bancone dell’Emporio per pagare. Harry lo seguì con lo sguardo, senza in realtà vederlo. Pensava all’ultima volta che era andato alla Testa di Porco. Rivide il camino, il quadro di Ariana, i mobili e la tappezzeria di poco conto della stanza, la mensola del camino. Era coperta da foto polverose della sua famiglia, da due piantine tutte secche e da uno specchietto; lo specchietto di Sirius.
Gli sarebbe piaciuto averlo, ma non gli sarebbe servito a niente senza la copia.
E poi non aveva nessuno con cui usarlo, nessuno da vedere, chiamare, nessuno che gli mancasse.
Inspiegabilmente pensò a Ginny e allo specchietto. Li sovrappose mentalmente. E poi al volto di Ginny si sovrappose il suo.
«Aspetta, Aberforth!» gridò, andando incontro all’uomo che usciva dal negozio «Lo specchietto di Sirius, quello per parlare a distanza, lo hai ancora?».
«Sì, perché?». Aberforth era sconcertato dalla domanda.
«Devo fare il regalo alla mia ragazza... Ginny Weasley, non so se la conosci...»
« Certo che la conosco» sbottò lui «L’unica figlia di Arthur Weasley. Anche lei ha partecipato al caos nel mio pub qualche mese fa». Nella sua voce si sentiva una nota di amarezza, che venne subito soffocata da un nuovo tono, che Harry non gli aveva mai sentito pronunciare: «Ho capito, buona scelta ragazzo! Sai Smaterializzarti vero?».
«Certo» rispose Harry sorridendo a sua volta, notando con piacere che come il fratello, anche lui lo capiva bene.
Si Materializzarono davanti al pub della Testa di Porco, a Hogsmeade.
Harry scacciò i ricordi della notte di qualche mese prima, che irrompevano nella sua mente mentre entravano e salivano nella stanza di Aberforth, al piano superiore del locale.
Harry fu sorpreso di vedere tutti i cambiamenti che erano stati apportati durante l’estate; non sembrava la stessa stanza. La carta da parati beige e la moquette bianca, entrambe nuove, erano pulite e davano un aria luminosa alla stanzetta. I mobili erano stati riparati e profumavano di cera d’api. Sul camino e sulle foto non si vedeva un granello di polvere. Il quadro di Ariana era molto più colorato e la ragazza sorrideva salutandolo con al mano. Harry rispose al saluto e si avvicinò.
Poi lo vide; lo specchietto era accanto alle piantine, ora fresche e rigogliose, proprio dove l’aveva visto l’ultima volta. Lo prese in mano e vi si specchiò.
Sedendosi su una poltrona, chiese: «Secondo te è una buona idea? Io pensavo che ci sarà utile l’anno prossimo quando lei sarà a scuola, mentre io no, ma può servire anche in altri momenti, giusto?»
Aberforth sorrise e rispose: «Non ti preoccupare, le piacerà, stanne certo»
Harry sorrise e guardò l’orologio.
Era tardi, la copertura di Ron non avrebbe ancor a retto a lungo. Già per lui studiare due ore consecutive era troppo, se poi lo lasciava lì ancora di più, rischiavano davvero di essere scoperti.
«Adesso devo andare, altrimenti mando tutto il piano all’aria, e non voglio che Ginny scopra cosa le voglio regalare!»
«Le rovineresti la sorpresa» commentò Aberforth con tono ovvio, accompagnandolo alla porta della stanza. Ma quando stava per aprirla Ariana lo chiamò e gli fece segno con l’indice della mano destra di avvicinarsi. Aberforth andò da lei, che gli sussurrò qualcosa all’orecchio e rise.
«Ariana dice che sarebbe più bello se lo abbellissi un po’, visto che è per una ragazza, magari con una cornice o dei fiori»
«Ok! Grazie di tutto, alla prossima!». Harry salutò, sorridendo e pensando a come abbellirlo.
Quando fu fuori dal pub, Disilluse il regalo e si Smaterializzò da dietro al cassonetto dove erano apparsi pochi minuti prima.
Pochi istanti dopo era comparso nello stesso punto da cui aveva lasciato la Tana.
Entrò di fretta nel giardino e vide Ron che lo guardava torvo seduto all’ombra di un albero di Mecamilla Cotonosa.
Appena lo vide, si alzò e lo raggiunse, con un espressione esageratamente furiosa.
Appena gli fu accanto lo prese per le spalle e sussurrò infuriato: «Cavolo, Harry, arrivi solo ora! Ginny e mamma non la smettevano più di fare domande!»
«Scusami! Ma... hanno scoperto dello spaventapasseri?». Harry non se l’aspettava proprio.
«No... Cioè mamma non ha sospettato niente, ma Ginny l’ha notato dopo solo mezz’ora! Allora ho deciso di tolgerlo di mezzo e di inventarmi una storia, per accontentare sia lei sia la mamma...»
«Hai fatto bene. Cosa ti sei inventato per coprirmi?»
«Ho detto che eri andato a trovare un tuo vecchio amico giù in paese, si chiama Matthew Lichit, è un Babbano e ha la nostra età. Pensa velocemente a cosa potreste aver fatto, come e dove l’hai conosciuto» spiegò Ron in fretta.
Harry lasciò il regalo Disilluso sotto l’albero e poi entrò in casa, trovando la signora Weasley che controllava le stoviglie mentre si stavano lavando e ascoltava la ra
dio. «Bentornato Harry! Ron mi ha detto che sei andato a trovare un vecchio amico, un certo Matthew, giusto?» disse Molly senza guardarli.
«Ehm... Sì, sono andato da lui» mentì Harry sedendosi sulla sedia più vicina.
«Dove lo hai conosciuto?» chiese Molly girandosi e ispezionandoli attentamente.
«Alla scuola dove andavo quando vivevo a Privet Drive. Era l’unica persona con cui ho fatto amicizia laggiù»
«Cosa avete fatto?»
«Abbiamo parlato un po’. Gli ho detto che ero dagli zii in vacanza nel villaggio e avevo pensato di andarlo a trovare»
A quanto pareva la signora Weasley aveva creduto a tutte queste bugie, perché non aggiunse altro e continuò a sorvegliare le stoviglie, per poi ordinar loro di imbadire la tavola per il pranzo.
Dopo aver mangiato a sazietà, Harry e Ron salirono in silenzio fino in camera, dato che Ron era vistosamente ansioso di sapere cos’era successo a Diagon Alley.
Erano apena entrati dalla porta, quando un fracasso assordante rimbombò di piani di sotto. Subito dopo, udirono due strilli e dei passi pesanti che salivano le scale.
«Mi sa che è meglio se ti nascondi Harry!» commentò Ron, la voce evidentemente preoccupata.
La maniglia si abbassò, ottenendo l’effetto di far indietreggiare Harry di qualche passo. La porta si spalancò con un botto sordo, mostrando una Ginny infuriatissima,
che guardava Harry con uno sguardo da far fuggire un leone.
In effetti, Ginny era rimasta insolitamente cupa per tutto il pranzo. Losguardo sempre fisso nel suo piatto, non aveva quasi aperto bocca, ma ciò non aveva insospettito più di tanto Harry; almeno, non al punto da aspettarsi una scenata come quella che gli si preannunciava.
Harry indietreggiò ancora e Ron trattenne il respiro, forse perché sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto vedendo la sorella rossa in viso in quel modo.
Neanche il tempo di chiarire bene cosa fosse successo, che Harry si ritrovò schiacciato sulle lenzuola del letto, con le mani bloccate da quelle di Ginny per impedirgli di utilizzare la Bacchetta.
«DOVE CAVOLO SEI STATO? NON CI CREDO CHE SEI ANDATO DAL TUO AMICHETTO! DIMMI DOVE SEI STATO O GIURO CHE TI STROZZO!»
«N-Non posso d-d-dirtelo» La voce di Harry era abbastanza rotta dal poco respiro che gli causava la morsa di Ginny.
«NON ME LO PUOI DIRE? PERCH NON PUOI? UNA COSA SEGRETA? BRUTTO SCHIFOSO...» non riuscì a finire la frase, perché le sue labbra furono occupate.
Harry si era liberato con un abile scatto, aveva rovesciato la situazione e la stava baciando.
Ginny gli diede una botta sulla spalla e cercò di allontanarlo invano, mentre si sentì il rumore di Ron che usciva dalla stanza sbattendo la porta e lasciandoli soli.
Non passarono neanche dieci secondi, che qualcuno bussò alla porta, ma i due non risposero. La porta era appena socchiusa, quando Harry si accorse che stava entrando qualcuno. Staccò un attimo Ginny e chiese chi era.
«Sono Molly».
Ginny si alzò bruscamente e si affacciò alla finestra, e Harry fece finta di cercare qualcosa sotto il letto.
La signora Weasley entrò con un cesto di panni appena stirati e lo posò sul letto di Ron, sorrise ad Harry ed uscì, non prima che un imbarazzato Ron si fosse ripresentato davanti alla porta.
Senza dare il tempo all’amico di aprire bocca, Harry cercò di riscattarsi dal rischio che aveva appena corso, dicendo: «Vi va di andare a volare un pò? Siamo tutti fuori allenamento, ci farà bene!» ma il suo finto entusiasmo non contagiò nessuno.
Vedendo Ron ancora imbarazzato e con lo sguardo rivolto verso il pavimento, si diresse verso la finestra, dove Ginny era ancora intenta a fissare un qualche punto all’orizzonte. Appena le fu vicino sentì il suo respiro affannoso e ancora agitato per l’accaduto, ma, subito dopo, lei scattò verso la porta e uscì, con lo sgaurdo arrossato che osservava, triste, il pavimento.
«Fammi vedere cosa hai preso!» disse Ron, in un esplicito tentativo di rompre la tensione creatasi.
Senza dire una parola, Harry si affacciò alla finestra, puntò la bacchetta verso la Mecamilla e disse: «Accio regalo!»
Il regalo Disilluso salì verso di lui e entrò dalla finestra.
Dopo aver fatto svanire l’incantesimo, lo mostrò a Ron, che sembrò del tutto sorpreso di vedere quell’oggetto.
«Guarda, questo specchio ci ha salvato la vita, ricordi?»
«Sì, ma perché lo vuoi regalare a Ginny?» chiese Ron.
«Perché almeno l’anno prossimo ci potremo vedere, e anche quest’anno da dormitorio a dormitorio, o durante le lezioni, quando siamo lontani insomma. Mi sembrava carina come cosa, no?»
«Sì, molto carina...» Ron sembrava improvvisamente deluso «Peccato che queste idee vengano solo a te, ne venisse una a me... Almeno Hermione non si arrabbierebbe di continuo!»
Harry lo guardò, ma non disse niente, preferendo iniziare subito a lavorare sullo specchio.
Tirò fuori dalla tasca la sua bacchetta di agrifoglio (giusto?), la puntò verso lo spechio posato sul letto e mormorò: «Geminio»
All’istante una copia dell’oggetto si creò di fianco all’originale, ma Harry notò subito che c’era qualcosa che non andava.
La prese in mano e notò con timore che la cornice che circondava il vetro dello specchio era molto meno rifinita dell’originale.
Un enorme dubbio lo investì; passò lo specchio copiato a Ron, che non disse niente ma si limitò ad ammirarsi
nel riflesso. Poi prese in mano l’originale, osservò per un istante il suo viso preoccupato, quando Ron chiese: «Ma qui, ora, non dovrei vedere la tua faccia? »
Ciò che Harry aveva temuto era diventata una tremenda realtà: l’incantesimo Geminio serviva a creare copie di un oggetto, ma queste non possedevamno le stesse qualità magiche.
All’improvviso si ricordò di due momenti dell’anno precedente in cui aveva visto il frutto di quella formula; al Ministero della Magia, Hermione aveva usato quell’incantesimo per creare una copia vistodamente fasulla del medaglione di Serpeverde (come d’altra parte aveva già fatto Regulus Black anni prima), mentre pochi mesi prima, alla Gringott, nella camera blindata della famiglia Lestrange, si creavano copie incandescenti di coppe e oggetti preziosi, tutti privi di valore.
Come aveva potuto pensare che fosse così facile copiare un oggetto magico raro come lo specchio di Sirius.
Ma, poi, mentre anche Ron stava aggrottando la fronte per pensare ad una possibile soluzione, gli venne in mente una via; l’unica strada possibile per aggirare il problema. Se quello non avesse funzionato non avrebbe potuto fare altro che arrendersi all’evidenza dei fatti.
Prese la bacchetta di Sambuco e disse, con voce incerta: «Geminio».
Immediatamente, la copia apparve accanto a quella originale.
«Ehi Harry, su questo specchio c’è la tua faccia!» strillò Ron, prendendo in mano la riproduzione perfetta appena creatasi di fianco all’originale.
«E su questo dovrebbe apparire la tua, Ron! » disse Harry, sospirando, soddisfatto, nel constatare che l’incantesimo della Bacchetta di Sambuco era riuscito alla perfezione «Perfetto». Il viso di Ron era apparso nello specchio dopo che ui aveva pronunciato il suo nome.
Poi, con la Bacchetta modellò una cornice molto semplice, che ricalcava perfettamente i bordi dello specchio originale. Non era bellissima, ma era tutto quello che riusciva a fare; la decorò con due rose di un vivido colore rosso su vertici opposti prima di ritenersi soddisfatto del suo lavoro.
Prese i due specchietti e li mise in una scatoletta di cartone che era sotto il letto, foderandoli prima con una carta spessa e morbida per non farli rompere.
Dopo aver fatto mutare il colore della scatola in un rosa tenue e aver aggiunto alcune decorazioni, andò dritto verso il suo baule che aveva acquistato il giorno prima a Diagon Alley, ne estrasse una pergamena nuova, l’inchiostro e una piuma e vi scrisse sopra un messaggio.
«Cosa le scrivi?». Ron cercava di sbirciare da sopra il suo letto.
«Non sono affari tuoi!» rispose deciso Harry, mentre riponeva il tutto nell’armadio e lo Disilludeva per sicurezza.
Quando si girò di nuovo, vide Ron che lo guardava torvo, evidentemente offeso.
«Hai fatto tutto?» gli chiese l’amico con tono provocatorio.
«Sì, spero che le piaccia» rispose Harry, sospirando.
«Le piacerà, ne sono certo. Tu sai come prenderla per il verso giusto. Lo sapessi fare anche io con Hermione...». Il suo tono di voce era improvvisamente cambiato; evidentemente aveva fatto l’offeso per scherzo.
«Non dire così. Tu con Hermione fai quello che puoi, e io uguale con Ginny» cercò di rincuorarlo Harry, anche se sapeva benissimo che non sarebbe servito a molto.
«Ma tu e Ginny non litigate di continuo! Io e Hermione si...».
Passarono alcuni giorni, durante i quali Harry e Ginny limitarono al minimo il bisogno di parlarsi, per motivi che a Harry erano ignoti. Riteneva che ciò foss causato dall’arrivo improvviso della signora Weasley in camera qualche giorno prima, ma non poteva esserne certo. L’unica cosa sicura era che Ginny cercava clamorosamente di evitare il suo sgaurdo.
La mattina del dieci agosto, la vigilia del compleanno di Ginny, Harry si svegliò con un profumino di uova e pancetta che proveniva dalla cucina. Ron non era nel suo letto, quindi si poté vestire senza il sottofondo di borbottii inutili riguardanti gli ultimi sogni dell’amico su Hermione, e scese in cucina.
Trovò la signora Weasley come sempre indaffarata tra i fornelli.
«Ciao Harry caro, mi dispiace dirtelo, ma oggi ho mandato Ron ad aiutare George al negozio. Sapevo che gli
serviva una mano e ho mandato lui, tanto qui non combinerebbe nulla di utile».
«Non preoccuparti» aggiunse poi di fretta, mentre riempiva un piatto con quattro uova al tegamino e spostando la sedia come per invitarlo a mangiare «Ė solo per oggi».
Appena Harry ebbe messo in bocca il primo boccone, Ginny spuntò silenziosamente dalle scale per fare colazione. Sul volto della ragazza era ancora dipinta una strana espressione.
Quando ebbero finito e riposto i piatti nel lavandino, mentre una spazzola li lavava da soli, Ginny chiese cortesemente a Harry di aiutarla a far scendere Arnold dalla cima dell’armadio di camera sua dove si era nascosto per giocare.
Harry accettò, nella speranza che l’invito non nascondesse qualche discorso imbarazzante, ma quando entrò nella stanza vide Arnold ancora profondamente addormentato sul letto di Ginny.
«Dovevo parlarti» disse lei mentre chiudeva la porta e si accingeva ad abbracciarlo.
«Sospettavo che ci fosse qualcosa sotto» replicò lui con un tono misto tra l’ovvio e il noiso «Ti si leggeva in faccia che avevi qualche cosa da dire. dall’altro giorno che sei così; da quando tua madre ci ha...»
«Non da uql momento, ma dal tuo viaggio al Ministero» lo interrupe lei «Mi hai distrutta. Mi sono già immaginata tante volte la tua morte. Tutto l’anno scorso io ero in pensiero per te... sempre. E ora vengo a sapere che hai deciso di fare il mestiere più pericoloso di tutti»
Internamente felice che il discorso non andasse a parare sull’arrivo di sua madre in camera, Harry si accorse dagli occhi della ragazza quanto dolore stava provando. Erano occhi così belli e profondi. Le loro teste si avvicinarono e si abbandonarono ad un lungo bacio.
Sembrava fosse passata un’eternità quando si allontanarono e si abbracciarono. E lui le sussurrò all’orecchio, con voce il più solenne possibile: «Ho deciso di accettare. Nulla mi potrà far cambiare idea, ma sappi che, qualunque cosa succederà, io sarò sempre accanto a te».
Detto questo, uscì dalla stanza, senza neanche osare guardarla in faccia. Il pensiero di provocarle una simile sofferenza lo faceva stare male.
Ron tornò dopo pranzo con un’aria stanca.
«Quei nanerottoli infami!» commentò, sedendosi su una sedia in sala da pranzo «Noi non eravamo così alla loro età, portavamo rispetto per i più vecchi»
Ma Harry non ascoltava veramente ciò che Ron diceva. Durante i momenti in cui prendeva fiato, lui annuiva o diceva cose del tipo “si”, “certo” o “hai ragione tu”, per farlo sentire compreso.
La sua testa era altrove. Pensava sempre di più al gufo che quella mattina, subito dopo essere uscito dalla camera di Ginny, aveva spedito a Kingsley.
Sulla lettera c’era solo scritto “Accetto”, nel caso venisse intercettata.

*Il senso di questo
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyVen Nov 19 2010, 08:44

Un po' esagerata la faccenda del regalo, forse... cioè, ma quanto è smielato Harry? No
Un esempio di dialogo in stile Row tra Ginny ed Harry, credo sia proprio quello che c'è nel finale del capitolo.
Harry accetta l'incarico di Auror.
Questo capitolo risulta più "leggero" alla lettura.

Ah... Aberforth non sembra tanto Aberfotth...
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Dobbinky

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyVen Nov 19 2010, 15:11

Herm ha scritto:
Un po' esagerata la faccenda del regalo, forse... cioè, ma quanto è smielato Harry? No
Un esempio di dialogo in stile Row tra Ginny ed Harry, credo sia proprio quello che c'è nel finale del capitolo.
Harry accetta l'incarico di Auror.
Questo capitolo risulta più "leggero" alla lettura.

Ah... Aberforth non sembra tanto Aberfotth...
quoto herm... è poco naturale!!!
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Primus Lune

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyVen Nov 19 2010, 17:38

Sì un tantino smielato...ma ci può anche stare.

Sì è abbastanza leggero, non è molto impegnativo (forse perchè è scritto meglio)
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kinderangie

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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptySab Nov 20 2010, 14:36

Quoto Herm su Aberforth che non è Aberforth!
Ma si era già detto che va rivista la sua caratterizzazione...

Ho trovato alcune cosette che voglio segnalare, a parte parecchi errori di scrittura o di altro genere che metterò nel topic degli errori.

Citazione :


«Comunque» continuò Harry «quello di stamattina sembra essere stato l’avvenimento più grave. Al Ministero non sono a conoscenza altri fatti del genere».
a conoscenza di altri fatti

Citazione :


Ginny e Ron si scambiarono un sorriso (Ron mostrando qualcosa in bocca che assomigliava molto a pappa reale), mentre Percy incurvò solo un po’ la bocca all’insù.
BLEAH!!!!

Citazione :


Harry era stranito per quanto Ginny riuscisse a leggerli nella mente
leggergli

Citazione :
Lui raccontò per filo e per segno tutto ciò che Kingsley gli aveva detto. Alla fine del racconto i due fratelli erano più basiti di quanto lo erano stati all’inizio.
fossero

Citazione :


Entrati in cucina, si sedette accanto a Ron e iniziò, in silenzio, a mangiare uova e pane tostato. Ginny e il signor Weasley erano seduti davanti a loro e la signora Weasley stava lavando le stoviglie.

......

«Su, Harry, mangia qualcos’altro! Ti devi nutrire!» disse la signora Weasley, facendogli atterrare davanti un piatto con uova e pancetta fumanti.
«Perché folo lui fi defe nutrire?» chiese, offeso, Ron con la bocca piena, in un esplicito tentativo di avere qualcos’altro da mangiare.
«Mangia pure questo, non ho più fame» lo rimbeccò Harry passandogli il piatto pieno



dato che ha già mangiato prima diciamo un altro piatto

rimbeccò??? perchè? io direi semplicemente gli disse

Citazione :


«Che vuoi farci... E’ il compito delle madri quello di stare addosso ai figli» cercò di consolarlo Harry, ma non dovette risultare troppo convinto

convincente

Citazione :


e aspettò che il muro si aprisse del tutto sulla via di Diagon Alley.


o su Diagon Alley

o sulla via principale di Diagon Alley



Citazione :


Dopo aver mangiato a sazietà, Harry e Ron salirono in silenzio fino in camera, dato che Ron era vistosamente ansioso di sapere cos’era successo a Diagon Alley.
Erano apena entrati dalla porta, quando un fracasso assordante rimbombò di piani di sotto. Subito dopo, udirono due strilli e dei passi pesanti che salivano le scale.
«Mi sa che è meglio se ti nascondi Harry!» commentò Ron, la voce evidentemente preoccupata.
La maniglia si abbassò, ottenendo l’effetto di far indietreggiare Harry di qualche passo. La porta si spalancò con un botto sordo, mostrando una Ginny infuriatissima,
che guardava Harry con uno sguardo da far fuggire un leone.
In effetti, Ginny era rimasta insolitamente cupa per tutto il pranzo. Losguardo sempre fisso nel suo piatto, non aveva quasi aperto bocca, ma ciò non aveva insospettito più di tanto Harry; almeno, non al punto da aspettarsi una scenata come quella che gli si preannunciava.





da come è costruita la parte sembra che ron e harry mangino da soli, poi salgono e Ginny arriva dopo. Poi invece dice che lei era a tavola....forse va un po' rimesso tutto a posto????



Citazione :


«DOVE CAVOLO SEI STATO? NON CI CREDO CHE SEI ANDATO DAL TUO AMICHETTO! DIMMI DOVE SEI STATO O GIURO CHE TI STROZZO!»
«N-Non posso d-d-dirtelo» La voce di Harry era abbastanza rotta dal poco respiro che gli causava la morsa di Ginny.
«NON ME LO PUOI DIRE? PERCH NON PUOI? UNA COSA SEGRETA? BRUTTO SCHIFOSO...» non riuscì a finire la frase, perché le sue labbra furono occupate.



OK, capisco che Ginny sia arrabbiata, ma gelosa??? Io ce la vedo più a dire: NON TI E' BASTATO IL RISCHIO CORSO IERI???



Citazione :


Non passarono neanche dieci secondi, che qualcuno bussò alla porta, ma i due non risposero. La porta era appena socchiusa, quando Harry si accorse che stava entrando qualcuno. Staccò un attimo Ginny e chiese chi era.


dalla costruzione della frase non si capisce bene

La porta si stava aprendo ed Harry si accorse che stava entrando qualcuno. Si staccò da Ginny e chiese chi era.



Citazione :


Vedendo Ron ancora imbarazzato e con lo sguardo rivolto verso il pavimento, si diresse verso la finestra, dove Ginny era ancora intenta a fissare un qualche punto all’orizzonte. Appena le fu vicino sentì il suo respiro affannoso e ancora agitato per l’accaduto, ma, subito dopo, lei scattò verso la porta e uscì, con lo sgaurdo arrossato che osservava, triste, il pavimento.




tutti a sguardo abbassato???



Citazione :


Passarono alcuni giorni, durante i quali Harry e Ginny limitarono al minimo il bisogno di parlarsi, per motivi che a Harry erano ignoti. Riteneva che ciò foss causato dall’arrivo improvviso della signora Weasley in camera




Pensiamo bene ai tempi.... forse dire che passarono alcuni giorni è troppo????
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyLun Nov 29 2010, 15:10

Appoggio gli altri anche se con estremo ritardo, sono stata un po' assente e quindi vedrò di recuperare.

C'è un'ulteriore cosa: mamma mia quanto facciamo pesare il fatto che in casa weasly ci sia tristezza!

Mi spiego 1° capitolo Harry cade avvolto nelle coperte e tutti ridono: non si rideva più così da molto tempo

Compleanno di Harry e si ride : non si rideva più così da molto tempo

e di nuovo qui Allegria e festa per lapromozione di Arthur e di nuovo non si rideva più così da molto tempo
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyMer Gen 12 2011, 11:53

Appena Tom gli fu vicino, Harry lo ringraziò e si sedette al bancone.
Appena si fu seduto, la cameriera ritornò correndo e gli porse una foto (che lo ritraeva mentre puntava la bacchetta di lato) e una piuma già intinta in un inchiostro di colore rosa shock, che a Harry ricordava tanto quello usato da Allock per firmare le sue foto.

Qui c'è una ripetizione... Potrebbe essere: Appena Tom gli fu vicino, Harry lo ringraziò e si sedette al bancone. Un istante dopo la cameriera ritornò correndo e gli porse una foto (che lo ritraeva mentre puntava la bacchetta di lato) e una piuma già intinta in un inchiostro di colore rosa shock, che a Harry ricordava tanto quello usato da Allock per firmare le sue foto.

Questo ricordava non mi piace.. meglio "che a Harry ricordò molto quello usato da Allock..."
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Ludovic Bagman
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio   Capitolo 7 - Il riflesso di uno specchio EmptyMer Gen 12 2011, 12:10

infiniti Ippip Hurrà per questi utenti che leggono e migliorano HP8 riga dopo riga!!!
grazie infinite I love you e mi permetto solo di dirti che questo libro è tanto tuo quanto nostro!!
buona continuazione!!!
Very Happy Very Happy
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