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 Capitolo 28 - I tre eredi

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LadyProffa

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MessaggioTitolo: Capitolo 28 - I tre eredi   Capitolo 28 - I tre eredi EmptyLun Ott 30 2017, 11:12

Uglick si spostò di lato e un’altra figura emerse dall’ombra: una donna anziana, avvolta in una vestaglia pesante e con una cuffia di stoffa logora poggiata sui capelli bianchi. Si muoveva lentamente, misurando i passi e guardandosi attorno.
Harry la fissò con più attenzione, e si accorse che i suoi occhi avevano qualcosa di indefinibile: erano scurissimi e vivi e brillavano di un’intelligenza acuta. Sembravano gli occhi di una persona più giovane, che qualche strano capriccio del destino avesse fatto invecchiare prima del tempo.
Rimase in silenzio, osservando la scena che si presentava davanti ai suoi occhi: il professore aiutò la donna a sedersi su uno sgabello vicino al caminetto, poi si voltò verso di lui e si mise a fissarlo  in silenzio.
Si sentiva solo il rumore ritmico del cucchiaino che Hyde, incurante della situazione, girava nella tazza.
Harry si chiese il perché di quello strano silenzio ma poi sentì come se qualcuno gli avesse appena rivoltato il cervello e si rese conto che il professore stava cercando di leggergli la mente. Fece per estrarre la bacchetta ma Uglick esclamò: «Potter! Quel giardino… come diavolo ci sei finito?».
Harry si toccò la testa dolorante e represse un grugnito di protesta: perché aveva permesso al professore di leggere i suoi pensieri?
Perché diavolo non aveva mai imparato a chiudere la mente? In effetti era stanco, infreddolito e molto provato dalle emozioni di quella giornata e quindi era probabile che Uglick avesse sfruttato il suo momento di debolezza.
Anche Hyde smise di fare rumore e per pochi attimi si sentì solo lo scoppiettare del fuoco.
«Prima di rispondere gradirei sapere come mai sono qui e cosa ci fa lei!».
Il professore lo guardò torvo. «Sempre molto diretto, vero Potter?». Poi si schiarì la gola e riprese:
«Bene! Allora, questa è Azucena, mia sorella, ed è per lei che sono andato via improvvisamente da scuola».
Harry non poteva crederci, avevano cercato tanto Azucena e adesso era lì davanti ai suoi occhi! Chissà cosa avrebbe dato Hermione per esserci e per poterla interrogare. Parecchie domande gli affiorarono alla mente, ma Uglick lo prevenne.
«Suo marito è stato rapito dalla Setta e non potevo permettere che accadesse qualcosa anche a lei. Purtroppo da solo non sono in grado di fare molto, sono un grande mago e conosco incantesimi che sono sconosciuti ai più, ma non ho più molta prestanza fisica e quindi devo affidarmi a qualcuno più giovane. I tuoi amici, qui, hanno già accettato di aiutarmi, più o meno volontariamente! Adesso ho bisogno di sapere se anche tu ti unirai a noi».
«Non bastano certo due chiacchiere per convincermi! E poi lei crede che basti presentarsi qui in buona compagnia per farmi fare quello che vuole?» ribatté sarcasticamente Harry. Non gli era mai andata giù fino in fondo l’alleanza con Draco e Hyde, e adesso che gli sembravano tutti pappa e ciccia con il professore era ancora meno sicuro delle sue decisioni.
«Bene, Potter, allora dovrò convincerti... sarà una cosa lunga, quindi mettiti comodo» replicò ghignando. Intanto Azucena si avvicinò ad un grande paiolo e vi gettò qualcosa dentro, mentre il mestolo continuava a girare: un profumino invitante si sparse nell’aria.
Draco si schiarì la gola e Uglick lo fulminò con lo sguardo, poi aiutò Azucena a sedersi di nuovo sullo sgabello vicino al fuoco e cominciò a parlare.
«Il marito di mia sorella si chiama Belisarius Knox. E’ un grande studioso di testi magici, un tempo è stato famoso come traduttore degli stessi, anche quando erano protetti magicamente» Mentre parlava guardava la sorella che annuiva tenendo gli occhi bassi. «Quando eravamo giovani abbiamo avuto modo di conoscere e seguire Grindelwald. Inizialmente le sue idee potevano essere buone, ma poi l’ideale del “Bene Superiore” ha preso il sopravvento e io, Belisarius e molti altri maghi lo abbiamo seguito, ma non Azucena, che è stata la prima a rendersi conto delle atrocità che stava commettendo. Così lei, nonostante fosse una strega dotatissima, ha deciso di rinunciare ai suoi poteri».
Ad Harry tornarono in mente le parole del Proclama che avevano trovato nel nascondiglio nella stanza di Uglick a Hogwarts. Azucena intanto aveva cominciato a mormorare parole quasi incomprensibili, come una cantilena, e Uglick le si avvicinò poggiandole una mano sulla spalla.
A Harry parve di cogliere alcune parole conosciute: “Cinereus” e "Toujours Pur"; era la conferma a quello che aveva sentito nella sua visione: Cinereus e Belisarius erano la stessa persona, ma che c’entrava il motto dei Black?
Nel frattempo Uglick cominciò a mugolare una nenia per tranquillizzare la donna che si calmò e smise di parlare.
« Non fate caso a lei, purtroppo quel periodo della sua vita è stato davvero penoso e non  le fa piacere ricordarlo. Comunque tutti voi sapete come è finito Grindelwald. Belisarius, ad ogni modo, colpito da quello che aveva fatto Azucena, decise di sposarla e di dedicarsi solo ai suoi amati libri, mentre lei era diventata bravissima come guaritrice. Purtroppo, però, le conoscenze di Belisarius erano notevoli e più volte venne costretto a lavorare per maghi oscuri. A causa di questo si ritirò con la moglie in un piccolo paesino Babbano in cui nessuno conosceva la loro storia e, soprattutto, nessuno sospettava che fossero maghi».
Ovviamente il professore si riferiva a Little Winteroak, dove erano quasi caduti nell’agguato dei maghi oscuri, ma la sua richiesta di conferma fu interrotta da un rumoroso grugnito proveniente non da Hyde, come Harry si sarebbe aspettato, bensì dall’aristocratico serpeverde.
«Ma non si mangia mai in questa catapecchia?» esclamò Draco cercando di mascherare il momento imbarazzante con la sua solita spavalderia, alzandosi in piedi e dirigendosi verso il pentolone vicino al fuoco.
Azucena ne mescolò il contenuto e fece un cenno di assenso al fratello.
«Se è quello che volete... » intervenne Uglick scocciato, poi si mise ad apparecchiare la tavola aiutato dalla sorella.
Harry fu grato per quell’interruzione, aveva un gran mal di testa e aveva anche decisamente molta fame; sperava che a pancia piena tutto gli sarebbe sembrato meno cupo e caotico.
Draco fece una smorfia guardando la zuppa che Azucena gli serviva.
«Povero Draco, non c’è molta scelta per cena!» lo derise Hyde, ma il giovane Malfoy, incredibilmente, non ribatté.
Mangiarono in silenzio e quando ebbero finito Hyde comunicò che non aveva più voglia di stare a sentire tante chiacchiere e che sarebbe andato a dormire mentre Draco si sedette sulla poltrona con aria assonnata accendendosi una pipa che emise un delicato sbuffo violetto. Da quando Draco fumava? Anche lui, come Harry, era stato costretto a diventare adulto molto velocemente, eppure quella scena gli sembrava strana.
Uglick e Harry aiutarono Azucena a rimettere in ordine, poi il ragazzo chiese al professore di riprendere il suo racconto.
«Bene. Come vi stavo dicendo, Azucena e suo marito vivevano tranquilli a Little Winteroak fino a che, pochi mesi fa, Belisarius è stato rapito da un vecchio conoscente...». Uglick si zittì ed il suo sguardo si perse nei ricordi, poi si riscosse. «Sicuramente gli vogliono far tradurre o decriptare qualcosa di oscuro».
«Deve essere il libro di cui ci ha parlato Lumacorno, Segreti dell’arte più oscura» mormorò Harry. Uglick lo agguantò per una spalla. «Cosa hai detto, ragazzo? Lumacorno? Cosa c’entra quel vecchio tricheco?». Harry trattenne a stento una risatina, dato che anche a lui il professore di pozioni  con i suoi baffoni e la sua mole, era sempre sembrato un tricheco e riferì per sommi capi quello che Lumacorno aveva raccontato a lui ed Hermione. «Ero con lui poco prima che mi arrivasse il vostro messaggio» concluse, guardando Draco che si era riscosso dal torpore quando l’ex professore aveva chiesto spiegazioni.
«Ecco cosa cercano di fare! Non posso nemmeno pensare a cosa potrebbe accadere se riescono a tradurre quel testo!» urlò rabbioso il professore alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia.
Contemporaneamente si sentì un gran trambusto e dopo pochi istanti Hyde, con i capelli scomposti, una coperta sotto il braccio e la bacchetta sguainata si affacciò alla porta. «Che succede? Ci hanno scoperti?».
«Metti giù la bacchetta, ragazzo» lo tranquillizzò Uglick, «poi siediti e ascolta. Ho la netta impressione che il nostro caro Potter abbia da raccontarci molte cose alquanto interessanti».
Harry si sentì perso: cosa poteva rivelare? Poteva fidarsi di quei tre uomini che finora gli erano stati ostili? C’erano ancora tante cose che doveva capire, a partire dal rapporto tra Hyde e Draco.
Nello stesso momento Azucena urlò e cominciò ad additare qualcosa di peloso vicino ai piedi di Harry. Uglick tirò fuori la bacchetta e con un lampo di luce verde lo colpì.
«Snitch!» urlò Harry chinandosi verso la piccola puffola ormai inanime sul pavimento. Si voltò furioso verso Uglick: «Perchè diavolo lo ha fatto? Adesso come facciamo?».
Tutti si voltarono interrogativi verso di lui; gli occhi gli diventarono lucidi, poi con un gesto rabbioso se lì sfregò con la manica e si rivolse verso il professore.
«Non pensa mai prima di agire, lei?» sputò con rabbia. «Era solo un innocuo animaletto». Raccolse la puffola e si guardò intorno cercando di decidere cosa fare.
«Non vedo perché prendersela tanto» rispose Uglick in malo modo. «Ci sono ben altre cose più importanti di cui dobbiamo parlare».
«Lei non capisce!» riprese Harry cercando di riacquistare la calma mentre Draco ridacchiava con Hyde. «E voi smettetela!».
«Era una puffola speciale. Voi non potete saperlo...» Harry si fermò, non era il caso di rivelare troppe cose. Non aveva ancora idea del perché lo avessero chiamato in quella catapecchia e non si fidava di loro.
«Cosa non possiamo capire, Potter?» urlò Uglick, che cominciava evidentemente a spazientirsi.  «Cosa?».
Harry rimase in silenzio, fissandolo negli occhi. Draco si avvicinò alla Puffola e la prese per una zampa facendo una smorfia.
«Che pensi di fare Malfoy?» ruggì Harry
«Hai intenzione di tenertela per ricordo?» chiese l’ex Serpeverde, poi si diresse verso la porta e l’aprì. Una ventata gelida entrò nella stanza ed il professore urlò: «Chiudi quella porta!» Così Draco lasciò cadere l’animaletto lì vicino e si diresse verso il lavandino.
Harry guardò il corpo di Snitch pensando che più tardi avrebbe dovuto provvedere a seppellirla, ma non voleva che lo vedessero. Gli tornò in mente quanto aveva sofferto quando aveva sepolto Dobby, ma almeno aveva potuto farlo, mentre Edvige era scomparsa in volo e non poteva fare altro che ricordarla. Non aveva proprio fortuna con le creature magiche!
«Smettiamola con queste sciocchezze!» le parole del professore interruppero il flusso dei suoi pensieri «Potter! Smetti di sognare ad occhi aperti!».
Le urla del professore fecero sobbalzare Draco che si stava lavando le mani e fece schizzare l’acqua tutto intorno.
Hyde si alzò inveendo contro Malfoy mentre Uglick si voltò e li incenerì con lo sguardo.
Poi si voltò nuovamente verso Harry. «Spiegaci perchè la puffola sarebbe così importante, se proprio ci tieni. Anche se quello che voglio davvero sapere è dove hai visto quell’albero, Potter». Si avvicinò e quasi i due nasi si sfiorarono. «Dimmelo o ti trasformo in un’ Acromantula gigante!»
Harry non capiva come mai il professore gli chiedesse dell’albero proprio in quel momento. Sospirò; ormai non aveva più molto senso tenere tutto segreto. Decise che avrebbe rivelato qualcosa, ma il meno possibile, a quei tre, soprattutto per testare la loro onestà.
«Cominciamo dalla Puffola: da quando Ginny me l’ha regalata» cominciò a spiegare, con tutta la calma possibile, «Snitch si è sempre comportata in modo strano ogni volta che c’era un pericolo per me, o per le persone a me care. Quando hanno cercato di rapire Ron in Diagon Alley, e anche quando... quando lei ha esaminato Ginny con l’incantesimo Legilimens» ammise, con molta riluttanza. «Cambia colore e trema tutta, e io comincio ad avere delle visioni. Non ci sono stato, in quel giardino, l’ho solo visto nella mia mente. E adesso, mi potrebbe spiegare perché è così importante? E badi, non mi muoverò di qui se finalmente non mi spiega cosa vuole da me e cosa ha spinto questi due ad accettare la sua presenza» concluse, con rinnovata rabbia, guardando storto Draco e Hyde, come se fosse loro la colpa di tutte le nefandezze del professore.
«Questi due hanno accettato la mia presenza perché siete tutti in pericolo di vita. E anche se tu, Potter, hai sconfitto uno dei maghi oscuri più potenti di tutti i tempi, ti assicuro che non hai la minima idea del guaio in cui vi trovate» disse il professore senza mezzi termini. «Le persone che hanno rapito il tuo amico sono le stesse che hanno fatto fuori il padre di Malfoy, e anche Hyde avrebbe una storiella simile da raccontare. Sapevi che anche lui ha perso i genitori, uccisi da un grande mago oscuro? Esatto, proprio come te, ragazzo» aggiunse, in risposta allo sguardo stupefatto di Harry.
L’atmosfera mutò visibilmente nella stanza. Il calore che si era diffuso grazie al focolare acceso e alla zuppa di Azucena si dissolse all’istante. Malfoy e Hyde erano immobili, e guardavano il professore con quello che ad Harry parve un misto di rancore e rabbia. Di sicuro non era stato molto delicato nel parlare delle famiglie dei suoi compagni. Lo guardò, aprendo la bocca, ma il professore lo interruppe.
«Conosci la storia dei Doni della Morte, vero, Potter?» gli chiese, tirando fuori dalla tasca un libro vecchio e logoro. Harry annuì. Pensava di sapere di quale testo si trattasse. L’aveva visto in mano ad Hermione per tutto l’anno precedente.
«E sono anche sicuro che sei al corrente del fatto che quei Doni esistono davvero. Casualmente tu, mio caro, sei in possesso di quello più potente, e appetibile. Sbaglio quando dico che la Bacchetta di Sambuco, che prima era appartenuta a Silente, adesso è di tua proprietà?».
Harry guardò Draco. Di sicuro il racconto dell’ultima battaglia contro Voldemort aveva superato i confini di Hogwarts, e sembrava proprio che il professore avesse fatto i compiti per bene. Negare era inutile.
«E’ vero, mi appartiene, ed è ben nascosta» ammise Harry. «Ma purtroppo sembra che sia quella l’unica merce di scambio per poter salvare Ron, e quindi dovrò andare a tirarla fuori dal suo nascondiglio» sorrise ironicamente, aspettandosi una reazione che non tardò ad arrivare.
«STUPIDO IMBECILLE!» tuonò inaspettatamente Draco, alzandosi dalla sedia dove stava ascoltando il racconto del professore e buttando la pipa per terra. Aveva le mascelle contratte dalla rabbia. «Ecco perché abbiamo bisogno di lui, non capisci? Lui sa cosa fare! Fosse per te saresti già corso nelle braccia dei nemici. E anche io, se solo la Bacchetta fosse stata mia!» confessò il ragazzo.
«Forse è meglio se ti siedi, Draco» intervenne Hyde, trascinandolo per un braccio. «Facciamo parlare il professore, altrimenti qui facciamo mattina. Potter, ascoltalo. E’ importante che tu conosca tutta la storia» disse stranamente calmo.
Harry si rivolse di nuovo verso Uglick, che riprese a parlare.
«La verità, ragazzo, è che esiste un incantesimo. Esso è celato tra le pagine del libro ”Segreti dell’Arte più Oscura”, ma l’intera formula è andata perduta centinaia di anni fa, perché sono secoli che nessuno ha più avuto tra le mani il libro intero. Chi crede nei Doni sa che, operando quell’incantesimo, può diventare il più forte, potente, invincibile e immortale mago di tutti i tempi» cominciò a spiegare Uglick. «Questo è il motivo che spinge questi maghi oscuri a tradurre e ricostruire il libro. Ma c’è dell’altro. Se anche ritrovassero tutta la formula, non potrebbero attuare questo incantesimo senza avere i tre oggetti».
Harry trattenne il respiro e pensò al suo Mantello. E alla Pietra, che aveva lasciato cadere nella foresta durante quel terribile momento in cui era sicuro di andare verso morte certa. Sperò con tutto il cuore che il professore non gli leggesse la mente proprio allora. Un colpo di tosse molto teatrale riscosse Harry dai suoi pensieri, e fu costretto a rivolgere lo sguardo verso il professore.
«Infine, per poter essere davvero sicuri che nessuno mai possa fare la stessa cosa con gli stessi oggetti, l’incantesimo richiede che questi vengano uniti grazie al sangue dei tre eredi dei fratelli Peverell. Uno sei tu, Potter, e lo sappiamo bene. E indovina un pò chi sono gli altri due?» domandò con evidente ironia, indicando Hyde e Malfoy.
Harry si voltò verso i due compagni ma un boato accompagnò quella sinistra affermazione. «Protego!» ruggì Harry d’istinto, scattando in piedi per fronteggiare quello che credeva essere almeno un gruppo di Maghi Oscuri, oppure una mandria di orsi delle nevi inferociti. E invece scoprì che era soltanto Azucena, che aveva provato a ravvivare il fuoco con un ciocco di legna troppo grosso per lei che le era sfuggito di mano. Era bastato davvero poco per farlo saltare su dalla sedia, segno che era molto teso. I suoi compagni ridacchiarono, e questo lo riportò ancora una volta alla realtà: il racconto del professore fino a quel momento era stato perfetto. Tutto combaciava con quanto scoperto fino a quel momento. Ma questa storia delle discendenze proprio non lo convinceva.
«Tornando a quella Puffola, cosa stavi dicendo prima?» chiese Uglick, senza dargli il tempo di chiedere spiegazioni a Malfoy e Hyde. « E, a proposito, non l’ho ammazzata, ma solo tramortita. Guarda, si sta muovendo» fece un cenno con la testa verso Snitch.  
«Ho dovuto farlo perché mia sorella, come avrai capito, è molto instabile, e qualsiasi cosa diversa dal normale la spaventa. Se vuoi possiamo farla avere al tuo amico Hagrid, lui saprà come curarla. Ma prima dobbiamo capire come mai si comporta in maniera così strana».
Harry si diresse verso la porta e raccolse l’animaletto tremante, cominciò ad accarezzarla e la puffola si rifugiò tra le sue braccia. Il sogghigno di Draco non sfuggì al suo sguardo.
«Mi ricordo quando la tua ragazza l’ha comprata» intervenne Hyde, aggrottando la fronte. «C’ero anche io, ma se non sbaglio è stata Hawaii a convincerla a comprarne una di quelle americane. Hawaii, professore, la nipote di...».
«Di quell’esaltato di Willis. Già.» terminò Uglick. «Mi sa tanto che qui abbiamo a che fare con una bella faccenda di spionaggio, ragazzo mio. E la tua puffola è proprio al centro del ciclone».
«Cosa c’entra Willis, adesso?» chiese Harry, esasperato. Quando non credeva possibile che la faccenda si complicasse più di così, si aggiungeva qualche altro dettaglio che ingarbugliava il tutto.
«Hai nominato Lumacorno, prima» spiegò il professore. «Sai che da giovane il vecchio tricheco ha collaborato con il padre di Willis alla ricostruzione delle pagine del libro che hai citato prima? Insieme a mio cognato. E poi sono stati fatti fessi dalla Setta del Fuoco Sacro» annunciò. Harry aprì ancora una volta la bocca per lo stupore, e Uglick continuò. «So che li conosci, ho parlato con questi due prima che arrivassi tu. Però Belisarius ha sempre pensato che in realtà Willis senior stesse facendo il doppio gioco. Quest’anno sono venuto ad Hogwarts, su invito di Minerva McGranitt, proprio per tenere d’occhio quel buffone americano».
«Ma… i nemici… il treno» balbettò Harry, cercando di non far trasparire il suo sconcerto.
«Aaaah, bel trucco, quello, vero?» sghignazzò il professore. «Quale modo migliore di farsi benvolere da una manica di faciloni, che salvargli la vita? Eppure persino tu, Potter, ti devi essere accorto che quel tizio ha qualcosa di strano. Lui, e quel suo assurdo copricapo».
Harry cercò di concentrarsi. Il duello con Willis. Le parole del Cilindro Canterino. Non era stato proprio quello a spingerlo verso l’ufficio di Uglick e il proclama? Chi era che stava facendo il doppio gioco? Poteva fidarsi dell’uomo che aveva di fronte?
«E la puffola, cosa c’entra secondo lei?» chiese Harry, provando a prendere tempo.
«Fai due più due, Potter. Se, come dice Hyde, l’animaletto è stato acquistato dopo un incontro con Hawaii, potrebbe pure essere che sia stato fatto apposta. Magari la biondina ha scagliato una Maledizione Imperius sulla tua dolce metà e lei ha fatto ciò che voleva» ipotizzò Uglick.
Ad Harry parve tutto troppo assurdo. Ginny era già stata stregata, prima di allora, ed era noto che fosse un suo punto debole. Riddle con il suo diario, e lo stesso Uglick l’avevano costretta molto facilmente a fare quello che volevano. «Ma se Snitch è una spia del nemico, perché le visioni? Avrebbero rapito Ron molto prima, senza di lei. E non avrebbero dovuto penetrare ad Hogwarts» mugolò Harry, che a questo punto cominciava ad avere un gran mal di testa.
«Sono delle strane bestiole, queste, Potter» spiegò Uglick. «Forse non hanno potuto impedirle di farti vedere certe cose, o non hanno voluto. Potrebbero averlo fatto apposta per farti cullare in un falso senso di sicurezza. O potrebbero aver dovuto aspettare che tu capissi il legame con lei prima di farti vedere ciò che volevano loro».
Ad Harry vennero in mente le parole che aveva ascoltato dal Mago Oscuro durante il contatto con Ron. Non aveva forse detto che Harry, in qualche modo, era un veggente, e che grazie a quello sarebbe finito nella loro trappola? Possibile che si riferissero a Snitch e alle sue visioni?
Istintivamente la lasciò sul tavolo, allontanandosene. Finalmente i tasselli del puzzle cominciavano a ricomporsi.Ma quanto avrebbe voluto che Hermione fosse lì con lui, in quel momento, per chiederle consiglio.
«Forse ha ragione lei» ammise infine Harry.  Così raccontò dello specchio, della conversazione dei maghi, e cercò di riferire al professore tutto ciò che Ron aveva detto del posto dove si trovava. Poi aggiunse: «Come faccio ad essere sicuro che invece non sia lei a fare il doppio gioco?». Al professore brillarono gli occhi.
«Sarebbe un segno abbastanza tangibile della mia buona fede se ti dicessi che so dove tengono il tuo amico? Se è come penso, quest’ultima visione che hai avuto grazie alla tua puffola, quella del giardino, è stata proprio una bella mossa dei nemici. Quello che hai visto, Potter, è un luogo molto importante. Quell’albero da cui emana quella luce azzurrina, sono certo che l’hai notato, molto probabilmente è l’originale Albero di Sambuco dal quale è stato estratto il legno per fabbricare la Bacchetta. E’ lì che andrebbe eseguito l’incantesimo di cui ti ho parlato. E’ lì che la Setta ha installato il suo quartier generale. E molto probabilmente, è lì che tengono prigioniero il tuo amico dai capelli rossi!».
«Ma se davvero è così» saltò in piedi Harry, abbandonando tutta la sua diffidenza, «cosa stiamo aspettando ancora? Andiamoci subito!».
«Non così in fretta, ragazzo» lo frenò il professore. «Non andiamo mica a fare una scampagnata. Probabilmente hanno in serbo qualche sorpresina, in caso tu scopra dove sono. Abbiamo bisogno di prepararci. E voi tre avete bisogno di dormire».
Harry pensava a tutto fuorché al sonno. Se non mi ci porta lui, ci vado da solo, pensò, per poi rendersi conto che anche se aveva visto il posto, non era più vicino di prima a scoprire dove esattamente si trovava.
«Potter, ti assicuro che domani mattina, al più presto, ci smaterializzeremo e andremo a salvare il tuo amico. Ma adesso» aggiunse, «devo occuparmi di mia sorella. Non posso partire così, senza prendere delle precauzioni».
Harry annuì. Era troppo eccitato per aspettare, ma poi si convinse che era meglio così. Almeno avrebbe avuto il tempo per fare una chiacchierata con Draco e Bryan e schiarirsi un po' le idee.
Il professore accompagnò Azucena in una seconda stanza, scomparendo alla vista dei tre ragazzi, e lui si rivolse ai due compagni. «Voi cosa ...» provò a chiedere loro, ma Draco lo bloccò.  «Potter, fidati una buona volta. Non vuoi salvare Weasley?».
«Certo che sì, ma ...».
«Decidi adesso se vuoi essere dei nostri oppure no» gli disse l’americano. «Se vuoi fare tutto da solo, quella è la porta. Nessuno ti trattiene. Ma devi ammettere che non otterrai nulla, perché non sai da che parte cominciare. Allora? Possiamo andare a dormire, adesso?».
Harry annuì, apparentemente rassegnato, prese la puffola dal tavolo e la prima cosa che fece fu precipitarsi in camera per spedire un messaggio ad Hermione con il suo canguro per raccontarle, meglio che poteva, tutto quello che si era detto quella sera e per chiederle un parere. Mentre attendeva notizie da Hermione, controllò come stesse la puffola. Era ancora intontita, e si chiese quando mai avrebbe avuto tempo di portarla da Hagrid per fargliela curare. Nonostante tutto sentiva di essere affezionato a quella creatura, forse perchè gliela aveva regalata Ginny.
La risposta dell’amica arrivò in pochissimi minuti:

Harry, dove diavolo sei? Ginny è in preda ad una crisi isterica. Io non sto riuscendo a tradurre questo maledetto diario. E adesso tu mi dici che vorresti andare a salvare Ron da solo, anzi, peggio, con l’aiuto di tre persone una meno affidabile dell’altra? Sei impazzito, forse? No, non esiste. Aspettaci, dobbiamo parlare a quattr’occhi!

Non fece nemmeno in tempo a stupirsi per il tono sostenuto del messaggio e per la strana affermazione di Hermione - come avrebbero potuto parlare a quattr’occhi se non tornava da loro? Nemmeno lui sapeva dove si trovava in quel momento! - che il biglietto che teneva stretto nella mano si illuminò della stessa luce azzurrina delle passaporte, e poco dopo si vide comparire Hermione, raggiante di soddisfazione, e Ginny, con lo sguardo più da signora Weasley che le avesse mai visto, proprio davanti a lui. Ma non erano proprio loro. Sembravano più quello che i babbani definivano un ologramma.
«Cosa… come?» balbettò debolmente.
«Biglietto stregato» tagliò corto Hermione, sventolando la mano, anche se era ovvio che fosse soddisfatta per quella sua nuova trovata. «Visto che hai preso l’abitudine di partire senza avvisarci, abbiamo dovuto trovare il modo di metterti alle strette. Non possiamo materializzarci concretamente, ma è già qualcosa».
«Ginny» supplicò Harry, ma mentre stava per spiegarsi con le due ragazze una folata di vento irruppe nella stanza, seguita da un gran fragore, come di un fulmine. Istintivamente strappò il biglietto che teneva in mano e con la coda dell’occhio vide le due sagome svanire.
«Con chi stavi parlando, Potter?» chiese con urgenza il professore. Ma non gli diede tempo di rispondere.
«Me lo dirai dopo, in ogni caso. Raccatta le tue cose. Temiamo che ci abbiano scoperti e questo non è più un luogo sicuro, dobbiamo andare”.









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