Il ragazzo camminava ciondolante su di un marciapiede mal tenuto di un sobborgo londinese, nella mano destra stringeva il collo di una Guinness quasi finita.
Traccanò l'ultimo sorso e poi lanciò il vuoto contro il muro.
Cercando di smorzare un singhiozzo prepotente che gli distorceva il diaframma, spinse la porta di un pub non illuminata da alcun lampione.
Entrò.
L'odore di tabacco e margarina gli aggredì le narici. Lungo il sudicio bancone parecchi uomini avanti con gli anni volsero lo sguardo annebbiato verso di lui.
Il ragazzo non se ne curò. Individuato un tavolo appartato lo raggiunse velocemente lasciandosi cadere pesantemente su una sbilenca sedia di legno.
Batté la mano due volte sul tavolo per richiamare l'attenzione. Una giovane cameriera poco vestita gli si avvicinò.
«Cosa posso fare per lei?».
La squadrò dalla testa ai piedi. «Avrei qualche idea ...» rispose ammiccando.
Lei fece una finta risata imbarazzata. «Lei mi lusinga, ma al massimo le posso portare da bere».
«Giusto, da bere... è per questo che sono qui no? Una Burrobirra».
«Come prego?».
«Ah già... babbana ...».
«Come scusi? Non sono qui per farmi insultare!».
«Ho detto Avana... portami un'Avana».
La testa del ragazzo ciondolò al ritmo del fondoschiena sculettante che si allontanava verso il bancone.
Appena fu sparito dalla sua visuale lo sguardo fu attratto da un oggetto luccicante che sporgeva da sotto la giacca di uno dei loschi tipi seduti al bancone.
Ne aveva sentito parlare da piccolo, quando suo padre era una persona che contava e loro vivevano felici.
Armi da fuoco! Qualcosa che serve ai babbani per ammazzarsi senza usare magie.
Oggetti che potrebbero essermi utili! pensò affascinato dal luccichio metallico del calcio dell'arma. La sua attenzione venne riportata rapidamente alle lunghe e perfette gambe della cameriera che tornava con una bottiglia d'Avana. C'era tempo per pensare ai gingilli babbani, adesso poteva dedicare un po' del suo tempo a occupazioni più piacevoli.
Tanto di tempo ne aveva: erano settimane che il vecchio non si faceva vedere e quindi non aveva nulla da fare.
Il ragazzo abbassò il cappuccio del mantello scoprendo la sua pelle chiara e i suoi lisci capelli platino. La cameriera sembrò piacevolmente sorpresa: probabilmente non si aspettava di trovarsi di fronte un ragazzo così avvenente. «Allora, non vuoi dirmelo il tuo nome bellezza?».
La ragazza poggiò la bottiglia sul tavolo.
«Una sterlina prego».
«Sterlina? Io ho questa moneta d'argento, credi che possa bastare?».
La ragazza esaminò la moneta. «Non me ne intendo... ma credo che basti» disse sorridendo. Poi se ne andò.
«Ehi!».
«Sì?» chiese voltando il capo.
«Non mi hai detto il tuo nome».
Lei sorrise di nuovo. «Stacco tra dieci minuti, richiedimelo allora».
Solo dopo venti minuti stava entrando nella camera della ragazza Stette pochi secondi ad osservare la stanza, non era certo ciò che si può dire una camera elegante ma nella sua semplicità dava l’idea di essere pulita ed accogliente.
«Prego accomodati» disse lei spostandosi verso una porticina laterale. Lui rimase in piedi e l’attese. Dopo una manciata di secondi la ragazza ritornò con due bicchieri dal contenuto rosso scuro. Lo porse al ragazzo che ne bevve un abbondante sorso. Egli sentì il liquido fresco scorrergli dentro e, avvicinandosi alla ragazza, le accarezzò i lunghi capelli, sentì il suo profumo e lei si protrasse a baciarlo.
Poi lei appoggiando i due bicchieri sul comodino, iniziò a sbottonargli la camicia lentamente. Draco lasciò fare. Lei iniziò a spogliarsi: prima tolse la camicetta, poi i jeans e rimasta con le mutandine e il reggiseno, entrambi neri, si unì a lui. Lui la baciò con trasporto, non era male per essere una babbana, chissà cosa avrebbe detto suo padre? Lei gli accarezzo i capelli e gli salì sopra.
La stava baciando passionalmente sul collo, lei sembrava compiaciuta. Le sue mani si mossero abili abbassandole prima una e poi l’altra spallina. Anche il gancio cedette alle sue dita e in un batter d’occhio fu gettato a terra. Il suo viso sprofondò tra i suoi seni e la sentì gemere.
Un’ombra entrò nella sua mente, come un fastidio che non voleva andarsene nonostante la sbornia, nonostante la situazione.
Fottutissimo Potter! Che cazzo aveva da preoccuparsi lui? Tutta la nazione ai sui piedi. Tutti pronti ad accorrere con i fazzoletti se il naso gli gocciola! Io che devo andare a rubare per sopravvivere.La ragazza gli prese il viso tra le mani e gli si attaccò alle labbra.
E anche ora che sono con questa gran gnocca che faccio? Penso a lui naturalmente!«Vediamo se le sorprese con te non sono ancora finite» disse la ragazza passando un indice sull’elastico dei boxer del ragazzo.
Non posso nemmeno stare con una donna in santa pace, maledetto!Bloccò le mani della ragazza.
«Scusa, mi dispiace non è colpa tua».
Sia alzò dal letto, racimolò i suoi vestiti e uscì lasciandola attonita.
Draco si chiuse lentamente la porta alle spalle. In piedi, nel buio del corridoio, cominciò a rivestirsi. Uscì fuori con l'aria gelida che lo investiva. Non si ricordava dove aveva lasciato il mantello.
Potter...«LO ODIO!» urlò alla notte.
*
Un dolore ritmato all'addome lo svegliò all'alba. Indolenzito aprì lentamente gli occhi, disteso su un cumolo di sacchi di immondizia. Un vecchio davanti a lui premeva il suo bastone sulla pancia: era quello che gli faceva male.
«Non erano questi i patti ragazzo» disse ghignando. «È così che mantieni un basso profilo in attesa di mie istruzioni? Seguimi, mi servi presentabile».
«Vada a farsi ...» tentò di biascicare il ragazzo con la bocca ancora impastata dall’alcol bevuto la sera prima, poi si girò sul fianco scosso da un conato di vomito.
«Forse è meglio se ti lavi anche la bocca. Ti vuoi muovere? Non possiamo passare tutta la mattina tra le scovazze ...» continuò a punzecchiarlo Uglick con il bastone.
Draco riuscì a girarsi ed a mettersi in ginocchio. «L-lei ...» si fermò per reprimere un rigurgito. «... io ho aspettato... io ho atteso... ma non...» nel tentativo di alzarsi in piedi le gambe non lo sostennero e scivolò faccia a terra, un odore acre gli invase le narici e lo costrinse a trattenersi dal vomitare per l’ennesima volta.
La risata del vecchio rimbombò nella testa del giovane molto dolorosamente.
«Molto strano che Lucius non ti abbia messo in guardia dalle brodaglie babbane!» ghignò Uglick, prendendo una fiala da sotto il mantello. Muovendo appena il bastone evocò un comodo sgabello di legno e vi si sedette sovrastando il ragazzo a bocconi. Con una mano gli prese la faccia e aspettò che aprisse la bocca. Versò alcune gocce del contenuto. Draco tossì e boccheggiò per due minuti buoni. Un calore intenso gli si propagò per tutto il corpo. Questa volta riuscì ad rimanere in piedi senza nausee.
Il vecchio professore parve soddisfatto e si alzò faticosamente. Con lo stesso impercettibile movimento fece sparire lo sgabello. Mise un braccio attorno al collo del ragazzo, conducendolo verso il fondo del piccolo vicolo sudicio.
«Devo però ammettere che nel sceglierti le ragazza hai un buon gusto!».
La pozione del professore aveva fatto svanire del tutto i postumi della sbornia, non sentiva più dolori ed i muscoli rispondevano bene ai suoi movimenti. Ma se la testa si era allegerita, ora aveva un grosso peso sullo stomaco: un misto di vergogna, rimorso e rammarico.
Il professore aveva creduto in lui, gli aveva affidato piccoli compiti che aveva svolto con successo, ma appena lo aveva lasciato solo era ricaduto nel baratro della disperazione.
Stavano già camminando da una mezz’oretta, non capiva dove stessero andando e non capiva perché non usassero la magia per spostarsi.
«Profes...».
«Sei stato in silenzio finora credo che sia saggio continuare ancora qualche isolato» tagliò corto il vecchio.
«E lei potrebbe anche continuare da solo!» ribatté Draco, divincolandosi dalla stretta del professore. «Io non avrò mantenuto i patti, ma nemmeno lei si impegna a rispettarli!».
«Sai come la penso» brontolò Uglick «sei troppo impulsivo... ti dirò tutto, un po' per volta».
«A me questo non sta bene!» s'infuriò Draco, fermandosi improvvisamente.
«Pensavo non ti stesse bene nemmeno continuare a raccattare le briciole per sopravvivere. Sei un ragazzo intelligente ...».
«Per questo voglio conoscere ciò a cui vado in contro! Io ho eseguito tutto quello che mi aveva chiesto... e non per qualche galeone in cambio!»
«C'è qualche problema, signore?»
Un poliziotto era apparso improvvisamente da dietro un angolo. Squadrò da capo a piedi il ragazzo, sporco e maleodorante, avvicinandosi facendo roteare il manganello.
«Nessun problema agente!» fece Uglick, quasi allegro. «Sa, a mio nipote piace divertirsi, ma poi si dimentica la strada di casa e dorme fuori. Lo sto accompagnando da sua madre che sarà felicissima del suo stato.» fece un pausa avvicinandosi al poliziotto e sussurrandogli: «I giovani d'oggi!»
«Le auguro un buon proseguimento, ser. Speriamo solo che la prossima volta non lo troviamo prima noi, altrimenti i genitori sarebbero costretti a venire a prenderlo in centrale».
Draco fece per ribattere, ma la lingua gli si attaccò al palato.
Il professore gli fece cenno di avvicinarsi. «Vieni, ragazzo, dammi una mano a camminare che sono vecchio».
Proseguirono la passeggiata come prima. Il poliziotto si allontanò nella direzione opposta fischiettando.
«Impulsivo!» ribadì Uglick, mentre la lingua del ragazzo si scioglieva dall'incanto.
Anche se la lingua ora era libera, non aveva tanta voglia di muoversi. Camminò in silenzio seguendo il professore. Poi presero un piccolo vicolo laterale, Uglick allargò il braccio fermandolo.
«Siamo arrivati?».
«No dobbiamo ancora partire, aggrappati».
«Ma....».
L’intestino iniziò ad attorcigliarsi intorno allo stomaco mentre i due si smateriallizzavano. Riaprì gli occhi: non capiva dove fossero ma non era sicuramente Londra, e probabilmente nemmeno la Gran Bretagna. Il caldo era soffocante. In pochi minuti la camicia gli rimase appiccicata al corpo, impregnata di sudore.
Il professore prese a camminare a passo spedito.
«Ma perchè abbiamo attraversato mezza Londra per poi smateriallizzarci?».
«Volevo che ti facessi una bella passeggiata e liberassi un po’ la mente prima di quello che ci aspetta oggi».
Il professore si bloccò davanti ad una vecchia porta di ferro arrugginito e bussò sopra con la testa del bastone.
Dopo pochi secondi di sentì un rumore di chiavistelli dall’interno e la porta si aprì.
«Ben arrivati!» disse una voce femminile che da qualche parte nella sua testa sapeva di aver già sentito.