Okay questo pezzo non ha SENSO ALCUNO. Tra l'altro presuppone una piccola modifica nella bozza 17...
However, se avrete la forza di leggerlo fino in fondo ehm....scusate ma ieri sera mi è preso un tric di quelli ed è venuta fuori sta cosa allucinata!
Approfittando dell’ora buca subito dopo pranzo, Harry e Ron occuparono le loro poltrone di velluto rosse davanti al camino. Gli scacchi magici li tennero impegnati fino a quando, entrambi satolli, si arresero ai primi piacevoli torpori del sonno.
Nient’affatto dispiaciuti di abbandonarsi alla stanchezza, stavano lì in panciolle come due marshmallows che abbrustolivano placidi davanti al fuoco.
Ad eccezione di Neville, che era immobile davanti alla finestra e fissava affascinato una delle sue adorate piantine, accarezzandone i petali color petrolio, la Sala comune era deserta.
Studenti del settimo anno più solerti e ligi al dovere di loro avevano deciso di trascorrere la loro ora di libertà in Biblioteca, ma Harry Ron e Neville avevano gentilmente declinato l’offerta.
C’era nell’aria profumo di sbadigli e rumore di pacifici respiri, fin quando Hermione non irruppe tra di loro. Inevitabilmente, l’incantesimo si spezzò.
<<Sfaticati che non siete altro, alzatevi da lì!>>.
Ron e Harry furono violentemente strappati dalla braccia invitanti di Morfeus e scattarono in piedi come due molle .Quando si trovarono davanti Hermione, arrossirono come due bambini beccati con le mani nel vasetto di marmellata. Abbassarono la testa, colpevoli, e si preparano alla furia dell’amica. Neville, assai saggiamente secondo Harry, sgattaiolò via dal dormitorio sussurrando l’improbabile scusa di una importante ricerca in biblioteca.
<<Avevate detto che avreste iniziato! Oh, è sempre la stessa storia con voi due! Eppure, più vi semplifico i programmi, meno studiate!>>.
Nel disperato tentativo di cambiare argomento, Ron chiese in tono innocente <<Come mai sei qui? Aritmanzia è finita in anticipo?>>. Harry chiuse gli occhi, preparandosi al colpo di grazia…
Percependo tuttavia un silenzio imbarazzato, aprì cauto le palpebre.
I ruoli si erano capovolti: Hermione era ora arrossita, il capo chino, gli occhi nocciola che fissavano insistentemente il pavimento. Un barlume di comprensione…no, pensò Harry, non era possibile.
<<Non ci sei andata?>> indovinò Ron agitando il pugno, mentre gli angoli della sua bocca si piegavano in un sorriso trionfante. Ammutolì quando Hermione lo trafisse con un’occhiata di fuoco.
<<Sì, non ci sono andata Ronald>> confermò l’amica. Harry era stupefatto: Hermione che saltava una lezione era un evento più occasionale di un’eclissi.
<<Sì dà il caso, però, che io abbia impiegato decisamente meglio il mio tempo>> lì accusò acida.
Si sedette di fronte al camino ed al tavolo, facendo cenno loro di raggiungerla, e iniziò a raccontare. Qualcosa nella sua espressione cambiò, Harry capì che non aveva intenzione di continuare la ramanzina.
<<E’ da un po’ di tempo che non posso evitare di pensarci, sapete. Pensavo che quest’anno potesse essere diverso, più tranquillo, insomma. Evidentemente non è così. Queste visioni, gli attacchi, gli intrusi, per non parlare dell’imboscata a Natale. Mi sembra di dover rileggere lo stesso identico copione all’infinito, senza tuttavia diventare un’attrice più brillante. E’ snervante>>. I suoi occhi si riempirono di ricordi amari e il suo tono si fece più serio.
Harry comprendeva benissimo lo stato d’animo dell’amica, lui si sentiva così da una vita intera, minuto più, minuto meno…
<<Da quando abbiamo ipotizzato ci sia una spia a scuola, ho fatto alcune ricerche, che non hanno avuto nessun risultato. Oggi però mi è venuta in mente una cosa, così, fingendo di stare male, ho chiesto alla Professoressa Vector di andare in Infermeria. Mi sono catapultata in biblioteca e ho finalmente trovato qualcosa di interessante>>.
Sorrise furbescamente, assumendo quel suo cipiglio familiare. Tirò fuori dalla tasca un foglio di pergamena e lo appiattì sul tavolino, poi afferrò impaziente la mano di Harry e gli fece appoggiare il palmo sulla vecchia pergamena. I due ragazzi la guardarono interrogativi.
<<Ora pensa al simbolo che hai visto addosso a quell’uomo alla tana, nel giorno di Natale>>.
Harry si concentrò, facendosi spazio tra i ricordi e i dettagli, focalizzando quello strano ciondolo che gli aveva visto al collo. Quando annuì piano, Hermione sussurrò: <<Imprimo!>>.
A quel punto uno strano formicolio si impossessò di lui. Era caldo e piacevole, e iniziò a scorrere sotto la sua pelle come una fiamma che lo accarezzava gentile, passando dalla testa giù fino al collo, poi al braccio. Arrivò alle punte dei polpastrelli della mano, poi, lasciandogli sulle dita un leggero bruciore, scomparve.
<<Wow!>>. All’esclamazione di stupore di Ron, Harry aprì gli occhi. Lui e una compiaciuta Hermione guardavano la pergamena, sopra la quale era comparso un simbolo di inchiostro nero. Era esattamente come lo ricordava, una fiamma serpentina tra le cui spire si intravedeva uno stilizzato volto di donna, agonizzante.
<<Beh non ti chiederò dove tu abbia trovato questo incantesimo ma…resta il fatto che non sappiamo a cosa si riferisce né cosa vuol dire questo simbolo>> borbottò Ron. L’amara consapevolezza colpì anche Harry: <<Già, non abbiamo nulla in mano…>>.
<<E’ sempre qualcosa da cui partire>> esclamò Hermione << E poi, conosco una persona abbastanza matta da poter decifrare questi simboli>>.
<<Pensi che abbiano un preciso significato?>>.
<<Ne sono certa, penso sia un segno di riconoscimento. Come il marchio nero...>> disse in un fiato la ragazza, non riuscendo a soffocare un brivido.
<<E allora si parte? Dove andiamo: Maldive, Bahamas…Atlantide? >> chiese Ron speranzoso.
Hermione sbuffò divertita. <<Non ci sarà bisogno di saltare Trasfigurazioni. Possiamo andare dalla Cooman senza saltare la lezione Uglick, non voglio perdermi la spiegazione di avvicinamento alla Trasfigurazione umana>>. Afferrò la sua fedele borsa stracolma e si avviò emozionata verso il quadro della Signora Grassa.
<<La Cooman?>> fece Harry, confuso.
<<Così sembrerebbe, amico>> disse Ron, mentre, un po’ sconsolato, iniziava ad avviarsi seguito da Harry. <<Vedila dal lato positivo: possiamo sempre imparare a trasfigurarci in due gatti, e poltrire davanti al fuoco per il resto dei nostri giorni>>.
***
Le parole sul legno non erano cambiate: “Professoressa Sibilla Cooman, insegnante di Divinazione”.
Ron iniziò a salire incerto le scale strette, prima coperte dalla botola. Quando i tre giunsero nella stanza silenziosa si guardarono intorno, mentre subito un forte odore di incenso, fumo e alcool li inebriò. Un misterioso fuoco blu scoppiettava nel camino, l’aria era opprimente, caldissima e satura di odori. L’ abituale inquietudine che regnava in quell’aula che pareva un po’ un solaio, disseminato di puff, tavolini e tazzine da the, intrappolò le loro menti cullandole tra nuvole di brandy e disorientandole con gli ingannevoli riflessi delle sfere di cristallo.
<<Pro…Professoressa Cooman?>>. La voce di Hermione era debole e dubbiosa, non era mai stata a suo agio in quel luogo.
Ancor prima di poter distinguere la donna, giunse alle orecchie dei tre la sua voce roca e sognante, che pareva giocare a nascondino, rimbalzando sulle pareti di pietra circolari.
<<Harry Potter ti aspettavo! Buon pomeriggio!>>.
Harry aguzzò la vista, cercando di scorgere il profilo della Cooman, celato da quella fioca sfumatura rossastra della luce. Quando due enormi occhi dalle pupille dilatate lo fissarono con sguardo indagatore attraverso le lenti spesse, Harry sobbalzò.
<<Salve>> azzardò Ron.
<<Salve Signor Weasley, Signorina Granger>>. Sibilla Cooman si voltò in un mulinio di capelli e, accompagnata dallo scintillio dei suoi scialli, si sedette su una comoda ed imbottita poltroncina, davanti ad un tavolo tondo e un po’ malconcio. I ragazzi si avvicinarono.
<<C’è qualcosa che posso fare per voi?>>.
<<Veramente noi ci chiedevamo…>> iniziò Hermione <<se poteva darci il suo aiuto. Vede, ci siamo imbattuti in un simbolo e non comprendiamo bene cosa significhi. E ci sembrava la persona adatta per…>>.
La Cooman, senza neanche finire di ascoltare cosa la ragazza aveva da dire, allungò un braccio rachitico. Hermione, indispettita, le consegnò il sottile foglietto di pergamena su cui era impresso quell’indecifrabile ricordo d’inchiostro. Le reazioni della Cooman potevano essere destabilizzanti per chi non era avvezzo a trattare con quella sua inquietante abitudine di precederti o stordirti con strane previsioni e avvertimenti, pensò Harry. Non aveva mai capito quanto ci fosse di vero nelle cose che talvolta borbottava ai suoi studenti…aveva iniziato a darle un po’ più di credito solamente dopo la profezia a cui aveva assistito, il terzo anno.
La Professoressa osservò il foglio ingiallito da vicino e da lontano, ne verificò la consistenza, lo annusò persino, per poi concludere: <<Non mi meraviglia che siate venuti, soprattutto lei Signorina Granger. Logico che quando si tratti di simboli immaginifici e non di matematiche rune lei vada in difficoltà, viste anche le povere condizione in cui verte il suo occhio interiore . Dia retta a me, avrebbe bisogno di una bella pulitina>>.
Si alzò di scatto e si avvicino ad un vecchio mobiletto di legno. Aprì un anta di vetro e i suoi occhi vagarono veloci tra gli scaffali, borbottando parole sconclusionate. <<Ora vediamo>> mormorò, accarezzando con il dito ossuto le polverose copertina che la piccola libreria conteneva <<ecco qua. Questo potrà aiutarci>>.
<<Oh lasci pure stare caro…>> aggiunse poi bofonchiando <<evidentemente era giunta la sua ora. Ringraziano Dio che sia una di quelle blu…>>.
Harry stava per chiederle a che si riferisse quando lo distrasse un rumore di porcellana che andava in frantumi: Ron, con un gesto troppo ampio della mano, aveva fatto rovinare a terra una delle tazzine blu sul tavolo. Imprecò sotto voce.
La Cooman intanto aveva preso tra le mani un manoscritto dalla copertina verde di pelle, consunto quasi come i tappeti che ricoprivano l’aula, e si tornò a sedere, aggrottando grottescamente le sopracciglia. Animata da una pacatezza quasi surreale, stappò una bottiglia di brandy mezza vuota che era appoggiata ai bordi del tavolo e ne beve un lungo sorso.
Se Harry si era pian piano abituato alle conturbanti stranezze della veggente, non era tuttavia ancora in grado di convivere con quell’intensa mescolanza di sapori pungenti che accompagnavano la donna ovunque andasse. Da quando Ron, Hermione e Harry erano entrati, infatti, i loro nasi si erano involontariamente arricciati, assumendo una perenne e palese espressione si disgusto. Harry si sforzò tuttavia di ascoltare quello che la Professoressa poteva sapere a riguardo del simbolo, malgrado non riponesse troppe speranze nel suo aiuto.
<<Partiamo dalle basi. La simbologia dei maghi è complessa, e anche poco conosciuta. E’ del tutto comprensibile: simboli fanno paura, e spesso si preferisce non conoscere quello che ci spaventa. Ma non è ignorando il male, che questo scompare dalle nostre vite, non è così? Molto bene…qui abbiamo una fiamma…ah…il sapere, il sapere più puro>>.
<<Vuol dire l’intelligenza?>> la interruppe Ron, confuso.
<<Non mi riferisco ai libri ed alle nozioni, Signor Weasley. Sto parlando di qualcosa di molto più astratto ed irraggiungibile. Sto parlando di sapere magico, fonte inesauribile, beati coloro che possono accedervi. Se non sbaglio però ci sono dei lineamenti…dei lineamenti di donna. La donna è il simbolo del male quindi…>>.
<<Che cosa? Il simbolo del male? Ma…questo è inammissibile, Professoressa!>> esclamò Hermione, completamente scandalizzata.
<<Capisco che ciò possa scuotere la sua piccola, irosa mente, Signorina Granger…ma i nostri simboli sono complessi e, come tali, hanno anche delle radici complesse. Tremendamente antiche, legate indissolubilmente a storie che pochi eletti conoscono. Ora vediamo se fonti storiche attendibili sono in grado di placarla, signorina, visto che ripone un’irrazionale fiducia in tutto ciò che è razionale. E’ un paradosso, non ci ha mai pensato?>>. Sorrise, lasciando Hermione interdetta, e accarezzò benevola il dorso del manoscritto polveroso. Lo aprì delicatamente e, trovata la pagina che cercava, iniziò a leggere con voce profetica.
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Nel tempo in cui gli uomini ancora si fidavano delle comete, viveva una ragazza di nome Ruth. Aveva la pelle, ma essa non era né bianca e liscia, aveva lunghi capelli bruni, ma essi non possedevano nessuna particolare sfumatura, aveva occhi, ma in essi non v’era alcuna scintilla. Viveva, ma non viveva. Era parte di una comunità, ma non era un singolo. Era figlia, ma non sposa. Era e non era, ma malgrado tutto ciò che le mancava, Ruth riusciva a pensare solo a ciò che aveva. I suoi pensieri, invisibili agli occhi degli uomini, erano da sempre pervasi di un’indefinibile consapevolezza. Ignota, salvifica consapevolezza di essere, essere qualcosa di più malgrado tutto, che le permetteva di sottostare placidamente all’invincibile scorrere dei giorni e delle ingiustizie. Abbiamo concluso che quella indefinibile consapevolezza era insita nella sua anima, in quanto non l’abbiamo mai ritrovata in spoglie corporee. Essendo cosa intangibile, di essa noi sappiamo e non sappiamo: concludiamo che debba essere per forza un concetto etereo, come la casa che lo ospita. E cosa c’è più etereo dell’anima?>>.
Harry si guardò intorno: il silenzio regnava incontrastato, a scandire quelle parole vi erano solo i ritmici ticchettii dell’orologio a pendolo sulla parete. La Cooman si fermò un attimo, forse per prendere fiato, forse per creare la suspense necessaria. I fiati sospesi furono per le una muta preghiera a proseguire.
<<
Un giorno, gli uomini scoprirono il fuoco. Impararono ad usarlo, a trarne beneficio, ma nessuno mai lo domò. Era qualcosa di irrimediabilmente estraneo a tutte le nature umane che in quel tempo popolavano la terra. Irraggiungibile, per tutte le anime tranne una. Gli uomini sono da sempre mossi da istinto di competizione, e grandi gare infuriavano: tutti tentavano di afferrare il fuoco con la mano. Per la gloria, per la fama e l’immortalità.
Una sera, gli uomini della tribù di Ruth mangiavano attorno al fuoco. A turno, uno tra di loro si avvicinava e tendeva la mano verso le rosse lingue selvagge. Ognuno la ritraeva accompagnato da un acre odore di carne bruciata e, pieno di risentimento, tornava al proprio posto. Il rituale si ripeteva tutte le sere. Si dice che una di quelle notti, quando il cielo aveva come ingombrante compagna una luce rossa che lo soffocava, quell’anomala scintilla che dormiva nell’anima di Ruth si risvegliò prepotentemente, facendole compiere ciò per cui lei era destinata.
Si avvicinò al fuoco tremante: erano tutti troppo stupiti per non permetterle di farlo. Tese la sottile mano bianca verso il fuoco ed afferrò con dolcezza una di quelle lingue. Quel frammento rosso non si ribellò, si piegò docilmente al suo tocco, modellandosi per lei. Gli uomini stolti erano esterrefatti, ma prima che potessero rendersi conto dell’accaduto, il fuoco della mano di Ruth si solidificò fino a diventare un sottile pezzo di legno. La prima bacchetta magica.
La ragazza che giocava con il fuoco fu esiliata da quelle terre prima che il sole tramontasse. Vagò per il resto della sua vita nelle foreste, verdi come la sua anima pura.
Si narra che solo un uomo, un babbano della tribù, la seguì. La accompagnò per tutti i giorni della sua vita ed amò la sua pelle, i suoi capelli, i suoi occhi e la sua anima>>.
A quel punto, la Cooman smise di leggere ed alzò il capo. Harry intravide sul suo volto un’espressione quanto mai disorientata e forse stupita, stupita dell’attenzione che aveva ricevuto, dell’assenza delle espressioni sonnacchiose che accompagnavano le sue lezioni.
<<Professoressa che…che fine ha fatto quella ragazza?>> azzardò Hermione.
<<Ahimè, il racconto non lo dice. Suppongo che morì>>. Sorrise con naturalezza. <<Gradite una tazza di the, cari?>>.
<<No…no grazie>> disse spiazzato Harry mentre la Cooman versava dalla sua teiera d’argento un liquido dall’odore intenso in una delle sua amate tazzine rosa. Come poteva pensare al the in un momento come quello?
La Veggente segnata dagli anni iniziò piano a sorseggiare la sua calda brodaglia, ma, quando alzò i suoi enormi occhi da insetto, sbottò: <<Ebbene Signor Potter? Che ci fate ancora qui?>>.
<<I simboli Professoressa…>> si scusò lui, alzando appena le spalle.
Lei sbuffò, piegando piano la testa da un lato, guardandoli con una sorta di dolce compassione; i suoi lunghi pendenti smeraldini oscillarono, i suoi occhi erano altrove. <<Ah, dove andremo a finire…questi giovani d’oggi non possiedono più le capacità. Menti ottenebrate da tali facezie, neanche più in grado, non dico di seguire alacremente il loro occhio interiore, ma di fare dei semplici collegamenti. Molto bene, temo che la spiegazione non sia finita cari>>.Hermione alzò un sopracciglio, ma fortunatamente non la interruppe. <<Spero abbiate capito che la donna del racconto, Ruth…è stata la prima strega. La prima persona umana in cui si è verificata la magia>>.
<<Era una donna?>> domandò Hermione piacevolmente stupita. Poi, ricordandosene, con una smorfia aggiunse: <<Non aveva detto che la donna è il simbolo del male?>>.
<<Sì Signorina Granger>> fece la Cooman alzando gli scintillanti occhi verso il cielo <<il male identificato dalla donna è un simbolo che noi maghi abbiamo ereditato dal fatto che, come comprensibile, dopo quell’episodio, gli uomini non si fidarono più delle donne. Credevano fossero maligne. Come ogni stupido babbano che si rispetti, essi non capirono mai che la magia si era manifestata ai loro occhi. Da sempre preferiscono trovare futili scuse, piuttosto che ammettere che la magia esista>>.
Harry sorrise, pensando alla sfumatura purpurea che assumeva suo Zio Vernon al solo sentir nominare “tu-sai-cosa!”.
<<Dunque le donne furono etichettate generalmente come malvagie e la cosa andò avanti per un po’, se ci pensate i roghi del quattordicesimo secolo erano di streghe, non di maghi. Robe da matti, vi dico: ho sentito di donne babbane costrette a stare a casa a badare ai loro rampolli, mentre i mariti si divertivano lavorando. Inaudito, se volete il mio parere! Tuttavia, nella nostra simbologia questa concezione babbana della donna ha influenzato il significato del simbolo. Dunque la donna è ormai l’ allegoria del male. Per quanto riguarda il fuoco…è molto più semplice e corretto. Ditemi…qual è la cosa che caratterizza un mago, più di tutto?>>.
<<La sua bacchetta…>> mormorò Hermione.
<<Esatto. La bacchetta è il sapere magico per eccellenza, è essenziale: senza di essa non potremmo praticare la magia. Il racconto ci dice che la prima stecca ebbe origine dal fuoco, dunque il fuoco è il simbolo del sapere. Ora, quello che di curioso c’è in questo vostro simbolo è l’accostamento dei due oggetti. La donna tra le fiamme, il male tra il sapere. Sento>> disse, sfiorando la pergamena e chiudendo gli occhi <<una forte volontà di raggiungere. Raggiungere questo sapere sebbene questa ricerca dovesse comportare l’uso di pratiche…proibite>>. Un brivido li percorse a quelle parole.
<<Non si faranno scrupoli, temo>> concluse, amareggiata.
Harry Ron e Hermione la fissarono, nelle loro menti ancora tante domande aspettavano una risposta. La Professoressa tuttavia, dato uno sguardo all’orologio sul muro, disse sobbalzando: <<Oh, cari! Andate, andate in fretta! Non è saggio ricevere visitatori dopo le sei! Desidero evitare ogni conseguenza nefasta!>>. E così, un po’ sgarbatamente, li spinse fuori dall’aula, tanto che i tre quasi caddero dalle scale.
Un po’ storditi dalla reazione della Professoressa, i tre si guardarono per un attimo. Harry aveva così tante cose da dire, ma per un certo verso così poche…
Parlare con la Cooman gli creava spesso più dubbi di quanti ne risolvesse.
<<Bè…sappiamo che abbiamo a che fare dei cattivi di prim’ordine>> fece infine Ron, rompendo il silenzio <<avete sentito la matta….”Non si faranno scrupoli…”>>.
<<Sì, direi che questo l’avevamo capito>> disse Harry amaramente, iniziando a scendere le scale a chiocciola della torre.
<<Per quanto il racconto mi lasci perplessa –non ha fondamenti storici- la simbologia è fissa ed è quella. Se ci pensate bene, in effetti, chiunque siano quei maghi, è chiaro che vogliono la bacchetta di sambuco. Visto quello che ha detto la Cooman, e’ del tutto verosimile che la desiderino, visto che il fuoco sta per il sapere. E’ lo strumento più ricco di sapere magico sulla faccia della terra. Ma possibile che il sapere sia solo la bacchetta? No…c’è qualcosa di più…qualche disegno che ancora non siamo in grado di cogliere…e poi...quella luce rossa la sera in cui successe....pensate possa essere Minami?>>.
Harry non ci aveva pensato, annuì piano: era una possibilità da non scartare.
<<Forse>> borbottò Ron, pensoso.
Harry riconobbe sul volto dell’amica tutta la frustrazione di quando qualcosa le sfuggiva. <<Prima o poi lo capirai>> la rassicurò. Entrambi sorrisero.
<<Se non altro…>> intervenne Ron <<ora sappiamo una cosa>>.
<<Cioè?>> chiese spiegazione Harry.
<<Siamo tutti mezzosangue>> fece Ron compiaciuto. Hermione e Harry lo guardarono, confusi, forse convinti di non aver colto una sua battuta.
<<L’uomo era un babbano…quello che seguì Ruth e che l’amò. Noi discendiamo da loro, siamo tutti mezzosangue. Chissà se Voldemort lo sapeva…chissà se i Mangiamorte lo sanno. Sarebbe un bel colpo per il vecchio Lucius, non credete? Anche se non penso possa servire un vecchio racconto per curare quel tarlo sul sangue puro che ha in testa da generazioni>>.
Il sorriso di Hermione si allargò fino a farsi abbagliante, Harry notò la sua mano stringersi dolcemente alle dita di Ron, in un tacito pegno di quella che, forse, era qualcosa di più di semplice gratitudine. Affamati e sollevati si diressero insieme verso la Sala Grande, pronti ad accantonare anche solo per un momento tutti i dubbi e le incertezza davanti a una coscia di pollo e un calice colmo di succo di zucca. Ne avrebbero parlato dopo...