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MessaggioTitolo: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 11:22

HO DECISO DI POSTARE L'UNIONE DEI DUE TESTI TANTO PER DELIZIARVI (SPERO), CONSCIO DEL FATTO CHE NON SARA' POSSIBILE PUBBLICARLA PER INTERO DATA LA LUNGHEZZA... CMQ BUONA LETTURA!

IN BLU CI SONO I PEZZI DI Hermy, CON QUALCHE LEGGERA MODIFICA PER FAR COMBACIARE IL RACCONTO... NEL RESTO CI SONO MIE AGGIUNTE E MIE MODIFICHE...



Harry dopo che Kingsley l’aveva assunto come Auror, si aspettava una prova delle sue capacità, con un addestramento al Ministero. Non sperava di doverlo affrontare così presto. Sarebbe dovuto andare quello stesso pomeriggio come era scritto nella lettera consegnatagli da Hagrid:

caro Harry,
questo pomeriggio, per mettere alla prova le tue abilità dovrai sostenere un esame pratico al Ministero (non preoccuparti, non è nulla che tu non possa superare). Ciò servirà per stabilire un piano di addestramento il più possibile adeguato a te.
Presentati alle !5.00 presso l’ufficio Auror del Ministero. Per arrivarci usa la metropolvere. Il camino da cui devi arrivare è quello nell’ufficio della preside, la MCGrannit.

PS: spero di poter essere lì personalmente, altrimenti troverai Dawlish che ti illustrerà tutto.

Stammi bene!

Kingsley

Dopo averla ricevuta non riuscì più a cibarsi di tutte le prelibatezze della colazione. Il suo verme solitario dopo aver appreso la notizia si era congelato. Durante le lezioni non faceva che ripassare a mente tutti gli incantesimi che potessero essergli utili in un duello. Per la sua distrazione, all’ora di pranzo era già riuscito a far perdere a Grifondoro venticinque punti, ovvero l’equivalente di quelli guadagnati da Hermione. Dato che erano abituati a perdere punti non se ne curarono. L’unica che era contrariata era Hermione, «se vai avanti così, non so come potrai affrontare i MAGO» gli disse l’amica. «E’ che sono preoccupato per la prova di oggi pomeriggio» rispose Harry. A quel punto s inserì anche Ron, «di cosa ti preoccupi» gli disse «di sicuro non sarà difficile quanto affrontare Voldemort». Ma Harry sapeva che non era la stessa cosa. Non voleva fare una brutta figuraccia con i nuovi colleghi Auror. Non voleva che pensassero che era stato ammesso nel corpo solo perché era amico di Kingsley.
Arrivati nella sala grande per pranzare si sedettero vicino a Ginny che aveva tenuto loro dei posti liberi. Tutti erano affamati tranne Harry. Era lì così pensieroso che ci mise un po’ a capire che Ginny lo stava chiamando. «Harry, ti senti bene?» gli chiese «è da almeno cinque minuti che ti chiamo ma non mi rispondevi». Lo sguardo di Ginny gli ricordò molto quella della signora Weasley. Sorrise e rispose: «Si sto bene. Ero perso tra mille pensieri e ricordi. E’ meglio che vada a prepararmi». Salutò i suoi amici e baciò Ginny e si diresse verso il dormitorio di Grifondoro. Aveva bisogno di rimanere un po’ da solo, fuori dalla baraonda degli studenti per rilassarsi. Appena arrivato nella sala comune si diresse al suo letto a baldacchino. Ci si sdraiò sopra, ma per l’agitazione non riusciva a stare fermo. Scese dal letto ed iniziò a percorrere la stanza a grandi passi. I minuti passavano e la tensione aumentava. Un pensiero gli attraversò la mente: «se avesse usato la Bacchetta di Sambuco avrebbe sicuramente superato ogni ostacolo». Ma scartò immediatamente l’idea. Un mago forte come Kingsley se ne sarebbe accorto e avrebbe scoperto che in realtà non era al sicuro. Decise di portare con sé la sua fedele bacchetta di Fenice. Inoltre ora che ci pensava, non era mai rimasto deluso quando l’aveva utilizzata. La estrasse dalla tasca e iniziò ad ammirarla. «Nonostante così tanti anni e così tante avventure è ancora perfette». Mentre la contemplava molti ricordi affiorarono alla mente. Primo fra tutti quello della sua prima volta a Diagon Alley, quando l’aveva comprata da Olivander. Che tipo strano che gli era sembrato. Poi gli venne in mente del quarto anno. La pesa delle bacchette per il Torneo Tremaghi. Si ricordò che l’unico a non averla lucidata per la pesa era stato lui. Aveva cercato di pulirla nel mantello sul momento. Con quell’immagine impressa nella testa si riscosse. Dato che voleva fare una buona impressione tra gli Auror decise di fare la manutenzione alla bacchetta. Estrasse dal baule il kit di manutenzione per le scope regalatogli da Hermione qualche anno prima. Iniziò a lucidare e strofinare la bacchetta finché non fu perfetta. La impugnò e come era accaduto otto anni prima questa emise delle scintille rosse e un calore rassicurante lo pervase. Con la convinzione che anche stavolta non sarebbe rimasto deluso si avviò all’ufficio della MCGrannit.
Nei corridoi non c’era anima viva. Si disse che tutti gli studenti dovevano essere a lezione. «Peccato» si pensò «avrei volto vedere ancora Ginny prima di andare. Solo lei riusciva ad infondergli la forza necessaria per affrontare le situazioni difficili»… «comunque» si disse … «non posso deluderla. Farò del mio meglio». Arrivato davanti al Gargoyle di pietra si accorse che era stata apportata una piccola modifica. Nel muro affianco era stato aggiunto un campanello. Lo suonò e senti la voce della MCGrannit dire «avanti Potter». A quelle parole il Gargoyle si sposto lasciando visibili le scale di pietra che conducevano all’ufficio. Il percorrerle lo fece commuovere. Quante volte aveva percorso quelle scale per andare da Silente. Arrivato alla porta d’ingresso in legno massiccio bussò. Quando entrò la professoressa lo accolse con una frase che lo lasciò di stucco. «Ah! Potter, finalmente ha imparato le buone maniere. Vedo che non origlia più alla porta!». Harry era imbarazzato. Alzò lo sguardo e vide che la preside gli sorrideva. Era quasi compiaciuta nel vederlo. A quel punto Harry sorrise a sua volta e si fece avanti. «Harry, da questa parte» e così dicendo lo condusse al camino. Entrò nel camino e prese una manciata di metropolvere. Quando si voltò per salutare la prof, non fece a tempo a proferire parola che lei disse «faccia attenzione signor Potter!» e se ne andò. Harry sorrise. Era ritornata la professoressa severa di tutti i giorni.

Pensato questo e con il sorriso ancora sulle labbra esclamò «Ministero della Magia, Ufficio Auror!». Sentì di essere risucchiato nel camino. L’odore acre della fuliggine lo fece starnutire. Si ricordò della prima volta con cui aveva viaggiato con la Metropolvere e per sbaglio era finito a Notturn Alley, nell’ufficio di Magie Sinister. Quando si riscosse si riscosse vide di essere arrivato. Doveva sembrare un imbecille con quello sguardo perso in piedi dentro al camino. Si riassettò i vestiti e uscì. Rimase sbalordito dall’ampiezza della sala in cui si trovava. Dalle finestre incantate si vedeva un temporale violentissimo. Evidentemente quelli della Manutenzione Magica volevano un aumento. Il pavimento era di marmo e le pareti di pietra banca erano tappezzate di poster , foto di maghi oscuri ricercati e articoli di giornale della gazzetta del profeta. I più grandi erano quelli che annunciavano la fuga di massa di Mangiamorte da Azkaban, di circa tre anni prima, e la sconfitta definitiva del Signore Oscuro ad Hogwarts. Ricordando quegli avvenimenti le viscere di Harry si contrassero in modo spaventoso. Non voleva ripensare a tutte le persone che aveva perso quindi decise di staccare gli occhi da quel ritaglio di giornale. Sulla parete di fronte vi erano una serie di oggetti magici che aveva già visto nell’ufficio di Moody quattro anni prima: un Avversaspecchio, uno Spioscopio e altri oggetti che sembravano provenire da Magie Sinister. Sulla parete più stretta vi era uno specchio, proprio come quello che portava all’ufficio di Kingsley. Al centro della stanza, una grande scrivania di legno scuro sommersa di pergamene e piume che scrivevano all’impazzata. Harry si rese conto all’improvviso che Kingsley lo guardava con aria divertita. Harry si diresse in fretta verso di lui. «Buongiorno signor Ministro» lo salutò. «Harry per favore, ti ho già detto che quando ti rivolgi a me devi chiamarmi Kingsley» e poi aggiunse «stavi pensando alla tua ragazza mentre eri nel camino?». Harry imbarazzato lo guardò sorpreso. Non si sarebbe mai aspettato una domanda così personale. Comunque rispose «in verità no» e gli raccontò di Notturn Alley. Mentre si dirigevano lungo un corridoio Harry decise di sciogliersi. In fondo, pensò, Kingsley era un amico già da molto, e con lui poteva parlare liberamente. Inoltre lo trattava come un nipote. A quel pensiero ad Harry vennero in mente i suoi unici veri parenti che aveva, i Dursley. Curioso di sapere che fine avessero fatto si ripromise di chiederglielo. Finalmente Kingsley si fermò ed Harry che vagava con la sua mente per poco non gli finì addosso. Come tutte le altre nuove porte introdotte dagli americani anche questa era a specchio svanitore. Kingsley si voltò verso di lui e gli disse «anche se io preferisco ancora le porte di legno massiccio, questi specchi sono molto comodi. Riescono a rilevare se una persona è autorizzata ad entrare o no in un luogo». Mentre parlava il vetro svanì. «Funzionano come gli avversa specchi, rilevano la presenza di intrusi» disse Harry. «L’idea di base è quella, però gli americani hanno apportato pesanti modifiche. Harry ti presento Dawlish, anche se penso tu lo conosca già. Sarà lui a metterti alla prova». Harry che stava pendendo dalle labbra di Kingsley per recepire maggior informazioni possibili non si era ancora accorto della presenza dell’Auror. Per farsi perdonare gli andò incontro allungando la mano destra e dicendo «è un piacere rivederla signore». «Harry, non c’è bisogno che mi chiami signore, soprattutto ora che siamo colleghi. Chiamami pure Daw!»e così dicendo gli strinse la mano vigorosamente.
«Bene» disse Kingsley col suo vocione facendo sobbalzare entrambi «è tempo che ritorni alle noiose faccende burocratiche da Ministro. Ti affido nelle sue mani Harry». E così salutatolo uscì dalla stanza. Harry tornò ad osservare l’Auror. Era piuttosto alto, magro e con gli occhi azzurri, che si intonavano alla perfezione con la sua veste celeste. L’unica cosa nella figura composta che gli si ergeva davanti erano i capelli castano scuri. Nella stanza in cui si trovava adesso non c’era altro che un altro specchio. L’unica decorazione presente era un quadro di una vecchia strega addormentata. «Bene Harry, è ora di cominciare» disse Dawlish, «per mettere alla prova le tue capacità ho escogitato un percorso ad ostacoli. In totale sono cinque posti in altrettante stanze, separate da una porta. Per avere accesso alla stanza successiva e quindi proseguire dovrai aver superato l’ostacolo. Ti avverto che una volta entrato non potrai uscire a meno di evocare un incantesimo di aiuto. In quel caso interverrò io personalmente e interromperemo la prova. Non ti preoccupare per il tempo. Il tuo permesso di uscita dura fino all’inizio delle lezioni di domani. Tutto chiaro?» chiese ed Harry annuì. «Bene, se sei pronto vieni qui alla porta. Appena mi darai l’ok l’aprirò». Harry diede l’ok ed entrò nella prima stanza. Questa era molto lunga ed illuminata da deboli candele sospese a mezz’aria vicino al soffitto. L’atmosfera era tetra. Un brivido percorse la sua schiena. In fondo alla stanza vide un armadio. Era di fianco alla porta di collegamento alla stanza successiva. Mentre lo stava osservando sentì la serratura dell’armadio aprirsi. Si preparò per la difesa. Iniziarono uscire decine e decine di Dissennatori. Alla loro vista si raggelò. Ma la solita sensazione di nausea che aveva avvertito per la prima volta al terzo anno dentro di lui, non si manifestò. Rimase stupito e paralizzato. Come mai non succedeva? Poi sentì la voce di Ginny dentro di lui che gli diceva di concentrarsi. Si riscosse e vide che i Dissennatori si erano moltiplicati a vista d’occhio. Ora occupavano tutta la sala. Pensando alla cosa più felice che gli era capitata, Ginny, esclamò «Expecto Patronum!». Un cervo di dimensioni che Harry non aveva mai pensato di poter evocare iniziò a correre verso i Dissennatori. Il suo bagliore era così forte che costrinse Harry a coprirsi il volto. Quando la luce si affievolì Harry fece in tempo a vedere il cervo che in fondo alla stanza a suon di cornate rispediva gli ultimi dentro l’armadio. Quando questo si chiuse e il cervo fu sparito, Harry si sentì più leggero. Una delle prove era superata. Infatti proprio in quel momento lo specchio svanì. Con passo deciso si diresse al passaggio. Si fermò di colpo sulla porta. Strani rumori provenivano dalla stanza. Deciso a completare tutte le prove la attraversò. Una puzza nauseabonda lo investì. La riconobbe. Era fetore di Troll come quello che aveva sentito il primo anno. Ma questa volta non era uno e piccolo. Erano tre giganteschi, armati di clave e dall’aspetto particolarmente feroce. Harry era ancora sull’ingresso. Doveva escogitare una strategia. Avrebbe dovuto affrontarli uno alla volta. Era impossibile stenderli tutti insieme. L’occasione giusta si presentò quando uno di loro si accorse di lui e si staccò dal gruppo. Harry lanciò un incantesimo Muffliato ai due rimanenti. Ciò gli permetteva di combattere con uno senza che gli altri si accorgessero di qualcosa. Provò a stendere il Troll con uno Stupeficium, ma questo rimbalzò sul suo corpo senza fargli un graffio. Allora si ricordò come su certe creature magiche, come Hagrid, alcuni incantesimi fossero vani. Pensò un diversivo. Provò un incantesimo di incarceramento. «Incarceramus!». Dal nulla comparvero catene che si strinsero attorno alle braccia e alle gambe del mostro. Stava già per esultare quando con un piccolo sforzo questi le spezzò. Come erano comparse svanirono. Nella lotta contro il Troll aveva iniziato a girare come su un ring babbano. Iniziava a pensare di non riuscire a sconfiggerlo quando la soluzione gli balzò alla mente. «Wingardium Leviosa!» esclamò puntando alla clava del Troll. Questa sfuggì dalle sue mani, rimase sospesa sopra alla sua testa. Il mostro di montagna la guardava inebetito. Con un incantesimo di rilascio gliela fece crollare in testa. Cadde svenuto sul colpo. Si girò per affrontare gli altri due giusto in tempo per evitare la mazza del secondo bestione. Gettatosi di lato in tempo non riuscì ad evitare completamente la mazza chiodata del terzo. Una delle borchie di ferro gli trapassò il braccio senza per sua fortuna causare danni. Un fiotto di sangue iniziò ad uscire dal suo braccio. Harry si allontanò dai due di qualche metro strisciando. Era ancora sorpreso dal loro attacco. Poi capì. Si maledisse per non essere stato attento adeguatamente a Cura delle Creature Magiche. I Troll anche se erano tonti avevano un olfatto perfetto. L’avevano fiutato. I due si avvicinavano a passi lenti verso di lui. Non poteva più usare la stessa tecnica di prima altrimenti mentre ne stendeva uno l’altro l’avrebbe ucciso a mazzate. Per evitare altre ferite che avrebbero potuto impedirlo durante le altre prove decise di ricorrere alle maledizioni proibite, quelle senza perdono. Non sapeva come l’avrebbe presa Daw ma doveva salvarsi il collo. Puntò la bacchetta contro il più vicino e urlò «IMPERIO!». Il Troll si fermò. Aveva lo sguardo ancora più perso di prima. Harry iniziò a sudare freddo. Se non avesse funzionato il suo piano si sarebbe trovato in una situazione molto pericolosa. Per fortuna questa volta gli andò bene. Una sensazione di potere lo pervase. Era tipica di quando si eseguiva la maledizione Imperius. Fece girare il Troll in modo che si trovasse faccia a faccia col suo simile. Anche questi si fermò. Ora i due si fissavano. Lo avevano completamente dimenticato. Harry non si spiegò come, ma nello stesso istante in cui ordinò al Troll affatturato di colpire in testa il suo complice, anche l’altro lo fece. Gli parve di osservare una scena allo specchio. I due si colpirono e caddero simultaneamente. Harry si riprese dallo stupore e cercò di alzarsi. Per fortuna il braccio ferito era il sinistro. Se fosse stato il destro non avrebbe potuto usare la bacchetta. Col braccio dolorante e la manica inzuppata di sangue si avviò al passaggio. Non ne poteva più del tanfo di Troll così non si fermò nemmeno un attimo a pensare cosa potesse aspettarlo. Nella terza stanza, più piccola delle precedenti, ma illuminata allo stesso modo, per sollievo di Harry, non erano presenti creature magiche. C’era un gran monumento di pietra gialla. Capì immediatamente cos’era. Una Sfinge egiziana, come quella che aveva superato al torneo Tremaghi, ma almeno cinquanta volte più grande. Non avrebbe potuto usare nessun incantesimo per distruggerla o farla svanire. L’unico modo per farla spostare era rispondere correttamente al suo indovinello. Si avvicinò per ascoltarlo.


Ultima modifica di -TEX- il Lun Set 14 2009, 11:35 - modificato 2 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 11:23

Sol tre tentativi ha la tua bocca
Se proseguir tu vorrai
Correttamente risponder dovrai
“più ne hai meglio stai
Son preziosi assai
Se li perdi non ti perdoneresti
Perché servon tutti seppur diversi


Appena la sfinge smise di parlare, dalla sua bocca iniziarono ad uscire un enorme quantità di uccellini gialli. La prima impressione di Harry fu quella di uno stormo di canarini scappati da un negozio di volatili. Con suo immenso orrore iniziarono a cantare. Più che una melodia era uno stridio fastidioso e insopportabile. Oltre che risolvere l’indovinello ora doveva anche sopportare quelle creature demoniache che per giunta lo distraevano. Per colpa loro aveva già dimenticato l’indovinello. Dovette farselo ripetere un’altra volta. Di getto rispose «soldi» ma si pentì subito. Era troppo ovvia e inverosimile. Infatti era sbagliata.

Risposta errata,
hai sol due tentativi
per una adeguata


Si mise a girare per la stanza. Pensava, pensava, ma lo stridio dei volatili lo distraeva. Non sapeva quanto tempo era passato prima di avere l’ispirazione. Di colpo gli parve ovvia e amara la risposta. «Horcrux» esclamò. Questi erano preziosi per chi li possedeva, in fondo era contenuta parte della loro anima. Inoltre potevano essere di qualsiasi tipo. Tutto sembrava quadrare. Rimase paralizzato dalla risposta negativa della sfinge… Non era possibile, aveva sbagliato di nuovo. «Ma perché??!» pensò «coincide tutto!!». Una sensazione di vuoto e di panico iniziò a diffondersi in lui. Non sapeva cosa fare. Tutto in quella stanza sembrava essere contro di lui. Il rumore fastidioso degli uccelli e l’odore nauseabondo di chiuso peggioravano la situazione. Tutti i contro incantesimi che aveva provato si erano rivelati inutili. La paura di fallire crebbe dentro di lui. Non poteva sbagliare. Non poteva tradire la fiducia di colui che aveva reso realtà il suo sogno, diventare Auror come i suoi genitori. Pian piano si calmò. Le parole di Ginny gli fecero da calmante: «Harry, io so che puoi superare tutto!». Non poteva tradire la fiducia di Ginny. Per lui era la cosa più importante che avesse mai avuto. Decise di rimettersi a pensare. Si sedette a gambe incrociate e si prese la testa fra le mani. Cercò di isolarsi da ciò che lo circondava. Ma nulla. Ormai tutte quelle spiacevoli sensazioni erano parte di lui e non se ne andavano. «Se almeno ci fossero qui Ron ed Hermione, loro l’avrebbero potuto aiutare» pensò. Sorrise pensando a come Ron sarebbe andato nel panico e invece Hermione avrebbe mantenuto la calma, ragionando logicamente. Non riusciva a capire come due persone così diverse potessero amarsi. «Diverse» ripetè fra sé. Gli sarebbero serviti entrambi, anche se diversi. Aveva capito La soluzione dell’indovinello era amici. Finalmente capì anche perché Horcrux era sbagliato. Voldemort, non si era accorto che i suoi preziosi Horcrux erano andati ‘perduti’. Tutto ora era chiaro. Più rivolto a sé che alla sfinge ripeté ad alta voce «amici». «Quanto era vero l’indovinello» pensò. Ancora sognava la morte di Cedric nel cimitero di Little Angleton. Non si perdonava ancora quanto era successo. Sentiva che era colpa sua.
Il rumore della Sfinge che si spostava lo fece sobbalzare. Ora doveva proseguire. Non doveva piangere sul latte versato.

Anche la terza porta-specchio scomparve. Era tempo di affrontare la prova successiva. Inoltre prima finiva meglio era per il suo braccio. La perdita di sangue stava causando insensibilità nei suoi movimenti. L’incantesimo per curare le ferite lo conosceva, era l’epismendo, ma dato che non l’aveva mai usato, non voleva rischiare di perdere tutte le ossa come gli era successo al secondo anno con Allock.
La quarta sala era completamente buia. Non si sentiva un rumore. Harry temeva il peggio. «Lumos maxima» disse. Un fiotto di luce illuminò tutta la stanza. Vide che era presente soltanto un tavolo. Gli si avvicinò e vide un biglietto sopra di esso che diceva:

Recupera la chiave per passare oltre

Solo allora si accorse della chiave sospesa in aria. Dopo averla osservata notò che era una normalissima chiave da serratura. Infatti la porta per l’ultima prova era anch’essa normale. Pensava che fosse semplice prenderla, ma si sbagliava. «Accio chiave». Questa non si mosse. Capì che avrebbe dovuto prenderla con le mani. «Ma come?» si domandò, «è sospesa almeno a 15 metri d’altezza, e non aveva nemmeno la sua scopa». Decise che un incantesimo d’appello non sarebbe servito. Trasfigurare il tavolo in una scopa andava escluso. I poteri di un oggetto trasfigurato non si avvicinavano per niente a quelli dell’originale. Doveva escogitare qualcosa. Una lampadina si accese in lui, «mi serve una scala» pensò. Ma trasfigurare una scala alta quindici metri non era ancora nelle sue capacità. Ma se non poteva trasfigurarla poteva costruirla. «Gemino» esclamò ripetute volte. Quando vide che i tavoli erano sufficienti iniziò a disporli a piramide fino ad arrivare all’altezza necessaria. A fatica si arrampicò fino in cima. Di cero il braccio ferito non lo aiutava. Allungò la mano per afferrare la chiave ma questa, all’avvicinarsi della sua mano si rimpicciolì fino a svanire. Dopo diversi tentativi ci rinunciò. Immaginò che fosse quel tipo di chiave che era usata dai maghi per prendersi gioco dei babbani di cui gli aveva parlato il signor Weasley. «Engorgio» esclamò e con sua gran sorpresa funzionò. Nel tragitto fino alla porta dovette ripetere l’incantesimo più volte. Finalmente riuscì a inserirla nella serratura. Questa scattò da sola e si aprì. Ormai era un passo dalla conclusione, gli rimaneva solo l’ultima prova. Anche in questa stanza c’era solo un tavolino. Su di esso notò una scopa e un biglietto. Harry pensò che la scopa gli sarebbe servita per l’ultima prova, ma dopo aver preso il biglietto e letto quel che diceva rimase sorpreso:

L’ultima prova non si svolgerà qui. Prendi la scopa-passaporta. Maggiori informazioni le troverai a destinazione.

Harry toccò la passaporta. Come ogni volta sentì le budella torcersi. Quando atterrò cadde sul braccio che gli doleva. Riuscì a stento a trattenere un gemito di dolore. Non aveva ancora capito come serti maghi riuscissero ad atterrare perfettamente in piedi e composti. Decise che l’avrebbe chiesto a Dawlish finito l’esame. Quando si riprese, si accorse di trovarsi in una stanza simile alla precedente. L’unica differenza era il sapore dell’aria: era salata. Si diresse al tavolino per leggere le nuove istruzioni. Dovette rileggere diverse volte per essere sicuro di aver capito bene.

Ti trovi ad Azkaban, la prigione dei maghi. La prova consiste nell’affrontare uno dei prigionieri a tua scelta che troverai nelle celle laterali alla pedana. Quando il tuo avversario non sarà più in grado di difendesi o attaccare avrai passato la prova. Le maledizioni senza perdono sono bandite, sia per te che per il tuo avversario.

L’ultima prova lo intimoriva. Non si aspettava una cosa simile. Comunque non poteva tirarsi indietro. Si fece coraggio e proseguì. Aperta la porta si ritrovò in un salone enorme. Al centro era presente la pedana per il duello. Sui lati, per tutta la lunghezza della stanza erano presenti delle celle. Diversi maghi erano racchiusi dentro lì. Ma solo uno attirò il suo sguardo. Aveva i capelli biondi. Era Lucius Malfoy. Quando questo lo vide iniziò a ghignare. Harry non si spiegò come, si ritrovò davanti alla sua cella con la bacchetta puntata. Quando si calmò si accorse che in quel modo aveva scelto il suo avversario. Infatti le sbarre e le bariere magiche della cella di Malfoy si stavano dissolvendo. Si pentì subito. Tra tutti gli avversari che poteva scegliere era andato a prendere il più rognoso. Per giunta l’odiava a morte. Alzò lo sguardo e il signor Malfoy non c’era più. Era sulla passerella sempre con il suo sorrisetto stampato in faccia. «Paura Potter?» gli chiese. Per tutta risposta si diresse con passo deciso alla sua postazione e disse «non quanta ne avrei se sapessi di dover passare tutta la vita dentro qui». Un’altra volta Malfoy rise. «Potter, forse non lo sai, ma grazie a te, che mi hai scelto avrò uno scontro della pena e la possibilità di ricominciare il processo da capo». Harry non credeva a quanto aveva sentito. Pensò che fosse soltanto un modo per distrarlo. Come gli aveva insegnato Allock fece l’inchino. Tenne gli occhi puntati sul signor Malfoy. Non si fidava del padre come del figlio. Indietreggiarono entrambi. «Sei pronto a raggiungere i tuoi cari parenti, Potter?». La rabbia lo pervase completamente. «Expelliarmus!!» urlò, ma il mangiamorte parò facilmente. «E’ tutto quello che sai fare?» … «Stupeficium!» anche stavolta Malfoy si difese facilmente. «Ora basta giocare, tocca a me»…Delle fiammme uscirono dalla sua bacchetta, intrecciandosi e diventando una gigantesca palla di fuoco. Queste si dirigevano a tutta velocità verso di lui. «Protego Inviolabilis!» urlò Harry. La palla si schiantò sulla barriera e inizioò a dissolversi. Non era sparita completamente che la bacchetta del nemico si mosse di nuovo. Una rosa di pugnali comparsi dal nulla partirono a gran velocità verso di lui. Non fece in tempo a schivarli tutti. Uno gli si conficcò nel braccio. Harry trattenne il grido di dolore per non dare la soddisfazione a Malfoy di sentirlo gemere. Il mangia morte rideva. Decise che era il momento di farla finita. Estrasse il pugnale dal corpo e lo gettò per terra. Senza neanche pensarci trasfigurò la lama in una parete di acciaio e disse «Oppugno!». Questa schizzò a gran velocità verso il suo avversario. Malfoy rise di nuovo, una parete di ferrò contro un mago come lui non sarebbe servita a niente. Appena sentì il mangia morte dire «Devio», nel momento stesso che questa iniziava a spostarsi gridò «Sectumsempra!». Il mangia morte non fece neanche in tempo ad alzare la bacchetta che fu investito in pieno dalla maledizione. Cadde a terra qualche metro più indietro. Con gran fatica Harry gli si avvicinò, calciò via la bacchetta e si diresse all’uscita. Non aveva ancora messo mano alla maniglia che si sentì chiamare … «Potter …». Era il signor Malfoy. Harry si avvicinò e questo continuò «un giorno o l’altro mi vendicherò!» detto questo svenne. Harry non poteva sapere che quel giorno sarebbe arrivato presto…[RIFERITO AL PROCESSO DI PITON, se si fa…] Preso da delle vertigini si avviò alla porta. L’aprì, fece pochi passi e svenne.
Quando li riaprì non si trovava più nella stanza di Azkaban, bensì nell’infermeria della scuola. In piedi di fianco al letto c’erano sia Kingsley sia Dawlish.
«Bentornato tra noi!» disse il ministro… «Ciao Harry» disse invece l’auror. Ad Harry tornarono alla mente gli ultimi avvenimenti. Si guardò il braccio e vide che era fasciato. Kingsley intuì i suoi pensieri e disse «Sei svenuto per la troppa perdita di sangue… comunque non ti preoccupare per il braccio, Madama Chips te lo sistemerà in poche ore»… «Sono piacevolmente colpito che tu sia riuscito a terminare la prova…nessuno, compresi noi due, ha completato la prova da molto tempo…tranne due Auror … ». Harry rimase imbarazzato da quell’affermazione, come poteva lui aver fatto meglio del ministro? Poi volle sapere chi avesse completato la prova… «chi sono i due che hanno …?». Kingsley lo guardò intensamente. Forse pensava che Harry avesse intuito, ma non era così. I medicinali gli avevano intorpidito la mente. «Sono stati i tuoi genitori, Harry…». Harry ci mise qualche istante ad accusare il colpo. Era commosso. La gola gli diventò secca e gli sembrò che tutto intorno a lui tacesse. Per uscire da quella situazione d’imbarazzo Dawlish disse «la prossima volta che verrai al ministero ti mostrerò dove avresti potuto fare meglio … anche se, sei stato grande!». Detto questo si avviò verso la porta seguito a ruota dal ministro. Si riscosse appena in tempo per chiedere «il signor Malfoy?»… I due si guardarono. «E’ stato portato al San Mungo… ci sei andato giù pesante con lui». L’ultima frase ad Harry non sembrò un rimprovero. Così si fece coraggio e chiese «Kingsley, mi potresti far sapere che fine hanno fatto i miei zii?». Quella domanda il ministro proprio non se l’aspettava. Lo guardò sorpreso e disse «ok Harry!». I due uscirono ed Harry si trovò solo con i suoi pensieri nell’infermeria. Quello che gli aveva detto Kingsley sui suoi genitori era il complimento più bello che avesse mai ricevuto. Avuto il permesso della Chips di uscire dall’infermeria, si diresse a cena. Certamente in Sala Grande lo aspettavano, curiosi di sapere quanto successo, i suoi amici.

Per fortuna la mattina dopo era sabato. Si sarebbe riposato dopo una giornata faticosa. Niente avrebbe potuto separarlo da Ginny. Con questo pensiero si sdraiò a letto e si addormentò.
«Vuoi svegliarti si o no?» urlò esasperato Ron, che era seduto ai piedi del letto e stava accarezzando Snitch. «Ron! E’ sabato mattina!» esclamò Harry irritato. Avrebbe voluto riaddormentarsi ma ormai il danno era fatto. Si alzò e inforcò gli occhiali guardando in cagnesco l’amico. Si vestì in fretta e si avviò con Ron e Dean a fare colazione. Arrivati in Sala Grande videro Hermione che li aspettava. Stava leggendo l’ultimo numero della Gazzetta del Profeta. In prima pagina: Ministero della Magia: Riforma all’ Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani «Sto cominciando seriamente a odiare questi americani.» mormorò Harry ancora assonnato. «Ah davvero? Io li odiavo ancora prima che nascessero!» ribatté Ron studiando il piatto pieno fino all’orlo. «Oggi vi tocca studiare» cominciò Hermione «non voglio scuse di alcun genere. Se volete riuscire a prendere almeno un M.A.G.O. dovete impegnarvi molto più di così.» Dopo la colazione Harry e Ron furono costretti a precipitarsi nella sala di ritrovo di Grifondoro. Hermione minacciò di scagliargli una fattura orcovolante se non avessero studiato per tutta la mattinata. Intanto lei realizzava maglioncini per gli elfi domestici. Ormai era diventata bravissima e li finiva in tempo record. Inoltre il C.R.E.P.A. si era evoluto e non si limitava più agli elfi di Hogwarts ma gli indumenti venivano distribuiti anche fuori dalla scuola. O almeno, questi erano i progetti. Ad un tratto, mentre Ron tentava di imparare come far evanascere un unicorno, e assumeva un’ espressione sempre più ebete, un gufo atterrò sul davanzale della stanza. Era di un marrone scuro, con due grandi occhi gialli puntati su Harry. Il ragazzo ebbe l’ ormai familiare sensazione che l’animale stesse fissando la sua cicatrice. Scacciato quell’assurdo pensiero si diresse verso il gufo e gli sfilò la lettera dalla zampa. Era una lettera del Ministero.

Al sig. Harry James Potter,
Harry data l’urgenza del compito che hai da svolgere ho anticipato la tua seconda lezione da Auror.
Ti aspetta Dawlish alle 13:30 in punto al Ministero per mostrarti come avresti potuto affrontare più facilmente la prova che hai svolto (anche se entrambi riteniamo che l’hai affrontata brillantemente) e insegnarti qualche incantesimo a riguardo . Usa la metro polvere, destinazione: camino dell’Ufficio Auror. La professoressa McGranitt è stata avvista. Usa il camino del suo ufficio. Non rivelare a nessun altro cosa farai pomeriggio, è molto importante.
Il Ministro della Magia
Kingsley Schackebolt


Harry era felice ma allo stesso tempo preoccupato. Era indietro coi compiti e avrebbe voluto passare il resto della giornata con Ginny. Si riscosse e vide i suoi amici che lo scrutavano incuriositi. Disse « il lavoro chiama. Pomeriggio devo andare al ministero per svolgere un de-briefing sulla prova che ho affrontato ieri». Hermione era contrariata per tutto il resto della mattina. E aveva ragione. Curioso di sapere cosa lo aspettava continuava a distrarsi, non concludendo niente. A pranzo cercò con lo sguardo Ginny ma non la vide. Meglio così. Almeno non avrebbe dovuto dirgli dove sarebbe andato il pomeriggio.

Harry, accorgendosi di essere in ritardo, uscì di dalla Sala Grande. Mentre correva verso l’ufficio della McGranitt, vide Ginny salire le scale. “Questo non ci voleva.”- pensò -” Ginny non si berrà la storia del ministro americano, dovrò raccontarle la verità.” Pensò di nascondersi per evitare domande ma subito si diede dello sciocco per aver pensato una cosa simile: non avrebbe dovuto nascondersi dalla sua ragazza, soprattutto se poteva rubarle un bacio prima di andare! «Harry, dove vai?» chiese con aria sospettosa Ginny. «Vado al Ministero... » disse Harry sperando che questo bastasse a placare la sua curiosità. «Ancora? Ma non sei andato ieri? Non dirmi che vai a fare qualcosa di pericoloso!» La ragazza ormai era arrabbiata. “Accidenti” disse Harry fra sé e sé. Poi senza il coraggio di guardarla in faccia, le disse: «No, credo che Kingsley voglia vedermi per insegnarmi qualche incantesimo che mi sarebbe stato utile ieri, qualcosa di avanzato» Ginny lo guardò intensamente e mormorò: «Solo per questo?». Harry gli tese la lettera del ministro, ma ella non l’afferrò. « Harry! Pensi che non mi fidi di te? Non m’ importa di cosa fai al Ministero né del fatto che sei Auror e che correrai tantissimi pericoli. Io ho fiducia in te. So che supererai qualsiasi cosa. Voglio solo che tu mi prometta che...c-che...» Una piccola lacrima le percorse la guancia rosea e Harry la strinse in un caldo abbraccio. «Cosa vuoi che ti prometta?» le sussurrò all’orecchio. «...che non mi lascerai mai più. Che dovunque tu andrai mi porterai con te e che qualunque cosa dovesse succedere, non mi importa di quanto sia pericolosa, non ci separerà» mormorò con la voce rotta dalle lacrime e dai singhiozzi. Harry non avrebbe mai voluto farla soffrire così, non avrebbe mai voluto vederla versare neanche una lacrima per colpa sua e , nonostante sapesse che se ne sarebbe pentito, sussurrò: «Te lo prometto». La salutò con un bacio leggero e si allontanò. La professoressa McGranitt lo attendeva fuori dal suo ufficio con espressione contrariata. Forse non era contenta del fatto che uno dei suoi studenti, e tantomeno Harry Potter, lavorasse come Auror ad una così giovane età e soprattutto così frequentemente. Oltrepassato il gargoyle Harry si fermò ad osservare il ritratto di Silente che sonnecchiava. Non aveva mai visto il Preside dormire e gli sembrò molto buffo. Quindi si affrettò ad entrare nel camino ed esclamò: «Ministero della Magia, Ufficio Auror!». Di nuovo si ritrovò nella sala ampia. Dawlish dall’altro lato della stanza gli rivolse un gran sorriso: «Oh, Harry. Finalmente! Ti stavamo aspettando. È ora che tu venga presentato al resto della squadra! Sono nella sala accanto, se vuoi seguirmi». Detto questo si avvicinò allo specchio ma non successe nulla. «Maledetti aggeggi americani!» e mentre lo diceva tirò un pugno secco alla specchio che vibrò e poi scomparve. Entrando borbottò «non se ne può più di queste invenzioni…». «Ecco Harry ti presento Christopher Griffiths, Adolph Gray, Dorian Wilkinson, Cassandra Marshall e Amanda Gray. Questi sono gli Auror che sorveglieranno i confini di Hogwarts e, quindi, lavorerai in stretto contatto con loro». «Piacere di conoscervi!» disse Harry, «è un piacere anche per noi signor Potter». Harry si sentì imbarazzato, «chiamatemi pure Harry». Harry scrutava i suoi “colleghi” (gli suonava strano chiamarli così) uno per uno. Non aveva mai visto nessuno degli altri se non in qualche fotografia. Griffiths era un uomo molto alto, muscoloso e pieno di cicatrici; Adolph Gray e la sorella Amanda erano due individui molto curiosi, bassi e tarchiati con uno sguardo penetrante e dall’aria colta e intelligente; Wilkinson era alto e magro con un paio di occhiali sul naso; e, infine, Cassandra Marshall, che non poteva avere più di ventiquattro anni, era un’animagus (infatti si era appena trasformata in un falco)e qualcosa nella sua espressione gli ricordava Hermione. Harry pensò a come sarebbe stato bello lavorare con Tonks, Moody, i genitori di Neville e magari sua madre e suo padre invece che con quegli estranei. Ma subito abbandonò i suoi pensieri per tornare alla realtà.
«Bene è ora di cominciare!» disse Dawlish, «Ah quasi dimenticavo! Tieni Harry!» E, detto questo, gli si avvicinò e gli consegnò un piccolo sacchetto di velluto scarlatto. Harry, esitante, lo aprì e ne trasse un piccolo oggetto. Era un distintivo a forma di “A” color oro e smeraldo. Il distintivo degli AUROR! Il ragazzo non stava più nella pelle per l’emozione.«Su, mettilo! Vediamo come ti sta» lo esortò il Ministro allegramente. Harry lo appuntò al petto e quello improvvisamente emise un debole bagliore. Su di esso erano ora incise, con una grafia che ricordava quella di Silente, le parole: Harry James Potter: Dipartimento Auror. «Beh, che te ne pare?» chiese Dawlish. «E’ fantastico!!!» rispose Harry. «Ad Hogwarts non potrai metterlo ma ho pensato che sarebbe stato carino fartelo avere lo stesso» continuò l’Auror
.


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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 11:24

Harry non sapeva cosa dire. Era emozionatissimo. Da sempre aveva sognato quel momento e finalmente era arrivato. «Io mi ricordo molto bene quando l’ho ricevuto» disse Dawlish. Harry lo guardò e vide che aveva lo sguardo perso. «Era un venerdì sera…per festeggiare sono andato al Paiolo Magico e ho preso una sbronza così potente che ancora adesso solo a vedere un boccale sto male! Ti ricordi Adolph? C’eri anche tu!». Harry si girò ad osservare l’altro incredulo, «si è vero, confermo, e non è finita… Era talmente rimbambito la mattina successiva, che era tornato al suo vecchio ufficio al Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici ed aveva messo sottosopra l’intera sezione perché pensava gli avessero rubato l’ufficio!! Ahhahah! Fu la prima sua ramanzina dal ministro Bagnold!». Harry che rideva con tutti gli altri non avrebbe mai detto che un mago così distinto fosse stato uno scapestrato da giovane. Era curioso di sapere com’era Kingsley da ragazzo ma non osò fare nessuna domanda.
«Bene Harry, dopo averti raccontato questo aneddoto è tempo di iniziare, seguimi». Così uscirono dalla stanza e si ritrovarono nella sala in cui gli era stato spiegato l’esame. «Bene entriamo!» disse Dawlish «tieni pronta la bacchetta Harry, i Lethifold, sono delle creature tra le più pericolose, anche se sei riuscito con un sorprendente patronus a scacciarli». Harry aveva le idee confuse, prima di tutto cos’è un Lethifold? Secondo come faceva a sapere che il suo patronus era grande? «Scusa, ma che è un Lethi…che cosa? Non erano Dissennatori?». «No Harry, non sono Dissennatori. Non ce ne sono più in Inghilterra. I pochi che sono sopravvissuti alla battaglia di Hogwarts sono stati confinati in un luogo segreto in America. I Lethifold sono creature carnivore simili a un lungo mantello nero che striscia sul terreno, in effetti ricordano molto i Dissennatori. Si nutrono di prede di ogni tipo, anche umane e pare possano essere respinti solo con l'Incanto Patronus, similmente ai Dissennatori. Il Ministero li ritiene più pericolosi dei Dissennatori: sono infatti classificati come XXXX. Non mi sorprende che tu non li abbia fatti. Sono argomenti di fine settimo anno…Possiamo proseguire, il tuo patronus è perfetto!». Passarono alla stanza successiva. Harry se la ricordava fin troppo bene. Era quella in cui era stato ferito il giorno precedente. Harry seguì l’Auror nella stanza successiva. I tre mostri di montagna erano ancora lì, con l’aspetto più feroce che mai. «Harry, anche qui te la sei cavata bene, ma per un Auror, una ferita come quella che ti sei procurato ieri, può essere solo d’intralcio ad una missione. Quindi bisogna cercare di rimanere illesi da questi scontri minori. Devi sapere che i troll anche se feroci e aggressivi sono molto pigri e ottusi. Quello che amano fare di più è dormire e il momento del risveglio è il peggiore. Guarda!» disse Dawlish, e puntò sul primo ed esclamò: «Sonnus Totalis!». Il bestione si fermò, sbadigliò, barcollò e cadde di faccia sul pavimento di marmo con un tonfo che attirò gli altri due. «Bene Harry! Gli ultimi due sono tutti tuoi! Fammi vedere cosa sai fare!» disse Daw facendosi da parte. Harry non si aspettava di dover mettere subito in pratica i nuovi insegnamenti, ma non si perse d’animo, alzò la bacchetta e la puntò sul più vicino «S-s-sonnus totalis!». Il mostro si limitò a sbadigliare per poi proseguire la sua avanzata. «Concentrati Harry!» lo ammonì Dawlish. Ripetè l’incantesimo e finalmente ottenne l’effetto sperato. Il troll cadde addormentato seguito poco dopo dal suo compagno. «Complimenti Harry, vedo che apprendi molto velocemente! Direi che possiamo anche proseguire alla quarta prova». Attraversarono la terza stanza che il giorno prima conteneva la sfinge ed entrarono nella penultima stanza. «Bene Harry, qui ti sei ingegnato per passarla, ma potevi fare meglio. Vedi, costruire una piramide di tavoli costa fatica e salirci pure. Guarda me!» disse l’Auror salendo sul tavolo. «Tavolo Locomotor!» esclamò e questo si staccò da terra rimanendo sospeso in aria. Poi puntò la bacchetta verso la chiave ed esclamò «Dirigo!». Il tavolo volante si diresse verso la chiave sospesa in aria dove si fermò a pochi centimetri dall’obbiettivo. «Vedi Harry?»gli esclamò da quindici metri d’altezza Dawlish, «in questo modo si fa più velocemente! La chiave invece l’hai affrontata perfettamente. Ora tocca a te!» così dicendo ritornò a terra lasciandogli libero il tavolo. Harry ripetè correttamente il primo incantesimo, ma la cosa di cui si accorse subito era la difficoltà a stare in equilibrio sopra di esso. Ci mise qualche minuti per stabilizzarsi. «In effetti, Harry, ci vuole un po’ di esercizio per padroneggiare l’arte del volo su tavolo. Pensa che io la prima volta mi sono rotto una gamba!». Harry fece finta di non aver udito la sua ultima affermazione e puntò la bacchetta verso la chiave. Il tavolo schizzò verso la direzione impostagli e si fermò. Anche questa volta dovette fermarsi a stabilizzare il tavolo. Poi come il giorno prima prese la chiave e si diresse verso la porta. Nella fretta di inserirla nella chiave cadde dal tavolo. Per sua fortuna atterrò in piedi. «Ottimo Harry! Ci sei riuscito al primo tentativo! Ora per la quinta prova non c’è bisogno di andare ad Azkaban. È stato deciso che dovrai affrontare i membri del corpo Auror che ti ho presentato prima. Vieni!». La stanza oltre la porta era enorme, di forma circolare, e gli ricordava un po’ la Stanza delle Necessità quando, quattro anni prima l’avevano usata come quartier generale dell’ES. Aveva tutto ciò che serviva per allenarsi a combattere, ma si vedeva che era usata da Auror professionisti e non da ragazzini ribelli. Harry non sapeva cosa pensare, tutti quei maghi gli mettevano una certa soggezione, erano molto più esperti di lui, e se non fosse stato in grado di resistere più di cinque secondi a duello? Se avesse sbagliato tutti gli incantesimi? Avrebbe fatto di certo una figuraccia, deludendo le loro aspettative sulle sue “grandiose capacità". Ma come poteva avere paura? Lui che aveva sconfitto Lord Voldemort affrontando mille pericoli! Già, non poteva spaventarsi per una sciocchezza simile! Come aveva detto Ginny:” So che supererai qualsiasi cosa”. I pensieri di Harry vagarono sulla ragazza, sui suoi baci, sui suoi caldi abbracci e subito si sentì rincuorato e animato da una forza invincibile. «D’accordo, sono pronto» esclamò, ormai senza più timore. Griffiths avanzò verso di lui, mentre tutti gli altri si fecero da parte. Il duello iniziò. Harry schivò per un soffio un incantesimo disarmante dell’Auror e scagliò due schiantesimi di seguito che Griffiths scansò senza difficoltà. Prima che Harry potesse pensare ad un altro incantesimo, dalla bacchetta del suo avversario scaturirono una decina di fiotti di luce blu elettrico che si intrecciarono fra di loro in un complicato disegno per poi raggiungere, a velocità lampo, il petto di Harry. Il ragazzo non vide e non sentì più nulla. Provò ad aprire gli occhi, o a muovere qualche muscolo ma non ci riuscì. Non riusciva a spiegarsi cosa stava succedendo .Quella situazione durò per un po’, quando, improvvisamente era di nuovo nella stanza rotonda con gli Auror, disteso a terra. Si sentiva stanco come se avesse camminato ininterrottamente per secoli, senza mangiare, bere o dormire. Era esausto, gli sembrava che di lì a poco avrebbe perso i sensi. Raccogliendo tutta la forza che aveva, mormorò: «Wow, cos’era quello?» Fu Adolph Gray a rispondergli: «Era un incanto fatigatius! E’ un incantesimo che colpisce la mente della vittima, che crede di trovarsi sospesa nel vuoto e annulla tutti i cinque sensi. Questa fase dell’incantesimo dura qualche minuto, dopodiché la mente della vittima si libera e colui che ha subito il fatigatius torna, per così dire, alla realtà. Ma, attenzione, finché l’autore dell’incantesimo non esclama Relascio! il suo avversario rimane inerte, esausto. Nessuno riesce ad alzarsi, pochi trovano la forza di parlare. Mi congratulo con te, Potter.» e, detto questo, liberò Harry. Il ragazzo era un po’ frastornato, ma anche affascinato da quell’incanto, di cui non aveva mai sentito parlare. «Potete insegnarmelo?Voglio impararlo!» chiese. «Beh, non era in programma ma...penso che potremmo fare un’eccezione...» disse Amanda Gray guardando Dawlish. L’auror aveva l’aria contrariata ma alla fine, acconsentì. «D’accordo, potremmo inserirlo nel programma di oggi, parlerò io con Schackebolt» aggiunse. Wilkinson spiegò ad Harry il movimento da fare con la bacchetta e il ragazzo lo ascoltò attentamente. Al primo tentativo, i fiotti blu svanirono prima di raggiungere la vittima, ma man mano che provava, gli veniva sempre meglio. Il decimo tentativo era decisamente buono, anche se la mente di Griffiths tornò alla realtà dopo pochi secondi. «L’incantesimo non era abbastanza potente, devi concentrarti un po’ di più!» spiegò Dawlish. Alla fine dell’ allenamento era riuscito ad usare il fatigatius su Cassandra, e a vincere il duello. Tutti gli fecero i complimenti. «Sei stato davvero fantastico! Io ci ho messo quasi un mese ad impararlo, la prima volta che ci ho provato mi sono intrappolato da solo e mi hanno dovuto portare al San Mungo!» esclamò ridendo Wilkinson, e anche Harry si abbandonò ad una risata spensierata. Il tempo era volato ed era ora di tornare a scuola, Harry e gli altri attraversarono lo specchio raggiungendo l’ufficio Auror. La stanza, ora, era piena di maghi con un cilindro sul capo. “Americani”- pensò Harry irritato. Appena lo videro arrivare alcuni gli strinsero la mano, mormorando qualcosa con uno strano accento, altri, tutti presi dalle loro faccende, non lo videro neanche. Dopo aver salutato i suoi nuovi colleghi raggiunse il camino e si catapultò di nuovo nell’ufficio della McGranitt.
Stando al ministero aveva perso la nozione del tempo. Ormai si era fatto buio, la cena era finita da un pezzo. Non trovando la McGrannit, uscì dall’ufficio e si diresse alla sala comune. Come si aspettava c’erano Ron ed Hermione in attesa del suo ritorno, curiosi di sapere cosa avesse combinato quel pomeriggio. Appena ebbe raccontato loro la sua lezione al ministero Hermione sparì nel dormitorio per poi ricomparire subito dopo con i libri di scuola. «Ma Hermione! Lascialo respirare un secondo! Poi ti ricordo che non abbiamo mangiato per aspettare Harry! Non si può lavorare a pancia vuota!» disse Ron. Harry osservava la scena divertito. Era felice che l’avessero aspettato ma così oltre lui anche Ron ed Hermione erano rimasti a digiuno.«Ok!Ok! è proprio vero che voi uomini pensate solo a mangiare!» disse Hermione con dolcezza. Harry ebbe il sospetto che anche lei avesse una fame da lupo. Poi Hermione disse: «Kreacher!» lasciando stupefatti i due amici. L’elfo apparve davanti a lei. «Si padroncina?» detto questo si girò ad osservare i presenti e non appena vide Harry disse: «Padron Harry! Che bello vederla! Desiderate qualcosa?» Harry ancora sorpreso da quella visita inaspettata riuscì solo a borbottare «è un piacere per me rivederti Kreacher!» poi si introdusse Hermione, «Kreacher, ti ricordi il favore che ti ho chiesto prima?» «Si padroncina, è tutto pronto! Bene allora vado e torno!». Cinque minuti stavano cenando con le migliori prelibatezze che Hogwarts poteva offrire. I dolci li portò direttamente l’elfo, «questo per il padron Ron, glassa alla menta!», «grazie Kreacher! È il mio dolce preferito!» esclamò Ron, « è la padroncina che mi ha chiesto di prepararlo!». A quelle parole Hermione arrossì vistosamente. «Cme fa-ei se-za d-i te» disse Ron baciandola sulla guancia e sporcandola di glassa. «Almeno pulisciti la bocca!» esclamò lei teneramente.
Finito il dessert ringraziarono Kreacher regalandogli dei magliocini di lana prodotti da Hermione.
«Bene! Ora tutti a fare i compiti!» disse l’amica. Sconsolati dovettero iniziare.


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rosalbina

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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 11:32

complimenti TEX e by Hermy96 èun brano bellissimo
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cric18

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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 11:41

perfetto magnifico eccezionale campione del mondo di scrittura
da 110 e lode
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Sirius Mic

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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 17:12

a parte alcuni errori ortografici qua e là, credo che il testo va benissimo, siete stati fantastici, complimenti davvero, mi ha emozionato molto questo testo



Bravissimi!!!!!!!!
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Luna Lovegood:*

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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 17:14

Una sola parola:
BELLOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO xD
Bravissimi davvero ragazzi!! Stupendo!! Complimenti!! Wink
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cric18

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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 17:16

perche l'ai modificato era meglio quello di prima
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Sirius Mic

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MessaggioTitolo: Re: Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96   Unione Esercitazione by TEX e by Hermy96 EmptyLun Set 14 2009, 17:24

cric, sinceramente, così è molto più bello, c'è molta più azione
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