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 Capitolo 29 - L'albero di Sambuco

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LadyProffa

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MessaggioTitolo: Capitolo 29 - L'albero di Sambuco   Capitolo 29 - L'albero di Sambuco EmptyLun Feb 12 2018, 16:11

Harry raccolse in fretta e furia le sue cose e le ficcò nello zaino, poi mise Snitch in una delle tasche del giaccone e corse lungo il pianerottolo. Bryan e Draco erano già pronti, il professore mise una vecchia tenda in una saccoccia che si mise a tracolla e prese in mano una corda di quelle che si usano per ancorare le imbarcazioni al molo. Chiamò tutti e li invitò ad afferrarla. Appena tutti ebbero stretto la corda questa si illuminò della consueta luce azzurrina, trasportandoli in un bosco dove ora giacevano coperti parzialmente da neve soffice. Era notte, ma riuscivano comunque a vedere per via di tenue bagliore proveniente dall’altro lato di una bassa siepe di agrifoglio.
Uglick iniziò a correre in cerchio intorno a loro recitando gli stessi incantesimi che Hermione usava quando l’anno prima si nascondevano per sfuggire ai Mangiamorte.
L’immagine di Ron riverso a terra nella foresta della Coppa del Mondo di Quidditch, con un intero pezzo di braccio mancante e sanguinolento si affacciò improvvisamente nella mente di Harry. Scacciò il ricordo e balzò in  piedi per aiutare il professore, guadagnandosi un’occhiata curiosa da parte degli altri membri del gruppo.  
Quando ebbero finito Uglick montò la tenda con una stoccata della sua bacchetta e tutti entrarono al suo interno. Il professore accese alcune lanterne e parlò senza troppi preamboli.
«Ecco cosa faremo: Azucena resterà qui di guardia. Non posso permettere che le succeda qualcosa, ma visto che ho esteso il campo protettivo di parecchi metri potrebbe essere utile che cerchi qualche erba speciale. Sai di cosa parlo, vero?» aggiunse rivolgendosi a lei direttamente. La sorella annuì, seria. Harry notò una lucidità che non aveva qualche ora prima.
«Oltre quella siepe c’è il giardino con l’Albero. E sono sicuro che il tuo amico è nascosto nelle segrete della Villa. Conosco quel posto, l’ho visitato e studiato, e conosco loro, so quali sono i loro punti deboli. Draco e Bryan ci faranno da apripista … e badate di non essere delicati come delle femminucce, quando verrete attaccati. Usate tutte le fatture e maledizioni che vi vengono in mente perché non devono accorgersi che ci siamo anche noi. Dopotutto non è una cosa nuova per nessuno, no?» disse sprezzante rivolto a Draco. Harry percepì la tensione del ragazzo a quell’ accusa e voleva dire qualcosa per difenderlo. Si rivolse al professore ma questi lo anticipò. «Potter, non è tempo di fare i galantuomini. Molte vite sono in pericolo. Io verrò con te. Ti assicuro che qui le tue difese sia mentali che magiche sono totalmente insufficienti. Cercheranno di prenderti perché tu hai la Bacchetta di Sambuco».
Nella sua mente galleggiò l’immagine della Bacchetta, di Aberforth, del quadro di Ariana. No, questo non doveva pensarlo. Colse un lampo negli occhi del professore, e seppe con certezza che anche lui aveva visto, ma sperando che non avesse capito – magari non conosceva la Testa di Porco, pensò debolmente – si affrettò a cambiare discorso.
«Come entreremo?» chiese con urgenza.
«Dalla porta principale. Useremo un paio di trucchi da circo. Sono antiquati, ma dovrebbero bastare a coprirci. Di certo non si aspettano di vederci arrivare da un momento all’altro visto che ci stanno cercando da tutt’altra parte e spero proprio che abbiano messo di guardia chi so io. Andiamo. Azucena, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Conto su di te». Diede un bacio alla sorella e li spinse sotto la siepe.
Harry cercò di sbirciare attraverso l’intricata massa di agrifoglio ma questa impediva di vedere il luogo dove, a detta di Uglick, si trovava Ron.
Avrebbe avuto bisogno di stare da solo, di pensare. Doveva trovare il modo di avvertire le ragazze dato che era stato costretto a distruggere il biglietto stregato, ed il canguro era in fondo allo zaino... poi strinse forte la mano sinistra nella tasca: lì aveva lo specchio, e poteva tentare di avvisare Ron che era lì fuori, che stava andando a salvarlo. Se magari avesse fatto rumore nella cella o avesse trovato un altro modo di segnalare loro la sua presenza… ma Uglick, che stava trafficando con la saccoccia che aveva a tracolla, lo afferrò per il braccio e sussurrò «Sfoderate le bacchette e andiamo. Anzi, aspettate un attimo. Li colpì con la bacchetta e poi toccò se stesso. Harry provò la familiare sensazione della Disillusione.  « Non fermerà i nemici, ma con gli elfi domestici dovremmo essere a posto» disse il professore. Coraggio!».
Tutti e quattro strinsero le bacchette e saltarono dalla siepe in un mare di nebbia che un attimo prima non c’era. Puzzava di mortaretti, come quelli che usava Dudley per perseguitarlo quando ancora non sapeva chi fosse. Notò che il prato era coperto di fumogeni e a lui parve strano che il professore usasse certi trucchi. «A volte i rimedi babbani sono meglio della magia. Vedi, Potter, proveranno a dissolvere questa nebbia, ma non essendo magica non ci riusciranno subito, il che ci darà tempo di avvicinarci» gli disse, con un sorrisetto ironico.
Harry riuscì a vedere a malapena le alte inferriate che circondavano la Villa, e quando si avvicinarono Uglick declamò: “Sempre arde il sacro fuoco”. Il cancello si aprì con un clangore e, subito dopo, un concitato tramestio accompagnato da una richiesta di spiegazioni fu calmato dalla maledizione Imperius di Hyde. «Bene, Bryan, digli di aprirci il portone. E tu » comandò a Draco, «legali e buttali nel fosso. E togli loro la bacchetta, mi raccomando». Draco eseguì.
Intorno a loro si sentivano voci di uomini che si chiamavano e che imprecavano perché non riuscivano a far sparire la nebbia; un sorriso comparve sulla faccia di Harry: aveva ragione Ulick, a volte i trucchi Babbani creano più scompiglio di una magia. Proprio in quel momento vide passare un raggio rossastro poco distante da lui: «Giù» urlò mentre si piegava sulle ginocchia guardandosi attorno, stavano ancora cercando di far svanire la nebbia e loro rischiavano di essere colpiti. Anche Uglick si era abbassato e si muoveva guardingo.  
Il fumo si alzò lievemente permettendo loro di vedere l’ingresso e sembrava che l’incantesimo di disillusione del professore tenesse, non erano stati visti.
«Ce ne sono sicuramente altri, quindi occhio!».
Varcarono il portone ed entrarono nel grande atrio. Sembrava non esserci nessuno.
Erano tutti accorsi fuori senza pensare a lasciare qualcuno di guardia alla Villa? Dopo alcuni metri sbucarono in un corridoio molto più grande, sulla destra si apriva una grande cucina dove un numero imprecisato di elfi stava lavorando ordinatamente; lungo la parete sulla sinistra si trovavano molte finestre che si affacciavano sull’esterno. La casa era illuminata da torce che emanavano una intensa luce rossastra che sommata al misterioso bagliore esterno creava un riverbero violetto molto poco rassicurante.
Proseguirono lungo il corridoio; sulla destra si aprivano altre porte, quasi in fondo un piccolo arco lasciava intravedere alcune scale che scendevano verso il sotterraneo.
Si fermarono ad ascoltare; non c’erano rumori, a parte quelli di stoviglie e pentole, così cominciarono a scendere uno scalino alla volta; la scala girava in tondo e dopo pochi gradini si ritrovarono nel buio più profondo.E’ troppo facile, pensò Harry.
Non aveva il coraggio di accendere la bacchetta e nessun altro lo fece, quindi continuò a scendere un passo alla volta, tastando il terreno di fronte a sé con il piede e tenendo un braccio aperto a sfiorare la parete. Sentiva Draco e Bryan respirare affannosamente dietro di lui.
Il tanfo di umidità mista ad altri odori sgradevoli aggredì le sue narici.
Un leggero chiarore si fece strada di fronte a loro; scesero ancora qualche gradino e si ritrovarono in un nuovo corridoio vagamente illuminato da due torce poste alle sue estremità. Il professore lo bloccò con un braccio all’altezza dell’addome. Si fermò di nuovo in ascolto: piccoli passettini veloci, qualcosa raspava, tenui squittii gli fecero capire che era pieno di topi. Il fresco umido del sotterraneo gli fece provare un brivido lungo la schiena.
Lungo il corridoio c’erano porticine semichiuse sia a destra che a sinistra, si affacciò ad ognuna di esse ma all’interno c’erano solo solo vuoto e silenzio.
All’improvviso ci fu un rumore più forte, si fermarono tutti di scatto e  rimasero in ascolto. Sembrava che qualcosa venisse trascinato sul pavimento, proveniva da poco lontano: un silenzio pesante e opprimente invase per un attimo il corridoio.
Harry cercò di guardare oltre la spalla del professore. I passi strascicati si avvicinavano e anche le loro voci così si schiacciò con la schiena contro la parete; erano due uomini, ora riusciva a intravederli nella penombra e, a giudicare da quello che si dicevano, parlavano in una lingua a lui sconosciuta.
Gli uomini ridevano in modo sguaiato e non sembravano sospettare che ci potessero essere degli intrusi; infatti i loro volti erano scoperti: uno era di carnagione molto scura, magro e alto, l'altro invece era tarchiato e molto muscoloso, la carnagione era più chiara. Non li aveva mai visti prima.
Si fermarono in un punto del corridoio dove loro ancora non erano arrivati e si sentì il rumore metallico di una serratura che scattava. Piano piano si avvicinarono alla stanza dove erano entrati gli uomini.
«Tirati su!» esclamò uno di loro con un accento strano.
Un mugolio provenne dall'interno: Ron! L'avevano trovato?
Harry fremeva, strinse la bacchetta che aveva in mano fin quasi a romperla, ma non poteva rischiare di farli scoprire.
«E' inutile che fai l'eroe» intervenne l'altra voce più roca. «Il tuo amico Potter non può aiutarti quindi dicci quello che vogliamo sapere!»
«Ma io non lo so!» farfugliò la voce di Ron quasi irriconoscibile. «Ve l'ho detto milioni di volte. Non so dove l'abbia nascosta ...».
Un colpo sordo, poi un urlo straziante riempì il corridoio...
Harry sentiva crescere una rabbia profonda dentro di sé e dovette farsi violenza per non intervenire. Uglick si voltò verso di lui come per assicurarsi che rimanesse al suo posto.
«Parlerai!» riprese la prima voce. «Troveremo il modo!»
«Aspetta che torni Asphidelus e vedrai!» intervenne ridendo sguaiatamente la seconda voce.
Uscirono dalla stanza sbattendo la porta. Poi il più basso si voltò e dalla bacchetta scaturì una luce verdina:  la serratura si richiuse cigolando.
Dopo che se ne furono andati e anche l'ultima eco dei loro passi si fu spenta, Harry
guardò il professore e i due amici. Annuirono e tentarono di avvicinarsi alla cella.
Avanzarono di qualche metro quando percepirono una specie di vibrazione nell’aria, come se avessero attraversato una barriera, e un attimo dopo un rumore di passi riempì il vano delle scale dal quale erano appena passati i due maghi oscuri.
Senza nemmeno parlare scapparono dalla parte da cui erano arrivati, risalirono la scala a chiocciola e corsero lungo il corridoio illuminato da ampie finestre dalle quali Harry riuscì a scorgere il giardino all’inglese che stava davanti alla casa. A quel punto il professore si girò su se stesso e gridò: «Impedimenta! ». Una trave si staccò dal soffitto e crollò giù, fermando eventuali inseguitori.
«Ma professore, come faremo a salvare Ron, adesso? » urlò Harry, dopo aver constatato che la trave aveva bloccato completamente il corridoio. «Non preoccuparti, Potter, so quello che faccio. Stai giù. Deprimo! » gridò, e la parete della casa venne giù. Uscirono in tutta fretta ed Harry si accorse che mancavano Malfoy e Hyde.
«Professore, abbiamo perso Draco e Bryan » lo bloccò tirandogli il braccio.
«Loro hanno preso un’altra strada. Vieni con me e fidati, una buona volta. Adesso che abbiamo visto in quale cella si trova faremo una bella sorpresina al tuo amico. Ti ho detto che conosco questo posto. Sai usare l’incantesimo di scavo? ». Harry annuì, seguendo il professore lungo il perimetro della villa; la nebbia si era quasi totalmente diradata e si sentivano voci concitate in avvicinamento. «Bene, il punto dovrebbe essere quello. Io ti copro le spalle». Iniziò a scavare dove gli aveva indicato il professore con tutta la forza d’animo che riuscì a mettere insieme, anche se non capiva come se la fossero cavata fino a quel momento. Un lampo di luce rossa gli sfiorò l’orecchio destro. Le grida del professore erano coperte dal rumore dello scavo, ma sapeva che Uglick stava gettando schiantesimi contro i loro nemici.  Era ancora buio e le uniche luci provenivano dalle bacchette quando lanciavano gli incantesimi. Anche se c’era sempre quel misterioso riverbero azzurrino non era sufficiente per vedere bene. Mentre scavava, senza sapere dove dovessero arrivare, riuscì a intravedere che stava perforando il terreno in corrispondenza delle fondamenta della casa, poi apparvero delle travi in legno, poi dei tubi. Un ratto uscì in tutta fretta dall’apertura che aveva provocato. Il flebile bagliore proveniente dal giardino non era sufficiente a guardare dentro al buco che aveva creato. «Lumos» si arrischiò ad accendere la bacchetta. E senza credere ai suoi occhi lo vide: Ron era lì disteso, mezzo tramortito. L’amico chiuse violentemente gli occhi e alzò un braccio per proteggerli da quella luce improvvisa.
«Professore» urlò. «E’ qui, l’abbiamo trovato! RON! » urlò con quanto fiato aveva in gola. Non ci pensò due volte e si infilò nell’apertura, si avvicinò all’amico e lo scosse. Ma la reazione dell’amico non fu quella che lui si aspettava: aprì gli occhi e lo guardò agghiacciato, poi cercò con forza di allontanarlo da sé. La prigionia l’aveva ammattito?
Harry si guardò intorno: la branda sfatta puzzava di sudore, nell’angolo un secchio dal quale proveniva l’acre odore di escrementi e, ovunque, l’immancabile raspare di zampette.
I capelli scompigliati e incrostati di sporcizia, gli abiti sudici e strappati, i piedi nudi e le mani ricoperti di piccole pustole purulente;era molto più magro del solito, aveva le guance scavate e la pelle del volto sembrava trasparente. Le occhiaie nere e marcate gli davano l’aspetto di un Inferus.
Distolse lo sguardo; era tutta colpa sua e della Bacchetta maledetta; non si sarebbe mai perdonato per quello che l’amico aveva dovuto sopportare.
«Cosa volete ancora da me?» chiese.
Arrochita e spaventata, ma era la voce di Ron!
«Sssshhhhhh!» Harry cercò di zittire l’amico «Ron, sono io!»
«Ha-r-ry?» la voce di Ron era titubante.
«Si, si, sono io, non parlare!» Harry cercò con lo sguardo l’amico ma non riusciva a vederlo bene. Ron non sembrava per niente contento di vederlo o forse non credeva che fosse davvero lui e per questo continuava ad agitarsi furiosamente.
Appoggiò una mano alla parete dietro di lui ed ebbe come l’impressione che tanti spilli lo pungessero. La ritrasse schifato, scuotendola.  
«Ho bisogno di aiuto » urlò disperato, perché non riusciva a tenere fermo Ron.
«Schiantalo e legalo, idiota di un inglese» gli gridò la voce di Hyde che lo raggiunse attraverso il buco – era arrivato anche Draco o era da solo?
«Draco?».
«Sta aiutando il professore. Dai, tirati su, Weasley» disse strattonando Ron e prendendolo da sotto l’ascella. Ma lui continuava ad agitarsi e a farfugliare che lui non era lui, che Harry non era Harry, e non poterono fare altro che schiantarlo. Ron cadde addosso ad Harry che tentò di sollevarlo, ma ancora una volta fu Hyde a intervenire. Con un incantesimo di librazione lo trasportò  fino al buco nella parete ma quando uscirono trovarono il finimondo. Uglick e Draco stavano per soccombere alla potenza dei nemici, nonostante lanciassero incantesimi ad una velocità impressionante. Il professore vide con la coda dell’occhio che Harry e Hyde avevano trovato Ron e ruggì «PROTEGO!» . Una bolla si espanse tra loro e i nemici, che furono sbalzati via dal contraccolpo dell’incantesimo, ma fu solo un attimo.
Despero – Harry lo riconobbe subito – lo sbeffeggiò. «Cosa credi di fare, Yatturius? Non puoi pensare di farcela ad andare via da qui. Tu e il tuo branco di ragazzini siete nei guai fino al collo». Harry pensò fosse la fine, ma tenne la bacchetta puntata sui nemici, così come facevano anche i suoi amici. Ron era in uno stato pietoso mentre Uglick non sembrava particolarmente preoccupato. Assunse una posa rilassata e ridacchiò.
«Non ti consiglio di attaccarci, Despero. Siete pochi e posso fare molto meglio di un incantesimo scudo, lo sai …». Uglick strizzò l’occhio.  «E poi, ho delle importanti informazioni per voi».
Despero fece un cenno ai maghi che già avevano cominciato a muoversi per catturare il gruppo e li fermò.
«Sai, Yatturius, mi dai sui nervi. So cosa volevi fare, e questo non mi rende contento nemmeno un po’, ma devo renderti onore: hai portato qui esattamente quelli che volevo. Non credo che tu possa darci nulla di interessante: abbiamo la Pietra, abbiamo Potter con il suo Mantello, e anche gli altri due eredi. Adesso manca solo la Bacchetta e poi potremo dare il via all’incantesimo che tuo cognato ha così generosamente interpretato per noi!».
Come facevano a sapere del Mantello? E la Pietra, quella era andata perduta. Doveva essere un bluff, sperò Harry.
«Non dire sciocchezze, Despero. Belisarius non può aver fatto nessun progresso. O vuoi forse dirmi che avete trovato le pagine mancanti? E poi …» Uglick sorrise.  «Ti riferivi alla Bacchetta di Sambuco? E come pensate di trovarla, scusa?».
«Potter ci dirà dov’è, questa volta. Altrimenti non sarà solo la vita del suo amico ad essere in pericolo, ma faremo una visitina a tutta la famiglia… adesso che siete qui …».
«COSA INTENDI DIRE? » esalò Harry. Il panico ormai aveva raggiunto il massimo livello.
«Non serve che Potter ti dia la Bacchetta. Io so dov’è, lasciatemi andare e ve la consegnerò oggi stesso».
Despero trattenne il fiato e guardò dal mago ad Harry, come per cercare di capire se fosse la verità. Harry non si trattenne più, era troppo. «BASTARDO! » gridò incredulo. «Lo sapevo che avevo fatto male a crederle! ».
In quello stesso momento udirono una musica dolce. Ci fu un intenso riverbero di quella luce azzurrina che Harry aveva visto nella sua visione e si rese conto che si trovavano nel giardino della visione. Dovevano essere a pochi passi dall’albero di Sambuco e questo spiegava quella misteriosa luce azzurrina che illuminava tutto nonostante fosse ancora buio. Una nebbiolina fitta, molto diversa da quella dei petardi del professore, offuscò la mente di Harry che però riuscì a tenersi in piedi e a vedere tutti accasciarsi attorno a lui, mentre solo Uglick rimaneva eretto.
«Appena in tempo. Potter, sei uno stupido. Alzati! » lo scosse. Gli sventolò qualcosa sotto il naso e immediatamente si sentì meglio. Poi lo vide fare lo stesso con Draco e Hyde.  «Copriti il naso, afferra il tuo amico e muoviti! Al di là della siepe, andate, le protezioni sono interrotte. Prendete Azucena e Smaterializzatevi. Io devo sistemare una cosa con questi qui. Non andate tutti nello stesso posto. Mi farò vivo io appena possibile».
Harry obbedì. Questa volta non perse tempo, sollevò Ron con l’incantesimo di librazione, e cominciarono a correre a perdifiato. Appena oltre la siepe trovarono Azucena intenta a fare vento su un grande falò dal quale emanava un effluvio dolciastro.
«Dove andiamo? » chiese Hyde.
«Il professore ha detto di dividerci, voi cosa …?».
«Io sono d’accordo. Questi due sono un peso» disse Draco indicando Ron e Azucena. Portali dai Weasley. Ti contatteremo noi, Potter, e fatti trovare».
«Va bene, buona fortuna» disse Harry mentre raccoglieva il suo zaino.
Si caricò in spalla Ron, afferrò la mano della donna e si Smaterializzò.

CRAC.
Quel rumore squarciò il silenzio cupo e spettrale della palude; qualche uccello si alzò in volo e un gufo bubbolò il suo disappunto.
La Tana si trovava a poca distanza, era notte fonda e quindi era probabile che nessuno si fosse svegliato. Lasciò scivolare a terra Ron e si voltò verso Azucena per tranquillizzarla. Nello stesso momento un leggero chiarore li investì: qualcuno aveva acceso una luce nel portico e la voce di Molly chiese con voce preoccupata: «Chi c’è?»
Harry la chiamò e la donna accorse dopo aver urlato ad Arthur di scendere. Appena vide Ron si mise le mani nei capelli e un istante dopo arrivò il signor Weasley che prese tra le braccia il figlio e lo portò a casa. Harry prese sottobraccio Azucena e Molly si soffermò solo un secondo a guardarla aggrottando la fronte per poi correre dietro al marito.
«Azucena… ehm, signora» disse un po’ impacciato. In quelle poche ore non aveva mai rivolto la parola alla strega. «Ce la fa a camminare? Dobbiamo arrivare in quella casa lì» indicò la Tana.
Azucena fece cenno di sì e si alzò in piedi.
«Grazie per averci salvati, nel giardino. Come ha fatto?».
«La conoscenza delle erbe è fondamentale per un Auror, giovane uomo. Sì, so qualcosa di te da mio fratello» lo sorprese la donna, che aveva parlato con voce un po’ flebile ma senza titubanza. «E’ bene che tu impari queste cose, e in fretta» esclamò con tono molto deciso.
Azucena era ancora più misteriosa del fratello. Era lucida o no?
Finalmente entrarono anche loro in casa e dopo aver fatto sedere Azucena su una poltrona si scusò con lei, si tolse mantello e zaino, che aveva tenuto per tutto il tempo in spalla e tirò fuori il Canguro posizionandolo sul tavolo.  
Molly si agitava intorno al divano su cui aveva fatto adagiare Ron, ancora incosciente, e continuava a gridare ordini al marito che li eseguiva senza protestare.
Intanto Harry scrisse su una pergamena che avevano liberato Ron e che si trovavano alla Tana, e che sarebbe stato meglio se fossero arrivate subito e l’infilò nella tasca del Canguro. Aspettò qualche minuto la risposta, sperando che né Hermione né Ginny stessero dormendo, mentre si guardava intorno: Azucena si era appisolata, Molly stava rimestando qualcosa in un piccolo paiolo vicino al divano mentre Arthur guardava moglie e figlio con aria impotente.
«Chi siete?» chiese Ron con voce arrochita mentre cercava di sollevarsi su un gomito. «Do-dove sono?».
Molly lo guardò atterrita; «Ronnie, piccolo mio, siamo noi!». Poi si avvicinò per abbracciarlo ma il ragazzo la spintonò in malo modo. Arthur cercò di bloccarlo ma non fu facile, sembrava un animale selvatico appena imprigionato.
I signori Weasley guardarono sconvolti Harry cercando una spiegazione che il ragazzo non era in grado di dare loro.
«Non so che gli hanno fatto, non riconosceva neanche me. L’unico modo per portarlo via è stato schiantarlo. Forse… forse dovremmo, non so, bloccarlo, in qualche modo?» suggerì Harry sentendosi molto meschino. Dopo tutto quello che aveva passato il suo amico non avrebbe voluto schiantarlo nuovamente o legarlo, ma se non riuscivano a tenerlo fermo, cosa altro potevano fare?.
Il signor Weasley fece un gran sospiro e immobilizzò il figlio con un incantesimo di ostacolo che lo fece crollare sul divano con gli occhi sbarrati, poi si rivolse ad Harry. «Raccontaci dove lo hai trovato» sussurrò cercando di recuperare un po’ di lucidità. «Potrebbe esserci utile per trovare un rimedio. E poi… chi è questa donna? Molly, non sembra anche a te di averla già vista?» aggiunse indicando Azucena alla moglie.
«Sì, ho avuto anche io questa impressione» confermò la signora Weasley, rivolgendo lo sguardo verso di lei. La squadrò con molta attenzione.
Azucena, che evidentemente era stata svegliata dal tramestio, si alzò lentamente e si avvicinò a Molly dicendole qualcosa che Harry non riuscì a sentire; la signora Weasley si precipitò subito fuori dalla stanza e poco dopo tornò con tre barattoli, ne versò il contenuto nel paiolo e si mise a mescolare mentre la sorella di Uglick intonava una cantilena.
«E’ pronta?» chiese la signora Weasley quando Azucena smise di mugolare e la donna annuì. Sembrava molto provata e Harry la aiutò a raggiungere la poltrona, dove sprofondò, chiudendo subito gli occhi.
Molly versò il contenuto del paiolo in un bicchiere e si avvicinò al figlio. Il signor Weasley sciolse l’incantesimo e Ron li guardò atterrito e si agitò ancora di più. rischiando di farglielo versare.
Harry stava per schiantarlo nuovamente ma il signor Weasley lo bloccò, poi con molta fatica riuscirono a far bere l’intruglio a Ron, che subito si accasciò sul divano. I genitori si sedettero vicino a lui guardandolo preoccupati.
Finalmente Harry riuscì a guardare verso il canguro ma non era arrivata nessuna risposta. Così, esausto, si diresse verso l’altra poltrona ma non poteva aspettare troppo a lungo: Uglick gli aveva sicuramente letto nella mente e, anche se nessuno aveva menzionato Hogsmeade, era possibile che avesse capito dove fosse la bacchetta. Non poteva permettere che i nemici scoprissero dov’era e anche se alla fine erano fuggiti continuava a pensare che l’ex professore forse lo aveva raggirato: lo aveva convinto ad avere fiducia in lui, lo aveva aiutato a liberare Ron così da leggergli la mente e poter ottenere quello che voleva? E si poteva fidare della sorella che lui si era trascinato indietro? Purtroppo non aveva tempo per riflettere.
Sicuramente quando c’erano di mezzo i suoi amici lui era troppo vulnerabile.
Ma ora doveva muoversi, non poteva aspettare che Draco e Bryan lo chiamassero e che Ron ritrovasse la ragione. Improvvisamente gli passarono davanti agli occhi i volti dei genitori di Neville, emise un mugolio e si rese conto di aver paura che anche Ron potesse finire al San Mungo senza alcuna speranza. SI lasciò prendere dallo sconforto e stava per crollare quando sentì qualcosa muoversi nella tasca. Era Snitch! Sembrava si fosse ripresa, la tirò fuori e si sentì meglio.
«Signori Weasley… ehm… io adesso dovrei andare» cercò di richiamare la loro attenzione. Loro si guardarono per qualche secondo poi vide la signora Weasley che rimestava per qualche secondo in un altro calderone e  gli si avvicinò con una tazza fumante in mano.
«Prendi anche tu qualcosa di caldo, Harry» lo incitò. «Ti farà bene dopo tutto quello che hai dovuto affrontare. Abbiamo bisogno che tu sia in forze per aiutarci con Ron» insistette la donna con forza, quando lui provò a rifiutare. Con riluttanza prese la tazza, si sedette su una poltrona a fianco del divano dove si trovava Ron e sorseggiò il liquido caldo e ambrato. Subito sentì scendergli addosso una sonnolenza inspiegabile e l’ultima cosa che vide furono i signori Weasley e Azucena che parlottavano tra loro.

***
Si svegliò di soprassalto a causa del rumore di un allocco che era entrato dalla finestra e ora stava appollaiato sul lavello. Portava legata alla zampa una copia della Gazzetta del Profeta. Harry si rese conto che doveva essere già mattino inoltrato e si alzò in tutta fretta. La signora Weasley lo prese per le spalle e lo condusse al tavolo, dove c’erano ad aspettarlo uova e salsiccia, pane tostato e un altra tazza di beverone fumante, che lui guardò con diffidenza.
«Ho dovuto farlo» disse la mamma di Ron senza nemmeno guardarlo. «Altrimenti non ti saresti mai riposato un po’. Ron finalmente è qui, e tu avevi  un’aria distrutta. E ora devi mangiare qualcosa. Ovunque tu debba andare, non è saggio farlo a stomaco vuoto».
Lui fece spallucce, mangiare in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri, e guardò verso Ron. Il divano era vuoto.
«L’abbiamo portato di sopra, ha ripreso un po’ di colore ma ci vorrà tempo prima che si rimetta del tutto. Mentre dormivi è arrivato anche Bill che lo sta assistendo, mentre Ginny ed Hermione hanno avvisato che saranno qui il prima possibile. George invece farà il turno pomeridiano, così io potrò andare con Azucena a procurarmi altre erbe utili per Ron» spiegò in tono pratico. Lui fu ammirato della calma che mostrava la donna perchè era sicuro che in fondo fosse spaventata e preoccupatissima.
Il signor Weasley scese dal piano di sopra e si avvicinò al tavolo.
«Sto andando al lavoro. Avviserò Kingsley che abbiamo trovato Ron, come prima cosa, anche se ti prego» si rivolse ad Harry, «di farti vivo con lui. E non perchè è il Ministro, o il tuo futuro capo. Perchè è un amico. Si è impegnato sinceramente per noi, e non è bello il modo in cui l’hai trattato. So che non ho nessun diritto di dirti queste cose ma ...».
«Signor Weasley» lo fermò Harry alzando contemporaneamente la mano destra.  Sapeva che il padre di Ron aveva ragione. Aveva completamente dimenticato di tenere al corrente Kingsley, con tutto quello che era successo. Forse non sarebbe mai diventato un Auror, visto che non sapeva proprio seguire le regole.  «Le prometto che avviserò Kingsley come prima cosa appena sarò ad Hogsmeade. E per quanto riguarda Azucena… avete ragione a dire di conoscerla, perchè siete stati voi a parlarmi di lei per primi. Lei e suo marito gestivano un negozio di libri magici a Diagon Alley. E’ la sorella del professor Uglick, ed è proprio a causa sua che devo andar via» disse con urgenza.
«Sì. Abbiamo parlato a lungo con Azucena, stanotte, e ci ha spiegato un po’ di cose» confermò il signor Weasley, «anche se non capisco il motivo di tutta questa fretta di andare via».
«E’ troppo lungo da spiegare, ma fidatevi di me. Devo andare. Però devo chiederle un favore, signora Weasley». La donna lo guardò interrogativa.
«Si ricorda di Snitch? E’ la puffola che mi ha regalato Ginny per il mio compleanno». Lei annuì.  
«Non posso più portarmela dietro. E’ stata ferita, ha bisogno di cure. E’ un animale speciale, ma non posso stare qui a spiegarvi, adesso, devo andare ad Hogsmeade per risolvere una questione urgente».
«Va bene Harry. Ormai sei adulto e sappiamo di non poterti trattenere. Ma sii prudente, te ne prego». Il signor Weasley gli diede una pacca sulla spalla.
La signora Weasley lo abbracciò e gli promise che lo avrebbe tenuto al corrente della salute di Ron. Lui, senza perdere altro tempo, infilò il canguro nello zaino, che si mise in spalla, salutò e corse verso i confini della tana. Dovevano essere quasi le dieci del mattino e nel cielo si intravedeva ancora una stella molto luminosa, con riflessi rossastri.
«E’ tutta colpa tua» si rivolse a Minami. «Ho sempre pensato che l’astronomia fosse una materia che dà solo problemi» sbuffò stancamente. Girò su se stesso e si stava per smaterializzare quando una luce improvvisa lo accecò. Riuscì a mettere a fuoco dopo qualche secondo e vide un patronus a forma di capra, che cominciò a parlargli con la voce burbera di Aberforth. “Potter, stamattina all’alba io e Ariana abbiamo ricevuto visite, non so definire se sgradevoli o pericolose, ma comunque ho ritenuto prudente chiudere per ferie. Ho con me il quadro con dentro quello che sai. Appena ti è possibile raggiungimi a casa di Andromeda, perchè ti dobbiamo parlare”.
Scioccato si accasciò a terra mentre il patronus svaniva. Allora aveva ragione sul professore?
Si rialzò subito, deciso ad andare subito da Aberforth, quando una voce femminile, che lo chiamava, squarciò l’aria pungente della mattina. Si voltò e vide Ginny ed Hermione che gli correvano incontro, seguite dal Ministro della Magia in persona. Tutti e tre dovevano appena essersi Materializzati. Il Ministro gli fece un cenno rigido con il capo e proseguì diritto verso l’ingresso, ma le ragazze gli si gettarono al collo. Abbracciò brevemente Hermione che subito lo lasciò per entrare in casa e lui guardò Ginny. Non sapeva se aspettarsi un bacio appassionato o una fattura orcovolante, ma per fortuna la ragazza lo strinse con delicatezza.
«Per fortuna sei tornato tutto intero» gli sussurrò all’orecchio. «Comincio a spazientirmi, sai? Non vorrei doverti mettere un campanello al collo» concluse, incrociando le braccia e facendosi più indietro.
Il tempo di guardarla, incredulo, e scoppiarono in una risata fragorosa. Tutta la tensione degli ultimi giorni sembrò allentarsi per qualche momento, e fu grato di avere trovato una persona come lei, capace di dire sempre la cosa giusta. Le mise un braccio intorno alla spalla e si girarono per entrare anche loro in casa. Aveva trovato Ron, finalmente e adesso avrebbero risolto ogni cosa, o almeno era quello che sperava.
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Capitolo 29 - L'albero di Sambuco
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