Avvertenze: pezzo folle
Harry sbattè violentemente a terra spiaccicandosi contro il ruvido pavimento. Un acre odore
di polvere gli invase le narici costringendolo ad alzare
la testa. Non riusciva a vedere nulla, era completamente buio. Il terrore lo invase, si trovava
di sicuro in un luogo diverso dalla Sala Comune. Percepì dei movimenti da un punto poco distante da lui, restò immobile e silenzioso. Poi qualcuno parlò.
«Lumos»
Quasi urlò dallo spavento quando sentì pronunciare l’incantesimo. Con enorme sollievo, vide i suoi amici alzarsi, anch’essi spaventati.
La bacchetta
di Hermione illuminò l’area circostante.
La sua luce liberò dalle tenebre un maestoso portone
di legno, sulle cui ante un albero, perfettamente inciso, irradiava i suoi rami su tutta
la loro superficie.
«Ma dove siamo?» chiese Hermione in un soffio stringendosi nel mantello.
«Non ne ho
la più pallida idea»boccheggiò Ron «Ma non a Hogwarts>.
Le loro voci echeggiarono in quello che doveva esser un immenso atrio. Harry si guardò intorno, sia a destra che a sinistra, due passaggi si perdevano interminabili nella completa oscurità; davanti, l’imponente portone chiuso.
«Cos’è successo? Come siamo arrivati qui?»
«
La Passaporta» iniziò Hermione ansiosa «Harry, non so com’è successo, si è attivata. Ho sbagliato, non avrei dovuto tenerla…» cercò
di giustificarsi.
La ragazza prese l’oggetto dalla tasca del mantello e cominciò a rigirarla tra le mani sotto gli occhi dei ragazzi. «Guardate qui!»
Si avvicinarono avidi. Sul dorso
di una stella d’acciaio, grande quanto
la mano della ragazza, apparve finemente incisa una scritta dorata
di un idioma sconosciuto.
«Hermione, riesci a tradurlo?» chiese agitato Ron guardandola.
«No…»
Improvvisamente un lungo suono metallico rimbombò lontano, come proveniente dalle viscere dell’edificio e li fece trasalire. Nel momento in cui cessò, un soffocante silenzio li inghiottì.
«Cos’è stato?»
«Questo posto non mi piace» disse un Ron alquanto spaventato guardandosi intorno.
«Neanche a me» replicò nervoso Harry «Che facciamo?», il buio era spaventosamente inquietante.
Si sentiva opprimere, il silenzio gli gelava il sangue nelle vene.
La sua bacchetta non riusciva ad illuminare abbastanza per scorgere oltre i visi dei suoi compagni.
«Lo so io che dobbiamo fare! Uscire
di qui, e alla svelta» annunciò Ron avventandosi sui complessi meccanismi
di chiusura dell’unica, gigantesca via
di uscita. Le dita del ragazzo erano rosse e irrigidite dal gelo, Harry riusciva a rendersene conto dalla loro presa tremolante. Dopo alcuni tentativi il ragazzo si allontanò bruscamente agitando le mani. «Alohomora» disse puntando
la bacchetta.
Non accadde nulla. Prevedibilmente Il portone rimase fermo, immobile e silenzioso.
«Ditemi che è solo un brutto incubo…non può essere vero…» piagnucolò Ron continuando a fissare il possente chiavistello che emetteva scintille al solo tocco «Siamo in trapp…Ahhs ma cosa..» squittì guardandosi le mani atterrito. I suoi polpastrelli avevano assunto un colorito nerastro, come carbonizzati.
Hermione lo prese per i polsi guardando le ferite. «Ti fanno male?»
«No. Male no ma…» si interruppe il ragazzo cogliendo l'agitazione dell'amico.
L’attenzione
di Harry era stata catturata da un respiro asmatico, leggero e sibilante, che proveniva da un punto imprecisato del soffitto intorno a loro. Il suono era sottile e tagliente.
«Lo sentite anche voi?» chiese all’improvviso agli altri con il cuore che batteva all’impazzata. Alzò lo sguardo verso l’altissimo soffitto inghiottito dalle tenebre.
« Cosa?»
«Quel fischio, quel sibilo! Non l’avete sentito?»
«No, niente!» sbottò Ron allarmato continuando a scuotere le mani.
Hermione scosse
la testa in risposta. Era terrorizzata. Si avvicinò al portone e incominciò a provare diversi incantesimi sotto lo sguardo attento
di Ron. «Questa porta non si apre, direi
di trovare un’altra via
di uscita» disse visibilmente scossa fissando con occhi sbarrati le scintille che percorrevano il meccanismo
di chiusura del portone. Dopo diversi vani tentativi Hermione si era arresa.
Harry indulgiò qualche secondo «Allora andiamo,quale direzione prendiamo? Destra o sinistra?»
«Sinistra!» rispose subito
la ragazza.
Harry, senza chiedere
la motivazione della scelta imboccò il corridoio
di sinistra seguito dagli altri. Desiderava allontanarsi al più presto da quel luogo raccapricciante. Era sicuro, c'era qualcosa, non se l'era immaginato. Volse timoroso lo sguardo ancora una volta verso il soffitto ma il buio l’avvolgeva completamente. Avanzarono con le bacchette tese ad illuminare il percorso. Davanti a lui,
la fitta oscurità si diradava piano piano al loro passaggio. Vedeva il suo respiro condensarsi davanti. Il corridoio non aveva sbocchi o porte che si affacciavano su
di esso, le pareti erano chiuse, senza finestre, solo antico e grezzo granito che trasudava umidità e gelo.
«Lo sapevo io che quella stramaledetta Passaporta doveva stare dov’era….» iniziò Ron velenoso. «io lo dicevo..»
«Non mi pare il momento questo…» intervenne Harry. Sapeva bene che se l’amico avesse continuato con quella polemica, avrebbe finito col litigare in malo modo con Hermione. E quella, era l'ultima cosa
di cui avevano bisogno in quel momento. Dovevano uscire da lì.
« Si, ma se non fosse PER QUELLA STUPIDA STELLA NOI NON SAREMMO QUI!» obiettò furioso.
«Se siamo finiti qui non è colpa
di nessuno, e abbassa
la voce, se qualcuno si avvicina per farci fuori nemmeno lo sentiamo» rispose Harry secco.
Ron parve capire
di aver esagerato e borbottò qualcosa che suonò come “non volevo darle
la colpa” guardando affranto Hermione. Lei non si curò
di rispondere, ma
la sua espressione e il viso paonazzo erano inequivocabili: era sul punto, che purtroppo Harry aveva sperimentato,
di perdere il controllo.
«Cosa sono questi simboli?» chiese Harry illuminando
la parete destra, nel tentativo
di deviare
la pericolosa conversazione. Al passaggio della bacchetta, segni incisi nella pietra, si rivelavano componendo armoniose scritte lungo tutta, l’interminabile, parete.
«Sembrano rune ma… non le conosco» rispose dopo qualche secondo
la ragazza continuando a scrutarli.
Ripresero a camminare e, senza rendersene conto avevano già svoltato in un altro grande corridoio sovrastato da archi decorati. Dopo aver percorso anche questo svoltarono ancora verso destra senza proferire parola. Harry si sentiva a disagio, come se qualcuno li stesse osservando. Anche gli altri dovevano provare qualcosa
di simile, Ron continuava a girarsi indietro spaventato mentre Hermione camminava rigida in avanti con l’intento
di resistere a non voltare lo sguardo ma nessuno
di loro confidò
la sensazione.
Improvvisamente un leggero rantolio, lo fece girare
di scatto ma non vide altro che tenebre. Gli si rizzarono i peli sulla nuca, un brivido lo percorse. Il buio sembrava avere un’altra consistenza in quel luogo, era denso ed impenetrabile; voltandosi si accorse
di aver perso
di vista i suoi amici, l’oscurità era sovrana. Sentì i suoi battiti accelerare improvvisamente, era rimasto solo!
«Dove siete?» parlò con voce stranamente stridula. Nessuna risposta. Solo il respiro asmatico che sibilava piano.
Si girò su se stesso allungando timoroso le braccia, cercò nella semi-oscurità
la presenza
di qualcosa o qualcuno vicino a lui ma non trovò niente
Invaso dalla paura iniziò a correre furiosamente, il rumore dei suoi passi echeggiava lungo le volte spezzando il silenzio soffocante; aumentò l’andatura, voleva giungere subito alla fine
di quel corridoio che sembrava non avesse mai fine. Nel sordo silenzio il suo udito sembrava voler farlo impazzire, misto al rimbombo dei suoi passi, un attutito TAP TAP lo seguiva insistentemente facendo eco all’interno del passaggio; si voltò ancora una volta indietro ma non vedendo nessuno riprese a correre velocemente ignorando i passi scompagnati, con il cuore in gola.
Finalmente riuscì a scorgere una nebbiolina azzurra che man mano aumentava
di intensità ad ogni passo, svoltò in un altro corridoio, dove
la luce si fece quasi abbagliante. Scorse le sagome
di Hermione e Ron che, appena lo videro, gli corsero incontro.
«Harry» disse Hermione preoccupata «dov’eri finito?»
«Ero a pochi passi da voi! Mi sono distratto un attimo e avete proseguito…» reagì accalorandosi.
«Siamo tornati indietro e non c’eri, abbiamo ripercorso l’intero corridoio, non sapevamo che pensare»
«Ma Hermione…io ero lì, sono venuto da lì non avete visto?» ribattè Harry non riuscendo a spiegarsi l’accaduto.
«Comunque questo passaggio è chiuso, dobbiamo tornare indietro. » disse Hermione risoluta
«Aspettate, cosa c’è lì?»
« No! E’ meglio se non ti avvicini, quel posto fa uno strano effetto…» disse Ron serio trattenendolo per un braccio. Harry lo fissò
di rimando ma l’attrazione per quella luce era forte, una forza misteriosa lo chiamava, lo inebriava. Si liberò dalla stretta
di Ron e avanzò piano. Man mano che si avvicinava sentiva l’energia pura libera nell’aria che filtrava nel suo corpo rendendolo carico, elettrico, si sentì piacevolmente forte. Giunse al limitare
di un’inferriata che si intrecciava sinuosa formando una rete; gli intrecci ferrosi ricordarono ad Harry il motivo delle deliziose crostate della Signora Weasley. Oltre
la griglia, un grande giardino faceva contorno ad un deforme albero
di Sambuco che, nonostante fosse avvizzito, emanava
la pura energia azzurrina che spirava nell’aria; Harry pensò che doveva esser molto vecchio, infatti dal suo tronco sporgevano escrescenze legnose. Osservò come il giardino fosse circondato dalle antiche mura: tutta
la struttura sembra costruita in funzione
di cingere quel fazzoletto
di terra.
Lo scintillio rossastro irradiato dall’astro stagliato nel cielo, incrociava i finissimi cristalli azzurrini che volteggiavano delicatamente intorno all’antico arbusto creando suggestivi bagliori violacei.
Harry si sporse a guardare meglio, l’intensità dell’energia gli provocò
la nausea. Nello stesso tempo
la curiosità lo stava consumando, in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa pur
di entrare in quell’eden.
«Harry? Vieni via da lì» lo supplicò Hermione rimanendo lontana.
«Si..arrivo» mormorò distrattamente. Poi, con l'intenso desiderio
di oltrepassare l'inferriata appoggiò una mano sulla griglia; al solo tocco le spranghe che vennero in contatto con
la pelle cominciarono ad animarsi lentamente e a serpeggiare come enormi pitoni. Quando avvertì lo scorrere tra le dita ritrasse immediatamente
la mano terrorizzato.
«Che succede?» chiese
la ragazza agitata.
«Non lo so, io l’ho solo…toccato»
«Leviamo le tende da questo posto» disse Ron indietreggiando.
Retrocedettero anche gli altri per poi voltarsi e spiccare
la corsa nella direzione da cui erano arrivati;
«Maledizione!» imprecò furioso lasciandosi indietro nella corsa un preoccupante stridore metallico.
Percorsero velocemente il corridoio svoltando in un altro che Harry non ricordava
di aver percorso.
«MA…SIAMO SICURI SIA
LA STRADA GIUSTA» urlò continuando a correre a più non posso.
«Credo
di si!» ribattè Hermione affannata «E’ l’unica!»
Correvano da diversi minuti percorrendo passaggi che svoltavano continuamente in altri; Harry cercava
di tenere conto ripetendo nella sua mente le virate destre e mancine, ma era impossibile ricordarli tutti. Si voltò per guardarsi dietro e…
«Sbrighiamoci»
Non fece nemmeno in tempo a voltarsi che sbattè violentemente contro un muro rimbalzando indietro con forza; un atroce dolore gli paralizzò il viso costringendolo a stringere gli occhi per non urlare. Gli occhiali caddero a terra.
«Ahhs» grugnì portandosi
la mano destra al viso. Sentì altri lamenti al suo fianco, aprì appena un occhio e scorse vagamente Hermione e Ron anch’essi a terra; si mise affannosamente alla ricerca degli occhiali.
«Hermione…» sentì sussurrare Ron con voce quasi strozzata.
Inforcati gli occhiali
la vide:
la ragazza si contorceva a terra premendo le mani sul viso, come per trattenere il dolore.
«Hermione ?» chiese Harry tirandosi su ansioso.
Ron si inginocchiò e
la prese per i polsi scostandole le mani: il suo viso era una maschera
di sangue.
«Oh, no…»
«Dobbiamo andare» sussurrò concitato Harry avvertendo l’inquietante respiro sopra le loro teste.
Il terrore lo stava pietrificando, non osò minimamente alzare lo sguardo. Si abbassò e prese per una mano Hermione mentre dall’altra parte Ron fece forza per tirarla su. «Via
di qui, presto!»
Imboccarono un altro corridoio che si apriva sulla destra, correndo trascinarono
la ragazza lungo le volte
di quello che sembrava un monastero, i muri sembrava crescessero e cambiassero al loro passaggio, come se si edificassero a loro piacimento. Anzi, Harry ne era sicuro: non ricordava
di aver fatto tutta quella strada nel percorso
di andata.
«Come -ti-senti?» chiese col fiatone Ron voltandosi verso
la ragazza.
«Be-ne» rispose con voce tremolante mentre un rivolo
di sangue scivolava dal suo mento. Harry notò
la strana angolatura del naso, era sicuramente rotto. Anche il labbro era gonfio e tumefatto. Incrociò lo sguardo addolorato dell’amico. Con molta compassione
la strattonò aumentando l’andatura, continuava ad avvertire un angosciante presenza dietro
di loro;
Tirò fino all’ultimo spasmo
la corsa, una fitta al fianco lo trapassava costringendolo a piegarsi sul lato; d’un tratto si sentì afferrare da dietro, con orrore vide una testa del serpente agganciata al mantello. D’istinto lo sbatacchiò violentemente nel tentativo
di scrollare l’essere ma quello non lasciò
la presa, le grandi zanne uncinose si erano agganciate al tessuto.
«RELASCIO» urlò puntando
la bacchetta.
«Che succede?» domandò Ron voltandosi «Harry?»
L’incantesimo mancò il serpente. Harry si agitò tentando
di sfilarsi il mantello e seminare
la creatura.
«Ma cosa diavolo…» poi Ron si accorse del problema «DECAPITAMENTI» urlò alzando
la bacchetta. Il fiotto
di luce scintillante colpì il serpente, Harry lo senti agitarsi tirando il mantello e poi cedette, si fermò.
«Ma cos'era?» chiese Ron affannosamente, poi si girò verso Hermione che continuava a sanguinare.
«Andiamo! Troviamo l'uscita.» riprese Ron e si voltarono per riprendere il cammino.
«NO NO NO!» urlò Harry disperato quando vide un freddo muro edificarsi davanti ai loro occhi in fondo al corridoio, erano in trappola.
Si voltò verso Ron che invece guardava con una smorfia
di terrore
la vivace luce rossa che irradiava dalla borsa
di Hermione; fecero appena in tempo ad allungare le mani verso
la borsa, poi improvvisamente si sentì strattonare verso l’alto, stringersi come in un imbuto per poi sbattere violentemente su una fredda superficie. Un possente peso gli cadde addosso schiacciandolo contro il pavimento svuotandogli i polmoni. Senza respiro aprì piano gli occhi e scorse una chioma rossastra riversa sul suo corpo illuminata debolmente dalla luce argentea che filtrava dalla grande finestra. Poi
la massa opprimente prese ad agitarsi violentemente nell’intento
di alzarsi.
«Il serpente…il serpente» strillò convulso Ron scalciando senza riguardi e calpestando dovunque.
Harry tentò
di parlare ma non ne fu capace, il peso lo stava soffocando, poi sentì scricchiolare le proprie dita sotto una furiosa pestata e infine, quando si stava alzando, ricevette un colpo
di tacco negli occhiali che si frantumarono sul suo naso. Gli occhi cominciarono a lacrimare.
«Ahh» mugolò tastandosi
la parte già tumefatta che oramai era completamente insensibile.
«Siamo ad Hogwarts!» esclamò a voce alta Ron prendendo coscienza dello scampato pericolo. «Siamo salvi!» urlò allontandosi da una finestra.
«Hermione, siamo salvi!» ululò felice inginocchiandosi vicino a lei per accarezzarle i capelli.
La ragazza mugolò in segno
di risposta.
Harry si rialzò a fatica, era completamente indolenzito. Cercò
di metter a fuoco bene
la stanza e capire dove fossero. Non riusciva ad assimilare l’accaduto, era successo tutto troppo velocemente. Il suo cuore batteva all’impazzata, come se pompasse al solo scopo
di continuare ancora
la disperata corsa
di poco prima. Fece un respiro profondo: con qualche folle modalità erano riusciti a rientrare nel castello, nella stessa prontezza con cui ne erano stati allontanati.
«Non ci credo che l’abbiamo scampata» pronunciò guardandosi intorno ancora disorientato.
«Grazie per avermi trattato come uno zerbino» borbottò ironico posando lo sguardo su Ron e strappando l’ultimo brandello che teneva il mantello penzoloni al suo collo, posandolo sul pavimento con un tonfo. Era stranamente pesante.
«Oh…scusa, è che mi sembrava
di essere ancora in quel posto infernale» rispose aiutando premuroso Hermione ad alzarsi. «Santo cielo, come ne siamo venuti fuori?»
Uno strano movimento del pastrano
di Harry catturò
la loro attenzione. Giacente sul pavimento, qualcosa al
di sotto si agitava convulsamente. Con il cuore che batteva all’impazzata per lo spavento, voltò diffidente con il piede il panno sotto lo sguardo terrorizzato
di Ron: una testa decapitata
di serpente era rimasta attaccata al tessuto con i denti, e si agitava e si dimenava nel tentativo
di staccarsi, mettendo in vista due lunghe zanne che lampeggiarono alla luce lunare.
«E’ quello che hai decapitato tu!» disse sollevato.
«Già…è un incantesimo che usavano sempre Fred e George sui vermi in giardino. Sai, per far imbestialire
la mamma» rispose Ron nostalgico.
«Cosa ne facciamo? Non possiamo lasciarlo qui!»
«Troveremo modo
di disfarcene, intanto viene con noi» e dicendo questo Ron girò il mantello sull’energico moncone zannuto per facilitarne il trasporto.
«Lumos» mormorò Hermione interrompendoli «Volete abbassare
la voce?». Harry notò che
la sua voce era impastata. Quando
la vide alla luce avvertì una stretta allo stomaco: il suo viso era irriconoscibile; insanguinato e tumefatto aveva raggiunto uno bizzarro stato
di gonfiore che si estendeva su tutta
la parte destra del volto e sulla bocca lasciando intatto il pezzo restante. Senza commentare, Harry distolse disturbato lo sguardo dalla visione.
Erano in un ufficio dall’aria familiare, ma l’arredamento era diverso dall’ultima volta che vi era entrato. Pile
di libri si accatastavano ordinatamente in fondo alla stanza dove un tempo c’era stato un Avversaspecchio. Diversi lunghi mantelli si afflosciavano lungo un appendiabiti vicino
la porta. Sulla scrivania plichi
di scartoffie ingombravano anche il più disparato centimetro quadrato lasciando posto per una sola cornice, riquadrante un compiaciuto Professor Willis con in mano una pergamena.
«Willis…è il suo ufficio?» chiese. In effetti, pensò, non ci era mai entrato.
Un rumore
di passi nella stanza accanto li fece balzare.
«Avete sentito?»
I tonfi si fecero più nitidi.
«E’ meglio se andiamo, VIA VIA!» sussurrò muovendosi velocemente verso l’uscita, gli altri lo seguirono furtivi. Diede un ultimo sguardo all’ufficio e dopo uno scatto della serratura scivolò nel corridoio richiudendosi
la porta alle spalle.
«Oh no! Il mantello!» piagnucolò forzando
la maniglia per rientrare. Come aveva fatto a dimenticarlo!
La porta era bloccata, non si apriva dall’esterno. «Alohmora» sussurò speranzoso ma senza risultato; sbatacchiò
la porta furioso nell’estremo tentativo
di aprirla.
«Maledizione Harry!» sbottò Ron sostenendo Hermione.
«E ora che facciamo? Lo riconoscerà
di sicuro!» sussurrò rabbioso squadrando
la porta.
I passi si fecero chiari all’interno della stanza, poi si fermarono, come in ascolto.
«Andiamo via» soffiò Hermione a stento comprensibile.
I ragazzi non se lo fecero ripetere. Harry strinse forte
la presa sulla mano
di Hermione , incrociò lo sguardo sgomento
di Ron e presero a correre a più non posso trascinando
la ragazza fino a giungere davanti al ritratto della Signora Grassa.
«Pa-ro-
la d’ordine» pronunciò il ritratto sbadigliando sentitamente.