Ecco che posto il testo modificato con una aggiunta della parte che stiamo scrivendo... E' ancora solo un'idea... Ma speriamo vi piaccia...
Premessa: Harry e Hyde si trovano insieme il giorno di Natale e stanno cercando di uscire attraverso lo scarico come suggeritogli dai gemelli Weasley (o attraverso qualsiasi altro passaggio proposto in questi giorni). Vengono scoperti dall'Auror che pedina Harry e si ritrovano a dover correre x sfuggirgli. Ad un certo punto si dividono. Harry è sulla scalinata principale e sente un forte rumore provenire dal basso. Hyde gli viene incontro salendo dal secondo piano. Quello è bloccato per via di Pix che ha combinato qualcosa e Gazza sta arrivando. Inseguiti dall'Auror si rifugiano al terzo piano e si nascondono sotto il Mantello nella botola di Fuffy. L'Auror entra, non li vede e passa oltre. Dovendo aspettare che l'Auror vada via dal corridoio, dopo aver fatto Muffiato, Harry racconta ad Hyde le sue disavventure del primo anno spiegandogli come fa a conoscere quel nascondiglio.Fu Hyde a rompere il silenzio. «Dove l’avresti sognato questo leggendario Specchio delle Brame?»
Harry rispose infastidito: «Non l’ho sognato, esiste davvero e si trova lì sotto! O almeno credo sia ancora là...» Ci mise un attimo a capire quello che la sua frase comportava. Era ovvio! Come aveva fatto a non pensarci mai in tutti questi anni? Probabilmente era sempre rimasto lì, lontano da occhi indiscreti. In fondo perché avrebbero dovuto spostarlo? Gli unici a conoscenza della sua posizione erano i professori e Silente, poi oltre loro solo lui, Ron ed Hermione. E poi a cosa sarebbe potuto servire ora che la Pietra era stata distrutta? A niente. Dovevano averlo lasciato là per impedire agli studenti di trovarlo, come era successo a lui il primo anno…
«Che hai?» Hyde era preoccupato della faccia che si era stampata sul volto di Harry. Aveva un’espressione incredula, imbambolata come quella di un bambino che ha appena scoperto qualcosa di nuovo.
«Andiamo di sotto!»
«No grazie, non ci tengo a vedere cadaveri putrescenti di troll! Ti prendo in parola.»
«Smettila di fare lo spiritoso, non c’è tempo da perdere! Dobbiamo scendere!»
«E perché mai?»
«Non c’è tempo per le spiegazioni. Ho in mente un piano e, se funziona, entro stanotte saremo fuori da Hogwarts.»
«Non vedo come una carcassa di troll possa aiutarci...»
«Muoviti!»
Hyde portò gli occhi al cielo sbuffando, ma poi annuì.
Harry si alzò in piedi, togliendosi il Mantello, e con un gesto della bacchetta sollevò la botola. Entrambi si avvicinarono e si misero a scrutare all’interno.
«Non si vede un tubo!»
Ad Harry scappò una risata. Gli sembrava di essere tornato indietro di otto anni. Solo che ora non c’era Ron a lamentarsi. Ritornò subito serio. Lo doveva fare per lui. Bisognava almeno tentare.
«Non vedo né scale né altro. Dobbiamo saltare nel vuoto. Su cosa hai detto che cadremo?»
«Un tempo c’era il Tranello del Diavolo, ma non penso sia ancora lì. Credo che finiremo a terra.»
«Scendiamo lentamente allora.»
Harry ebbe un attimo di panico. Sarebbe riuscito a eseguire l’incantesimo che gli aveva insegnato Hermione? In fondo tutte le volte che era caduto dalla scopa giocando a Quidditch l’aveva salvato qualcun altro.
«D’accordo.» rispose alla fine, ancora titubante.
«Bè Harry, prima le signore!» disse Hyde sghignazzando mentre gli faceva segno di accomodarsi.
«Sempre più spiritoso. Ci vediamo di sotto.»
Fece un profondo respiro e scomparì all’interno della botola. L’aria fredda ed umida gli sferzava il volto. Stava precipitando giù, sempre più giù, nel buio più totale.
«Arresto Momentum!» Le sue parole echeggiarono per tutto il cunicolo, mentre una piacevole sensazione di leggerezza si impadronì di lui. Ce l’aveva fatta. In fondo non era stato così difficile. Sembrò fosse passata un’eternità quando i suoi piedi toccarono terra. Tutto il peso che gli sembrava di aver perso nella caduta, ritornò improvvisamente schiacciandolo al suolo.
«Sto arrivando!» Harry fece appena in tempo a scansarsi di lato che Hyde atterrò con un affondo, per poi rimettersi in posizione eretta.
«E ora da che parte andiamo?»
Harry sbuffò e si alzò in piedi, mettendosi a scrutare la stanza: adesso che non c’era più il Tranello del Diavolo le pareti erano completamente spoglie, rivestite unicamente di un grosso strato di muffa e umidità. Davanti a loro si trovava un angusto passaggio tra due pareti formate di grossi blocchi di pietra grezza.
«Da quella parte.» disse Harry indicando la direzione da seguire.
«Muoviamoci allora!» Hyde lo superò e fece strada per il corridoio illuminandolo con la luce proveniente dalla sua bacchetta. Gocce d’acqua cadevano dalle stalattiti presenti sulla volta e dei piccoli rivoli scorrevano tra gli interstizi che si erano creati tra le laste del pavimento. Il corridoio proseguiva in pendenza. L’unico rumore che si sentiva era il suono dei loro passi misto al sussurro dei respiri che si perdevano nel buio alle loro spalle.
Mancava qualcosa. C’era qualcosa che non combaciava con i suoi ricordi. Il lungo sotterraneo finì improvvisamente: davanti a loro si apriva una stanza di grandi dimensioni, completamente spoglia. Era diversa da come la ricordava. I lampadari che un tempo illuminavano la camera erano tutti spenti e le loro ombre incombevano lungo le pareti come delle nodose volute d’oscurità. Ecco cosa mancava: il fruscio ed il tintinnio delle chiavi che, splendide come gemme, svolazzavano per la volta.
«Continuiamo oltre quella porta?» disse Hyde scocciato dall’esitazione di Harry.
«Si.» disse quest’ultimo tornando in sé. «L’ultima volta non è stato così facile passare.»
Dall’altro lato si apriva la stanza degli scacchi: un piccolo cimitero in marmo, ornato di statue senza volto. I pezzi degli scacchi che erano stati distrutti durante la loro ultima visita giacevano ammassati per la scacchiera e la corona del Re bianco era ancora situata ai suoi piedi, in segno di resa. Nella testa di Harry i ricordi si staccavano dalle pareti scure e invadevano la stanza: la caduta di Ron, la loro vittoria, i pezzi che si schieravano per farli passare…
«Questa è la scacchiera ideata dalla Mc Granitt?» chiese Hyde visibilmente stupito. Neanche lui era in grado di proseguire senza guardare quel tetro spettacolo.
Il silenzio di Harry fu sufficiente come risposta. Rimasero solo un altro istante a contemplare la sala, poi si incamminarono rapidi verso il corridoio che si intravedeva dietro la porta dal lato dei bianchi. Continuarono correndo per tutto il passaggio sino a raggiungere la stanza del troll: il cadavere era stato rimosso ma l’odore nauseabondo continuava ad impregnare l’aria con il suo dolciastro aroma di morte. Proseguirono nella penultima stanza: era spoglia come se la ricordava, nessun ornamento, solo grezza pietra e qualche fiaccola spenta. Il tavolino sul quale un tempo si trovavano le pozioni era stato addossato ad una delle pareti e dalla soglia della porta si vedeva già la gradinata della stanza successiva perdersi nelle tenebre.
Adesso avrebbero scoperto la verità. Lo Specchio si trovava ancora lì? E se il suo ragionamento fosse stato sbagliato? Non ne era più tanto sicuro.
Fu Hyde a varcare la porta per primo ed Harry con uno slancio lo seguì.
Lo Specchio delle Brame troneggiava in tutta la sua antica bellezza al centro della sala: la sua cornice d’oro risplendeva della luce che si era accesa nei numerosi candelabri al momento del loro ingresso nella stanza.
«Erouc li am otlov li ottelfir non. Cosa vuol dire? È per caso scritto in un antico dialetto di queste parti?» chiese Hyde perplesso.
«Non rifletto il volto ma il cuore.» Ci aveva pensato a lungo nei suoi sogni per diversi anni ed alla fine aveva capito cosa volesse dire l’iscrizione. Non era niente di speciale. Era solo stata scritta al contrario.
«Allora Potter, adesso che siamo arrivati intendi spiegarmi come faremo ad uscire dal Castello?»
«Non c’è nulla da spiegare. Devi solo guardare.» Harry si fece da parte lasciando Hyde solo davanti allo specchio.
«Bryan, qual è la cosa che desideri di più in questo momento?»
Hyde alzò gli occhi al cielo. Evidentemente la scena doveva sembrargli un assurdo scherzo.
«Uscire da questo maledetto castello?» abbassò lo sguardo e di colpo il suo viso cambiò espressione: fissava la superficie in vetro, attento con aria stupita.
«Questo specchio mostra solo i nostri desideri più profondi, se ciò che desideri è davvero uscire dal castello lo specchio dovrebbe mostrarti la via.»
Hyde continuava a guardare con gli occhi spalancati. «Ehm... No...» disse infine «Vedo me stesso. Cose del passato... insomma niente che ci possa aiutare! Tu invece che hai visto?»
Hyde si scostò, spostando lo sguardo dalla liscia superficie al viso di Harry..
«Sette anni fa... vedevo i miei genitori, i miei nonni... ora non so .» Detto questo fece un passo in direzione dello specchio, tenendo lo sguardo basso. Aveva paura di guardare. Non aveva idea di quali fossero i suoi veri desideri. Voleva rivedere Ron, voleva uscire dal castello, voleva una vita finalmente serena. Ma cosa gli avrebbe mostrato lo Specchio?
Fece un respiro profondo e mosse lentamente lo sguardo dai suoi piedi alla cornice dorata, poi sempre più in alto sino a vedersi riflesso. La sua però non era l’unica figura: Ron, Ginny ed Hermione erano al suo fianco. I quattro ragazzi mostravano un’espressione felice, segno della gioia e della tranquillità ritrovata. Sorridevano, scherzavano tra di loro e di tanto in tanto guardavano fuori dalla cornice per salutare il vero Harry.
Quanto voleva che tornasse tutto alla normalità. Voleva essere felice, stare con la ragazza che amava ed avere accanto a se i suoi migliori amici. Quelli con i quali in otto anni aveva condiviso ogni sua preoccupazione. E Ron era la chiave di tutto. Doveva salvarlo. Doveva uscire dal castello. Solo così la visione poteva diventare realtà.
Qualcosa cambiò: il riflesso del suo amico smise di parlare con Hermione per voltarsi e guardare fuori, poi incrociato lo sguardo di Harry sorrise e gli indicò un punto del lastricato nel suo lato dello specchio. La pietra accanto al piede di Ron si infossò nel pavimento seguita da diverse altre: scendevano una di seguito all’altra in maniera ordinata seguendo un disegno che sembrava circondare tutto lo specchio. Quando le lastre smisero di muoversi, davanti ai quattro ragazzi riflessi si era creata una scala che si inabissava sotto i loro piedi. Ron sorrise e sollevò le spalle come per dirgli «Facile, no?»
«Che vedi?» chiese Hyde che aveva osservato tutta la scena senza capire.
Harry non rispose. Si avvicinò cauto al punto nel quale la scala sarebbe dovuta iniziare e poggio il piede dove nel riflesso era situato il primo gradino. Appena la suola della sua scarpa toccò la superficie in pietra, la scala si materializzò sotto i suoi occhi.
«Come diamine hai fatto?» l’americano non riusciva a capacitarsi di ciò che stava accadendo.
«Trucchetti di Silente.» L’idea di utilizzare lo Specchio come custode della Pietra ed allo stesso tempo come guardiano del passaggio, era sicuramente sua. Aveva da sempre pensato ci fosse un altro ingresso in quella sala, altrimenti come avrebbe fatto Flamel ad entrare per procurarsi l’Elisir? Non poteva certo passare dalla porta principale! Voldemort o chiunque avesse cattive intenzioni, avrebbe desiderato unicamente di poter prendere la Pietra. Di certo non avrebbe pensato che lo Specchio fosse anche la chiave per assicurarsi una via di fuga. Nicolas Flamel invece, una volta procuratosi l’Elisir, sarebbe potuto uscire tranquillamente, semplicemente desiderandolo.
«Vogliamo andare?» disse Harry con il sorriso stampato in volto iniziando a scendere i primi gradini. Era radiante di gioia. Finalmente poteva uscire dal casello per salvare il suo amico.
Hyde annuì senza dire una parola e si avvicinò anche lui ai gradini in pietra. Si fermò però un attimo titubante. «Sei sicuro di quello che stiamo facendo?»
«Al cento per cento.»
«Ok andiamo allora!»
Continuarono nella discesa sino a quando non trovarono una porta a sbarrargli il cammino.
«Ci siamo.» disse Harry sottovoce, come se parlasse a se stesso. Era pronto a lasciare Hogwarts, la sua unica vera casa, per salvare Ron. Glielo doveva. Respirò profondamente come per catturare ogni singolo ricordo del castello prima di andar via. Poi lentamente abbassò la maniglia in ottone e varcò la porta, seguito a ruota da Hyde.
*
La stanza nella quale si ritrovarono era buia e trasandata. Dei flebili raggi di luce penetravano dalle grandi vetrate che si trovavano alla loro sinistra, rischiarando d’aurora le volute di polvere che si alzavano ad ogni loro passo. Un tempo la sala doveva essere stata un lussuoso soggiorno, mentre ora sembrava che l’intera dimora fosse disabitata. L’unico rumore udibile era lo scricchiolio delle assi del pavimento e il loro respiro che echeggiava tra le pareti. Harry si mosse in direzione delle finestre per cercare di capire dove si trovassero. La vista gli mozzò il fiato: un’infinita distesa verde, che proseguiva per miglia e miglia costeggiata da un tortuoso fiume che terminava all’orizzonte nel mare. Non era sicuro di trovarsi in Inghilterra. Certamente si trovavano molto distanti da Hogwarts. L’idea lo fece sorridere… Erano in fondo così lontani ed allo stesso tempo così vicini…
«Fermi dove siete!» Una voce rauca alle sue spalle gli gelò il sangue nelle vene. Chi era stato a parlare? La sua bacchetta si trovava nella tasca posteriore dei jeans. Non poteva sfilarla senza farsi notare. Si voltò allora, muovendosi molto lentamente per vedere chi fosse l’aggressore. La scena che gli si presentava davanti era assurda: un uomo dall’età indecifrabile teneva puntata la sua bacchetta contro la tempia di Hyde, il quale rimaneva immobile con aria spaventata come se fosse stato paralizzato. L’immagine gli ricordava tanto Neville al primo anno colpito dall’incantesimo della pastoia pronunciato da Hermione. In più si accorse che il passaggio dal quale erano entrati non era una porta ma un grande specchio, che semiaperto, rifletteva la sala e l’espressione stupita sul suo volto.
«Che cosa volete? Chi vi ha fatti entrare?» proseguì il mago. Il suo viso aveva un ché di giovanile ed allo stesso tempo di estremamente vecchio. Le rughe della fronte erano appena accennate mentre l’espressione era quella di un uomo anziano e stanco. La pelle della mano con la quale teneva la bacchetta era invece cadente e ed usurata dal tempo. Sembrava che l’uomo avesse diverse età: l’aspetto di un uomo di mezza età e lo sguardo di un vecchio.
«Signore, ci dispiace disturbarla… è che non sappiamo neanche noi dove siamo finiti. Siamo passati attraverso il passaggio dello Specchio e…» disse Harry con voce tremante. Non sapeva neanche lui cosa rispondere all’uomo.
«Lo Specchio!» lo interruppe questi bruscamente «E così state cercando il nascondiglio! Mi duole però avvisarvi che la Pietra è stata distrutta sette anni or sono. Non uscirete di qui fin quando non mi direte per conto di chi state lavorando!»
La Pietra? Come poteva sapere l’uomo della Pietra? Harry era convinto che, oltre agli insegnanti di Hogwarts, Silente non lo avesse rivelato ad altre persone. Chi poteva mai esserne venuto a conoscenza? Poteva trattarsi solo di una persona.
«Lei è Nicolas Flamel, signore?» chiese infine timidamente.
L’uomo abbassò la bacchetta dal volto di Hyde puntandola verso terra e lo guardò dritto negli occhi. Cercava come di scrutargli qualcosa all’interno o di indagare sul suo passato.
«Sono Harry Potter, signore. Conoscevo il suo amico, Albus Silente…»
«So benissimo che vi conoscevate!» lo interruppe nuovamente Flamel allontanandosi dall’americano, il quale riprese a respirare quasi normalmente.
«Albus mi ha sempre tenuto aggiornato su di lei e sulla sua lotta contro Voldemort.» e così dicendo andò a sedersi sulla poltrona che troneggiava vicino alle vetrate non distante da dove di trovava Harry. Poi continuò: «E così avete scoperto il mio passaggio segreto?»
«Non volevamo assolutamente disturbarla, signore. Ma io e il mio amico Bryan Hyde, dovevamo uscire dalla scuola, siamo arrivati al terzo piano, mi è venuta in mente la botola e…»
«…avete scoperto la scalinata ed eccovi qua. Benvenuti nel Devon, ragazzi » poi iniziò a scrutare meglio l’americano. «Brian Hyde… questo nome mi è nuovo… non eri mai stato nominato nei racconti di Albus. Sarai mica uno degli studenti d’oltre oceano?»
Hyde apparve sorpreso dal formidabile intuito di quell’uomo e rispose: «Sì, sono americano. Sto accompagnando Potter alla ricerca del suo amico.»
«Ah, non dirmelo… il signor Weastle!» e gli scappò una risatina. «Non si sarà mica perso ad Hogsmeade? Grande giocatore a Scacchi però!»
Harry abbassò lo sguardo: «È stato rapito signore… Non sappiamo dove sia…»
Flamel apparve imbarazzato : «Oh… Mi dispiace… Non volevo essere scortese…»
«Si figuri, non poteva sapere… Comunque è Weasley, non Weastle.» rispose il ragazzo visibilmente provato sforzandosi di sorridere in modo amichevole.
«Perdere un amico è una cosa molto dolorosa…» continuò l’anziano mago commosso «…da quando Albus non è più qui, sono rimasto confinato tra queste quattro mura con mia moglie… poi è morta anche lei e…». Ritornò poi amichevole e più sorridente «Ma non è certo questo il suo caso, Harry. Posso permettermi di chiamarla per nome? Le cose si metteranno per il meglio, ne sono sicuro.»
«Signore…» iniziò titubante Harry «se era così amico del professor Silente, come dice, perché non l’ho vista al suo funerale?»
«Non sono mai stato a un funerale in vita mia, giovanotto, e non avevo intenzione di iniziare allora!» rispose tornando aggressivo come in precedenza. Poi si calmò nuovamente: «Devi perdonarmi Harry, su queste cose mi arrabbio facilmente… ragazzo mio, se una persona cerca di evitare la Morte per diversi secoli, credi che abbia piacere di incontrarla ad una così tragica occasione?»
Harry era stupito dal modo di parlare dell’uomo. Era come se cambiasse in continuazione registro adattandolo ai frequenti sbalzi di umore. Ma ancora di più lo stupivano le sue parole.
Harry scosse la testa in segno di diniego, poi guardò l’americano che, guardingo, non staccava mai lo sguardo da Flamel.
La Morte… L’aveva evitata per secoli… Perché aveva deciso di distruggere la Pietra sette anni prima se questa era l’unico modo per rimanere in vita?
«Signor Flamel, perché ha permesso a Silente di distruggere la Pietra? Sapeva che questo avrebbe comportato la sua morte.»
«Ragazzo, è stato l’atto di coraggio di un giovane studente undicenne pronto a morire per impedire la rinascita di un potente mago oscuro a spingermi a fare altrettanto. A sacrificare la mia vita per distruggere un oggetto che poteva risultare pericoloso per l’umanità. Ero pieno di fiducia al tempo. Pronto a confrontarmi con la Morte da pari a pari. È facile avere ideali, molto meno metterli in pratica. Non hai idea ragazzo mio di quante volte mi sono pentito di quella decisione. La vita per quanto sia lunga non conduce mai alla saggezza, ma porta costantemente sempre gli stessi errori. Ed ora da uomo comune mi ritrovo costretto ad abbandonare questo mondo come la mia Peronella ha già fatto.»
«Mi dispiace signore… di essere stato la causa di questo suo destino.»
«Non preoccuparti ragazzo, sangue del tuo sangue mi liberò dalla Morte, ed ora lo stesso sangue alla Morte lentamente mi conduce.»
«Sangue del mio sangue?» chiese Harry stupito.
Nicolas Flamel sorrise per la prima volta da quando erano entrati in casa sua. «Un tuo antenato. Ragazzo mio, non penserai mica che sia rimato chiuso dentro queste quattro mura per seicento settantatré anni! Ho visto il mondo e conosciuto tutti i grandi su questa terra! E di certo Ignotus Peverell era uno di questi…»
«Ha conosciuto i fratelli Peverell?» Era difficile immaginare che l’uomo che gli si parava davanti fosse così anziano da aver conosciuto i primi possessori dei Doni.
«No, certo che no. Non sono così vecchio. Ho conosciuto solo Ignotus. Gli altri fratelli erano morti molto prima che io nascessi. Ma per mia grande fortuna ho conosciuto il più piccolo dei tre, sennò mio caro ragazzo non sarei stato qui a parlare con te.»
«È di troppo disturbo chiederle di raccontarmi qualcosa del suo passato? Di quello che sa sui Doni?»
«Ad un vecchio non dispiace mai raccontare la propria vita. Anche perché questo è l’unico modo per riviverla nuovamente. Ma prego accomodatevi. Non vorrei che tu ed il signor Hyde rimaniate in piedi per troppo tempo. Potreste mettere radici tra le assi del mio pavimento!»
I due ragazzi si sedettero sul divano che si trovava di fronte alla poltrona di Flamel ed aspettavano che questi cominciasse il suo racconto.
«Una storia non è bella se non viene raccontata al caldo e sorseggiando una buona tazza di tè.» Fece un cenno col la bacchetta ed un bel fuoco comparve nel camino accanto a loro, poi con un altro gesto fece apparire una teiera e tre tazzine sul tavolino in legno che li separava.
«Siete pronti a tornare indietro di sei secoli e mezzo?» chiese il mago divertito.
Harry e Hyde annuirono. Anche l’americano era visibilmente curioso. Sicuramente anche lui aveva sentito parlare del grande alchimista.
«
Era l’anno 1350 ed io ero solo un giovane mago fuggito dal Regno di Francia per scappare alla grande pestilenza che imperversava per l’Europa…»