Premessa: Ho immaginato che Harry, Hermione e Hyde siano partiti insieme alla ricerca di Ron. Dopo alcuni eventi poco significativi, si sono imbattuti in due maghi oscuri (potrebbero essere il cinesino e il biondino...), che hanno usato contro di loro alcuni incantesimi sconosciuti.
Durante lo scontro, Hermione è rimasta paralizzata e incapace di agire, Harry e Hyde, già in salvo, sono tornati indietro per soccorrerla e Hyde ha riportato alcune ferite dovute a una fattura (niente di grave, però).
Si sono nascosti in una casa Babbana (lo ammetto, ho preso l'idea da Lumacorno
) disabitata.
Il dialogo si svolge durante la notte che i tre trascorrono qui.
PS: Ho problemi con l'inserimento dei simboli su Word e non mi fa fare l'inserimento manuale dalla tastiera, quindi ho usato i segni < e > al posto delle virgolette...
*
Harry si svegliò di soprassalto. Si alzò a sedere sul letto e scrutò l'oscurità intorno a lui. Istintivamente afferrò la bacchetta sul comodino e scattò in piedi, rivolto verso quella che sembrava un'ombra nera fluttuante vicino alla porta.
Il cuore prese a battergli velocemente, sentì il respiro farsi spezzato, stava per evocare il suo Patronus quando le nuvole si diradarono e dalla finestra entrò un raggio di luna. Abbassò la bacchetta e quasi svenne per il sollievo: quello che aveva scambiato per un Dissennatore era soltanto il suo mantello, bruciato sulla schiena e sporco di fango, ma fondamentalmente innocuo.
Inspirò profondamente e riprese fiato: il temporale doveva essere passato da poco. L'aria fredda della sera si insinuava attraverso le aperture delle persiane. Harry rabbrividì, inforcò gli occhiali e si guardò intorno.
La stanza che occupava era piccola e quadrata. Un poster del Manchester United era appeso sopra la scrivania di fronte a lui, e le magliette dei calciatori rimandavano un baluginìo sommesso in risposta al raggio di luna che entrava dalla finestra. Girò la testa dall'altra parte e individuò la fonte del rumore che l'aveva svegliato: quello che sembrava un grosso volume rilegato era caduto dalla libreria, e ora giaceva a terra accanto alle sue scarpe. Sospirando, Harry si avvicinò e si chinò a raccoglierlo. L'elaborata scritta in caratteri dorati lo identificava come
Grande Atlante Illustrato del Mondo. Lo aprì a caso e si trovò davanti una coloratissima carta del continente americano: nell'angolo sinistro della pagina, un ometto con un cappello a stelle e strisce indicava qualcosa in alto che Harry non riuscì a leggere nella luce fioca. Rimase un attimo a contemplarlo, sicuro che ci fosse qualcosa di strano in quel libro. Fissò la figurina illustrata e si accorse che era rimasta ferma nella sua posizione: continuava ad indicare convinta qualcosa verso l'alto. Harry scosse la testa. All'improvviso, un pensiero lo fulminò.
Ovvio. Le illustrazioni dei libri Babbani non si muovono. Ecco cosa c'è di strano. Accennò un sorriso e rimise il libro al suo posto. Stava per tornare a letto quando un rumore al piano di sotto lo fece sobbalzare.
Aprì la porta e si affacciò giù dalle scale: nell'ingresso la luce era accesa. Quindi qualcuno era sveglio. Harry scese un paio di gradini e tese l'orecchio: ora sentiva distintamente dei rumori provenire dalla cucina. Senza pensarci due volte arrivò di corsa alla fine della rampa, attraversò il corridoio e piombò nella stanza, con la bacchetta levata.
<Harry!>
La luce vivida della lampadina elettrica quasi gli ferì gli occhi. Sbattè le palpebre più volte, finchè non riuscì a individuare la sagoma di Hermione in piedi di fronte a lui.
<Harry, stai bene?>
<Io... si. Credo di si> bofonchiò. Adesso che i suoi occhi si stavano abituando riusciva a leggere l'espressione di Hermione, a metà tra confusione, sorpresa e spavento. Abbassò il braccio.
<Che ci fai quaggiù?> chiese <Pensavo fossi a letto.>
Hermione scosse la testa.
<Non riuscivo a dormire> rispose. Si voltò di spalle e iniziò ad armeggiare con le ante di una credenza, di fronte a lei.
Harry si lasciò cadere su una sedia e rimase a guardarla.
La cucina gli ricordava quella dei Dursley. Era rettangolare, con un tavolo al centro circondato da quattro sedie. Un mobile basso pieni di cassetti lo separava dal lavello, dove al momento Hermione stava sciacquando due tazze di un color rosa acceso (per un attimo, Harry pensò ai cardigan di Dolores Umbridge e sentì un brivido lungo la schiena), e dai fornelli. Un frigorifero bianco, sul quale qualcuno aveva attaccato diversi post-it gialli, occupava tutta la parete alla sua sinistra. Il calendario appeso vicino alla finestra portava una data di quasi tre anni prima: dall'immagine che lo decorava, una signora sotto un ombrellino da sole sorrideva con aria decisamente stupida.
Harry la stava ancora fissando, quando si accorse che Hermione gli aveva posato una tazza fumante davanti e sembrava in attesa. Si riscosse e la avvicinò a sé, annusando quello che c'era dentro.
<Non è pericoloso> disse lei, piatta <E' thè verde... aromatizzato alla vaniglia, credo>.
Harry fece un cenno con la testa, come per annuire. In realtà, si era appena reso conto di essere rimasto a fissare la figura sul calendario per un tempo effettivamente eccessivo.
<Dopotutto> continuò <E' un po' difficile trovare veleni in una casa Babbana, no?>
Sembrava stanca e provata.
Siamo tutti stanchi. Pensò Harry. Prese la tazza tra le mani e iniziò a bere. Immediatamente, sentì il calore dell'infuso scendergli in gola come un balsamo.
Dopo diverse, lunghe sorsate, alzò gli occhi su Hermione: era convinto che anche lei stesse bevendo il thè, invece sembrava totalmente assorta nella contemplazione del barattolino giallo che teneva in mano, con una grande scritta “zucchero” stampigliata sopra. Quando si riscosse, si rese conto che Harry la stava fissando e trasalì. Il barattolo si rovesciò con un rumore sordo di vetro sul legno, e il suo contenuto si sparse sul tavolo.
Harry tirò fuori la bacchetta per riparare il danno, augurandosi vivamente che tutto quel fracasso non avesse svegliato anche Hyde. Diede una leggera stoccata bisbigliando “Reparo” e la piccola zuccheriera tornò come nuova.
Hermione era rimasta zitta e immobile, concentrata, così pareva, a fissare la montagnetta bianca dello zucchero sul legno scuro del tavolo.
<Ehm... Non c'è modo di far tornare dentro quello, vero?> Harry indicò con il dito il piccolo mucchio granuloso.
Lei fece un impercettibile cenno di diniego con la testa e non disse niente. All'improvviso, si gettò in avanti, il capo piegato sulle braccia conserte e iniziò a singhiozzare.
Harry si appiattì sul tavolo, il braccio teso e il dito indice che sfiorava le punte dei capelli cespugliosi di Hermione.
<Va tutto bene...> cercò di tranquillizzarla <Possiamo... possiamo sempre rimetterlo nel barattolo senza magia>. Si sentiva stupido. Era ovvio che, qualsiasi fosse stata la ragione per cui Hermione aveva perso il controllo, certo aveva molto poco a che fare con lo zucchero rovesciato.
E infatti, lei prese a singhiozzare ancora più forte, le spalle che sussultavano: dal groviglio di braccia e capelli giungevano i suoni umidi di un pianto a dirotto.
Harry si sentì gelare il sangue. Hermione non poteva lasciarsi andare così, non doveva lasciarsi andare così.
Si alzò di scatto, girò intorno al tavolo e le posò le mani sulle spalle. Lei alzò la testa e si voltò: aveva gli occhi rossi e gonfi e tirava vistosamente su col naso. Sollevò lentamente un braccio e gli prese la mano.
Harry si lasciò scivolare sulla sedia accanto, senza allentare la presa.
<Hermione...> cominciò sussurrando, ma lei prese a singhiozzare di nuovo, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
<Harry, io... io...> inspirò profondamente <Io sono un disastro! Sono un completo, assoluto disastro!>
Un attimo dopo gli si era gettata al collo e piangeva a dirotto sulla sua spalla. Harry le accarezzò la schiena dolcemente, poi fece un gesto con la bacchetta e la montagnetta di zucchero si trasformò in un fazzoletto. In silenzio, le sollevò il viso e glielo porse. Lei fece un segno con la testa, prima di sparirci dietro.
<Hermione, tu non sei assolutamente un disastro> Lei si soffiò il naso e non disse niente.
<Non sei un disastro> continuò Harry <Ci hai tirati tante volte fuori dai guai, mi hai salvato l'osso del collo... Se non fosse stato per te, probabilmente Raptor avrebbe rubato la Pietra Filosofale al nostro primo anno...>
Hermione scosse il capo vistosamente <Oh Harry... proprio non
capisci, vero?> Lui la guardò con aria interrogativa, la mano ancora stretta nella sua.
<Harry, io non sono più la stessa... Io non mi sento più la stessa...!>
<Che cosa dici, Hermione?>
Ma una piccola parte di lui sapeva che stava dicendo la verità: da quando erano partiti, Hermione era come spenta, la sua solita espressione di curiosità indagatrice si era appannata, rideva molto di rado, e quando lo faceva la sua risata aveva un che di artificioso. Persino Hyde si era accorto che qualcosa non andava.
<Harry, io... io credo proprio di non farcela> Hermione abbassò la testa e si guardò le ginocchia: aveva ripreso a singhiozzare. Harry stava per dire qualcosa, ma lei lo interruppe.
<Ascoltami: quando quel Mago Oscuro ha evocato la sua maledizione, io non sono stata in grado neanche di proteggermi, sono rimasta immobile... Ti sei chiesto perchè?>
Harry la guardò negli occhi: si, se l'era chiesto, ma aveva pensato si trattasse di un effetto dell'incantesimo. Dopotutto, le parole del Mago avevano riportato alla luce dei sensi di colpa che pensava superati e seppelliti da tempo, insieme a un senso di angoscia e oppressione che, fino ad allora, aveva associato ai Dissennatori.
<Io ho sentito Ron che mi chiamava> continuò Hermione, con una nota di disperazione nella voce <L'ho sentito... Mi diceva che lo stavano torturando, che se non fossi arrivata in tempo l'avrebbero ucciso...> Afferrò il fazzoletto e si asciugò le lacrime.
Harry si chinò verso di lei <Va tutto bene, Hermione.> sussurrò guardandola in viso <Non è successo niente di grave: ce la siamo cavata comunque.>
Lei scosse la testa.
<Siete dovuti tornare indietro a riprendermi, e la fattura del Mago biondo ha colpito Hyde.>
Harry scosse la testa <Non è stato niente di grave: era solo una fattura, dopotutto>.
Hermione spalancò gli occhi <Harry, ma non capisci? Oggi era solo una fattura, domani potrebbe essere qualcosa di più pericoloso... Il peso che avete sulle spalle è già abbastanza, non c'è motivo di aggiungere le mie crisi al carico di problemi da risolvere>.
Harry le lasciò andare le mano e rimase a fissarla, immobile.
<Che cosa hai in mente, Hermione?>
Lei lo guardò negli occhi e inspirò profondamente.
<Me ne vado, Harry. Torno a Hogwarts.>
Harry si alzò di scatto, con talmente tanta veemenza che rovesciò la sedia. Per un attimo rimase immobile, l'orecchio teso a cogliere eventuali rumori dal piano di sopra, ma evidentemente Hyde non aveva sentito nulla.
Le prese entrambe le mani nelle sue e le strinse forte.
<Hermione, non puoi andartene... tu... io... noi abbiamo bisogno di te!>
Lei scosse il capo e accennò un sorriso amaro.
<Non avete bisogno di me, Harry. Forse avreste avuto bisogno della vecchia Hermione, ma quella non c'è più. Io sono solo un peso>.
Harry sbattè le palpebre: sembrava un incubo. Hermione che decideva di andarsene e che lo lasciava solo con Hyde, Ron disperso chissà dove e nessuna notizia di Kingsley da due settimane.
Raccolse la sedia da terra e si risedette.
<Ho mandato un messaggio a Ginny, appena siamo arrivati qui> continuò lei <Se mi Materializzo a Hogsmeade, Aberforth ha accettato di ospitarmi finché non potrò rientrare nel castello senza destare sospetti>.
Harry scosse il capo incredulo: tutto quello non aveva senso.
<Hermione, non puoi andartene>. Ripeté come un automa.
<Harry, perchè ti ostini a non capire? Io ho paura di mettere in pericolo le vostre vite... Un altro incidente come quello di oggi potrebbe essere fatale per qualcuno>.
Harry non sapeva cosa dire, si sentiva svuotato, come se qualcuno gli avesse aspirato via ogni emozione. Continuava a scuotere meccanicamente la testa, mentre una vocina in fondo al cervello ripeteva “Se ne va... Se ne va... Se ne va...”.
Sentì la sua voce da molto lontano, come se appartenesse a qualcun altro.
<Cosa farai a Hogwarts?>
Hermione stirò le labbra in un sorriso forzato.
<Quello che ho sempre fatto. Studierò e preparerò gli esami. Non riuscirò a concentrarmi, ma almeno non rappresenterò un pericolo per nessuno>.
Harry alzò la testa e la guardò. Nonostante il naso rosso e gli occhi gonfi, riuscì a scorgere un po' del cipiglio risoluto della vecchia Hermione. Arricciò la bocca di lato e le sorrise: lei aveva preso la sua decisione, e non aveva senso discuterne ancora.
Scattò in piedi, raccolse le due tazze e le portò nel lavello, oltre il mobile con i cassetti. Hermione lo raggiunse.
<Harry, io...>
<Basta> sorrise lui, guardandola negli occhi <Ho capito.>
Hermione annuì dolcemente.
<Bene> rispose <Dammi le tazze, le metto a posto>.
Harry la osservò mentre apriva le ante della credenza e armeggiava con quello che c'era all'interno.
<Ehm... Hermione... ti... ti serve una mano con i bagagli?>
Era una domanda stupida, se ne rese conto mentre la pronunciava (dopotutto, non avevano bauli e animali da trasportare) ma Hermione si voltò a guardarlo con un'espressione di affetto e comprensione profonda negli occhi.
<No> rispose lei, stancamente <Non ce n'è bisogno>
Harry la seguì mentre usciva dalla cucina e spegneva la luce, tutto senza parlare. Aprì la porta d'ingresso e l'aria fredda li colpì in viso. Hermione si voltò a guardarlo.
<E così ci separiamo>
Rimasero a fissarsi, perfettamente immobili, con il vento che s'infilava nella stanza e faceva tintinnare il lampadario di cristallo sopra le loro teste.
All'improvviso, Hermione mosse un passo avanti e strinse Harry in un abbraccio. Per un attimo, lui pensò che avrebbe ricominciato a piangere, ma quando sollevò la testa dalla sua spalla, gli occhi erano perfettamente asciutti.
Lo guardò in viso e gli sorrise.
<Ti voglio bene, Harry. Qualsiasi cosa succeda, ricordati che ti voglio bene>.
Lui restituì il sorriso e le scompigliò i capelli con una mano.
<Anche io ti voglio bene, Hermione>
Lei si staccò dolcemente dall'abbraccio. Harry la prese per mano e la accompagnò fino al cancelletto, in fondo al vialetto d'accesso. Hermione lo spinse e quello si aprì con un cigolìo metallico. Si voltò verso di lui.
<Mi raccomando, abbi cura di te>
<Lo farò>
Fece per seguirla fuori dal cancelletto, ma lei fece un segno di diniego e si avviò da sola sotto i lampioni. Per un po', Harry riuscì a riconoscere il suo mantello nero da viaggio che ondeggiava nella nebbia, poi sentì un CRACK e capì che si era Smaterializzata.