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 Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts

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AlaskaMudblood

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MessaggioTitolo: Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts    Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts  EmptySab Nov 20 2010, 15:38

*Il senso di questo

Una pioggia incessante picchiettava contro i finestrini dell’auto del Ministero mentre Harry osservava distrattamente sfrecciare fuori la Londra Babbana. Era infine giunto il giorno del loro ritorno ad Hogwarts e cominciava a sentirsi emozionato quasi come la prima volta che aveva viaggiato verso la scuola.
Gli ultimi giorni alla Tana, nonostante avesse passato tanti bei momenti insieme a Ginny appartandosi con mille espedienti, erano stati un vero disastro a causa di Ron e della signora Weasley. Tutti e due, per motivi diversi, erano piuttosto nervosi e irascibili. Ron era ancora intrattabile per via delle sue incomprensioni irrisolte con Hermione. Dal giorno seguente alla festa di Ginny gironzolava per la Tana come una Caccabomba ad orologeria, pronto ad innescarsi al minimo contatto con essere vivente. Una volta Harry lo aveva sentito da dietro la porta avere una lunga e complessa lite persino col povero Leotordo.
A sua volta la signora Weasley trovava sempre un pretesto per esortarli animatamente a lavorare o studiare con
maggiore impegno. Sembrava proprio intenzionata a farli stare fuori casa il minor tempo possibile, pronta a sgridarli ogni volta che varcavano la soglia dell’abitazione. Harry comprendeva il suo desiderio di tenerli tutti vicini il più possibile, poteva solo immaginare quanta fosse la paura di separasi dai suoi figli rimasti e non poterli tenere continuamente sott’occhio, ma il risultato finale era che alla Tana si respirava un’aria piuttosto tesa.
Nell’auto tutti facevano silenzio, Ginny si era appisolata sulla spalla della madre, che aveva insistito con forza per accompagnarli fino al treno, Ron guardava con ostinazione fuori dall’altro finestrino, apparentemente quasi senza respirare, e persino l’autista non aveva mai aperto bocca, salutandoli anche al suo arrivo solo con un gesto sbrigativo della mano.
Quella mattina Harry era stato svegliato dall’amico che parlava animatamente nel sonno. Inforcò gli occhiali e si avvicinò silenziosamente al suo letto per tentare di capire cosa bofonchiasse.
«...amore scusa stavo russando, scusa...»* disse Ron chiaramente, nonostante muovesse appena le labbra. Harry si mise una mano sulla bocca nel tentativo di reprimere un attacco di ilarità che altrimenti avrebbe svegliato tutta la
Tana. Corse nuovamente al suo letto e schiacciò la faccia contro il cuscino, le risate che tentavano prepotentemente di venir fuori non erano dettate tanto da quelle dolci parole, ma dall’espressione compiaciuta ed estasiata che aveva il giovane Weasley in quel momento.
Quando durante la colazione Harry lo aveva interrogato, con sorniona disinvoltura, sulla natura del sogno, Ron era rimasto immobile la forchetta a mezz’aria.
«Non so di cosa parli» aveva risposto infine portando il boccone alla bocca. Dopodiché si era trincerato in un silenzio totale, non emettendo più neanche i soliti grugniti mentre spazzolava le ultime salsicce. Harry tentò di pungolarlo ancora un paio di volte con disinvoltura, ma alla fine si arrese per paura di spingere Ron in uno stato di mutismo vegetale definitivo, d’altronde non aveva certo bisogno di alcuna conferma per interpretare la natura, e tantomeno la protagonista, del sogno dell’amico.
Giunsero a King’s Cross in perfetto orario, le auto del Ministero della Magia non temevano il traffico, si trovavano misteriosamente sempre a capo di qualunque fila si formasse nelle strade londinesi, riuscendo a trovare ogni semaforo verde, anche se proprio in quel semaforo era appena scattato il rosso.
L’autista scaricò i loro numerosi bauli dal portabagagli incantato dell’auto, che altrimenti mai avrebbe potuto contenere tanta roba, salutò la famiglia con il medesimo gesto
silenzioso e in un attimo scomparve alla loro vista nonostante il traffico babbano quasi bloccato davanti alla stazione.
La signora Weasley scortò i ragazzi verso i binari, chiamandoli di continuo appena restavano indietro di qualche passo, aveva insistito praticamente tutte le sere con il marito affinché anche lui potesse accompagnarli quel mattino, ma come al solito sembrava che al Ministero non ci fosse possibilità di avere un momento libero. Anche Percy aveva manifestato la sua impossibilità ad assentarsi dal lavoro, seppure nessuno glielo avesse chiesto.
Harry spinse per primo il carrello verso la barriera che separava i binari nove e dieci, e in un istante si trovò davanti all’Espresso per Hogwarts, che già sbuffava davanti ad un binario più affollato che mai. Solo in quell’istante Harry pensò alla vecchia locomotiva scarlatta come ad una cara amica, che per anni lo aveva portato lontano dai problemi della sua convivenza forzata con i Dursey, verso la sua legittima vita da mago. Quando Ron, Ginny e la signora Weasley lo raggiunsero cominciarono ad avviarsi con decisione verso la coda del treno, dove sembrava che la folla fosse un po’ meno. Harry tentava di non urtare nessuno con i suoi voluminosi bagagli per dare nell’occhio il meno possibile. Il signor Weasley lo aveva avvisato la sera prima a cena che i maghi vedendolo, in particolare i ragazzi più piccoli, sarebbero letteralmente impazziti. Tutti avrebbero voluto salutare, toccare e fotografare l’eroe di Hogwarts «E vorranno farlo
tutti insieme, anche a costo di saltarti sopra» lo ammonì bonariamente Arthur «Cerca di non farti notare... per quanto sarà possibile!».
In realtà Harry non stava facendo molta fatica a mimetizzarsi tanto era il caos, mai aveva visto tanti maghi alla stazione e così diversi tra loro. Era facile indovinare tra i presenti quali fossero i maghi americani. Intanto spiccavano tra la folla perché sembravano essere i più chiassosi e irrequieti, poi i loro abiti erano decisamente molto più sportivi e, nonostante anche gli inglesi usassero tessuti piuttosto vivaci, i loro vestiti erano addirittura sfavillanti. Probabilmente erano stoffe incantate pensò Harry, perchè alcune sembravano emettere a tratti proprio una piccola luce.
«Harry! Hey Harry!» Harry guardò davanti e vide Hermione farsi strada tra la gente. Quando lo raggiunse lo salutò con un caldo ma frettoloso abbraccio. Lei indossava già l’uniforme di Hogwarts e portava in bella vista una grossa spilla rossa e gialla, su cui era incisa un’elaborata “C”.
«Finalmente il gran giorno, hai visto quanta gente!» gli disse mentre abbracciava e baciava ora anche Ginny e la signora Weasley.
Harry non rispose, si girò invece intorno alla ricerca di Ron che sembrava essere completamente sparito insieme al carrello con le sue cose. Mentre cercava di distinguere la rossa capigliatura dell’amico tra le centinaia di teste che aveva intorno, il respiro gli morì in gola. Tutta la folla che li
circondava indaffarata fino ad un istante prima era ora quasi pietrificata e si stringeva lentamente intorno a loro. Non smettevano di fissarli con sguardi perplessi e incuriositi, indicandoli e bisbigliando rumorosamente senza ritegno. Harry si voltò verso Hermione che lo fissava già con aria mortificata mordendosi un labro. Era stata lei a chiamarlo a gran voce in mezzo a tutta quella gente e ora tutti lo avevano riconosciuto. Ci fu un primo coraggioso flash e poi all’unisono partirono centinaia di altre macchine fotografiche. Nel giro di un istante Harry non riuscì più a distinguere nulla di ciò che lo circondava tanto lo stavano abbagliando gli scatti.
Non aveva idea di come uscire da quella situazione, ci sarebbe voluto Hagrid per disperdere quella folla fuori controllo, ma l’amico gigante era quanto mai lontano. Ginny, la signora Weasley ed Hermione potevano essere ovunque, lui ormai veniva liberamente strattonato a destra e sinistra, la profezia del signor Weasley si era avverata. Stava valutando se fosse reato o no tirare fuori la bacchetta e schiantarli tutti, quando improvvisamente il terreno sotto i loro piedi venne scosso terribilmente. Si udirono grida e molte delle persone che si erano arrampicate addirittura sui propri bauli per fotografare Harry cadde a terra.
«MANTENETE LA CALMA E FATE LARGO» tuonò una voce metallica sovrastando ogni altro suono. La folla si aprì bisbigliando prima spaventata, poi eccitata. Un uomo alto quasi due metri e dalla corporatura granitica veniva
avanti verso Harry tenendo la bacchetta davanti alla bocca come se parlasse ad un microfono. Rapidamente con un gesto inaspettato la puntò verso terra, facendo scaturire un altro tremendo scossone, che quietò gli ultimi agitati.
«FATE PASSARE E MANTENETE LA CALMA» disse portando nuovamente la bacchetta alla bocca. Evidentemente quest’ultima amplificava, con una magia che Harry non aveva mai visto, la voce dell’uomo anche se a vederlo, grande e grosso come era, non sembrava averne bisogno.
Indossava una giacca a righe nere e bianche, ma Harry non poté fare a meno di notare che le righe bianche diventavano nere e viceversa, ma in maniera così frequente che il risultato faceva veramente venire il mal di testa. In testa teneva un vecchio cilindro un po’ consumato, decisamente troppo piccolo per lui, che stonava totalmente sia con il vestito sgargiante che con l’atteggiamento sportivo ed energico dell’uomo.
Quando raggiunse Harry lo prese per un braccio e lo trascinò accanto a sé.
«Guardate è Hudson Willis» gridò qualcuno tra la folla, « vero è proprio lui» risposero altri. Tutte le persone che a prima vista sembravano americane scoppiarono in un fragoroso e scalmanato applauso, mentre la maggior parte dei presenti chiedeva al vicino chi fosse quell’uomo.
Harry era visibilmente stordito, il sig. Hudson Willis continuava a tenerlo saldamente per il braccio accanto a sé sen
za curarsi di lui, mentre salutava e sorrideva tranquillamente verso la folla.
«Il treno per Hogwarts sta per partire, vi prego di salutare i vostri figli e allontanarvi un po’ dai binari. Siamo tutti contenti che con noi ci sia Harry Potter, ma vi prego di non assalirlo in questo modo mai più, è solo un ragazzo...».
La stessa folla che fino ad un istante prima sembrava intenzionata a portarsi a casa un pezzetto di Harry ora annuiva saggiamente come se tale idea non gli avesse mai sfiorato la mente.
«...d’altronde non è per merito suo se i Golden Chocolate hanno vinto per 10 anni di fila il Campionato Nazionale!» esclamò sempre sorridendo.
« merito tuo Hudson» urlò un anziano mago con un cappellino calcato in testa «sei tu il campione» fece eco un bambino di non più di sei anni che si trovava in braccio ad una signora a pochi passi da Harry, e a quell’esclamazione tutti applaudirono nuovamente.
Il fischio di avvertimento dell’espresso riscosse tutti da quello stato di eccitazione, e una nuvola di vapore che fuoriusciva da sotto il treno li convinse a riunirsi ai propri cari e ai propri bagagli.
Un uomo si avvicinò a grandi passi ad Hudson riferendogli con aria greve una cosa all’orecchio, questi finalmente lasciò Harry e senza rivolgergli alcun segno di intesa si diresse a passo svelto verso la locomotiva.
Harry lo guardò andare via senza riuscire a spiccicare una parola, cosa ci faceva alla stazione di King’s Cross quello che gli era sembrato di capire fosse un noto campione sportivo americano? Che fosse il genitore di uno dei ragazzi? Ma allora perché quell’uomo era venuto a chiamarlo con fare così misterioso? Mentre riusciva ancora a distinguer in lontananza parte del cilindro che si confondeva con il resto della folla Harry fu raggiunto da Ginny, la signora Weasley ed Hermione.
«Scusa Harry è stata colpa mia, come mi è venuto in mente di chiamarti in quel modo davanti a tutti» si scusò Hermione con gli occhi lucidi, mentre Harry cercava la mano di Ginny per stringergliela, contento che stesse bene.
«Non preoccuparti Hermione, non è stata colpa tua... chi poteva aspettarselo!» disse ripensando alle raccomandazioni del signor Weasley.
«Dov’è Ron?» chiese Molly che non smetteva di guardarsi intorno inquieta, ora imitata anche da Hermione.
«Ehm è sparito prima che succedesse il parapiglia, credo fosse salito sul treno appena ha visto...» stava per dire “appena ha visto Hermione correre verso di noi” ma per fortuna riuscì a correggersi «...appena ha visto la gente che cominciava ad agitarsi!» concluse.
«Ora scusatemi ma devo correre dagli altri Prefetti. Sapete, è tradizione che il Caposcuola faccia loro un discorso, c’ho lavorato tutta la notte e...».
«Capisco» fece Harry mentre tentava di rigirare il suo baule capovolto.
Probabilmente l’amica non era riuscita a prendere sonno quella notte, ed era rimasta sveglia a perfezionare anche la più piccola virgola del suo sicuramente pomposo discorso.
Hermione salutò la signora Weasley e si affrettò a salire sulla carrozza più vicina.
Harry finì di riunire tutti i bagagli proprio quando il treno emise l’ultimo fischio di avvertimento cominciando a muoversi.
«Presto, presto!» disse la Sig.ra Weasley abbracciando sia Harry che Ginny più volte.
«Salutatemi quel testone di Ron e ditegli di mandarmi un gufo appena arrivate. Voi due fate i bravi e scrivete spesso e mi raccomando...» disse mentre cercava nella sua grande e caotica borsa un fazzoletto per asciugarsi gli occhi «... fate i bravi» ripeté ancora una volta quando ormai erano già saliti.
Il treno iniziò lentamente a prendere velocità e Harry cominciò a farsi strada per il corridoio a testa bassa senza incrociare lo sguardo di nessuno.
«Speriamo che quell’idiota di mio fratello abbia almeno preso uno scompartimento» affermò Ginny piuttosto seccata.
«Me lo auguro» rispose Harry dando uno strattone al baule che si era incastrato nell’intercapedine tra un vagone e l’altro.
Camminarono lentamente lungo il corridoio trascinando le loro cose, scrutando velocemente l’interno degli scompartimenti, che erano fino ad ora tutti occupati. Il treno era evidentemente più pieno del solito. Harry non poté fare a meno di notare che gli studenti di tutte le classi continuavano a fissarlo con rinnovato interesse. Lanciò un’occhiataccia a un ragazzo che conosceva solo di vista e che sembrava stesse per avvicinarsi. Questi si fermò dov’era perdendo tutto l’entusiasmo con cui si era mosso. Harry si domandò se valesse la pena di schiantarne uno a caso per dare una lezione a tutti. Si ripromise di pensarci con calma.
Finalmente da una delle ultime carrozze videro Ron fargli cenno da dentro uno scomparto, tranquillo e felice come se nulla fosse accaduto.
«Tutto bene?» domandò Ron vedendo le loro facce scure.
«Tutto bene? Ma sei scemo o cosa! Non hai visto tutto quel casino? Ti eri addormentato?».
«Quando è successo tutto ormai ero quaggiù e non c’è stato modo di raggiungervi... poi è arrivato Hudson Willis ed è andato tutto bene no? Come è da vicino Harry? tosto come sembra?».
«Ma non hai capito che Harry e anche io e la mamma abbiamo rischiato di rimanere schiacciati tra la folla? E tu per le tue stupide liti con Hermione sei sparito senza dire nulla a nessuno? E se ci fosse servita una mano? E se...».
«Dai Ginny lascia stare, ormai è andata e Ron non poteva prevedere quello che sarebbe successo...» intervenne Harry mentre tirava fuori dalle ceste Snitch e Arnold, che cominciarono a rimbalzare allegramente per lo scompartimento.
Lasciarono cadere l’argomento sistemandosi comodamente. Ron si sedette vicino al finestrino a braccia incrociate chiuso nuovamente nel suo ostinato mutismo. Harry, che non sopportava di vederlo così si ricordò che l’amico pochi istanti prima aveva nominato Hudson Willis come se lo conoscesse.
«Ron tu conosci quell’Hudson Willis?».
«Certo che lo conosco è una leggenda!» disse Ron voltandosi ora più tranquillo.
«Non mi stupisco che tu non lo conosca, non leggi mai nulla di Quidditch! Comunque lui gioca nella divisione americana e quindi non tutti lo conoscono, ma in ogni caso lui è il migliore in tutto, nelle acrobazie, nel disarcionare gli avversari... le sue picchiate sono storia!».
«Ma cosa ci faceva qui secondo te?».
«Non saprei sono due anni che si è ritirato. Ma si è ritirato da vincitore, ha vinto il suo decimo titolo consecutivo e...»
In quel momento, un bambino, sicuramente del primo anno, bussò debolmente all’entrata della cabina.
«Ho... io ho... io ho un messaggio per Harry Potter» esordì il piccolo quasi tremando.
«Lo hai trovato, cosa vuoi?» disse Ron.
«Dai non spaventare i bambini già il primo giorno!» lo rimproverò Harry proseguendo in tono cordiale «Dimmi, sono io Harry. Chi mi cerca?».
«Il professor Lumacorno ha detto che vi aspetta tutti a pranzo nella sua carrozza, vuole festeggiare gli “eroi di Hogwarts”!» disse tutto d’un fiato.
«Oh che bellezza, il Lumaclub è di nuovo in attività!» esclamò Harry ironicamente. Quella notizia non lo rallegrava nemmeno un po’. Certo il professor Lumacorno era una brava persona, ma il suo modo di fare non gli era mai piaciuto.
«Ok grazie piccolo, dì al professore che se riusciremo faremo un salto nella sua carrozza», il bambino annuì e corse via.
Harry poggiò stancamente la testa sulla spalla di Ginny che inizio a leggere una rivista che aveva tirato fuori dal baule.
Ron tornò a voltarsi verso il finestrino a braccia incrociate, il viso teso e pensieroso.
Harry prese la decisione che quella storia doveva finire. Se possibile già prima di arrivare ad Hogwarts. Una volta
a scuola, Ron e Hermione non avrebbero potuto continuare ad evitarsi: la situazione doveva risolversi il prima possibile. Lui avrebbe dovuto... non riuscì a terminare quel pensiero, si stava addormentando...
Harry si ritrovò a camminare lungo i binari, non sapeva come fosse finito lì ma l’unica cosa che gli sembrava sensata era seguire il percorso del treno. Lo spazio era molto stretto, il binario era stato ricavato sul versante di una montagna, alla sua destra si innalzava il muro roccioso e alla sua sinistra si apriva lo strapiombo.
A quel punto si accorse che c’era qualcuno che camminava un po’ più avanti a lui. Un uomo avvolto in un mantello nero.
«HEY!» chiamò Harry.
L’uomo non rispose.
«Sa dirmi dove siamo?» chiese.
L’uomo si voltò. Aveva il cappuccio calato sulla testa, non era possibile vederlo in faccia. Si chinò raccogliendo un sasso da terra e iniziò a lanciarlo e riprenderlo con la mano.
«Mi scusi, non so dove siamo, potrebbe aiutarmi?».
L’uomo alzò il braccio, caricò il tiro e scagliò la pietra contro di lui.
Harry fece appena in tempo ad accorgersi del lancio e a muoversi sul lato per schivarlo. Era al limite del burrone.
In questi casi i riflessi da giocatore di Quidditch facevano comodo.
«Ma è impazzito! Cosa... ».
Non fece in tempo a parlare che l’uomo gli tirò un altra pietra.
Questa volta non fu altrettanto pronto: fu colpito dritto in fronte. Perse l’equilibrio.
Senza quasi rendersene conto si ritrovò a precipitare giù nel dirupo.
La testa gli pulsava dolorosamente.
Poi, improvvisamente, tutto divenne bianco e soffice ed Harry iniziò a volare in aria. Solo allora intravide qualcosa sotto di lui, sembrava un bosco.
Iniziò a planare dolcemente. Arrivato più vicino a terra si accorse che c’era un edificio decadente. Continuava a scendere, stava per impattare contro il tetto.
Portò istintivamente le braccia in avanti per proteggere il viso. Non successe niente. Attraversò il tetto come se fosse fatto di niente.
Si ritrovò in una stanza buia. C’era solo una fioca luce che proveniva da un angolo. Un uomo incappucciato, era seduto ad un grande tavolo, consultando attentamente un vecchio libro malconcio. Sul tavolo c’era anche una pergamena su cui una penna stava scrivendo incessantemente: probabilmente stava prendendo appunti. La pagina era riempita con dei simboli che Harry non conosceva.
Cercò di vedere in faccia l’uomo ma proprio in quel momento sentì delle voci. Più in la c’erano altre persone. Un uomo stava parlando. «Per fortuna che è in nostro possesso, a quanto dice Cinereus il suo potere è più grande di quanto immaginavamo ...» la voce si affievolì, la stanza iniziò a svanire. Era di nuovo tutto bianco.
Aprì gli occhi, ritrovandosi nello scomparto del treno, era stato solo un sogno.
Snitch tremava vistosamente sulle sue ginocchia, aveva la stessa colorazione arancio scuro che aveva assunto quel giorno in camera sua e, come allora, sembrava proprio che reagisse con agitazione quando Harry faceva sogni inquieti.
Il sogno da cui si era appena svegliato era stato davvero strano. Poteva trattarsi di una premonizione? O più probabilmente, era stato solo il frutto della sua immaginazione?
Harry si guardò intorno, nello scomparto era rimasto solo.
Uscì nel corridoio sbadigliando, ma fuori c’erano solo alcuni ragazzi che discutevano animatamente di una partita di Quidditch, di Ginny e Ron neanche l’ombra. Decise di rientrare prima che qualcuno lo notasse, ma proprio mentre stava richiudendo le porte dello scompartimento, le grida di un’Hermione furiosa squarciarono il silenzio dell’espresso. Harry si precipitò lungo il corridoio nella direzione da cui aveva sentito provenire la voce dell’amica, passò veloce
mente nell’altra carrozza e appena superata la porta divisoria vide Ron e Ginny nel corridoio, assiepati insieme ad altri ragazzi, davanti alla porta di uno scomparto.
Harry si avvicinò guardando a sua volta all’interno col fiato sospeso. Hermione discuteva animatamente faccia a faccia con un ragazzo biondo, evidentemente un americano. Dietro di lui altri due ragazzi sghignazzavano malevoli all’indirizzo di Hermione. Seduto a terra, tra Hermione e l’americano biondo, un ragazzino spaurito guardava sconcertato prima uno poi l’altro.
Harry rimase senza fiato, il biondino che stava litigando con l’amica sembrava lo stesso che l’aveva seguito a Godric’s Hollow. Certo non poteva esserne sicuro, il cappello che portava ben calcato in testa quel giorno mascherava i lineamenti del viso, ma più lo guardava più era pronto a giurare che fosse proprio lui.
«Bene, bene, guardate un po’ chi abbiamo qui, Harry Potter!» disse proprio il ragazzo biondo fissandolo con un sorriso di scherno e un’aria di superiorità.
«Hermione! Che succede?» domandò Harry entrando a sua volta nello scomparto, facendosi largo tra Ron e Ginny che ancora non lo avevano visto.
«Oh, ora che è arrivato Harry Potter sicuramente potrà aiutarci a risolvere questa fastidiosa questione... ».
Harry guardò Hermione con aria interrogativa. La ragazza sospirò, cercando di riprendere il controllo.
«Lui» disse indicando nervosamente l’americano «sostiene che questo ragazzino sia entrato nel loro scomparto e gli abbia rubato una Mementool... » concluse indicando il piccoletto seduto sul pavimento, che li guardava con la bocca sbarrata e gli occhi imploranti.
«Una Memencosa?» domandò Harry.
«Una Mementool, mio caro amico... una preziosa ricordella di ultima generazione! Può essere usata come gioiello, portachiavi o incastonata nella cintura, come la mia. Va stretta fra le mani e se compare un fumo rosso bisogna pronunciare la formula Memento! Il fumo scompare e al suo posto si trova l’immagine dell’oggetto dimenticato. Naturalmente non potete conoscerla, è un’invenzione americana e voi siete così arretrati...».
«Tutto qui? E per una cosa del genere vi si sentiva urlare per tutto il treno?».
«Scusate, ma in America, noi, i criminali li puniamo, non li proteggiamo... per una questione di orgoglio, sapete? Ma forse voi inglesi non conoscete questa parola...».
«Veramente noi inglesi abbiamo problemi più seri che attaccar briga con ragazzini più piccoli...» disse Harry indicando il piccolo mago tremante.
«Oh, ma nessuno di noi voleva attaccar briga con lui, vero ragazzi? Vogliamo solo che ci ridia quello che ci appartiene... non vi sembra forse una richiesta giusta?».
Harry si voltò verso Hermione cercando di interpretarne l’espressione. In effetti quella era una situazione che dovevano risolvere i prefetti e a maggior ragione era compito del Caposcuola far rispettare le regole, anche se in favore di un’insolente e borioso ragazzo americano.
«Sei entrato nel loro scomparto e hai rubato la Mementool a questo ragazzo?» disse Hermione rivolgendosi per la prima volta al ragazzo a terra.
«No! Non sono stato io! Non ho fatto niente! Davvero!» rispose quest’ultimo agitato.
Hermione gli accarezzò una spalla, tentando di tranquillizzarlo.
«Visto? Non è stato lui...».
«E vi fidate? è solo un ragazzino e...».
Una voce fredda e imponente interruppe il battibecco dei ragazzi.
«Che sta succedendo?».
L’alta figura di Draco Malfoy era comparsa dal nulla, seguita dal solito stuolo di Serpeverde.
La situazione si era fatta davvero affollata.
Harry trattenne il fiato.
Non rivedeva Draco dalla battaglia finale, l’ultima immagine che lo riguardava era impressa a fuoco nella sua mente: tutti e tre i Malfoy che si stringevano in un abbraccio a fine scontro, quando Voldemort era ormai morto. Harry non poté far a meno di notare come ogni anno assomigliasse sempre
di più a suo padre Lucius. I capelli biondi, lunghi ormai fino alla base del collo e tirati indietro, gli occhi sottili e freddi, il passo sicuro e l’aria di costante superiorità.
Sì, erano veramente identici.
Chissà come aveva passato l’estate Malfoy, penso Harry. A sorpresa scoprì di non averci mai pensato. La morte dei suoi amici, la sconfitta del signore Oscuro, la nuova vita, i rimpianti e le soddisfazioni avevano riempito tutte le sue giornate, non lasciandogli neanche un momento per pensare a Malfoy.
Quella famiglia era legata alla sua vita in maniera impressionante. Draco era stato uno dei primi ragazzi che aveva conosciuto il primo anno, ricordava ancora quel ragazzino che gli offriva la sua amicizia sulle scale di Hogwarts deridendo Ron.
E la punizione che avevano subito assieme, costretti ad andare nella Foresta Proibita? Come dimenticarsene! Era stata proprio quella la prima volta che aveva incontrato il nuovo Voldemort che si cibava del sangue di unicorno.
E le risate per quella volta che Moody lo aveva trasformato in un furetto? Sembrava impossibile quel giorno ipotizzare che Draco giunto al sesto anno avrebbe avuto l’incarico da Voldemort in persona di uccidere Silente. Harry che aveva assistito alla scena contro la sua volontà si chiedeva ancora se mai Draco ne avrebbe avuto il coraggio.
Lo aveva rincontrato a Malfoy Manor, quando erano rinchiusi nelle prigioni. In quell’occasione era ancora più pallido e scarno del solito.
Alla fine, era stato grazie a Narcissa che Harry aveva potuto portare a termine il suo piano. Era stata lei infatti a mentire a Voldemort, affermandone la morte. In cambio aveva solo voluto sapere se il suo Draco era ancora vivo e stava bene. Già, se c’era una cosa che Harry aveva sempre invidiato a Draco era proprio questo, la famiglia. Non che i Malfoy brillassero per bontà d’animo e altruismo, e lui non era certo interessato alle loro ricchezze, ma erano certamente molto legati. Il loro affetto era forte.
Se fosse toccata anche a lui una vita normale, chissà se avrebbe avuto un rapporto così profondo con i suoi genitori come lo avevano i Malfoy o se invece il rapporto con la sua famiglia sarebbe stato più superficiale come aveva visto per molti suoi compagni di casa.
«Piantala di fissarmi così Potter, rischi di sciuparmi... » disse Draco risvegliando Harry dai suoi pensieri.
I Serpeverde risero a crepapelle.
«Sparisci Malfoy!» esclamò Ron paonazzo, le orecchie prossime a fumare.
«Stai a cuccia Weasley» disse rivolto a Ron, «sono venuto solo per capire cosa stava succedendo... la “soave” voce della nostra cara Caposcuola si sentiva fin nel nostro scomparto...».
Hermione fissò con astio Draco mentre alle sue spalle il gruppo degli americani ridacchiò.
«Nulla che ti riguarda Malfoy, puoi tornartene...».
«Sono invece certo che riguardi più noi che voi Grifoni... Tu!» la interruppe Draco, rivolgendosi poi al ragazzino che sostava ancora sul pavimento.
«Sei tu la causa di tutto, giusto?».
Il ragazzino annuì velocemente, tenendo la bocca spalancata. Draco sorrise soddisfatto.
«Come immaginavo... Allora? Che è successo?».
L’americano ridacchiò, facendo qualche passo in avanti per fronteggiare Malfoy.
«Te lo dico io, questo ragazzino è un ladro».
«E che cosa avrebbe rubato?».
«Una Mementool...».
Draco sghignazzò, seguito a ruota da Goyle, Zabini e Nott.
«Tutto qui? Tutta questa storia per una simile paccottiglia? Un oggetto inutile per chi abbia un minimo di cervello e un minimo di gusto... mi sorprende che tu ne possedessi uno, Hyde... che caduta di stile!».
Harry fissò Draco stupito, aveva chiamato l’americano Hyde, quindi lo conosceva già.
Hyde continuò a sorridere ma era evidentemente in difficoltà, i due ragazzi che lo spalleggiavano schiumavano a loro volta di rabbia. Nessuno era bravo come Draco a far perdere le staffe.
«Può essere Malfoy, può essere, ma resta il fatto che è stato commesso un furto...».
«Oh, che cosa spiacevole...».
Le risate di Goyle ormai rimbombavano per tutto il corridoio in modo davvero sgradevole.
Harry si sentiva stranamente fuori luogo.
Di solito era lui al posto di Hyde, deriso da Draco, di solito era Ron quello fumante di rabbia al suo fianco. Per qualche perversa ragione, Harry iniziò a sorridere davanti a quella scena.
Malfoy si frugò vistosamente nella tasca, estraendone infine un Galeone.
«Ecco, tieni... un galeone per Bryan Hyde e non fare complimenti! è un preciso dovere della Madrepatria aiutare le sue colonie quando queste si trovano in ristrettezze...».
Bryan fissò la mano di Draco ad occhi sgranati. Il viso dell’americano si trasformò per un attimo in una maschera di rabbia feroce, ed Harry notò l’impercettibile movimento della mano destra di Hyde che si dirigeva verso la tasca posteriore in cerca della bacchetta. Ma fu solo un attimo, Hyde riuscì in qualche modo a dominarsi e a riportare sul suo viso il solito ghigno da iena.
Senza dire una parola, uscì dallo scomparto ridacchiando, facendosi strada a spallate seguito dai suoi compagni.
Draco fissò il ragazzino che continuava a restare imperterrito sul pavimento della carrozza.
«Beh? Che cosa aspetti ad alzarti?».
Veloce il piccoletto schizzò in piedi, cercando di togliere la polvere dalla divisa nuova di zecca.
«Il tuo nome?».
«Daniel... Daniel Fox...».
Il ragazzo balbettava e Harry notò come guardava ammirato Draco, venerandolo come se fosse una qualche divinità pagana. Incominciò a frugare freneticamente nella sua tasca, estraendone infine il contenuto.
«Ecco! Questa è per lei Signor Malfoy!».
Draco, sorpreso da tanta devozione, prese in mano la piccola Mementool, grande come un boccino.
«Sì, credo proprio che questo ragazzino sarà un ottimo Serpeverde...».
La piccola sfera dopo l’ordine di Malfoy fece apparire l’immagine di un piccolo libro verde.
«Il mio libro di Pozioni... devo averlo dimenticato a casa. Sarà meglio che me lo faccia spedire... ».
Malfoy giocherellò con la sfera, passandosela da una mano all’altra mostrandola ai suoi compagni.
«Un oggetto molto utile, non trovate? Allora Fox, vieni con noi? Così potrai spiegarci come hai fatto a fregarli ... non è da escludere che nelle prossime giornate gli Americani si accorgano di aver “accidentalmente” perso qualche altro oggetto curioso».
«Sì! Certo signor Malfoy! Sarà un piacere per me signor Malfoy!».
«La casa di Serpeverde, Fox, è una casa caratterizzata da sempre per qualità come ambizione e astuzia e...».
Draco si bloccò, Pansy con la solita faccia da mastino gli aveva stretto titubante un braccio e tutti gli altri Serpeverde dietro di lui lo fissavano dubbiosi.
«Draco... ecco... vedi...».
«Muoviti Pansy. Non ho tutto il giorno per ascoltarti».
«Conosco Fox ... è ... è un Mezzosangue... ».
L’ultima parola fu distorta dalla bocca di Pansy come se stesse per avere un conato di vomito.
Draco alzò appena un sopracciglio, impassibile.
«Ah, ecco ...» era stato colto in fallo. «Beh da quest’anno le regole sono cambiate. La legge imposta da Salazar Serpeverde, per cui solo i Purosangue possono entrare nella sua Casa, è stata abrogata. Nostro malgrado dovremo sorbirci diversi ragazzi non figli di maghi quest’anno, facciamo almeno in modo che siano degni».
Pansy non replicò, indietreggiando verso le sue amiche.
Draco si voltò, per andarsene, Harry sorrise mentre la bocca di Ron a quelle parole si spalancò a dismisura. Harry non riuscì a resistere, doveva parlargli.
«Draco!».
Malfoy si voltò sbuffando.
«Non una parola Potter. Sono certo che hai frainteso tutta la situazione...».
«A me sembra invece molto chiara...».
«Già! Non sei poi così viscido...» disse Hermione in tono canzonatorio.
Ginny ridacchiò, seguita a ruota dal fratello.
«Un Malfoy gentile... chi lo avrebbe mai detto?!».
Draco mantenne la sua solita arroganza, fissando impassibile i quattro che a stento trattenevano le risate.
«è stato un bel gesto Draco, davvero...».
«Potter questo è il MIO treno che porta alla MIA scuola... non permetterò certo al primo arrivato di maltrattare le MIE cose...».
Harry sorrise e per un breve istante gli sembrò che anche il ghigno di Draco fosse un sorriso.
«Non ho altro tempo da perdere per parlare con un Castoro, una Piattola in miniatura e Lenticchia quindi, se volete scusarmi...».
Le orecchie di Ron che avevano ripreso un colorito normale durante il litigio fra Draco e Hyde tornarono rosso accese.
Hermione fece appello a tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso.
«Lo sai che questa storia non finisce qui vero?» gli disse ritornando nel suo ruolo di Caposcuola.
Draco proseguì lungo il corridoio, seguito dagli altri Serpeverde, senza neanche voltarsi. Malfoy non sarebbe mai cambiato, o almeno, non del tutto pensò Harry sorridendo.
Erano rimasti soli nel corridoio, anche i curiosi si erano allontanati. Harry sentì il suo stomaco brontolare e si ricordò così dell’impegno che avevano per pranzo.
«Che ne dite se andiamo a mangiare qualcosa da Lumacorno?».
«In effetti ho proprio appetito» disse Ron raggiante, scacciando ogni preoccupazione dalla mente.
Harry vide Ron voltarsi esitante verso Hermione.
«Vieni... vieni anche tu?» sputò fuori.
«In effetti non avevo tanta voglia di andare, ma se venite anche voi... vengo volentieri» rispose Hermione fissandosi le scarpe per non incontrare lo sguardo di Ron, che sembrava ora finalmente un po’ più rilassato.
Non era proprio pace fatta pensò Harry, ma per iniziare poteva andare.
Quando arrivarono, la carrozza di Lumacorno era già piena di gente. Le pareti erano adorne di stoffe e tende, tutte in una tonalità rosso scuro. Sul soffitto era fissato un lampadario enorme, sproporzionato per l’altezza della carrozza, tanto che quasi toccava il piano del grande tavolo che occupava il centro della stanza.
Seduto vicino al finestrino il professor Lumacorno era intento ad intrattenere una fitta conversazione con qualcuno che Harry non riusciva a vedere, la visuale ostruita da alcuni ragazzi che già due anni prima erano stati membri del Lumaclub e da molti altri nuovi, probabilmente al loro primo anno.
Prima che potessero avvicinarsi al professore Neville si parò davanti a loro seguito da Luna.
«Hey, ragazzi! Siete arrivati finalmente. Allora come avete passato l’estate? Io... ».
In quel momento si aprì in varco tra le persone e finalmente Harry riuscì a scorgere il professore. Lumacorno era sgraziatamente appollaiato su una sedia, o almeno così si poteva ipotizzare, perché la sedia era completamente nascosta sotto la sua mole. Harry andò a salutare il vecchio professore quando si fermò per lo stupore. Seduto di fianco a Lumacorno, impettito e composto con l’enorme sorriso stampato sulla faccia c’era Hudson Willis.
Harry pensava che se ne fosse andato quando lo aveva visto allontanarsi verso la testa del treno. Cosa ci faceva Hudson Willis sull’Espresso per Hogwarts?
Mentre Harry se ne stava impalato, Lumacorno lo vide, e cominciò a chiamarlo a gran voce. Aveva riservato dei posti per loro. Fece accomodare Ginny, Hermione e Ron vicino a lui. Harry, Luna e Neville si sedettero di fronte.
Ron era estasiato. Non smetteva di fissare il campione di Quidditch letteralmente a bocca aperta, Harry si aspettava da un momento all’altro di vedere la saliva dell’amico colare sul pavimento della carrozza.
«Caro Hudson mi pare di capire che hai già conosciuto il nostro “Harry Nazionale”, questi cari ragazzi invece sono Ronald Weasley, sua sorella Ginny, la signorina Hermione
Granger, Neville Paciock e Luna Lovegood» disse Lumacorno pomposo.
«Ragazzi sono lieto di presentarvi Hudson Willis, o meglio ora dovrei dire professor Willis, mio amico di lunga data. Quest’anno sarà lui ad insegnarvi Difesa Contro le Arti Oscure. Sono certo che molti di voi lo conosceranno come campione di Quidditch, ma credo di non esagerare se dico che è il più grande esperto di Arti Oscure d’oltre oceano!».
Sicuramente l’incontrò di quella mattina alla stazione non aveva lasciato ad Harry quest’impressione.
Willis portò la mano al cilindro alzandolo impercettibilmente.
«Horace, tu mi lusinghi» disse con falsa modestia, «Comunque, stando a quello che mi hai raccontato, questi ragazzi probabilmente la sanno più lunga di me... » continuò rivolgendosi a Harry: «...tu, ragazzo, hai sconfitto uno dei più potenti maghi di tutti i tempi, tanto più che era armato con la leggendaria Bacchetta di Sambuco».
Harry fu colto di sorpresa. I dettagli della battaglia di Hogwarts ormai erano di dominio pubblico e questo non era sicuramente un bene: il suo compito sarebbe stato ancora più difficile. La Bacchetta di Sambuco destava decisamente troppo interesse.
«Lei esagera,» rispose Harry, «Voldemort è stato più decisivo nel determinare la sua fine di quanto lo sia stato io. In certi casi, più che l’arma, la cosa più importante è il cuore di chi la usa».
«Su ragazzo, non sottovalutarti. Vedo che Horace non ha esagerato descrivendo la tua modestia. Quello che hai detto è giusto, ma ricordati che un arma rimane potente qualunque sia la persona che la possiede. L’importante è che a possederla siano le persone giuste... ».
Si sentì uno sgradevole rumore provenire da sotto il tavolo: lo stomaco di Ron reclamava pesantemente. Lumacorno fece una grassa risata e, grato di avere un pretesto per riprendere le redini della conversazione, disse: «Hai ragione ragazzo, siamo qui per mangiare non per chiacchierare. Buon appetito a tutti!» disse rivolto a Ron che divenne, per quanto possibile, ancora più rosso.
Harry ringraziò il proverbiale appetito dell’amico per aveva fatto deviare il discorso. L’interesse del professor Willis per la Bacchetta non gli piaceva, e le sue parole lo stavano mettendo a disagio.
Lumacorno, levò la bacchetta e la porta della carrozza si spalancò. Un mucchio di piatti pieni di pietanze iniziarono a levitare nella stanza per andare a posarsi ordinatamente sul tavolo. Per lui questi incontri erano essenziali per tessere la sua ragnatela di rapporti e il pranzo doveva essere l’occasione per una lunga chiacchierata.
«Sai Hudson, Harry mi ha confidato che vuole diventare un Auror. Penso che con te come insegnante non avrà... ».
Improvvisamente si interruppe.
I bicchieri sul tavolo iniziarono ad oscillare tintinnando uno contro l’altro.
Dall’esterno arrivò un forte rumore sordo, un fragore che Harry sentì vibrare all’interno del suo torace prima ancora di avvertirlo nelle orecchie. Non riuscì a ricondurre quella sensazione a niente che avesse già provato.
«Oddio ... c’è un burrone!» gridò Ron guardando fuori dalla finestra nella speranza di capire da dove provenisse quel rumore. Il quel tratto il binario era stato costruito sul ciglio di uno strapiombo e il treno correva ad un niente dal vuoto.
Harry andò ad un finestrino al lato opposto a quello in cui si trovava Ron guardando verso l’alto. Un’enorme sagoma scura si stava rapidamente avvicinando: un pezzo di montagna si era staccato e rotolava pesantemente verso di loro.
«Tutti a terra!» gridò disperatamente.
Un attimo dopo la massa di roccia colpì violentemente il treno. La mente di Harry andò velocemente a Ginny, saltò sul tavolo e si avventò su di lei tirandola a terra e proteggendola con il corpo. I vetri dei finestrini esplosero lanciando schegge in tutte le direzioni.
Il colpo aveva sbilanciato la carrozza che si stava lentamente piegando sul lato; solo la velocità data dalla locomotiva impediva al treno di ribaltarsi completamente. Il pesante tavolo iniziò a scivolare verso di loro abbattendo le sedie, piatti e bicchieri rovinarono a terra. Harry si schiacciò su Ginny parandosi tra lei e il tavolo.
Hermione, Ron, Lumacorno e altri si trovavano al loro fianco appiattiti contro il muro.
Harry chiuse gli occhi preparandosi all’inevitabile impatto, ma il colpo del duro legno del tavolo non arrivò. Si trovarono invece tutti avvolti da qualcosa di elastico e morbido.
Aprì gli occhi incredulo, in altre circostanze forse si sarebbe messo a ridere: il tavolo, le sedie e persino le vettovaglie erano spariti, al loro posto c’era un gigantesco materasso in gomma. Su di esso vide Neville, caduto gambe all’aria, letteralmente intrecciato ad altri quattro o cinque corpi. Un palloncino verde aveva preso il posto del lampadario.
Dietro di loro la massiccia sagoma del professor Willis li osservava tenendosi con una mano al telaio del finestrino ormai scoppiato, mentre con l’altra teneva la bacchetta rivolta verso tutti i presenti.
Aveva agito con una velocità formidabile.
Harry lo fissò con aria interrogativa e lui rispose con un occhiolino e un mezzo sorriso compiaciuto. Dopodiché fece scomparire l’ingombrante materassino.
Le pareti della carrozza cigolarono, ormai il precario equilibrio in cui si trovava il treno era rotto: si stava inesorabilmente piegando verso il burrone.
In una frazione di secondo si ritrovarono scaraventati in tutte le direzioni. La carrozza compì un intero giro su se stessa precipitando. Il leggendario Espresso per Hogwarts era ufficialmente senza controllo: stava cadendo nel dirupo.
La forza che spingeva in basso il treno li fece sollevare e schiacciare contro il soffitto.
Non c’era tempo, Harry tasto i pantaloni in cerca della Bacchetta di Sambuco, in quella situazione non poteva permettersi di provare se la sua era sufficientemente potente.
Quando finalmente riuscì a infilare la mano in tasca, sentì, tra le grida generali, la voce del professor Willis: «Wingardium Leviosa!».
Era ancora saldamente ancorato alla finestra, apparentemente calmo, con la bacchetta protesa in avanti.
«Wingardium Leviosa» tuonò ancora con rinnovato vigore. Il treno finalmente rallentò la sua corsa. Ora, il viso di Willis faceva trasparire tutto lo sforzo in cui era impegnato. Agitò nuovamente la bacchetta e il treno si bloccò completamente.
Il contraccolpo li fece staccare dal soffitto e schiantare sul pavimento.
Harry sentì un forte dolore alla gamba destra, aveva preso un brutto colpo. Cercò disperatamente Ginny con gli occhi, rilassandosi solo quando la vide, poco dietro a lui, apparentemente illesa.
«Grazie al cielo!» disse Lumacorno mettendosi a sedere.
Al quarto movimento del professor Hudson il treno iniziò a risalire. La locomotiva fischiò riavviando i motori, i pistoni delle ruote iniziarono a muoversi sbuffando. Il treno prese lentamente velocità come se stesse percorrendo un binario invisibile.
Ben presto anche tutti i vagoni seguirono la locomotiva nella sua traiettoria. Il treno salì in alto fino al punto da cui era caduto. Si posizionò in modo elegante sopra i veri binari e con un tonfo ritornò nella sua sede naturale fermandosi.
Erano tutti a terra senza parole. Anche il professor Willis si gettò sul pavimento visibilmente stravolto.
«Cielo Hudson, se non fosse stato per te ora ...» disse Lumacorno.
«Se non fosse stato per me, ci avrebbe pensato qualcun altro. Per un attimo ho temuto di non farcela, ma poi ho trovato la forza!» rispose l’altro con respiro affannato, sottolineando il suo merito.
«Ma cosa è stato?» chiese Lumacorno.
«Una... frana» disse Harry.
«Guardate lassù» disse Hermione. Era in piedi vicino a quello che rimaneva del finestrino indicando qualcosa in alto. Harry, a denti stretti per il dolore alla gamba, si avvicinò a guardare: nella montagna scura, risaltava una superficie di pietra nuda che vedeva la luce del sole per la prima volta dopo milioni di anni.
«Proprio ora doveva staccarsi?» disse Lumacorno sorridendo. «Per fortuna l’abbiamo scampata, grazie a te naturalmente» continuò riferendosi al professor Willis.
Harry aveva sottovalutato il nuovo professore. I suoi modi plateali e sbruffoni gli avevano fatto credere che fosse un tipo tutto fumo e niente arrosto. Si era sbagliato.
La forza di cui era stato capace era degna di un grande mago. E poi, la prontezza e la velocità con cui aveva reagito erano state sorprendenti.
Dal finestrino videro che molti studenti stavano scendendo dal treno in quel piccolo spazio in piano che c’era tra la rotaia e il muro di roccia.
«Horace, è meglio che tu vada subito ad Hogwarts ad avvertire la signora preside, ci penso io qui» disse Hudson dirigendosi fuori dallo scompartimento.
«Si hai ragione» disse. «Vi precederò a scuola, tu intanto assicurati che stiano tutti bene».
Detto questo lanciò un occhiata ai presenti e sparì velocemente con uno schiocco.
Quando Harry e gli altri uscirono, trovarono gran parte degli studenti già scesi a terra tutti più o meno storditi dall’accaduto. Alcuni ragazzi erano lievemente feriti e un paio di ragazze del settimo anno stavano prestando loro le prime cure.
«Tutto bene?» chiese Ginny apprensiva, evidentemente si era accorta che Harry stava leggermente zoppicando.
«Oh, non è niente» minimizzo lui.
Hermione stava scrutando la montagna con quella strana espressione che faceva quando c’era qualcosa che non riusciva a capire.
«Sarà, ma a me sembra un po’ troppo netta quella superficie, quante sono le probabilità che si crepi una montagna solida come quella?» disse, guardando in alto.
In effetti la roccia sembrava tranciata di netto.
«Bisognerebbe chiederlo ai due maghi che sono volati via da quel punto della montagna poco prima che si staccasse» disse Luna senza rivolgersi a nessuno in particolare, mentre si sistemava un’improbabile molletta per capelli fatta con carta di Cioccorane e colla.
«Sei sicura Luna? Maghi su una scopa proprio in quel punto della montagna?» disse prontamente Harry prima che Hermione replicasse alla strampalata affermazione dell’amica.
«Oh si, ho dato un’occhiata fuori e c’erano questi due maghi che si allontanavano a tutta velocità sulle loro scope... forse avevano capito che stava per crollare la montagna e sono scappati» concluse Luna come se nulla fosse, rimettendosi in tasca la strana molletta che si era sfaldata completamente tornando ad essere solo una carta di Cioccorana tutta stropicciata.
«Ma Luna non ti passa per la testa che forse proprio loro hanno fatto crollare la montagna!» disse Ron esasperato, dando voce ai pensieri di tutti.
«E perché mai avrebbero dovuto farlo?» rispose Luna fissandolo con i suoi occhi sporgenti.
«Luna ma tu potresti riconoscerli? Li hai visti bene?» intervenne Harry prima che Ron potesse aprir bocca.
«No, non saprei erano molto lontani... forse ripensandoci potevano essere anche due grossi uccelli» concluse Luna cominciando a scrutare il cielo nella speranza di rivederli.
Ron si mise le nocche della mano in bocca per non esplodere, anche Ginny che sempre era paziente con l’amica si girò scuotendo la testa.
«Poter sapere cosa hai visto veramente!» disse Harry sconfortato.
«Eh, già» fece Hermione «In questo caso sarebbe stato molto utile avere uno di quei cosi americani che vanno tanto di moda ultimamente».
«Di cosa parli?» chiese Ginny.
«Si chiamano Retroglass, sono degli occhiali che ti permettono di vedere cose successe nel passato » spiegò, «l’unico difetto è che sono l’ennesima invenzione portata dagli americani!»
Ron incrociò lo sguardo di Harry sorridendo.
«Vuoi vedere che... » disse Harry..
«Lo spero... » rispose l’amico prima di sparire in un lampo nel treno.
Gli altri si guardarono sbigottiti cercando di capirci qualcosa.
Ron ricomparve dopo un paio di minuti che sembrarono ore. Aveva qualcosa in mano.
«Ce ne hai messo di tempo, si può sapere dove sei sparito» disse Hermione.
«Ehm, c’è un po’ di confusione tra i bagagli».
«Se funzionano ... questo è il momento buono di dimostrarlo!» disse Harry.
Ron gli porse i Retroglass che aveva mandato Hagrid per il suo compleanno.
«Si può sapere dove gli hai trovati?» chiese Hermione.
«Sono il regalo di Hagrid per il compleanno di Harry!».
Harry tolse i suoi e inforcò gli occhiali magici. Guardò in alto. Sul suo volto si leggeva la delusione.
«Allora?» chiese Ginny.
«Niente, solo quella stupida montagna spaccata!».
«Ma Harry, se devi vedere il passato, devi usarli al contrario, non ti pare?» disse Luna come se fosse la cosa più logica del mondo.
Harry, scoraggiato, fece anche quell’ultima prova.
Si levò gli occhiali e li voltò con le stanghette verso la montagna. Le lenti erano ancora lontane che gli si stampo in viso un sorriso a trentadue denti: vedeva la roccia ancora intatta.
«Luna sei un genio!» disse Harry con gratitudine.
Lei rispose con un sorrisetto lusingato.
Si avvicinò i Retroglass agli occhi, ora la frana era già caduta. Giocò un po’ con la distanza, ormai aveva capito come funzionavano! Più erano lontani e più si vedeva una cosa successa nel passato, più li avvicinava più gli avvenimenti erano recenti.
Aveva individuato il momento giusto, quello in cui cadeva la frana. Vide un lampo, e poi la roccia che si crepava velocemente e si staccava.
Harry ritornò serio.
«Cosa vedi?» chiese Ron impaziente.
«Due uomini. Due uomini avvolti in un mantello nero. Sono stati loro! Non è stato un incidente! Ora uno si sporge, ammira il suo lavoro».
Harry puntò gli occhiali verso lo strapiombo, facendo attenzione a mantenere sempre la stessa distanza dagli occhiali, il treno stava cadendo. Tornò sul mago.
«Ha estratto la bacchetta, ma cosa sta facendo?».
Riguardò in basso.
«Ora il treno è fermo».
«Probabilmente cercava di impedire al professor Hudson si salvare il treno» disse Ginny.
«Ora non ci sono più, se ne sono già andati, e infatti il treno ha iniziato a risalire».
Harry ripose i Retroglass in tasca.
«Ricordatemi di offrire una Burrorirra ad Hagrid quando lo vediamo».
«Appena possibile dovrò riferire tutto alla McGranitt» disse Hermione.
Ed io a Kingsley, pensò Harry.
Il treno fischiò, era nuovamente pronto a ripartire, tutti i vetri erano già stati sistemati e i bauli ordinati negli scomparti. Risalirono in carrozza sistemandosi tutti insieme.
«Speriamo non ci siano altre sorprese» disse Ginny.
«Lo spero proprio» rispose Harry guardando attraverso il finestrino.
L’avevano scampata. Ma questa volta avevano rischiato grosso. A Diagon Alley si erano limitati ad aggredire Ron, ora, invece, non avevano esitato a mettere a rischio la vita
di centinaia di ragazzi. Tutto per quella maledetta Bacchetta di Sambuco. Era sicuro che se quello non era stato un’incidente era accaduto a causa sua. Ancora una volta doveva sopportare il peso di essere la fonte dei guai altrui. Tornando a scuola aveva messo in pericolo tutti i suoi compagni. Si chiese se avesse fatto la scelta giusta. In ogni caso doveva portare a termine l’ultimo compito affidatogli da Silente: doveva mettere al sicuro la Bacchetta. Qualche mese prima aveva preso la decisione di non tenerla per sé e l’aveva usata per riparare la sua. Averla sempre con sé e non poterla utilizzare non era facile.
Al compleanno di Ginny con troppa leggerezza non aveva esitato ad utilizzarla per duplicare lo specchio. In quel momento l’unica cosa che gli premeva era fare colpo sull’amata.
Doveva liberarsene al più presto, il suo potere era allo stesso tempo troppo grande e troppo pericoloso.
Ora qualsiasi posto in cui pensasse di riporla non gli sembrava adatto. I Maghi Oscuri di cui gli aveva parlato Kingsley erano evidentemente senza scrupoli.
Come se non bastasse c’era anche la seccatura dei maghi americani.
Guardò fuori. Si stava facendo sera, il sole era calato e la poca luce presente si diffondeva da dietro le montagne. Ormai si potevano riconoscere le familiari vette che circondavano Hogwarts.
Una volta arrivati a scuola, sperò, sarebbero stati più al sicuro.


*Il senso di questo
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts    Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts  EmptyDom Nov 21 2010, 15:24

Questo capitolo è molto meglio dei precedenti, però ci sono alcune cosette da segnalare:
Quando arrivano al treno Harry, Ron e Ginny cercanolo scompartimento libero e si sistemano....poi il treno parte etc etc
MA RON NON ERA UN PREFETTO???? Doveva partecipare alla riunione in testa al treno tenuta da Hermione???

Citazione :
«Lo hai trovato, cosa vuoi?» disse Ron.
«Dai non spaventare i bambini già il primo giorno!» lo rimproverò Harry proseguendo in tono cordiale «Dimmi, sono io Harry. Chi mi cerca?».
Forse qui per Ron invece di usare "disse" è meglio usare "ruggì"

Quando c'è tutta la faccenda Hyde/Fox/Malfoy per la Mementool.... dopo che Malfoy fa capire che Fox ha davvero rubato la Pallina.... Hermione non dovrebbe intervenire?
Insomma interviene solo dopo tutto dicendo: "Lo sai che questa storia non finisce qui, vero?"
Non è da Hermione assistere ad una così palese ammissione di colpa senza intervenire....insomma è Caposcuola!!!!

Citazione :
Sicuramente l'incontrò di quella mattina...
l'incontro


Citazione :
La carrozza compì un intero giro su se stessa precipitando.
Forse un intero giro è un po' troppo, non si dovrebbero quasi ammazzare tutti???

Diciamo che si inclinò sul lato fin quasi a rovesciarsi...

Citazione :
Erano tutti a terra senza parole
Erano tutti sul pavimento della carrozza e si guardavano l'un l'altro increduli.

Citazione :
anche Ginny che sempre era paziente
che era sempre paziente

Citazione :
Si può sapere dove gli hai trovati?
Si può sapere dove li hai trovati? (i Retroglass)
Prima e dopo questa frase c'è anche una ripetizione di compleanno


Citazione :
Risalirono in carrozza sistemandosi tutti insieme
sistemandosi ai loro posti
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts    Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts  EmptyGio Dic 02 2010, 18:56

.::AnnalisaxMalfoy::. ha scritto:
*Il senso di questo

[justify]Quando durante la colazione Harry lo aveva interrogato, con sorniona disinvoltura, sulla natura del sogno, Ron era rimasto immobile la forchetta a mezz’aria.
«Non so di cosa parli» aveva risposto infine portando il boccone alla bocca. Dopodiché si era trincerato in un silenzio totale, non emettendo più neanche i soliti grugniti mentre spazzolava le ultime salsicce. Harry tentò di pungolarlo ancora un paio di volte con disinvoltura,
justify]


*Il senso di questo

Aggiungo a quanto detto da kinderangie che in questo pezzo si ripete DISINVOLTURA e ciò pesa sul testo
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MessaggioTitolo: Re: Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts    Capitolo 9 - In viaggio per Hogwarts  EmptyMer Gen 12 2011, 12:58

-Quando Ron, Ginny e la signora Weasley lo raggiunsero cominciarono ad avviarsi con decisione verso la coda del treno, dove sembrava che la folla fosse un po’ meno.

Che la folla fosse un po' meno... cosa?!?!?! O.o Non si capisce...

-Si udirono grida e molte delle persone che si erano arrampicate addirittura sui propri bauli per fotografare Harry cadde a terra.

E' plurale... quindi caddero a terra. ^^

-«FATE PASSARE E MANTENETE LA CALMA» disse portando nuovamente la bacchetta alla bocca. Evidentemente quest’ultima amplificava, con una magia che Harry non aveva mai visto, la voce dell’uomo anche se a vederlo, grande e grosso come era, non sembrava averne bisogno.

Bè, alla coppa del mondo del Quidditch Ludo Bagman usa lo stesso incantesimo... quindi non è proprio vero che Harry non l'ha mai visto. Smile

-Indossava una giacca a righe nere e bianche, ma Harry non poté fare a meno di notare che le righe bianche diventavano nere e viceversa, ma in maniera così frequente che il risultato faceva veramente venire il mal di testa. In testa teneva un vecchio cilindro un po’ consumato, decisamente troppo piccolo per lui, che stonava totalmente sia con il vestito sgargiante che con l’atteggiamento sportivo ed energico dell’uomo.

Qui c'è una ripetizione di testa... Potrebbe essere: Indossava una giacca a righe nere e bianche, ma Harry non poté fare a meno di notare che le righe bianche diventavano nere e viceversa, ma in maniera così frequente che il risultato faceva veramente (questo veramente non mi convince tanto..) venire l'emicrania. In testa teneva un vecchio cilindro un po’ consumato, decisamente troppo piccolo per lui, che stonava totalmente sia con il vestito sgargiante che con l’atteggiamento sportivo ed energico dell’uomo.

-«Scusa Harry è stata colpa mia, come mi è venuto in mente di chiamarti in quel modo davanti a tutti» si scusò Hermione con gli occhi lucidi..

Mi sembra un po' esagerato che Hermione abbia gli occhi lucidi... non ha mica ucciso Harry. :S

-«Dov’è Ron?» chiese Molly che non smetteva di guardarsi intorno inquieta, ora imitata anche da Hermione.
«Ehm è sparito prima che succedesse il parapiglia, credo fosse salito sul treno appena ha visto...» stava per dire “appena ha visto Hermione correre verso di noi” ma per fortuna riuscì a correggersi «...appena ha visto la gente che cominciava ad agitarsi!» concluse.
«Ora scusatemi ma devo correre dagli altri Prefetti. Sapete, è tradizione che il Caposcuola faccia loro un discorso, c’ho lavorato tutta la notte e...».


Sono un po' pignola... ma qui onestamente non si capisce molto bene chi è che parla... La domanda "dov'è Ron" è della sig.ra Weasley; si capisce chiaramente che a rispondere non è Hermione, quindi rimangono fuori Harry e Ginny. Il pezzo successivo sul caposcuola è di Hermione ma non viene detto che è lei a parlare e sembra la continuazione del pezzo prima su dove è finito Ron...
Non so se mi sono spiegata bene! ^^

-Ron tu conosci quell’Hudson Willis?».
«Certo che lo conosco è una leggenda!» disse Ron voltandosi ora più tranquillo.
«Non mi stupisco che tu non lo conosca, non leggi mai nulla di Quidditch!


Mi suona strano che Harry non legga mai niente di Quidditch; i Magnifici 7 l'avrà letto almeno un miliardo di volte. ;D

-Perse l’equilibrio.
Senza quasi rendersene conto si ritrovò a precipitare giù nel dirupo.


Ho deciso di fare la rompi fino in fondo... qui secondo me ci starebbe bene un "e". Perse l’equilibrio e senza quasi rendersene conto si ritrovò a precipitare giù nel dirupo.

-Non successe niente. Attraversò il tetto come se fosse fatto di niente.


Anche qui c'è una ripetizione... che ne dite di: Non successe nulla. Attraversò il tetto come se fosse fatto di niente.
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